Magistratura politicizzata, Berlusconi vittima? Giornalismo diffamatorio, giudici risarciti

Confermata non solo la condanna per diffamazione ma anche il corposo risarcimento del danno non patrimoniale a favore del magistrato, Ilda Boccassini in questo caso. Evidente il tenore diffamatorio dell’articolo, pubblicato da Il Giornale’, smentito dai risultati delle indagini e capace di ferire’ in maniera grave la figura, l’identità, la funzione della magistratura.

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di magistratura politicizzata Soprattutto negli ultimi venti anni, in Italia, è diventato uno slogan buono per ogni occasione, quasi un evergreen musicale, praticamente un jolly nella manica! E ad utilizzare quel concetto, peraltro, non solo alcuni politici, ma anche alcuni giornalisti Ora, forse, è il caso di fare ammenda. Perché accusare un magistrato di operare con criteri politici ed ideologici significa lederne in maniera profonda non solo la figura ma, soprattutto, la funzione e la identità professionale , che ha da essere sempre parziale e indipendente e che affonda le proprie radici’ per doveri e guarentigie, nel quadro costituzionale Cassazione, sentenza n. 5383, Terza sezione Civile, depositata oggi . Coup de theatre . A dare il la’ alla vicenda, questa volta, è un pezzo’ pubblicato alla fine del 1999 da Il Giornale’. Titolo Colpevole a tutti i costi . Argomento una presunta visione negativa a senso unico dei magistrati nei confronti di Silvio Berlusconi. E, a mo’ di conferma, viene anche citato il famoso o famigerato? episodio dell’avviso a comparire consegnato a Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio, impegnato a Napoli a presiedere una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata. Provvedimento assolutamente mirato, secondo il noto quotidiano, e frutto di una strategia a tavolino della Procura di Milano. Ma questa tesi viene considerata diffamatoria dai giudici, che difatti riconoscono a carico del quotidiano, del direttore all’epoca, Mario Cervi e del giornalista Salvatore Scarpino anche l’obbligo di risarcire i magistrati, più precisamente Ilda Boccassini. Prima viene fissato un quantum di 50mila euro, in primo grado, e poi, in Appello, il quantum viene portato a ben 100mila euro. Rispetto . A suscitare la reazione del quotidiano oltre che del direttore e del giornalista non è tanto la condanna per diffamazione, quanto, piuttosto, il raddoppio del risarcimento economico nei confronti della Boccassini. Secondo i legali, difatti, ci si trova di fronte a una decisione assolutamente immotivata. Ma tale tesi viene smentita in maniera netta dai giudici della Cassazione, i quali, innanzitutto, ricordano che nessun dubbio è possibile sulla natura diffamatoria del pezzo’ pubblicato a fine 1999, soprattutto perché, in esso, si attribuiva ai magistrati della Procura della Repubblica di Milano di essersi assunti il compito di rivoltare il Paese e di guidarlo di aver selezionato con criteri politici ed ideologici l’onorevole Silvio Berlusconi come indagato in pianta stabile di seguire rigidi criteri politici ed ideologici . Proprio alla luce di questi elementi, è evidente, secondo i giudici, la gravità delle osservazioni giornalistiche, gravità che e su questo viene condivisa la linea emersa in Appello non può essere resa minore, ad esempio, dall’ avviso di garanzia a Berlusconi perché i tempi degli avvisi seguono le necessità del procedimento e non le opportunità della politica . Senza dimenticare, poi, che i fatti raccontati dal giornalista erano risultati rispondenti ad una doverosa attività dell’ufficio, le cui indagini si erano concluse con severe condanne per reati gravi e con la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione nei confronti dell’onorevole Silvio Berlusconi, e non già con assoluzioni . Ciò che emerge, viene chiarito in maniera netta, è la maggiore gravità della lesione e del pregiudizio sofferto dai magistrati, ai quali sono stati attribuiti comportamenti sleali e incompatibili con la funzione, comportando la negazione dello stesso ruolo istituzionale , funzione giurisdizionale che è imparziale e indipendente e che poggia sulla Costituzione. Per questo motivo, il raddoppio del risarcimento del danno non patrimoniale è assolutamente legittimo, concludono i giudici della Cassazione, sanzionando, idealmente, anche la strana abitudine tutta italiana di ricorrere al concetto di magistratura politicizzata .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 dicembre 2012 5 marzo 2013, n. 5383 Presidente Salmè Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. La società Europea di Edizioni Spa, editrice del quotidiano Il Giornale , M.C., quale direttore responsabile del quotidiano, e il giornalista S.S. ricorrono per cassazione, con due motivi esplicati da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia dell’11 aprile 2006 . Censurano la quantificazione, pari a euro 100.000,O0, del danno non patrimoniale, effettuata dalla Corte di merito - in accoglimento dell’impugnazione incidentale avverso la sentenza di primo grado che aveva quantificato il danno in euro 50.000,00 - in favore di I.B. risarcimento riconosciuto per la natura diffamatoria dell’articolo, a firma di S., pubblicato in data 25 novembre 1999 su Il Giornale . I.B. resiste con controricorso e memoria. Motivi della decisione 1. I due motivi di ricorso, che censurano solo il profilo del maggior quantum del danno non patrimoniale ritenuto dalla sentenza gravata, deducendo violazione degli artt. 1226 e 2059 cod. civ. e vizi motivazionali, devono trattarsi congiuntamente per l’intima connessione. 1.1. Secondo i ricorrenti, mentre la sentenza di primo grado aveva indicato i criteri seguiti nella quantificazione equitativa del danno non patrimoniale, consistenti nella speciale gravità delle accuse contenute nell’articolo in relazione alla identità professionale, nonché nello speciale risalto alle accuse risultante da un articolo di fondo pubblicato sulla prima pagina, la maggiore quantificazione operata dalla Corte di merito risulterebbe essere il frutto di una diversa valutazione meramente soggettiva dello stesso danno, affermata come più adeguata al caso concreto . Valutazione che, non risultando indicati i criteri, diversi da quelli legati alla speciale gravità, utilizzati dal giudice di prime cure, sarebbe sottratta a qualsiasi controllo. 2. Le censure vanno rigettate. 2.1. L’articolo dal titolo Colpevole a tutti i costi - a firma di S. e pubblicato sul quotidiano Il Giornale , la cui natura diffamatoria non è più in discussione in questa sede - attribuiva ai magistrati della Procura della Repubblica di Milano, tra i quali la B. di essersi assunti il compito di rivoltare il Paese e di guidarlo di aver selezionato con criteri politici ed ideologici l’On. S.B. come indagato in pianta stabile di seguire rigidi criteri politici ed ideologici . Affermava che il P.M. B. aveva spacciato come trascrizione di rituale registrazione un rudimentale origliare , per il quale era stata inquisita dal Consiglio Superiore della Magistratura che aveva preferito more solito, archiviare . 2.2. La Corte di merito ha messo in evidenza come i fatti, descritti in termini diffamatori nell’articolo, erano risultati, invece, rispondenti ad una doverosa attività dell’ufficio, le cui indagini si erano concluse con severe condanne per reati gravi e con la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione nei confronti dell’On. S.B. e, non già, con assoluzioni. Di contro, ha rilevato che, al fine di far diminuire l’entità del risarcimento, non potevano valere né l’avviso di garanzia inviato all’On. S.B. quando presiedeva il vertice di Napoli, seguendo i tempi degli avvisi le necessità del procedimento e non le opportunità della politica né le dichiarazioni dei magistrati della Procura di Milano sui progetti di legge, riconducibili a commenti da parte di tecnici. Quindi, accogliendo l’appello incidentale, ha ritenuto più adeguato al caso concreto un risarcimento del danno non patrimoniale maggiore, rispetto a quello quantificato in primo grado. Ha fondato il maggiore importo sulla ritenuta maggiore gravità della lesione e del pregiudizio sofferto ha basato questa maggiore gravità sul particolare interesse leso, costituito dall’esercizio della funzione di magistrato. Secondo la Corte di merito, l’attribuzione a un magistrato di comportamenti sleali e incompatibili con la sua funzione il perseguimento dell’obiettivo di governare il Paese portando avanti una guerra contro l’On. S.B. , comportando la negazione dello stesso ruolo istituzionale assegnato al magistrato, colpisce la persona/magistrato negando la sua stessa identità professionale, con aggravamento del pregiudizio sofferto. In definitiva, non può ritenersi che la Corte di merito non abbia indicato le ragioni pervenendo ad una valutazione solo soggettiva. Nella valutazione del giudice di merito il criterio della gravità della lesione e del pregiudizio sofferto - già utilizzato dal giudice di primo grado - si è arricchito del riferimento alla rinvenuta lesione del cuore della funzione giurisdizionale - come imparziale e indipendente - e, quindi, del riferimento alla specificità della lesione di una particolare identità professionale, che, peraltro, trova fondamento - per doveri e guarentigie - nel quadro costituzionale. 2.3. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di legittimità, quando, come nella specie, il giudice è pervenuto alla valutazione del danno, con criterio equitativo, dando congrua motivazione delle ragioni del processo logico in base al quale lo ha adottato, l’esercizio di questo potere discrezionale resta incensurabile, in sede di legittimità verificandosi, altrimenti, una inammissibile rivalutazione del merito. 3. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.