In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, incombe sul danneggiato, che promuova richiesta di risarcimento dei danni nei confronti del Fondo di garanzia, l’onere di provare, oltre che il sinistro si è verificato per la condotta dolosa o colposa di altro veicolo o natante, anche che il conducente sia rimasto sconosciuto. All’uopo, è richiesta la prova, non solo che il sinistro vi sia effettivamente stato ad opera di veicolo sconosciuto, ma anche che la non identificazione dello stesso sia dipesa da impossibilità incolpevole del danneggiato. E' escluso, a riguardo, ogni automatismo derivante dalla presenza-assenza della denuncia/querela e nel non imporre al danneggiato l’onere di ulteriori indagini articolate e complesse, non essendo richiesto alla vittima di mantenere un comportamento di non comune diligenza, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche e alle circostanze del caso concreto.
Così precisando, la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza numero 12060, depositata il 29 maggio 2014, ha rigettato il ricorso del ricorrente che confidava potesse rilevare, in ambito di danno da circolazione stradale, la testimonianza di terzi presenti al momento del sinistro, al fine di soddisfare l’onere della prova su lui stesso incombente. Mancata identificazione del veicolo. La Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con motivazione succinta, rigetta il ricorso avanzato dal ricorrente in tema di danno da circolazione stradale, condannandolo, altresì, in favore dell’assicurazione, delle spese processuali del giudizio di Cassazione. Questo il quesito posto in merito a una pretesa violazione dell’articolo 19, lett. a , l. numero 990 del 1969 «con riguardo all’azione diretta ai sensi dell’articolo 19 proposta da un soggetto, nella specie il ricorrente [], dica la Corte se l’onere della prova posto a carico del detto soggetto è soddisfatto con la dimostrazione della mancata identificazione del veicolo acquisita sulla base della testimonianza resa in giudizio da persona presente sul luogo del sinistro, ovvero se ai fini dell’adempimento di questo onere occorre anche provare che talune delle persone presenti sul luogo avrebbero potuto leggere il numero di targa, e rendere deposizioni testimoniali volte a dimostrare che il veicolo non era identificabile». Fondamentale la prova della non identificazione del donducente. Nel rigettare, come testé anticipato il quesito, la Suprema Corte ricorda come sia pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che, in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, «incombe sul danneggiato, che promuova richiesta di risarcimento dei danni nei confronti del Fondo di garanzia, ai sensi dell’articolo 19, primo comma, lett. a , della l. 24 dicembre 1969, numero 990, applicabile ratione temporis, l’onere di provare, oltre che il sinistro si è verificato per la condotta dolosa o colposa di altro veicolo o natante, anche che il conducente sia rimasto sconosciuto. Al fine di rispettare la ratio della norma – che è quella di risarcire il danneggiato, ma anche di evitare possibili frodi al Fondo – si è richiesta la prova, non solo che il sinistro vi sia effettivamente stato ad opera di veicolo sconosciuto, ma anche che la non identificazione dello stesso sia dipesa da impossibilità incolpevole del danneggiato. In tale contesto, – proseguono gli Ermellini – le pronunce della Corte sono univoche nell’escludere ogni automatismo derivante dalla presenza-assenza della denuncia/querela e nel non imporre al danneggiato l’onere di ulteriori indagini articolate e complesse, non essendo richiesto alla vittima di mantenere un comportamento di non comune diligenza, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche e alle circostanze del caso concreto». Concludono, allora, i Giudici di Piazza Cavour, riconoscendo rilievo al principio del libero convincimento del giudice, nel potere-dovere di valutare globalmente tutte le risultanze processuali, secondo il suo prudente apprezzamento.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 aprile – 29 maggio 2014, numero 12060 Presidente Segreto – Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. G.C. convenne in giudizio Assicurazioni Generali Spa, quale impresa designata dal FGVS, e chiese i danni conseguenti a un incidente stradale nel quale era stato coinvolto ad opera di un motociclo rimasto non identificato, mentre percorreva una strada urbana con la bicicletta. Il Giudice di pace rigettò la domanda. Il Tribunale di Napoli rigettò l'impugnazione proposta da C. sentenza del 21 maggio 2007 . 2. Avverso la suddetta sentenza, C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. L'Assicurazione resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. Il Tribunale, confermando la decisione di prime cure, e dopo aver proceduto alla rinnovazione della prova testimoniale già escussa in primo grado, ha ritenuto che l'attore non aveva fornito la prova che la mancata identificazione del motociclo non fosse addebitabile ad un suo comportamento colpevole. In particolare, ai fini della colpevolezza della non identificazione dei conducente pirata, ha valutato negativamente la circostanza che il C. avesse presentato la denunzia-querela dopo due mesi dall'accadimento del fatto, quindi in ritardo rispetto alla possibilità di avviare tempestivamente le indagini da parte delle competenti autorità la circostanza che, nell'immediatezza, si era limitato a riferire di un generico incidente stradale, oltre che ai sanitari, anche alla Polizia presente presso il nosocomio la circostanza che, pur essendo intervenuti dei soccorritori, non erano stati indicati alle autorità competenti ai fini di facilitare l'individuazione da dei veicolo rimasto sconosciuto. 2. Con i due motivi del ricorso, che vanno esaminati congiuntamente per la stretta connessione, si deduce la violazione dell'articolo 19, lett. a della legge numero 990 del 1969 primo e contraddittorietà della motivazione secondo . Il primo si conclude con il seguente quesito «Con riguardo all'azione diretta ai sensi dell'articolo 19 proposta da un soggetto, nella specie il ricorrente , dica la Corte se l'onere della prova posto a carico del detto soggetto è soddisfatto con la dimostrazione della mancata identificazione del veicolo acquisita sulla base della testimonianza resa in giudizio da persona presente sul luogo del sinistro, ovvero se ai fini dell'adempimento di questo onere occorre anche provare che talune delle persone presenti sul luogo avrebbero potuto leggere il numero di targa, e rendere deposizioni testimoniali volte a dimostrare che il veicolo non era identificabile». Il secondo non contiene il cd. quesito di fatto, richiesto dall'articolo 366 bis, cod. proc. civ., come interpretato dalla costante giurisprudenza di legittimità. 3. Le censure, inammissibili sotto il profilo motivazionale per l'assenza del quesito nel secondo motivo, vanno rigettate. 3.1. Nella giurisprudenza di legittimità, è pacifico che, in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, incombe sul danneggiato, che promuova richiesta di risarcimento dei danni nei confronti dei Fondo di garanzia, ai sensi dell'articolo 19, primo comma, lett. a , della legge 24 dicembre 1969, numero 990, applicabile ratione temporis, l'onere di provare, oltre che il sinistro si è verificato per la condotta dolosa o colposa di altro veicolo o natante, anche che il conducente sia rimasto sconosciuto. Al fine di rispettare la ratio della norma - che è quella di risarcire il danneggiato, ma anche di evitare possibili frodi al Fondo - si è richiesta la prova, non solo che il sinistro vi sia effettivamente stato ad opera di veicolo sconosciuto, ma anche che la non identificazione dello stesso sia dipesa da impossibilità incolpevole del danneggiato. In tale contesto, le pronunce della Corte sono univoche nell'escludere ogni automatismo derivante dalla presenza-assenza della denuncia/querela e nel non imporre al danneggiato l'onere di ulteriori indagini articolate o complesse, non essendo richiesto alla vittima di mantenere un comportamento di non comune diligenza, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche e alle circostanze del caso concreto. Quindi, rilievo è attribuito al principio del libero convincimento del giudice, per cui questi deve valutare globalmente le risultanze processuali, secondo il suo prudente apprezzamento, dando conto degli elementi sui quali abbia inteso fondarlo Cass. 2 settembre 2013, numero 20066 Cass. 18 giugno 2012, numero 9939 Cass. 18 novembre 2005, numero 24449 . 3.2. Nella specie, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi suddetti e, come emerge dalla sintesi della decisione § .1. , ha argomentato il proprio convincimento. D'altra parte, il ricorrente, sia pur prospettando apparentemente violazione di legge, sotto il profilo dell'eccesso dell'onere probatorio gravante sul danneggiato, in realtà critica la valutazione delle risultanze probatorie peraltro, senza che l'addotta illogicità di motivazione sia stata tradotta in un c.d. quesito di fatto, necessario - secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità - ai sensi dell'articolo 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis. In definitiva chiede alla Corte una inammissibile rivalutazione del merito delle risultanze probatorie. 4. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Assicurazioni Generali Spa, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.