Affinché la condotta di spaccio di stupefacenti possa essere ritenuta di lieve entità, si deve avere riguardo non solo al dato quantitativo dello stupefacente rinvenuto, ma deve operarsi una complessiva valutazione di tutti gli altri parametri previsti dall’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990 Testo Unico sugli stupefacenti , cioè qualità della sostanza, mezzi, modalità e circostanze dell’azione. La mancanza anche di uno solo di tali elementi, che porti ad escludere una lesione di lieve entità del bene giuridico protetto, comporta l’esclusione della sussistenza dell’attenuante.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 19870, depositata il 14 maggio 2014. Il caso. Un imputato per il reato di detenzione illecita, a fine di vendita, di sostanze stupefacenti, ex articolo 73 d.P.R. numero 309/1990 Testo Unico sugli stupefacenti , ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata concessione, da parte della Corte d’appello di Napoli, dell’attenuante prevista dal comma 5 del medesimo articolo per fatti di lieve entità. Elementi che integrano il fatto di lieve entità. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, affinché il fatto possa essere ritenuto di lieve entità, si deve avere riguardo non solo al dato quantitativo dello stupefacente rinvenuto, ma deve operarsi una complessiva valutazione di tutti gli altri parametri previsti dall’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990, cioè qualità della sostanza, mezzi, modalità e circostanze dell’azione. La mancanza anche di uno solo di tali elementi, che porti ad escludere una lesione di lieve entità del bene giuridico protetto, comporta l’esclusione della sussistenza dell’attenuante. Nel caso di specie, l’imputato custodiva un quantitativo rilevante di stupefacenti e svolgeva in maniera abituale ed organizzata l’attività. Per questi motivi, veniva rigettato il ricorso. Sanzione. Tuttavia, l’intervenuta sentenza numero 32/2014 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del d.l. numero 272/2005, convertito nella l. numero 49/2006 c.d. legge “Fini-Giovanardi” , per cui ora le condotte di detenzione di sostanze qualificate come droghe leggere sono punibili con la reclusione da 2 a 6 anni, cioè con una pena edittale diversa e minore da quella assunta dai giudici di merito nei confronti dell’imputato. Perciò, la Corte di Cassazione annullava, con rinvio, la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, ai fini della rideterminazione della pena.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 aprile – 14 maggio 2014, numero 19870 Presidente Teresi – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Gip presso il Tribunale di Napoli, con sentenza del 26/11/2012, resa a seguito di rito abbreviato, ha dichiarato G.E. responsabile dei reati ex articolo 73, d.P.R. 309/90 e 337 cod. penumero , perché illecitamente deteneva a fine di vendita sostanza stupefacente del tipo marijuana e faceva cadere a terra il carabiniere che stava procedendo agli accertamenti lo condannava alla pena di anni 4, mesi 2 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa. La Corte di Appello di Napoli, chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti dal P.G. e nell'interesse del prevenuto, preso atto della rinuncia dell'Esposito al motivo di impugnazione relativo al reato ex articolo 337 cod. penumero , con sentenza dell'8/3/2013, in riforma del decisum di prime cure, in accoglimento del gravame del P.G. ha applicato la pena accessoria della interdizione dai pp.uu. a carico del'E. Propone ricorso per cassazione l'imputato personalmente, con i seguenti motivi -vizio di motivazione in punto di denegata concessione della attenuante ex co. 5 articolo 73 d.P.R. 309/90, nonché erronea applicazione dell'articolo 73 citato. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l'impugnata pronuncia consente di ritenere logica e corretta la argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, non solo in ordine alla sussistenza del reato in contestazione e alla ascrivibilità di esso in capo al prevenuto, ma anche, in particolare, in relazione alla inapplicabilità, nella specie, della ipotesi di cui al co. 5 dell'articolo 73, d.P.R. 309/90. Con l'unico motivo di annullamento, formulato in ricorso, l'imputato eccepisce il vizio di motivazione in punto di diniego della attenuante della lieve entità. Osservasi che la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che per la sussistenza dell'attenuante speciale di cui al co. 5, dell' articolo 73, e, quindi, perché il fatto possa essere ritenuto di lieve entità, si deve avere riguardo non solo al dato quantitativo dello stupefacente rinvenuto, ma deve operarsi una complessiva valutazione di tutti gli altri parametri richiamati dal citato comma qualità della sostanza, mezzi, modalità e circostanze dell'azione dopo di che, quand'anche uno soltanto di tali indicati elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità, non potrà essere riconosciuta l'attenuante in questione Cass. 14/2/2007, Santi Cass. 19/6/1996, Bolzano . Orbene, le risultanze istruttorie, esaustivamente analizzate e valutate dalla Corte distrettuale, hanno permesso al decidente di accertare che l'E. custodiva un quantitativo rilevante di stupefacente svolgeva abitualmente e non occasionalmente, previa predisposizione di mezzi e di organizzazione su base familiare, l'illecita attività, sfruttando la propria abitazione come piazza di spaccio queste modalità e circostanze dell'attività illecita posta in essere dal prevenuto, sono state ritenute dai giudici di merito, a giusta ragione, preclusive la concedibilità della attenuante della lieve entità. Tuttavia occorre prendere atto della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale, numero 32/2014, che ha dichiarato la non conformità a Costituzione dei d.L. 272/05, convertito in L. 49/06. La pronuncia della Consulta ha come conseguenza la applicazione nel caso in esame delle fattispecie incriminatrici e del trattamento sanzionatorio previsti dalla precedente normativa, contenuta nel d.P.R. 309/90, con particolare riguardo alla entità della pena da infliggere per i reati concernenti le sostanze incluse nelle tabelle Il e IV, allegate alla legge. In particolare, le condotte di detenzione illecita di sostanza psicotropa qualificata droga leggera risultavano, e oggi risultano, punibili con la reclusione da anni 2 ad anni 6, oltre la multa, dunque con pena edittale diversa e minore da quella assunta come riferimento dal giudice di merito, visto che la Corte distrettuale ha ritenuto di non potere effettuare alcun intervento in melius sul trattamento sanzionatorio sul rilievo che il Gip era partito, nel determinare la sanzione, dal minimo edittale di anni 6 di reclusione. Conseguentemente, questo Collegio ritiene di dovere annullare con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, affinchè il giudice ad quem proceda alla rideterminazione della pena. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli rigetta il ricorso nel resto.