Scenario dell’episodio è un impianto sportivo, di proprietà comunale. Lì, difatti, una donna, impegnata in una leggera corsa fuori dalle corsie numerate, cade a terra a causa di un tombino. Mossa azzardata? Pare di no, considerando le condizioni dello spazio utilizzato.
‘Fuori pista’ fatale per una amante dell’atletica, la quale, nonostante la disponibilità della pista – nell’impianto sportivo comunale –, sceglie di fare riscaldamento, con una leggera corsa, all’esterno delle ‘corsie’ numerate, e proprio lì mette il piede in fallo, inciampando in un tombino e rendendosi protagonista di un clamoroso capitombolo. Quella ‘escursione’, però, non salva il Comune, proprietario dell’impianto, dalla responsabilità per l’infortunio subito dalla donna. Cass., ord. numero 4659/2014, Sesta Sezione Civile, depositata oggi A Terra. Corposa la richiesta di «risarcimento del danno» avanzata nei confronti del Comune la donna reclama addirittura 11mila euro, come ‘riparazione’ per le lesioni subite in seguito alla «caduta, nell’impianto sportivo comunale, inciampando su un tombino, mentre praticava jogging durante un allenamento». Ma, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, la domanda viene ritenuta assolutamente pretestuosa. Per i giudici, difatti, non si può ignorare l’azzardo compiuto dalla donna, la quale ha scelto di utilizzare lo «spazio esterno alle piste numerate», spazio «non destinato all’attività di atletica» e ‘punteggiato’ da alcuni «tombini», pur essendo pienamente consapevole di quei «luoghi». Senza dimenticare, poi, la «visibilità dell’ostacolo», ossia il «tombino» ricoperto «di tartan», sollevato «di alcuni centimetri» Pista. Nessun dubbio, quindi, per i giudici di primo e di secondo grado, sulla evidenza del «caso fortuito», addebitabile alla condotta tenuta dalla donna. Tale visione, però, è fatta a pezzi dai giudici del Palazzaccio, i quali mettono risalto un elemento decisivo «il luogo dell’incidente, pur esterno alle corsie numerate, era normalmente utilizzato per correre, in assenza di segnaletica che ne impedisse l’uso e di disposizioni orali da parte dei custodi». Ciò conduce a ritenere che lo spazio, utilizzato dalla donna per fare jogging, fosse «predisposto per la corsa», come dimostrato dall’assenza di «divieti» ad hoc e dalla constatazione che esso «era ricoperto dello stesso materiale» – tartan – utilizzato «per le corsie adibite all’allenamento». Completamente da rivedere, quindi, la decisione assunta dalla Corte d’Appello, proprio alla luce dell’elemento posto in evidenza in Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 – 26 febbraio 2014, numero 4659 Presidente Finocchiaro – Relatore Carluccio Ritenuto che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli articolo 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione che la relazione ha il seguente contenuto «1. T.C. convenne in giudizio il Comune di Sciacca, chiedendo il risarcimento del danno pari a circa euro 11 mila , subito in esito alla caduta nell'impianto sportivo comunale, inciampando su un tombino mentre praticava jogging durante un allenamento. Il Tribunale rigettò la domanda ex articolo 2051 cod. civ., per il mancato raggiungimento della prova di essere inciampata nel tombino. La Corte di appello di Palermo, pur correggendo la motivazione nel senso che era rimasta incontestata da parte del Comune la dinamica del sinistro, rigettò l'impugnazione sentenza del 29 marzo 2012 . 2. Avverso la suddetta sentenza, T.C. propone ricorso per cassazione con tre motivi. Il Comune resiste con controricorso. E' applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, numero 69. Proposta di decisione 1. La Corte di merito ha ritenuto provato il caso fortuito, idoneo a interrompere il nesso causale, costituito dal comportamento colposo della danneggiata, in considerazione del luogo dell'incidente, costituito dallo spazio, esterno alle piste numerate, dove erano collocati i tombini, non destinato all'attività di atletica della conoscenza dei luoghi e della visibilità dell'ostacolo - copertura di un tombino ricoperta di tartan, sollevata di alcuni centimetri - risultante dalle fotografie. 2. Con i tre motivi di ricorso, strettamente connessi, si deduce la violazione degli articolo 2043 e 2051 cod. civ., anche in collegamento con l'articolo 1227 cod. civ., unitamente a vizi motivazionali. Si nega l'esistenza del fortuito, costituito dal comportamento del danneggiato e, in via subordinata, si chiede affermarsi almeno la responsabilità concorrente dell'amministrazione. 3. Il ricorso merita accoglimento nei limiti di cui in motivazione. 3.1. La decisione va delimitata nell'ambito di operatività dell'articolo 2051 cod. civ. Risulta nuova la configurabilità dell'articolo 2043 cod. civ., non emergendo dalla sentenza impugnata né la ricorrente dimostra la invocazione dello stesso nel processo di merito. 3.2. Il ricorso è fondato nella parte in cui sostiene che la Corte di merito non ha attribuito rilievo alla circostanza risultante in particolare dalla testimonianza G. che il luogo dell'incidente - pur esterno alle corsie numerate - era normalmente utilizzato per correre, in assenza di segnaletica che ne impedisse l'uso e di disposizioni orali da parte dei custodi. La Corte, infatti, ha finito per individuare l'imprevedibilità ed eccezionalità, necessarie per integrare il fortuito, nella circostanza che la danneggiata aveva utilizzato un luogo non predisposto per la corsa mentre, secondo la testimonianza riportata, lo era normalmente in assenza di divieti ed era ricoperto dello stesso materiale usato per le corsie adibite all'allenamento. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di merito» che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite. Considerato che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione che i rilievi mossi dal controricorrente, nell'adunanza camerale, non sono idonei ad inficiare le argomentazioni della relazione che, pertanto, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione. P.Q.M. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.