Il giudice di appello può fornire una motivazione integrativa o correttiva alle statuizioni di primo grado

In tema di oneri derivanti dall’opposizione a sanzione per infrazione al codice della strada e quindi di riparto delle spese giurisdizionali, il magistrato di secondo grado può e deve pronunciarsi sulla possibilità di rinvenire, nella sentenza di primo grado, quelle ragioni di peculiarità non esplicitate dal precedente giudice e può esplicitarle in sede di impugnazione.

E’, così, legittima la sentenza con cui, accertata la logicità e la congruità della relativa motivazione anche ad integrazione dei motivi desumibili dalla sentenza di primo grado, venga confermata la precedente pronuncia di compensazione sulle spese e posta invece la soccombenza per il giudizio d’appello. Il principio si argomenta dall’ordinanza n. 22032 depositata il 25 settembre 2013. Il caso. Un soggetto ricorreva dinanzi al Prefetto ed al giudice di pace per l’opposizione ad una sanzione amministrativa al codice della strada. Il Prefetto accoglieva il ricorso con ordinanza di archiviazione per scadenza-termini. Quindi, il giudice di pace dichiarava la cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese. Il magistrato d’appello confermava la decisione, affermando che il g.d.p. avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso perché previamente proposto il ricorso in Prefettura, e poneva le spese della seconda lite a carico dell’ente ricorrente. La compensazione delle spese tra poteri ed obblighi del giudice. In primis , vanno richiamati gli artt. 112 e 132 c.p.c., 24 e 111 Cost., la l. n. 263/2005 e la l. n. 69/2009. All’uopo, è da dire che il giudice può, in sede di impugnazione, integrare la motivazione, con proprie valutazioni, sui motivi della compensazione delle spese disposta in primo grado anche quando manchi una richiesta ad hoc di almeno una delle parti processuali il giudice d’appello è, infatti, gerarchicamente superiore e possiede, dunque, il potere di correzione ovvero di dare, entro i limiti del devolutum , un differente fondamento al dispositivo della sentenza di primo grado Cass. n. 26083/2010 . Necessita, quindi, un adeguato supporto motivazionale Cass. n. 20598/2008 le argomentazioni devono, cioè, contenere considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese Cass. n. 7766/2010 . Segnatamente, il giudice non può intervenire a titolo integrativo sull’anteriore motivazione onde giustificare la compensazione, disposta dal magistrato precedente, con argomenti, anche fondati ex lege , in contrasto con la sentenza di primo grado ovvero non corrispondenti alla motivazione di quest’ultima può, invece, esplicitare i motivi del provvedimento di primo grado rimasti impliciti. In sede d’impugnazione, la condanna alle spese non è, invece, censurabile se il rigetto dell’appello sia motivato da almeno una ratio autonoma adeguata. La ratio decidendi costituisce parametro di legittimità della sentenza. In ambito di spese processuali, il magistrato di merito può compensare le spese non solo se trattasi di gravi ed eccezionali ragioni espressamente indicate nella motivazione della sentenza Cass. n. 20324/2010 ma anche per peculiarità della fattispecie e spiegando i motivi rimasti impliciti nella sentenza di primo grado G.D.P. Roma 13 marzo 2008 e Trib. Roma n. 11648/2010 . Ergo , il ricorso va respinto e la sentenza va confermata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 3 maggio - 25 settembre 2013, n. 22032 Presidente Goldoni – Relatore D’Ascola Fatto e ragioni della decisione Alle parti è stata comunicata la relazione preliminare che, emendata da imperfezioni formali, si riporta di seguito. 1 La controversia concerne il riparto dell'onere delle spese di primo e secondo grado di un giudizio in materia di opposizione a sanzione amministrativa per infrazione al codice della strada. Il giudice di pace di Roma con sentenza 13 marzo 2008 ha dichiarato la cessazione della materia del contendere. Ha motivato questa statuizione affermando che il ricorso è meritevole di accoglimento, in quanto si deve dichiarare la cessazione della materia del contendere. Infatti dalla comparsa di risposta dell'opposta, emerge chiaramente che la richiesta di accoglimento del ricorso è stata accolta dal prefetto di Roma, con ordinanza di archiviazione n. 200731/2007. A questo punto non si può accogliere la richiesta della p.a. di inammissibilità del ricorso in quanto in questo caso il ricorrente dovrebbe pagare la sanzione, ormai archiviata. Detta richiesta va al di là di ogni ragionevolezza. Anche se fondata sull'articolo 204 CdS . Il giudice di pace ha quindi compensato le spese del giudizio data la peculiarità della lite . 2 Su appello dell'avvocato M V. , il tribunale di Roma con sentenza 20 dicembre 2010, ha rigettato l'impugnazione e ha condannato l'appellante alla rifusione delle spese di lite. A tal fine rilevato che la causa di opposizione si era conclusa per motivi che prescindevano dall'accertamento di merito circa la compensazione delle spese per motivi di opportunità, essendo oramai venuta meno la sanzione amministrativa, attesa l'ordinanza di archiviazione prefettizia, disposta peraltro solo per la scadenza dei termini ex art. 204 comma uno bis CdS Il tribunale affermava di condividere le ragioni esposte dal giudice di pace a fondamento della sentenza appellata. L'opponente ha proposto ricorso per cassazione, resistito da controricorso dell'opposto comune di Roma, ora Roma Capitale. 3 Il primo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 91, 92, 118 disp. att., 132 c.p.c., 24 e 111 Cost. Deduce che secondo la giurisprudenza di legittimità la compensazione delle spese non può essere fatta dipendere da una motivazione meramente apparente e che, a partire dalla legge 69 del 2009, il giudice può compensare le spese solo per gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione. Afferma che la pronuncia del giudice di secondo grado è contraria ai principi già affermati nel 2008 dalle Sezioni Unite, laddove conferma ed integra la motivazione sulla compensazione delle spese fondandosi, oltre che sulla peculiarità della lite, sull'insussistente presupposto che l'opposizione di primo grado si era conclusa per motivi che prescindevano dall'accertamento di merito oltre che sul presupposto che - contrariamente a quanto disposto dal giudice di primo grado - il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile . Nega che tali argomenti possano valere ad argomentare la sussistenza di giusti motivi per la compensazione. 4 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione dell'articolo 112 cpcomma Sostiene che il giudice d'appello non aveva il potere di integrare la motivazione in ordine ai motivi di compensazione delle spese del giudizio di primo grado, perché la domanda non era stata proposta da nessuna delle parti al tribunale. Deduce che nel giudizio di appello il giudice non può integrare la motivazione di primo grado con proprie valutazioni, qualora manchi un'apposita domanda impugnatoria in tal senso. Afferma inoltre che in una fattispecie analoga la Suprema Corte ha rilevato che il giudice d'appello non può giustificare la compensazione delle spese contro il giudicato interno formatosi sull'accoglimento nel merito dell'opposizione e sul conseguente annullamento di una cartella esattoriale. 5 Con il terzo motivo il ricorrente denuncia le medesime violazioni di legge di cui alla prima censura, in relazione però all'articolo 360 n. 5 c.p.c La censura si risolve quindi dichiaratamente in una doglianza sulla illogicità e contraddittorietà della motivazione. Secondo il ricorrente, il giudice d'appello, consapevole della insufficienza della motivazione della sentenza di primo grado in ordine alla compensazione delle spese, l'ha integrata con motivi anch'essi illogici e contraddittori. A tal fine ricorda che secondo la giurisprudenza di legittimità la formula della compensazione in relazione alla peculiarità della fattispecie è del tutto inidonea e che altrettanto vale quando la compensazione sia disposta per motivi che prescindono dall'accertamento di merito, poiché in materia di contestazione per violazione del codice della strada occorre aver riguardo alla sussistenza o meno dei vizi formali o sostanziali che, con pari dignità, giustificano l'annullamento della pretesa sanzionatoria. 6 Preliminarmente va rilevato che il ricorso è estraneo al disposto dell'art. 366 bis cpc, in quanto rivolto avverso sentenza depositata dopo 14 settembre 2009, data di entrata in vigore della L. 69/09. 7 È da esaminare in primo luogo il secondo motivo, giacché con esso si esclude il potere del giudice di appello di fornire motivazione integrativa o correttiva circa le statuizioni del giudice di primo grado. Solo dopo l'eventuale rigetto di questo quesito, potrebbe diventare attuale la questione posta con il primo motivo, che nega la legittimità della decisione in concreto resa dal tribunale sull'appello in ordine alla compensazione delle spese nel giudizio di primo grado. La tesi esposta nel primo profilo del secondo motivo è infondata. Questa Corte ha più volte stabilito, proprio in controversie molto simili alla presente, che ai fini della compensazione delle spese, i giusti motivi - che, nei procedimenti instaurati dopo il 1 marzo 2006, devono essere esplicitamente indicati in motivazione - possono, per colmare il tenore della pronuncia di primo grado, essere integrati, anche d'ufficio, in sede di appello, dal giudice chiamato a valutare la correttezza della statuizione sulle spese, dovendosi riconoscere al giudice del gravame l'esercizio del potere di correzione, ossia di dare, entro i limiti del devolutum , un diverso fondamento al dispositivo contenuto nella sentenza impugnata Cass. 26083/10 . 8 Il primo profilo del secondo motivo di ricorso è infondato. Cass. Su 20598/08 ha sancito che nel regime anteriore a quello introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. a della legge 28 dicembre 2005 n. 263, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito . Ne consegue che deve ritenersi assolto l'obbligo del giudice anche allorché1 le argomentazioni svolte per la statuizione di merito o di rito contengano in sé considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata v. amplius Cass. 7766/10 . La ricordata novella del 2005 ha stabilito che il giudice ha l'obbligo, nel compensare le spese, di indicare esplicitamente in motivazione le ragioni della compensazione. Secondo quanto si è osservato esaminando il secondo motivo, il giudice d'appello doveva e poteva quindi pronunciarsi, come ha fatto, sulla possibilità di rinvenire nella decisione di primo grado quelle ragioni di peculiarità, non meglio esplicitate come sarebbe stato doveroso fare, stante l'applicabilità alla specie della novella del 2005, cfr Cass. 20324/10 , che potevano sorreggere la compensazione. Erra dunque il ricorso nell'esporre nella prima parte del primo motivo argomentazioni che erano da rivolgere avverso la prima sentenza e non possono avere rilievo in sede di legittimità, nella quale sono da considerare solo censure avverso la sentenza di appello. 9 Restano quindi da esaminare le censure che lamentano dichiaratamente nel terzo motivo e nei profili non esaminati degli altri motivi vizi di motivazione della decisione impugnata. Il terzo motivo è fondato nella parte in cui censura il punto della sentenza impugnata in cui si giustifica la decisione sulla compensazione delle spese con argomenti in contrasto con la sentenza impugnata. Secondo il giudice di appello, il ricorso proposto davanti al giudice di pace avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile perché la parte aveva previamente proposto ricorso al Prefetto . Ora, tale considerazione, in sé corretta, non corrispondeva alla motivazione della sentenza di primo grado, secondo la quale il ricorso era da accogliere perché era cessata la materia del contendere a causa dell'accoglimento del ricorso in sede prefettizia. Al giudice di primo grado era quindi sfuggito del tutto il profilo valorizzato dal giudice di appello relativo alla inammissibilità del ricorso in sede giurisdizionale ex art. 23. Con la sua contorta motivazione, il giudice di pace aveva dichiarato la cassazione della materia del contendere, ma lo aveva fatto accertando un motivo di soccombenza virtuale a carico del Comune resistente, come è reso inequivocabile dall'affermazione che il ricorso era meritevole di accoglimento e che si intendeva ribadire l'annullamento delle sanzioni . Tale statuizione non risulta impugnata doglianza evidenziata nel secondo motivo di ricorso , poiché il Comune non ha svolto, come avrebbe potuto, gravame in ordine alla soccombenza virtuale e alla conseguente pronuncia sulle spese, pronuncia che avrebbe potuto essere a favore dell'ente e non di compensazione, se fosse stato applicato correttamente il disposto normativo che preclude a chi ha proposto opposizione in sede prefettizia di percorrere contemporaneamente la via giurisdizionale per impugnare il verbale di contestazione il trasgressore deve infatti attendere l'eventuale ordinanza ingiunzione e ad essa opporsi . Dunque il tribunale, per giustificare la compensazione sostituendo e integrando la motivazione del giudice di pace, avrebbe dovuto restare nell'ambito delle ragioni che - ferma la soccombenza virtuale dell'ente - costituivano giusti motivi di compensazione. Ha errato per questo primo aspetto. 10 Il tribunale ha poi ritenuto che il primo giudice ha ravvisato motivi di opportunità per la compensazione nel fatto che era ormai venuta meno la sanzione amministrativa, attesa l'ordinanza di archiviazione prefettizia, aggiungendo che peraltro essa era stata disposta solo per scadenza dei termini ex art. 204 comma 1 bis CdS. È questa una seconda ratio decidendi posta a fondamento della sussistenza di giusti motivi della compensazione rimasti impliciti nella decisione di primo grado e così esplicitati dal secondo giudice. Questa seconda ratio fugge ad ogni critica ed è sufficiente a reggere la decisione. È infatti coerente con la soccombenza virtuale stabilita dal giudice di pace a carico dell'ente. Inoltre vale a palesare il venir meno della pretesa amministrativa per effetto dell'inerzia dell'amministrazione dell'Interno, cioè per un motivo che non aveva portato all'individuazione di vizi formali o sostanziali dell'atto affermazione invano censurata dal primo motivo di ricorso , il che giustifica il mancato rimborso delle spese per l'iniziativa giurisdizionale assunta. Trattasi di giustificazione non illogica né incongrua, poiché rispecchia una reale peculiarità del caso, chiusosi rapidamente per il maturare dell'accoglimento del ricorso al prefetto per decorso del termine ex art. 204 comma 1 bis, circostanza che non si verifica quasi mai, a causa del meccanismo procedurale ordinario e che dimostra comunque un comportamento complessivo delle pubbliche amministrazioni teso a risolvere il contrasto nel senso voluto dall'opponente. Il sindacato della Suprema Corte sulla motivazione della compensazione delle spese si deve fermare su questa soglia. 11 Quanto alla condanna alla refusione delle spese di secondo grado, essa diviene incensurabile in conseguenza del fatto che il rigetto dell'appello non era errato, ma motivato almeno da una ratio autonoma adeguata. Al rigetto seguiva, quale regola ordinaria, l'addebito delle spese a carico dell'appellante. Giova ricordare che, una volta riscontrata la violazione in ordine alla non esplicita motivazione delle ragioni della compensazione, il giudice di appello, a causa dell'effetto devolutivo pieno, secondo quanto prima spiegato, in ordine alla regolazione sulle spese di primo grado, poteva statuire nel senso che ha seguito, facendo carico al soccombente finale delle spese del secondo giudizio . 12 Il ricorrente ha criticato la relazione con la memoria consentita dall'art. 380 bis c.p.c Ha sostenuto che la peculiarità della fattispecie in relazione alla quale il tribunale ha giustificato la compensazione delle spese sarebbe stata rinvenuta nel fatto che l'annullamento della sanzione amministrativa è avvenuto per motivi esclusivamente formali e non per motivi di merito”. Ha dedotto pertanto che, ai fini delle spese, i precedenti della Suprema Corte hanno sancito l'irrilevanza della natura formale o sostanziale dei vizi dell'atto sanzionatorio. Il rilievo è privo di fondamento. Non è vero che il tribunale o il giudice di pace abbiano stabilito l'accoglimento del ricorso in opposizione per un vizio formale dell'atto. Hanno invece constatato la sopravvenuta cessazione della materia del contendere a causa dell'archiviazione del procedimento con provvedimento amministrativo prefettizio, reso, nonostante la pendenza in sede giurisdizionale, per scadenza termini ex art. 204 ci bis CdS. Situazione, questa, ben diversa da quella dei precedenti evocati è infatti connotata da un'anomalia procedurale, dovuta alla stessa duplicità di iniziativa dell'opponente, che ha condotto alla cessazione della materia del contendere e non all'accoglimento in sede giurisdizionale per motivi formali. Era quindi non illogico far seguire, alla sopravvenuta cessazione della materia del contendere per archiviazione prefettizia, la compensazione delle spese. Il Collegio conferma pertanto l'opinamento espresso nella relazione circa l'incensurabilità, sul punto, della sentenza impugnata. 13 Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità vanno tuttavia interamente compensate, atteso che le rilevate incongruità della prima pronuncia e soprattutto la parziale inesattezza e la mancanza di linearità della motivazione resa dal tribunale, a fronte di una fattispecie anomala che avrebbe richiesto massima comprensibilità, hanno costretto a complessa ricostruzione in questa sede, giustificando eccezionalmente l'ulteriore corso impugnatorio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.