Manifestazione politica shock, Gentilini auspica la rivoluzione contro gli immigrati: condannato

‘Sigillata’ la pronunzia di colpevolezza emessa dai giudici della Corte d’Appello. Acclarata, in via definitiva, la responsabilità dell’esponente della Lega Nord, noto anche come lo ‘sceriffo’ di Treviso. Nessun dubbio sul significato delle parole da lui utilizzate in occasione di una manifestazione tenutasi nel 2008 a Venezia.

Famoso – o famigerato, fate voi – come ‘sceriffo’ di Treviso – dove è stato ‘primo cittadino’ –, esponente di spicco della ‘Lega Nord’, protagonista di prese di posizioni assai discutibili – eufemismo – rispetto alla presenza degli immigrati extracomunitari in Italia. E ora condannato, in via definitiva, per avere diffuso “idee fondate sull’odio razziale” e per avere incitato alla “discriminazione razziale”. Così, con la decisione della Cassazione, il curriculum di Giancarlo Gentilini è completo. Fatali le ‘sobrie’ parole utilizzate dall’uomo della Lega in occasione di una manifestazione politica tenutasi a Venezia a settembre del 2008. Cassazione, sentenza numero 20263, sezione Terza Penale, depositata oggi Razzismo . Linea dura, a dir la verità, già quella adottata dai giudici di primo e di secondo grado, i quali hanno considerato colpevole Gentilini, per le frasi brutali utilizzate contro gli extracomunitari in occasione di una manifestazione, e lo hanno condannato a pagare 4mila euro di multa. E questa visione viene ‘sigillata’ dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali respingono la tesi difensiva – assai discutibile – secondo cui «le frasi contestate costituiscono un assemblaggio arbitrario avulso dal contesto globale del discorso», spiegando, anzi, che quelle parole sono l’espressione concreta del ‘fil rouge’ della posizione assunta dal Gentilini in occasione della manifestazione politica del 2008. Quali le parole ‘incriminate’? Difficile fare una sintesi più semplice darne un esempio “Voglio la rivoluzione contro gli extracomunitari clandestini voglio la pulizia delle strade da tutte queste etnie voglio la rivoluzione nei confronti dei nomadi, degli zingari basta islamici, che tornino ai loro paesi non voglio più vedere queste etnie che girano per le strade, di giorno e di notte”. Evidente, per i giudici, come anche queste parole siano «affermazioni specifiche e puntuali dell’idea fondamentale, di contenuto discriminatorio e razziale, posta a base, in modo esplicito e implicito, dell’intero discorso tenuto» a Venezia. Logico dedurne che le «affermazioni» fatte dal Gentilini siano «idonee a propagandare ed istigare condotte di discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi nei confronti di persone appartenenti a nazionalità ed etnie non italiane». Altrettanto logico, concludono i giudici, confermare la pronunzia di condanna, nei confronti del Gentilini, stabilita in Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 marzo – 15 maggio 2014, numero 20263 Presidente Teresi – Relatore Gentile Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza emessa il 22/04/2013, confermava la sentenza del Gup presso il Tribunale di Venezia, in data 26/10/2009, appellata da G.G., imputato del reato di cui all'articolo 3, comma 1, L. 13/10/1975 numero 654 come contestato in atti e condannato alla pena di € 4.000,00 di multa. 2. L'interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex articolo 606, lett. b ed e , cod. proc. penumero 2.1. In particolare il ricorrente, mediante articolate argomentazioni, esponeva che nella fattispecie non ricorrevano gli elementi costitutivi del reato de quo, sia quello soggettivo che quello oggettivo. Vi era stata una valutazione parcellare delle frasi contenute nell'intervento orale del G., tenuto il 14/09/2008, avulso dal contesto globale dell'intervento medesimo. Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. I giudici di merito, mediante un esame analitico, esaustivo ed immune da errori di diritto delle risultanze processuali, hanno accertato che G.G. - nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti - nel corso di una manifestazione politica tenuta il 14/09/2008 in Venezia, aveva pronunciato affermazioni quali voglio la rivoluzione contro gli extracomunitari clandestini, voglio la pulizia dalle strade da tutte queste etnie che distruggono il nostro paese, voglio la rivoluzione nei confronti dei nomadi, degli zingari voglio la rivoluzione contro coloro che vogliono aprire le moschee e i centri islamici basta, basta islamici, che tornino ai loro paesi. Voglio la rivoluzione nei confronti di coloro che vogliono dare i sussidi agli anziani degli extracomunitari i denari non li voglio più dare agli anziani degli extracomunitari Voglio la rivoluzione di quelle aperture di phone center e di quei negozi di cose straniere perché gli avventori tutti si mettono a mangiare e bere in piena notte, pisciano sui muri, che vadano a pisciare nelle loro moschee Voglio la rivoluzione nei confronti di coloro che tollerano i veli ed il burga Poi la rivoluzione di coloro che vorrebbero dare il voto agli extracomunitari io non voglio vedere consiglieri neri, gialli, marroni, grigi Insegnare ai nostri giovani, cosa insegnano? La civiltà del deserto, la civiltà di coloro che scappano davanti ai leoni o a quelli che corrono dietro le gazzelle per mangiarle Non voglio più vedere queste etnie che girano per le strade di giorno e di notte Trattasi di affermazioni che per il loro contenuto intrinseco sono idonee a propagandare ed istigare condotte di discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi nei confronti di persone appartenenti a nazionalità ed etnie non italiane. Al riguardo va ribadito ed affermato che - in tema di discriminazione razziale ed etnica - le condotte consistenti nel propagandare e/o istigare atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi come nella fattispecie configurano ipotesi di reato a dolo generico, costituito dalla consapevolezza, come nella specie, del contenuto discriminatorio delle idee propagandate e poste a base della conseguente istigazione [sez. III sent. numero 1234 del 28/03/2008 sez. IV sent. numero 41819 del 30/10/2009 sez. I sent. numero 23024 del 07/06/2001 sez. III sent. numero 37581 del 03/10/2008]. 2. Le censure dedotte nel ricorso sono generiche perché sostanzialmente ripetitive di quanto esposto in sede di Appello e già valutato esaustivamente dalla Corte Territoriale. Sono, altresì, infondate perché in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici del merito vedi sentenza 2° grado pagg. 5 - 8 . Dette doglianze, peraltro, costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poiché non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perché in violazione della disciplina di cui all'articolo 606 cod. proc. penumero [Giurisprudenza consolidata Sez. U, numero 6402 del 02/07/1997, rv 207944 Sez. U, numero 930 del 29/01/1996, rv 203428 Sez. I, numero 5285 dei 06/05/1998, rv 210543 Sez. V, numero 1004 del 31/01/2000, rv 215745 Sez. V, numero 13648 del 14/04/2006, rv 233381]. 3. Ad abundantiam si osserva che l'assunto difensivo principale - secondo cui le frasi contestate costituiscono un assemblaggio arbitrario avulso dal contesto globale del discorso tenuto il 14/09/2008 vedi motivi 1, 2, 3 del ricorso - è infondato. Invero le frasi riportate nel capo di imputazione come contestate al ricorrente costituiscono enunciati, non avulsi dal contesto globale del discorso, come sostenuto dalla difesa, ma indicanti affermazioni specifiche e puntuali dell'idea fondamentale, di contenuto discriminatorio e razziale, posta a base, in modo esplicito e implicito, dell'intero discorso tenuto il 14/09/2008. 4. Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da G.G., con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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