Il passaporto è un documento personale rappresentativo del diritto di libera circolazione dell’intestatario.
Operarne la confisca significa trasmodare l’espropriazione dalla sua natura e funzione sanzionatoria patrimoniale reale conferendo ad essa quella cautelare limitativa “sine die” della liberta dell’intestatario del documento. La misura così disposta si pone al di fuori dei casi in cui misure di tale natura, ontologicamente temporanee, sono previste e disciplinate dalla legge. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 9760/14, depositata il 27 febbraio. Il caso. 2 imputati formulavano istanza ex articolo 444 c.p.p. affinché nei propri confronti venisse irrogata la pena concordata in relazione al delitto ex articolo 110 c.p. e 73 d.p.r. numero 309/90. Il Tribunale di Milano applicava la richiesta pena disponendo altresì la confisca dei passaporti dei 2 imputati. Avverso la sentenza resa dal Tribunale proponevano ricorso per Cassazione gli imputati personalmente deducendo inosservanza e/o erronea applicazione della legge con riferimento all’articolo 16, comma 5, d.lgseg.vo 286/98 e mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla predetta ipotesi normativa con riferimento alla disposta confisca del passaporto giustificata solo come mera clausola di stile e con l’effetto di provare il ricorrente del proprio diritto di avanzare istanza di espulsione quale misura alternativa alla pena, oltre che violazione ex articolo 606 lettera b ed e dell’articolo 240 c.p. in ordine al quale non vi sarebbe motivazione. La Corte di Cassazione ha accolto, su parere conforme del PG, il ricorso. La confisca ha funzione e natura sanzionatoria di contenuto e carattere patrimoniale. Non v’è dubbio alcuno che l’istituto della confisca, obbligatoria o facoltativa, abbia nel sistema giuridico italiano funzione e natura sanzionatoria di contenuto e carattere patrimoniale. Il Legislatore ha infatti inteso, disciplinando l’istituto, intervenire, limitandola sino ad annullarlo, sul contenuto del diritto di proprietà inerente un bene proprio per colpire, sotto un profilo patrimoniale,l’autore di un reato aggiungendo, i questo modo, alla sanzione detentiva o pecuniaria anche questo particolare tipo di “decremento” patrimoniale. La ricostruzione dell’istituto è pacifica, chiara ed indiscussa. Il bene costituzionalmente garantito della proprietà privata subisce una compressione, giustificata dall’intervento dell’autorità giudiziaria che a fronte di condotte tassativamente indicati reati implicano la reazione dell’ordinamento che giunge obbligatoriamente o in via facoltativa ad espropriare alcune particolari categorie di beni che debbono essere collegate da nesso di natura strumentale con la commissione del reato. La logica secondo cui l’istituto era stato disegnato appare certamente stringente e, per vero, anche di facile comprensione. Meno semplice è il giustificare l’istituto della confisca per equivalente che, come è noto, può colpire beni che non siano posti in relazione strumentale con la commissione del reato ma che ad esso vengono ricollegati in qualche modo quali frutti mediati o profitti interposti. Ciò che è certo è che la misura ha carattere e natura strettamente patrimoniale. Ora applicare la confisca ad un passaporto appare operazione piuttosto curiosa. Intanto il passaporto in se non ha alcun valore economico o patrimoniale e, a ben vedere la sanzione di tale natura che viene inflitta al reo si limiterebbe alla perdita decremento dei “bolli” versati allo Sato. Secondariamente il bene, una volta incamerato dallo Stato, attraverso il meccanismo della confisca non apporta alcun vantaggio di carattere economico e/o patrimoniale all’ente confiscante. Terzo, e per vero fondamentale aspetto, il passaporto non può essere definito un bene di natura economica e/o patrimoniale ma, e qui scopro l’acqua calda, un documento. Documento che ha quale funzione quella di, identificandone il possessore, consentirgli di esercitare il diritto di libera circolazione che è parte, integrante e costituente del diritto di libertà Il diritto di libera circolazione quale estrinsecazione del diritto di libertà. Ora che il diritto di libertà sia il secondo bene nella scala di quelli dotati di protezione guarentigia Costituzionale subito dopo il diritto alla vita pare non solo assodato ma davvero indubbio. Così come indubbio è che la limitazione del diritto di libertà deve essere motivata e tendenzialmente temporanea. L’avverbio utilizzato trova giustificazione nella disciplina dell’ergastolo che, come è noto, suscita non pochi dubbi di incostituzionalità. Così ricostruita la vicenda appare drammaticamente evidenza come il Giudice del merito abbia confuso l’applicazione della norma attivando una misura atta ad intervenire in relazione al diritto di proprietà su di un bene atto a rappresentare, e quindi a rendere concretamente esercitabile, il diritto di libertà. Con ogni conseguenza immaginabile. In primo luogo la confusione giuridica in cui esso è incorso ha fatto si che il provvedimento assunto sia stato ritenuto viziato proprio in virtù della sua assoluta inapplicabilità al caso di specie. Secondariamente esso non ha potuto che essere definito carente in relazione ai due profili richiesti ex lege per l’adozione di provvedimenti limitativi del diritto di libertà motivazione e natura temporanea. Insomma , la Corte ha inteso fornire una lettura sistemica del disposto dell’articolo 240 del codice penale richiamando i giudici di merito ad una distinzione, quella fra misure attinenti compressione del diritto di proprietà e misure relative al diritto di libertà, che è sempre bene non venga dimenticata. Pena lo svilimento del diritto di libertà considerato al pari di altri, seppur importanti, diritti che non possono, in una lettura del diritto penale costituzionalmente orientata che essere di rango inferiore.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 – 27 febbraio 2014, numero 9760 Presidente Agrò – Relatore Capozzi Considerato in fatto e ritenuto in diritto 1. Con sentenza del 30.4.2013 il G.U.P. del Tribunale di Milano applicava ex articolo 444 c.p.p. nei confronti di B.P.R. e N.G.L.M. la pena concordata in ordine al delitto di cui agli articolo 110 c.p.- 73 D.P.R. numero 309/90, disponendo la confisca - tra l'altro - dei rispettivi passaporti. 2. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione i due imputati, personalmente il B.E. ed a mezzo del difensore la N.G. deducendo 2.1. Il primo inosservanza e/o erronea applicazione della legge ex articolo 16 co. 5 d.leg.vo 286/98 e mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla predetta ipotesi normativa con riferimento alla disposta confisca del passaporto giustificata solo con mera clausola di stile e con l'effetto di privare il ricorrente del proprio diritto di avanzare istanza di espulsione quale misura alternativa alla pena. 2.2. La seconda violazione ex articolo 606 lett. b ed e dell'articolo 240 c.p. in ordine al nesso strumentale tra il reato ed il passaporto confiscato in ordine al quale non vi sarebbe motivazione. 3. Con requisitoria scritta il P.G., sul rilievo che nella specie sarebbe stato soltanto apoditticamente affermata l'esistenza del nesso pertinenziale tra il reato ed il passaporto dei prevenuti, ha chiesto l'annullamento della sentenza limitatamente alla disposta confisca dei passaporti. 4. I ricorsi sono fondati. 5. La sentenza gravata ha giustificato la disposta confisca dei passaporti di entrambi i ricorrenti sul ritenuto ma non argomentato nesso pertinenziale dei predetti documenti con il reato. 6. Tuttavia, ben oltre il vizio di motivazione relativo al nesso strumentale tra cosa e reato - la cui giustificazione si rende necessaria anche nel caso di sentenza ex articolo 444 c.p.p. in relazione all'ipotesi di confisca facoltativa Sez. 6, Sentenza numero 17266 del 16/04/2010 Rv. 247085 Imputato Trevisan Sez. 6, Sentenza numero 24756 del 01/03/2007 Rv. 236973 Imputato Muro Martinez Losa -, è dirimente la considerazione secondo la quale la confisca dei passaporti, documenti personali rappresentativi del diritto di libera circolazione degli imputati, ha fatto trasmodare l'espropriazione dalla sua natura e funzione sanzionatoria patrimoniale reale conferendo ad essa quella cautelare limitativa “sine die” della libertà dei predetti, ponendosi al di fuori dei casi in cui misure di tale natura, per loro natura temporanee, sono previste e disciplinate dalla legge. 7. La sentenza gravata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio limitatamente alla disposta confisca dei passaporti dei ricorrenti che vanno dissequestrati e restituiti agli aventi diritto. 8. Devono disporsi, in conseguenza, a mezzo della cancelleria i provvedimenti ex articolo 626 c.p.p P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca dei passaporti dei ricorrenti e ne dispone la restituzione agli aventi diritto. Manda alla cancelleria per i provvedimenti di cui all'articolo 626 c.p.p