Caelestia auguria

Alle inaugurazioni dell’anno giudiziario 2017 molti auspici in pochi giorni, ma anche molte informazioni per gli operatori del diritto, in primis per l’esercito degli avvocati, che hanno ricevuto indicazioni utili a svolgere con efficacia il proprio ministero esce malconcio, ancora una volta, il legislatore.

Molte personalità a piazza Cavour, a Palazzo Spada e nelle Corti d’appello. In diritto non ci sono venerabili. Nondimeno, le parole inaugurali espresse all’avvio dell’anno giudiziario in Cassazione, da parte del presidente Canzio e del Procuratore generale Ciccolo, con il presidente del Consiglio Nazionale Forense e il Ministro della Giustizia, il vice Presidente del CSM e l’Avvocato Generale dello Stato, sono meritevoli di particolare considerazione, al punto da essere etichettabili come “celesti” l’evento è segnalato dal quotidiano nell’edizione del 26 gennaio, Si inaugura l’anno giudiziario 2017. Meno “mediaticità”, più garanzie per i cittadini. Critico l’ANM . Grande assente l’Associazione Nazionale Magistrati, che aveva preannunziato la propria defezione in ragione di una contestazione all’operato del Governo viceversa, nelle Corti d’appello i rappresentanti dell’ANM hanno presenziato per testimoniare la vicinanza dell’associazione ai singoli magistrati i media hanno dato il doveroso risalto allo scambio dialettico tra il presidente ANM Piercamillo Davigo ed il Ministro Orlando, intervenuti alla cerimonia inaugurale presso la Corte d’appello di Milano il giorno 28 gennaio . A seguire, anche palazzo Spada ha ospitato analoga celebrazione per la giustizia amministrativa, alla presenza dei massimi rappresentanti delle istituzioni dello Stato. A latere le Corti d’appello e i TAR, con le varietà territoriali del diritto vivente, negli stessi giorni hanno ospitato concomitanti cerimonie presenziate dai vertici della giustizia distrettuale e dalle autorità locali a tutte le periferie è arrivato un messaggio del Ministro, per il tramite di rappresentanti che hanno passato in rassegna le tappe essenziali dell’attività del dicastero e più in generale del governo ponendo in primo piano l’intensa produzione normativa dell’ultimo anno . Nel merito, il portavoce dell’esecutivo si è soffermato in modo particolare sui profili della riorganizzazione, dell’afflusso di risorse e dell’informatizzazione di strutture e procedure, rilevando anche un fattivo contributo della classe forense. In molti hanno segnalato un importante tendenza all’avvicinamento e al dialogo sulle emergenze della giustizia italiana – al lettore/uditore non è chiaro se la tendenza sia più diagnosticata o pronosticata – così come un diffuso apprezzamento per la grande efficienza dimostrata dal sistema dinnanzi a nuove sfide, quale, su tutte, quella legata al processo telematico nelle sue evoluzioni. A fronte di questo ottimismo prevalente nelle celebrazioni presso la Cassazione e presso il Consiglio di Stato, talune realtà locali hanno visto emergere un dissenso marcato dell’avvocatura rispetto alle riforme più recenti. In termini generali, la partecipazione a queste celebrazioni di un gran numero di addetti ai lavori ha visto in qualche modo sfumare le inevitabili contrapposizioni corporative, sia in ragione della condivisione di dati per la gran parte oggettivi, relativi ai mesi dell’anno trascorso, sia in ragione dell’adozione di una prospettiva comune per il 2017, avviato all’insegna di grande impegno e risultati promettenti. Come che sia, la concordia registrata in chiave augurale va qui rivalutata a tavolino. Le premesse. Non è marginale, né marginalizzabile, la relazione sulla giustizia già presentata dal Ministro Orlando al Parlamento il 18 gennaio scorso diverse centinaia di pagine e di informazioni che sono state humus implicito di molti interventi, anzitutto dello stesso Guardasigilli, il quale ne ha tratto una sintesi per l’uditorio di piazza Cavour. La relazione compendia anzitutto l’elenco delle principali leggi approvate nel 2016, a seguire quello dei Principali decreti legislativi esaminati per il prescritto parere dalle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato. Il testo tratta altresì in modo analitico, con particolare attenzione, il tema del recupero di efficienza della giustizia civile a partire da p. 86 , il tema delle misure per lo smobilizzo di crediti a favore delle imprese e per l’efficienza dell’attività di recupero dei crediti anche mediante l’ulteriore semplificazione ed efficientamento dell’espropriazione forzata a partire da p. 97 , le misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa a partire da p. 104, con il decreto-legge 31 agosto 2016, numero 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, numero 197, recante proprio “misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa” . Con riferimento al settore penale a partire da p. 138 il Ministro traccia le emergenze politico criminali affrontate tra le altre terrorismo e criminalità economica , sia per l’adeguamento della tenuta delle incriminazioni alle esigenze di tutela, sia per l’armonizzazione c.d. comunitaria imposta dalla normativa europea esigenza alla quale si collega senz’altro l’operato dell’Ufficio per il coordinamento dell’attività internazionale, a partire da p. 187 . Altri aspetti significativi sono la ricognizione di quanto svolto dall’ufficio stampa per dare pubblicità alle iniziative del Ministero e la dettagliata articolazione degli uffici, che consente di individuare in modo preciso i settori di intervento. In modo molto diffuso, la relazione riporta le innovazioni organizzative apportate ed il contesto di riferimento, in special modo per quel che concerne l’incidenza della normativa internazionale e sovranazionale. Il lettore coglie con immediatezza il buon auspicio che la giustizia sia sempre più incanalate in pratiche virtuose. Per una valida introduzione non basta premettere queste indicazioni fornite dal Guardasigilli occorre altresì dare spazio ad un’utile dialettica con punti di vista differenti ed inevitabilmente ad una rappresentazione più fedele della condizione in cui versa la società, al di là del compiacimento di un’istituzione eccessivamente incline a celebrare risultati piuttosto che a segnalare problemi irrisolti. La crisi della giustizia è un dato immanente al sistema Italia. Non serve sceverare dati statistici o comparazioni internazionali per individuare alcuni aspetti decisivi di un’insoddisfazione generale per molti modelli del c.d. diritto vivente così come sarebbe «semplicistico attribuire la crisi della giustizia alla natura litigiosa dei nostri concittadini o al numero degli avvocati» così P. Ciccolo, Intervento del procuratore generale della Corte Suprema di Cassazione, p. 137 . Le criticità le vivono quotidianamente gli operatori del settore, non senza l’attesa di scrollarsi di dosso la fatica di vedere frustrate troppo spesso le proprie aspirazioni, come accade a chi frequenta le aule di giustizia o le sedi di ADR siano esse mediazione o negoziazione assistita . Ancora oggi il sistema non consente di realizzare efficacemente i diritti dei cittadini, né sul piano patrimoniale – troppo spesso i creditori non hanno strumenti adeguati a tutelare le proprie ragioni – né sul piano della vita e degli altri beni di massimo rango, al qual proposito la cultura della legalità e del rispetto arranca rispetto a quella della scaltrezza, se non della vera e propria illegalità. Ne sono testimonianza le difficoltà che incontrano i più deboli ad essere riconosciuti nei loro bisogni, sia a livello ordinario sia nelle emergenze in cui spesso è chiamato ad intervenire il giudice. Esempi se ne contano a più non posso, dalle problematiche connesse alla povertà dilagante, con sempre maggior diffusione di situazioni di conclamata indigenza, alle questioni meno strutturali, ma che affondano le radici in problemi endemici, connesse ad emergenze di varia etiologia e consistenza i terremoti nell’Italia centrale stanno scoperchiando il vaso di Pandora . Di questi allarmi il Presidente Canzio, su tutti, ha fornito una lucida analisi. Molti oratori e molte relazioni. L’approccio all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017 significa anzitutto tante voci, talvolta più talaltra meno, calcate, espressive, pacate, emozionate, che un’accurata ricerca consente ormai di ascoltare per la gran parte, con le nuove tecnologie e l’accesso ad internet. Le pedisseque relazioni non sono che il secondo passaggio, viva nel lettore la sfida di immaginare l’autore dello scritto mentre ne legge le parole, se ne ha soltanto ascoltata la voce. Talvolta gli audio delle relazioni mancano del tutto e il pensiero spicca il volo con ancor più facilità talaltra si ha il contatto con scritti di oratori noti, perché conosciuti dal vivo o tramite qualche video, e può capitare che emergano irrisolvibili discrasie tra ciò che appare all’immaginazione e ciò che i sensi la vista in questo caso disvelano. Non dimentico, nel mio cammino personale, l’emozione di aver incontrato il compianto professore Giorgio Marinucci, non diversamente dal “veterano” professore Ferrando Mantovani, figure alte ed eleganti, che invece avevo immaginato ben diversamente leggendone gli scritti, viva in me la minuta figura del mio compianto Maestro, il professore Gaetano Contento, quasi che i Maestri dovessero essere tutti come il Maestro Yoda, della saga cinematografica di Guerre stellari, ormai appartenente alla cultura collettiva come ipostasi di una grandezza interiore che non si esprime nelle forme dell’apparenza. Il Presidente della Suprema Corte. Al Presidente Giovanni Canzio va il merito di aver introdotto i lavori inaugurali con particolare capacità di accoglienza dell’uditorio. Il linguaggio è stato calibrato sul lessico tecnico-giuridico ma ha denotato un’attenzione particolare alla circostanza che i destinatari naturali delle sue parole non fossero solo gli operatori del diritto ma l’intera società civile, anche oltre la collettività nazionale che l’Istituzione da lui presieduta ha come riferimento diretto. Nella gran mole di contenuti si collocano copiosi spunti informativi, anche statistici, sull’operato della Corte e sull’andamento dei processi in generale, nonché importanti accenni a questioni giuridiche all’ordine del giorno. In particolare, a questo proposito, nella lunga relazione si può leggere di quanto sia stata incisivo il ruolo della Cassazione su temi bisognosi di risposte immediate, a fronte di un evidente ritardo del legislatore. Esempi inequivoci sono quelli del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in ambito civile, e della falsità documentale con riguardo alle valutazioni, in ambito penale. Di più nelle considerazioni finali. Il procuratore generale presso la Cassazione. Nelle parole del Procuratore generale presso la Cassazione Pasquale Ciccolo si respira a pieni polmoni l’archetipo della giustizia, quella che vive nel processo penale. Beninteso, il lungo intervento si occupa diffusamente anche del ruolo del pubblico ministero, e delle procure, nel giudizio civile, così come della normativa disciplinare innegabilmente, però, le parole hanno maggior risonanza quando toccano i problemi della giustizia penale, che nel verdetto di eventuale cassazione vive horribile et terribile . Nel merito, il risalto dato alla questione delle false valutazioni, che l’espunzione dal testo normativo rischiava di rendere irragionevolmente lecite, pone in evidenza la primazia della Cassazione, al cui interno la Procura generale funge da pungolo per interpretazioni corrette delle norme, secondo virtuosismi che il procuratore Ciccolo ha ben decantato. Nessun superpoliziotto, dunque, bensì anche nel pubblico ministero in Cassazione si incarna il giurista che deve portare il proprio contributo di conoscenze alla tavola del Supremo Collegio, una tavola imbandita di tanti saperi, che la Cassazione ha il compito, quale apice della piramide giudiziaria, di sincronizzare in verdetti che diano riscontro alle conoscenze dei singoli. Di più nelle considerazioni finali. Altri relatori a Piazza Cavour. Relatori in Cassazione sono stati anche il vice presidente del C.S.M., l’Avvocato Generale dello Stato e il presidente del Consiglio Nazionale Forense, con interventi calibrati sui propri ambiti di provenienza e al tempo stesso aperti, talvolta più talaltra meno, a considerazioni di sistema, con propaggini su questioni culturali di primo piano anche per la giustizia, quali il tema dell’immigrazione e della pace sociale. Il vicepresidente del C.S.M., Giovanni Legnini, ha segnalato lo sforzo di rinnovamento intrapreso e l’impegno al dialogo per il raggiungimento di obiettivi di protezione delle prerogative magistratuali e di concomitante indirizzo dell’autonomia consiliare verso un ruolo attivo. Ha dato specifico risalto all’impegno del Consiglio in tre settori caratterizzati dalle garanzie costituzionali per soggetti deboli i minori, in chiave di tutela processuale e sostanziale i migranti, in prospettiva di tutela umanitaria gli infermi di mente, nella loro tangenza con il circuito penale, da sviluppare dismettendo definitivamente lo strumento degli ospedali psichiatrici giudiziari. L’avvocato Massimo Massella Ducci Teri, in rappresentanza dell’Avvocatura generale dello Stato, ha svolto un intervento di raccordo con magistratura ed avvocatura del libero foro, segnalando anzitutto le sinergie avviate nel corso del 2016 segnatamente con la sottoscrizione di un Protocollo d’Intesa tra la Corte di Cassazione, il Consiglio Nazionale Forense e l’Avvocatura dello Stato . Un’attenzione particolare è stata rivolta all’accelerazione della giustizia civile e all’impegno profuso dell’Avvocatura dello Stato per stare al passo con i gravosi carichi di lavoro e con le esigenze di ammodernamento leggi PCT . In prospettiva, si è ringraziato il Governo per l’afflusso di nuove risorse umane con le quali fronteggiare gli impegni legati a nuove emergenze, in primis quelle legate a nuove competenze nascenti dalla soppressione di Equitalia. L’avvocato Andrea Mascherin, presidente e portavoce del Consiglio Nazionale Forense, ha rilevato l’infruttuosità di percorsi autoreferenziali e il bisogno di dialogo, anche con la Suprema Corte e con il Consiglio Superiore della Magistratura, sul quale dialogo ha rappresentato il massimo impegno dell’avvocatura. Si è segnalato un impegno del legislatore e del Ministro su alcuni fronti decisivi che erano stati portati all’attenzione della politica proprio dal CNF la legge professionale, il carcere, l’equo compenso per il difensore, il ruolo degli avvocati nei consigli giudiziari, la centralità della giurisdizione forense con la negoziazione assistita. Le sfide dichiarate da Mascherin sono quelle di «combattere la spettacolarizzazione e la banalizzazione del processo penale» e di «contrastare le teorie di una Società fondata sul castigo e sul sospetto». Il Ministro Andrea Orlando ha tracciato i contenuti dell’azione intrapresa dal proprio dicastero, e le direttrici ideali seguite. Il discorso svolto ha posto in particolare risalto esigenze di internazionalizzazione, sia per una lettura delle questioni in agenda, sia per la ricerca di soluzioni adeguate, siccome riscontrate e riscontrabili empiricamente altrove. Quanto alle emergenze affrontate nel corso del 2016, si è dato conto del sovraffollamento carcerario, della carenza di personale, della mole dell’arretrato e dei tempi lunghi della giustizia su tutti questi piani sono stati riportati positivi riscontri statistici a conferma di una valida azione dell’esecutivo. Non sono mancati richiami a questioni valoriali, e dunque di maggior profondità rispetto a questioni numeriche, tra le quali spicca senz’altro il problema del riconoscimento e della riconoscibilità di diritti fondamentali comuni alle persone di qualsiasi nazionalità. Il tema involge la difficoltà di adottare un filtro teoretico che consenta di predicare l’inviolabilità di un diritto, perché fondamentale, al di fuori di un singolo contesto normativo il nostro riferimento culturale discende dall’evoluzione del nostro pensiero giuridico e dunque non è il medesimo di altri ordinamenti. Diventano sul punto decisivi la comunicazione ed il dialogo sulle tutele indefettibili che il diritto deve apprestare a chiunque, secondo quanto emerso, tra l’altro, in un recente ed appassionato confronto tra i noti magistrati Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo. Il Presidente del Consiglio di Stato. Il 31 gennaio Palazzo Spada ha ospitato la “propria” cerimonia inaugurale un breve resoconto è in diritto e giustizia del 1° febbraio 2017, La giustizia amministrativa inaugura il nuovo anno giudiziario sull’onda della sinteticità e della digitalizzazione . Al Presidente Alessandro Pajno è toccato raccontare il funzionamento della giustizia amministrativa in Italia nel corso del 2016. Il discorso ha investito ampie considerazioni con riguardo sia alla funzione consultiva sia a quella giurisdizionale svolte dal Consiglio di Stato. Così, in particolare, nel testo della relazione si legge ampiamente di come la prima sia stata rilanciata in concomitanza con le più recenti riforme. In concreto, il modo di procedere delle amministrazioni consente oggi un fecondo innesto dell’operato consultivo dei giudici amministrativi in vista dell’adozione di provvedimenti meglio rispondenti agli interessi generali, con consequenziale compressione degli spazi rimessi al sindacato giurisdizionale, successivo alla conclusione di quei procedimenti. Sulla funzione giurisdizionale sono state formulate considerazioni di massimo pregio, relative già all’importanza della funzione nomofilattica di Palazzo Spada, declinatasi ultimamente sia a livello di adunanza plenaria sia a livello di organizzazione/specializzazione delle sezioni giurisdizionali, al punto da sollecitare l’emersione e l’adozione di direttrici uniformi, secondo un impulso nomofilattico coltivato anche dai singoli tribunali amministrativi regionali. Preziosi i riferimenti al dialogo con altre Corti, sia quelle interne, Corte Costituzionale e Cassazione, sia le Corti Europee, proposto con riferimento a profili di metodo congiunti a profili di merito. Un esempio è relativo al riparto di giurisdizione in special modo per quel che concerne la possibilità di contestare la giurisdizione, nei gradi successivi del giudizio, da parte di chi abbia inizialmente proposto la domanda , vivo l’auspicio della Corte Costituzionale, espressamente richiamato dal Presidente Pajno, che il colloquio tra Cassazione e Consiglio di Stato assicuri «una protezione completa ed esaustiva contro ogni forma di abuso o di cattivo funzionamento del potere pubblico». «Diritto pubblico e diritto privato – scrive ancora il presidente Pajno nella sua Relazione, p. 4 – non si scontrano come un tempo, ma si mescolano continuamente». Qui un invito implicito, ma univoco, a dismettere le partizioni tra un ramo e l’altro dell’ordinamento, per un’integrazione delle categorie che diventa integrazione delle culture. Temi salienti. La rassegna svolta può consentire di acquisire i contenuti essenziali delle inaugurazioni, ma lascia nell’ombra, per ragioni di economia, gli spunti più salienti, che vado qui a segnalare. Più tecnologie. Non c’è relazione, né intervento, che abbia omesso un accurato riferimento all’incedere di nuovi strumenti informatici e telematici per una maggior efficienza del sistema giustizia. I toni celebrativi con i quali è stato salutato il processo telematico, nel suo approdo in ambito amministrativo così come nel suo sviluppo in ambito civile e penale , rischiano tuttavia di stridere con un’esperienza spesso contraria degli operatori negativamente condizionati da taluni pendolarismi delle giurisdizioni minori, nonché da prassi talvolta resistenti alle innovazioni, come per le c.d. copie di cortesia, da produrre in formato cartaceo in barba ai dettami del PCT . Nondimeno, l’audacia emergente da alcune dichiarazioni va salutata come un incoraggiamento per chi si vede costretto in esperienze anche profondamente dissimili dai virtuosismi della Cassazione, almeno in the books. Punto fermo è che la giustizia non può abdicare alle emergenze poste dalla società con i suoi cambiamenti e che «gli strumenti giuridici – come scrive il presidente Pajno nella sua Relazione, p. 4 – non intervengono su di una realtà statica, ma su di un corpo vivo sempre in movimento». Più dialogo. Altra cifra comune delle relazioni è il dialogo tra i protagonisti dell’amministrazione della giustizia. La solerzia in questa direzione è stata messa a fuoco con fermezza, richiamando anche specifiche intese e protocolli, che ne hanno fatto impegni formali. Più brevità. Non è un caso che l’intervento del Procuratore generale ricordi in apertura che «il troppo discutere fa perdere di vista la verità» frase di Publilio Sirio, Sententiae, I secolo a.C., posta come esergo dello scritto del dott. Ciccolo . Lo scriveva anche Piero Calamandrei, da avvocato, quando ammoniva «Inutile la chiarezza, se il giudice, vinto dalla prolissità, si addormenta. Più accetta la brevità, anche se oscura quando un avvocato parla poco, il giudice, anche se non capisce quello che dice, capisce che ha ragione» Piero Calamandrei, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, 1935 . Conferme ad hoc , del resto, sono reperibili nelle indicazioni di concerto sugli scritti difensivi nonché nelle indicazioni sulle motivazioni per relationem delle sentenze anche la relazione del Presidente Canzio, in particolare a p. 34, segnala la centralità della sintesi, come requisito intrinseco . Nell’esordio della relazione del Procuratore Ciccolo, così come del suo intervento nell’Aula magna della Cassazione, si fa appello alla «necessità della sintesi nella redazione degli atti – di parte come del magistrato, secondo una linea culturalmente condivisa dalla generalità degli operatori e per questo trasfusa in condivise iniziative del Ministro e in Protocolli operativi interni alla giurisdizione - alla indispensabile rapidità della decisione, che previene anche la disuguaglianza originata dalle dilazioni temporali, fino alla stessa logica interna insita in qualsiasi determinazione del potere giudiziario, la cui ineliminabile componente interpretativa e dunque creativa del diritto trova in quelle esigenze il proprio limite naturale» così P. Ciccolo, Intervento del procuratore generale della Corte Suprema di Cassazione, pp. 1 e 137 . La società ha bisogno di pace sociale. Un altro comune denominatore delle relazioni tenute concerne i bisogni che la giustizia è chiamata a soddisfare, e dunque anzitutto le appena ricordate esigenze di rapidità, perché, con parole ripetute nella sostanza da tutti gli intervenuti, una giustizia che arriva tardi diventa per ciò solo ingiusta. Restano ferme le prerogative di ognuno così, «al legislatore, dunque alla politica, il compito di sapere tradurre in regole appropriate e condivise le esigenze di giustizia dei cittadini» P. Ciccolo, Intervento del procuratore generale della Corte Suprema di Cassazione, p. 3 , che vanno poste al servizio dell’intera collettività, perché «la giustizia [è] risorsa limitata di cui fare uso con beneficio di tutti» Pajno, Relazione, p. 13 . Tutto questo non modifica il mio giudizio di fondo sullo stato della giustizia in Italia il legislatore non può dormire tra due guanciali. Non multa sed multum il legislatore esce malconcio da tutti gli auspici e le celebrazioni dei giorni scorsi. Non è in dubbio che la produzione normativa dell’ultimo anno sia stata copiosa, tanto da occupare pagine e pagine di quella lunghissima relazione sulla giustizia nel 2016 che il Ministro ha presentato al Parlamento, a fronte delle più contenute considerazioni del 26 gennaio. L’allarme non è mio, lo lancia, con particolare efficacia, il Presidente Pajno «l’iperregolazione è un fenomeno tipico di sistemi nei quali prevale la sfiducia poiché non ci si fida gli uni degli altri, si cerca di sostituire la cooperazione con la coazione, imposta appunto attraverso le regole» a p. 8 della sua Relazione . Né minor efficacia hanno le parole del Procuratore generale presso la Cassazione, che indica «nella proliferazione legislativa e nell’abnorme accumulo di norme, talora né chiare né coordinate tra loro, uno dei principali fattori del venir meno di quel sentimento di condivisione del bene comune che deve accompagnare l’intera collettività» così a P. Ciccolo, Intervento del procuratore generale della Corte Suprema di Cassazione, p. 137, in un passaggio inserito nell’intervento della cerimonia del 26 gennaio a Piazza Cavour . Di più, autoriformismo è la cifra comune alle relazioni del Presidente Canzio e del Presidente Pajno, ma non manca nei testi del vice presidente Legnini e del Procuratore generale Ciccolo, in materie nelle quali è tutt’altro che auspicabile validare l’antico adagio “chi fa da sé fa per tre”. Provvedimenti chiari, concisi, utili ad una reale semplificazione del processo e delle tutele dei diritti in generali incombono al legislatore. La società non può fare affidamento sulla supplenza della Cassazione, per quanto autorevole e ben ispirata essa sia su questo il presidente Canzio ha assunto un atteggiamento ineccepibile consapevole di dover dare risposte per evitare l’horror vacui, sereno nel chiedere che le risposte provengano da chi ne ha la responsabilità istituzionale ancora una volta, il legislatore . Per concludere, avverto disagio di fronte al silenzio del Ministro su un aspetto della giustizia penale che non è meno importante rispetto ai temi classici del c.d. garantismo l’esigenza di sicurezza non rimane confinata nell’ambito dei problemi dell’ordine pubblico. Quale impegno nella prevenzione dei reati e nell’accertamento dei colpevoli? La prevenzione è anche data, come chiunque avverte, dall’effettività delle incriminazioni riscontrata da un’effettiva condanna per gli autori di reati. Non dimentichiamo che la sconfitta della giustizia che si celebra nel condannare un innocente non è meno lacerante della sconfitta che si celebra nell’assistere inermi alla disgregazione dell’intero tessuto sociale che si attua ogni qualvolta una persona commette un reato, senza individuare né punire il colpevole, che è colpevole non della violazione di una qualsiasi “normina”, bensì della violazione di una norma penale. Perché la norma penale – ci hanno insegnato – involge per definizione e in modo integrale la pacifica convivenza civile tra i consociati ed è presidio di quella pace sociale che tutti gli operatori del diritto dovrebbero voler contribuire a realizzare. Non è ancora troppo tardi.