Sottrazione indebita delle mansioni: quali rimedi risarcitori?

di Luigi Giuseppe Papaleo

di Luigi Giuseppe Papaleo *Il caso. Un funzionario di banca, svolgente mansioni di preposto di filiale, veniva privato in toto delle sue mansioni, per effetto di un ordine di servizio unilateralmente adottato dall'istituto creditizio-datore di lavoro con cui si disponeva la non utilizzazione delle prestazioni lavorative di esso dipendente.Adita la magistratura del lavoro, al fine di ottenere una declaratoria di reintegrazione in servizio, con il medesimo inquadramento professionale ed il riconoscimento di una pretesa risarcitoria per danni patrimoniali e non patrimoniali, il tribunale in accoglimento delle domande azionate, condannava la banca al pagamento di significative somme sia a titolo di danno per illegittima sottrazione di mansioni che a titolo di danno morale c.d. esistenziale .La Corte Territoriale, investita del gravame su appello promosso dalla banca, si limitava a ridurre l'entità del danno patrimoniale derivante dalla privazione delle mansioni mentre confermava per il resto la sentenza del giudice di prime cure.Avverso la sentenza della corte territoriale, con censure quasi unanimemente articolate sul vizio di violazione e/o falsa applicazione di norme di legge con riferimenti ai vari capi del provvedimento medesimo, si scagliavano entrambe le parti, litisconsorti nei gradi di merito, nonché i rispettivi istituti creditizi danti causa per fusione per incorporazione nella banca-datrice di lavoro, con una serie di ricorsi, controricorsi e ricorsi incidentali.Sintetica ricostruzione delle figure di danno. L'intervento nomofilattico della Suprema Corte di Cassazione è dirimente con riferimento alle questioni innescatesi già in sede di appello, in tema di autonomia concettuale circa le rispettive figure di danno inteso come qualsivoglia nocumento della sfera giuridica soggettiva - danni patrimoniali consistenti nella violazione dei cc.dd. diritti disponibili diritti obbligatori, diritti reali nonché nella violazione, altresì, dei diritti cc.dd. indisponibili diritti della personalità limitatamente però a quegli aspetti della persona umana che esprimono un potenziale valutabile in termini economici es. l'integrità fisica in relazione alla produzione di reddito , questa specifica figura di danno patrimoniale è conosciuta come danno biologico - danni non patrimoniali consistenti nel c.d. danno esistenziale e/o danno morale, ovvero la sofferenza psicofisica della persona umana derivante parimenti sia dalla lesione dei diritti cc.dd. patrimoniali e sia altresì, dalla lesione dei diritti cc.dd. indisponibili quali principalmente quelli della personalità.Vizio di ultrapetizione circa la liquidazione del danno esistenziale. In primis, è stato chiarito dalla Cassazione come non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice del merito che accerta e liquida il danno morale, in assenza di danno biologico e quand'anche l'avente diritto nel chiedere la pronuncia sul danno morale, ai fini della determinazione del quantum abbia richiamato come parametri di commisurazione le tabelle del danno biologico invero, la richiesta risarcitoria rispettivamente diretta al riconoscimento sia del danno biologico danno derivante dalla lesione dell'integrità fisica della persona che del danno morale esistenziale non esonera il giudice, in assenza del solo danno biologico, dal pronunciarsi comunque sulla sussistenza o meno del danno morale provvedendo poi, alla relativa quantificazione anche prescindendo dai parametri riconducibili al danno biologico in quanto non vincolanti per la determinazione nel quantum del danno morale.La Cassazione esprime il giudizio di diritto e non sul fatto. Continuando, la S. C. spiega anche come in sede di giudizio di legittimità non sia possibile procedere ad una rivalutazione diretta della misura del risarcimento dei danni invero, i motivi di ricorso, sia quelli articolati dal ricorrente principale la banca che quelli formulati dal lavoratore nella spiegata qualità di controricorrente nonché ricorrente incidentale, investono unicamente questioni inerenti il vizio di violazione di legge e, come tali, non permettono al supremo organo giudicante di esprimere giudizi sul fatto, peraltro, gli anzidetti motivi sono stati tutti ritenuti infondati dalla Cassazione stessa che ha confermato la sentenza di appello.L'operato dei giudici di merito è stato corretto, inoltre, anche sotto il profilo logico, in quanto il tema del demansionamento quale fatto costitutivo sia di danno alla professionalità che di danno esistenziale e/o morale è stato correttamente affrontato.Inopponibilità nel processo civile delle risultanze del registro imprese. Preme, infine, richiamare l'attenzione del lettore anche sul principio statuito dalla Cassazione in materia di ammissibilità dell'impugnazione civile notificata alla società incorporata anziché a quella incorporante, sul presupposto che se una data società durante il decorso del termine per il passaggio in giudicato in senso formale della sentenza, si estingua per fusione e/o incorporazione in altra società, l'impugnazione alla società dante-causa per incorporazione, quindi alla società incorporata, è validamente notificata in virtù dell'applicazione analogica della norma ex art.300 c.p.c., non trovando applicazione in senso contrario, nel diritto processuale il principio di opponibilità verso i terzi dei fatti iscrivibili ai fini di pubblicità legale, sul registro delle imprese tenuto presso le camere di commercio territorialmente competenti.* Avvocato del Foro di Napoli