Privazione del bene? Il danno è in re ipsa

In tema di comunione e condominio, la privazione di un proprio bene comporta un danno in re ipsa, suscettibile di valutazione quanto meno equitativa, poiché il godimento del bene stesso comporta vantaggi dei quali può essere quantificato l’equivalente monetario e la circostanza della permanenza degli effetti del danno non esclude che la prescrizione del diritto al risarcimento decorra dal momento della condotta che ha dato luogo al pregiudizio, salvo il caso di ulteriori lesioni nuove o autonome.

E’ quanto emerge dalla sentenza numero 14316/14 della Corte di Cassazione, depositata il 24 giugno scorso. Il caso. Con sentenza, il Tribunale condannava i convenuti al pagamento del risarcimento del danno conseguenti al rifacimento della scala comune e alla errata collocazione di una canna fumaria sulla facciata dello stabile, oltre le spese relative alla messa in sicurezza del solaio interpiano del fabbricato, nonché ad eseguire le opere necessarie per il consolidamento della medesima scala. La sentenza d’Appello riforma parzialmente la decisione di primo grado, condannando alla demolizione della nuova scala e alla realizzazione di un’altra con altre modalità e misurazioni, tuttavia, escludendo la condanna al risarcimento del danno. La parziale rettifica muove gli attori a ricorrere in Cassazione con 4 motivi di ricorso. Da cosa è stato causato il cedimento? Con i seguenti motivi si decide di impugnare la decisione dei Giudici territorialmente competenti. In sostanza, si lamenta nel ricorso, visto l’assorbimento del primo e del secondo motivo con il quarto, che la condanna è stata erroneamente imposta per il pagamento del solaio e del calpestio del suo appartamento, il cui cedimento è stato erroneamente attribuito alle opere di tramezzatura e realizzazione di un bagno da lei eseguite, mentre erano conseguenza dell’originaria inidonea strutturazione delle putrelle di sostegno. Inoltre, col quarto motivo di ricorso, si lamenta la mancata presa in esame dell’eccezione di prescrizione, che era stata opposta alle domande relative alle modifiche apportate nel 1979 alla scala comune. Risarcimento o riduzione in pristino? Chiamata la Seconda Sezione, il giudicante rileva l’importanza di iniziare la disamina con la valutazione del quarto motivo di ricorso, ritenendolo fondato. Erroneamente, la Corte d’Appello l’ha ritenuta assorbita in seguito alla sostituzione della condanna al risarcimento con quella alla riduzione in pristino inoltre, ha ritenuto che non fosse stata tempestivamente sollevata in primo grado. Il giudizio è iniziato con atto di citazione notificato nel 1992, sicché non era operante la preclusione alla proposizione di nuove eccezioni anche in appello. La circostanza della permanenza degli effetti del danno non esclude che la prescrizione del diritto al risarcimento decorra dal momento della condotta che ha dato luogo al pregiudizio, salvo il caso di ulteriori lesioni nuove o autonome. In merito al terzo motivo di ricorso, si verte sul campo degli accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito insindacabili in questa sede, perché adeguatamente motivati dalla Corte d’Appello, la quale ha osservato che l’evento si era verificato proprio in seguito agli aumenti di carico derivati dai lavori compiuti, mentre il leggero sottodimensionamento delle putrelle non aveva fin ad allora inciso sulla staticità della struttura, sicché era onere dell’attrice verificare se le opere da eseguire fossero compatibili con la condizione dell’immobile, la cui costruzione risaliva all’inizio del secolo scorso. La privazione di un proprio bene comporta un danno in re ipsa, suscettibile di valutazione quanto meno equitativa, poiché il godimento del bene stesso comporta vantaggi dei quali può essere quantificato l’equivalente monetario.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 marzo – 24 giugno 2014, numero 14316 Presidente Triola – Relatore Bucciante Svolgimento del processo Con sentenza del 26 novembre 2003 il Tribunale di Roma - adito da Sp.Vi. , S.U. , S.A. , S.E. e C.C. , nonché in via riconvenzionale da S.V. , D.G. e S.F. , gli uni e gli altri condomini di un edificio in omissis - condannò la prima convenuta al pagamento di 4.000,00 Euro, come risarcimento per i danni conseguenti al rifacimento, da parte sua, della scala comune condannò la stessa S.V. a eseguire le opere necessarie per il consolidamento della medesima scala condannò ancora S.V. , in solido con D.G. , al pagamento della somma di 8.775,00 Euro, pari alle spese relative alla messa in sicurezza di un solaio interpiano del fabbricato, che era stata disposta dal giudice istruttore a seguito di ricorso ex articolo 700 c.p.c. proposto dagli attori condannò gli stessi attori in solido al pagamento di 3.000,00 Euro, come risarcimento dei danni derivati dalla collocazione di una canna fumaria sulla facciata dello stabile. Impugnata in via principale da S.V. , D.G. e S.F. , in via incidentale da Sp.Vi. , S.U. , S.A. , S.E. e C.C. , la decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Roma, che con sentenza del 15 luglio 2009 ha condannato S.V. a demolire la nuova scala e a realizzarne un'altra di dimensioni e andamento delle rampe come quelli originari ha escluso la condanna al pagamento di 4.000,00 Euro a titolo di risarcimento per equivalente ha condannato Sp.Vi. , S.U. , S.E. e C.C. a rimuovere la canna fumaria e collocarla in altra posizione con diametro utile alla sua funzione ha confermato il rigetto di altre domande riguardanti il nuovo tetto, alcune opere interne e un pluviale realizzati da S.V. ha confermato nei soli confronti di D.G. la condanna al pagamento di 8.775,00 Euro ha compensato tra le parti per un terzo le spese di entrambi i gradi di giudizio e le ha poste a carico degli originari attori per gli altri due terzi. S.V. , S.F. e D.G. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi, poi illustrati anche con memoria. Si sono costituiti con controricorso Sp.Vi. , S.U. , S.A. ed S.E. , anche quali eredi di C.C. , formulando a loro volta cinque motivi di impugnazione in via incidentale, cui i ricorrenti principali hanno opposto un proprio controricorso. Motivi della decisione Tra le censure rivolte dai ricorrenti principali alla sentenza impugnata, deve essere presa in considerazione prioritariamente, stante il suo carattere preliminare, quella formulata con il quarto motivo, con cui S.V. si duole del mancato accoglimento dell'eccezione di prescrizione, che era stata opposta alle domande relative alle modifiche apportate nel 1979 alla scala comune. La doglianza è fondata. Sul punto la Corte d'appello ha ritenuto che la questione risultava assorbita in seguito alla sostituzione della condanna al risarcimento con quella alla riduzione in pristino che l'eccezione di cui si tratta non era stata tempestivamente sollevata in primo grado che l'operato di S.V. aveva prodotto “la permanenza dell'effetto lesivo del diritto degli appellati”. Nessuno di questi argomenti è condivisibile. Quanto al primo, va osservato che anche il diritto al risarcimento in forma specifica - che è stato accordato dal giudice di secondo grado a Sp.Vi. , S.U. , S.A. , S.E. e C.C. - è soggetto a prescrizione, così come quello al risarcimento in termini pecuniari, che era stato riconosciuto agli interessati dal Tribunale Cass. 13 marzo 2013 numero 6296 . Il giudizio è iniziato con atto di citazione notificato il 9 gennaio 1992, sicché non era operante la preclusione alla proposizione di nuove eccezioni anche in appello Cass. 11 settembre 2008 numero 23389 . La circostanza della permanenza degli effetti del danno non esclude che la prescrizione del diritto al risarcimento decorra dal momento della condotta che ha dato luogo al pregiudizio, salvo il caso di ulteriori lesioni nuove e autonome Cass. 21 marzo 2013 numero 7139 . All'accoglimento del suddetto motivo di impugnazione consegue l'assorbimento del primo e del secondo del ricorso principale, nonché del primo del ricorso incidentale, con i quale si sostiene, rispettivamente che la modificazione della scala non aveva comportato danni, ma vantaggi che essa era avvenuta con il consenso di tutti i condomini che al risarcimento in forma specifica avrebbe dovuto essere aggiunto quello per equivalente. Con il terzo motivo del ricorso principale D.G. lamenta di essere stata erroneamente condannata al pagamento delle spese occorrenti per il rifacimento del solaio di calpestio del suo appartamento, il cui cedimento è stato erroneamente attribuito alle opere di tramezzatura e realizzazione di un bagno da lei eseguite, mentre invece erano conseguenza dell'originaria inidonea strutturazione delle putrelle di sostegno. La censura non può essere accolta. Si verte nel campo di accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito insindacabili in questa sede, perché adeguatamente motivati dalla Corte d'appello, la quale ha osservato che l'evento si era verificato proprio in seguito agli aumenti di carico derivati dai lavori compiuti, mentre il leggero sottodimensionamento delle putrelle non aveva fino ad allora inciso sulla staticità della struttura, sicché era onere di D.G. verificare se le opere da eseguire fossero compatibili con la condizione dell'immobile, la cui costruzione risaliva all'inizio del secolo scorso. A questo tema si riferisce anche il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui si critica la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ingiustificatamente disconosciuto il diritto di C.C. al risarcimento dei danni conseguenti all'indisponibilità della sua abitazione, sottostante a quella di D.G. , a causa del cedimento del solaio suddetto. La censura va accolta. In proposito la Corte d'appello ha rilevato che “alla riscontrata sussistenza dell'an non è seguito alcun idoneo elemento di valutazione per procedere alla eventuale quantificazione del danno né è stato dimostrato il nesso causale che legherebbe eziologicamente ed univocamente il temporaneo ricovero di C.C. in una casa di riposo con lo sgombero disposto dai VV.FF.”. Il contrario assunto dei ricorrenti incidentali è fondato. Esattamente gli eredi di C.C. deducono che la loro dante causa, di età avanzata e bisognosa di cure, aveva dato la prova del danno emergente subito, anche relativamente al quantum, mediante la documentazione dei costi del suo soggiorno in una casa di riposo, iniziato nell'immediatezza del forzato allontanamento dalla sua casa, in mancanza di altre disponibilità alloggiative proprie. Quindi avrebbero dovuto semmai le altre parti dimostrare che la necessità di affrontare le spese in questione era dovuta a ragioni diverse dall'inagibilità della casa da cui era stato ordinato lo sgombero dai vigili del fuoco. D'altra parte, sotto il profilo del lucro cessante, la privazione di un proprio bene comporta un danno in re ipsa di per sé suscettibile di valutazione quanto meno equitativa, poiché il godimento del bene stesso comporta vantaggi dei quali può essere quantificato l'equivalente monetario Cass. 9 giugno 2009 numero 15238 . Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti incidentali contestano che l'opera eseguita da S.V. , sopraelevando il fabbricato comune, sostituendone la copertura e ampliando la volumetria della sua unità immobiliare, sia stata “lecita nei rapporti tra le parti”, come ha opinato la Corte d'appello. La censura va disattesa, poiché si risolve in sostanza in assiomatiche negazioni di quanto ha ritenuto motivatamente il giudice di secondo grado, sulla scorta delle risultanze peritali, circa il deterioramento del tetto originario e l'assenza di pregiudizi sia per la statica sia per l'estetica del fabbricato comune. Le ulteriori questioni, relative all'impossibilità di accesso alla nuova copertura e all'alterazione dei rapporti di valore tra le proprietà individuali, non sono state affrontate nella sentenza impugnata, né i ricorrenti incidentali deducono di averle prospettate nel giudizio a quo, sicché non possono avere ingresso in questa sede. Con il quarto motivo del ricorso incidentale si sostiene che la canna fumaria di cui è stato ordinato lo spostamento, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte d'appello, non è di dimensioni tali da impedire un analogo appoggio sul muro comune da parte di tutti gli altri condomini, né la sua collocazione pregiudica gli originari convenuti, poiché anzi è stata scelta per consentire loro di allacciarvi eventuali loro condotti si ribadisce inoltre l'eccezione di prescrizione diritto al risarcimento di danni vantato dalle altre parti. La censura deve essere respinta. L'ubicazione della tubatura in questione, che impedisce la completa apertura di una finestra, comporta comunque una indebita violazione dell'altrui proprietà individuale, come correttamente si è deciso con la sentenza impugnata. È quindi ininfluente che il suo diametro sia o non eccessivo, in relazione alla possibilità di un eventuale pari uso, ai sensi dell'articolo 1102 c.c., della parete cui è applicata. A proposito poi della prescrizione, va rilevato che non risulta dalla sentenza impugnata l'epoca di realizzazione della canna fumaria, né i ricorrenti incidentali deducono di aver provato che risale, come affermano, al tempo della costruzione del fabbricato. Resta assorbito il quinto motivo del ricorso incidentale, che attiene al regolamento delle spese di giudizio disposto dalla Corte d'appello. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio della causa ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d'appello di Roma, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale rigetta il terzo motivo del ricorso principale e il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale dichiara assorbiti il primo e il secondo motivo del ricorso principale e il primo e il quinto motivo del ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.