Ma se il genero è un malavitoso, non per questo lo deve essere anche il suocero. Con la conseguenza che è illegittima la revoca del porto d'armi già rilasciata e del cui titolo l'interessato non ha mai abusato.
La fattispecie. Nel caso specifico, il provvedimento di inibitoria della detenzione di armi disposta da Prefetto di Reggio Calabria, traeva fondamento nel rapporto di affinità tra i due soggetti e, nello specifico, al fatto che nei confronti del marito della figlia gravavano precedenti giudiziari, oltre al fatto che lo stesso ricopriva ruoli di primaria importanza in un clan malavitoso. L'assioma che il Prefetto aveva implicitamente fatto era il potenziale vulnus alle condizioni di sicurezza e di incolumità delle persone per la possibile sottrazione dell’arma da parte di persone socialmente pericolose con possibile uso per fini illeciti. Relativamente a tale presunzione, il Collegio sent. numero 2312, depositata il 6 maggio 2014 ha ritenuto che - anche nel quadro dell’ampia sfera di detenzione di cui l’ Amministrazione dispone in ordine all’adozione di provvedimenti impeditivi della disponibilità di armi di offesa a prevenzione di possibili abusi ai sensi dell’art 39 r.d. numero 773/1931 - le relative determinazione devono essere sostenute da congrua motivazione in ordine ai presupposti ed agli elementi significativi che inducono all’ adozione di una misura che comporta una restrizione della sfera giuridica del destinatario. E, nel caso specifico, il Prefetto aveva dato rilievo unicamente al dato soggettivo del rapporto di affinità con il soggetto nei cui confronti si erano riscontrati pregiudizi e contiguità alla criminalità organizzata. Infatti, dagli atti del procedimento, non risultava alcun riscontro, sul piano oggettivo, di una stabile frequentazione e contiguità del detentore della armi con la persona legata da rapporto di affinità, cui si potesse collegare il paventato abuso del titolo autorizzatorio. Né, sul piano soggettivo, erano stati posti in rilievo precedenti penali a carico dell’appellante e, tantomeno, una condotta di vita segnata da episodi idonei a far dubitare della sua irreprensibilità morale, ovvero che siano sintomatici di una vicinanza ad appartenenti ad organizzazioni criminali. Rapporto di parentela o di affinità Del resto, il Consiglio di Stato, in fattispecie analoghe si era già pronunziato nel senso dell’illegittimità del provvedimento di inibitoria basato sul solo elemento soggettivo del rapporto di parentela o di affinità, senza indicare eventi e circostanze da cui possa derivare in fatto il periculum per omessa o insufficiente custodia e tanto più ove si consideri che nel luogo periodo in cui il ricorrente è stato autorizzato alla detenzione delle armi non sono emersi rilievi ed inadempienze quanto al corretto assolvimento degli obblighi di custodia.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 27 marzo – 6 maggio 2014, numero 2312 Presidente Cirillo – Estensore Polito Fatto e diritto 1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, il sig. Angelo Valenzise impugnava per dedotti motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili il provvedimento della Prefettura di Reggio Calabria prot. numero 13342/W/Area I bis in data 25 febbraio 2010, con il quale era disposto nei suoi confronti il divieto di detenere armi, “in quanto padre di Antonella Valenzise cl. 83 la quale risulta convivere con persona gravata da vicende giudiziarie nonché ricoprente ruoli di primaria importanza in nota cosca della 'ndrangheta operante in Cinquefrondi”. Nella parte motivata del provvedimento erano posti in rilievo “i rapporti di parentela con soggetto per il quale risultano pregiudizi penali relativi a reati connessi alla criminalità organizzata indicativi di un contesto che incide sulla completa e perfetta affidabilità del soggetto e considerato peraltro che non è possibile escludere che le armi stesse possano entrare nella materiale disponibilità di persone socialmente pericolose ed essere utilizzate per fini illeciti”. Con sentenza numero 913 del 2011 il T.A.R. adito - dopo diffusa ricognizione di precedenti giurisprudenziali nella materia e sottolineata l’ampia sfera di discrezionalità di cui l’ Amministrazione dispone nel governo della disponibilità di armi da parte dei privati cittadini - respingeva il ricorso. Avverso la pronunzia reiettiva il sig. Valenzise ha proposto appello ed ha contrastato le conclusioni del primo giudizio insistendo nei motivi di violazione degli articolo 11 e 39 del r.d. numero 773 del 1931 e di eccesso di potere nei profili della carenza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione del provvedimento impugnato. All’udienza di discussione l’appellante ha insistito nelle proprie tesi difensive. Il Ministero dell’ Interno si è costituito in resistenza formale. 2. L’appello è fondato. 2.2. Come accennato nell’esposizione del fatto il provvedimento di inibitoria della detenzione di armi trae fondamento nel rapporto di affinità del soggetto abilitato alla detenzione di armi con persona nei cui confronti gravano precedenti giudiziari e ricoprente ruoli di primaria importanza in clan malavitoso coniuge di Antonella Valenzise figlia del ricorrente . La determinazione di cui innanzi dà rilievo al potenziale vulnus alle condizioni di sicurezza e di incolumità delle persone per la possibile sottrazione dell’arma da parte di persone socialmente pericolose con possibile uso per fini illeciti. Osserva il collegio che - anche nel quadro dell’ampia sfera di detenzione di cui l’ Amministrazione dispone in ordine all’adozione di provvedimenti impeditivi della disponibilità di armi di offesa a prevenzione di possibili abusi ai sensi dell’art 39 del r.d. numero 773 del 1931 - le relative determinazione devono essere sostenute da congrua motivazione in ordine ai presupposti ed agli elementi significativi che inducono all’ adozione di una misura che comporta una restrizione della sfera giuridica del destinatario. L’ atto impugnato dà rilievo unicamente al dato soggettivo del rapporto di affinità con soggetto nei cui confronti si riscontrano pregiudizi e contiguità alla criminalità organizzata. Non emerge dagli atti del procedimento il riscontro, sul piano oggettivo, di una stabile frequentazione e contiguità del detentore della armi con la persona legata da rapporto di affinità, cui possa collegarsi il paventato abuso del titolo autorizzatorio. Né, sul piano soggettivo, vengono posti in rilievo precedenti penali a carico dell’appellante e, tantomeno, una condotta di vita che sia segnata da episodi idonei a far dubitare della sua irreprensibilità morale, ovvero che siano sintomatici di una vicinanza ad appartenenti ad organizzazioni criminali. In fattispecie analoghe questo Consiglio si è pronunziato nel senso dell’illegittimità del provvedimento di inibitoria basato sul solo elemento soggettivo del rapporto di parentela o di affinità, senza indicare eventi e circostanze da cui possa derivare in fatto il periculum per omessa o insufficiente custodia cfr. Cons. St. Sez. III, numero 581 del 5 febbraio 2014 sez. IV, numero 1671 del 31 marzo 2003 . Tanto più ove si consideri che nel luogo periodo in cui il ricorrente è stato autorizzato alla detenzione delle armi non sono emersi rilievi ed inadempienze quanto al corretto assolvimento degli obblighi di custodia. Per le considerazioni che precedono l’appello va accolto e, per l’effetto, va accolto il ricorso di primo grado e va annullato il provvedimento impugnato numero 13345 /W/Area I bis in data 25 febbraio 2010. Resta fermo che la presente decisione non preclude in assoluto all’autorità di p.s. l’esercizio dei poteri di controllo e di riesame, qualora emergano elementi di fatto significativi paventato vulnus alle condizioni di sicurezza, ordine pubblico ed incolumità delle persone, nel senso sopra accennato, e ne venga dato adeguatamente conto nella motivazione. Il relazione ai profili della controversia spese ed onorari possono essere compensati fra le parti per i due gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.