La congruità delle indennità, corrisposte dall’INAIL al lavoratore, nel giudizio di regresso, intentato contro il datore di lavoro, può essere fornita con l’attestato del direttore della sede regolatrice, svolgendo l’Istituto la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi atti assistiti da presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi. Tale presunzione di legittimità può venir meno solo di fronte a precise contestazioni che evidenzino vizi da cui sarebbero affetti tali provvedimenti.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 1841, depositata il 2 febbraio 2015. Il fatto. Il Tribunale di Catania rigettava la domanda proposta dall’INAIL ex articolo 10 e 11 del d.P.R. numero 1124/1965, volta ad ottenere la condanna in solido della società e dei singoli soci al pagamento di una somma, per le prestazioni assicurative erogate ai familiari del lavoratore deceduto a causa dell’infortunio occorso allo stesso mentre era intento, con altro lavoratore, a raccogliere del materiale di risulta delle lavorazioni di fuochi artificiali e al trasporto dello stesso. La Corte d’appello di Catania, riformando tale decisione, dichiarava la responsabilità civile della società in relazione all’infortunio mortale in questione e la condannava, insieme con i soci, alla rifusione a favore dell’ente previdenziale di una determinata somma. La società e i soci propongono ricorso per cassazione contro tale sentenza. Risultanze probatorie. Con un primo motivo, i ricorrenti si lamentano dell’erronea valutazione delle risultanze probatorie. Ma non fanno nulla di diverso che opporre un diverso apprezzamento degli elementi probatori, che, invece, sono state attentamente vagliate e verificate dal Giudice d’appello, con una motivazione che il Collegio ritiene adeguata e immune da vizi logici e giuridici. I presupposti per l’azione di rivalsa. Con un secondo motivo, i ricorrenti lamentano l’insussistenza dei presupposti per l’azione di rivalsa, con particolare riferimento alla mancata dimostrazione dell’importo delle somme erogate dall’ente previdenziale. Tale motivo, a parere del Collegio, è privo di fondamento. Infatti, in base a consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la congruità delle indennità, corrisposte dall’INAIL al lavoratore, nel giudizio di regresso, intentato contro il datore di lavoro, può essere fornita con l’attestato del direttore della sede regolatrice, svolgendo l’Istituto la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi atti assistiti da presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi. Tale presunzione di legittimità può venir meno solo di fronte a precise contestazioni che evidenzino vizi da cui sarebbero affetti tali atti. Tale circostanza non si riscontra nel caso di specie, dove le contestazioni mosse dai ricorrenti risultano essere del tutto generiche. Per tali ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 dicembre 2014 – 2 febbraio 2015, numero 1841 Presidente Stile – Relatore De Renzis Svolgimento del processo I. Il Tribunale di Catania con sentenza numero 590 del 28.02.2007 rigettava la domanda proposta - ex articolo 10 e 11 del DPR numero 1124 del 1965 - dall'INAIL con ricorso, depositato il 21.09.2001, volta ad ottenere la condanna in solido della società F.LLI VACCALLUZZO SNC di V.A. e dei soci in proprio V.A. , F. e AL. al pagamento della somma di L. 383.113.009, oltre interessi, per le prestazioni assicurative erogate ai familiari di T.C. , deceduto il 3 giugno 1991 a causa dell'infortunio occorso all'anzidetto lavoratore, mentre era intento, con altro lavoratore, a raccogliere del materiale di risulta delle lavorazioni di fuochi artificiali e al trasporto dello stesso. Il Tribunale escludeva la sussistenza della responsabilità prospettata dall'ente previdenziale in capo alla società convenuta. II. Tale decisione, impugnata dall'INAIL, è stata riformata dalla Corte di Appello di Catania con sentenza numero 344 del 2010 del 2010, che ha dichiarato la responsabilità civile della società appellata in relazione all'infortunio mortale in questione, con la condanna della medesima società e dei soci V.A. , F. ed Al. alla rifusione a favore dell'ente previdenziale della somma di Euro 282.790,69, oltre alle maggiorazioni della rendita a decorrere dal 1 luglio 2007 e agli interessi legali dalla data delle singole prestazioni al saldo. Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale ha osservato che, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, le risultanze istruttorie con riferimento in particolare alle deposizioni dei testi V.S. , T. e P. deponevano nel senso della responsabilità della società datrice di lavoro, essendo emerso una palese violazione delle norme antinfortunistiche da parte della stessa, dal momento che era stato affidato ai due lavoratori infortunati, addetti a mansioni di pulizia T.C. e P.M. la pericolosa e rischiosa attività di distruzione - mediante incendio - delle carte dei residui di lavorazione intrise di sostanze esplosive, senza l'assistenza di personale competente, trovandosi tutti i V. , al momento in cui avveniva l'episodio mortale, all'interno della fabbrica. La stessa Corte ha aggiunto che la stessa area di smaltimento dei rifiuti in questione era risultata priva di rilevanti misure di sicurezza, come accertato dall'apposita Commissione Tecnica Provinciale in data 28.06.1991, tanto da determinarne la sospensione dell'agilità. Con riferimento al quantum la Corte territoriale ha utilizzato la documentazione INAIL, ritenuta pienamente valida ed idonea ad attestare le prestazioni erogate e non fatta oggetto di specifica contestazione. III. La società e i soci indicati in epigrafe ricorrono per cassazione con due motivi. Resiste l'INAIL con controricorso, illustrato con memoria ex articolo 378 CPC. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2697 Cod. Civ., errata valutazione delle risultanze istruttorie, vizio di motivazione in relazione al fatto decisivo del giudizio. In particolare sostengono che il dipendente era addetto unicamente alla pulizia dei residui della lavorazione e non alla distruzione di fuochi di artificio, sicché l'incendio, che, aveva portato alla morte del lavoratore, era da imputarsi ad una tragica fatalità od una condotta incauta del medesimo. In questo modo i ricorrenti non fanno altro che opporre un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, attentamente vagliate e verificate dal giudice di appello, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, riportando peraltro soltanto parzialmente le dichiarazioni rese ai carabinieri e nel giudizio di primo grado, che avvalorerebbero una diversa ricostruzione dell'accaduto, specie con riguardo alla sorveglianza di uno dei due soci al momento dell'infortunio. La Corte territoriale al contrario ha accertato, come già si è detto, sulla base della documentazione prodotta processo penale, verbale ispettivo e delle deposizioni raccolte nelle varie sedi, che il T. non era stato istruito sui rischi connessi alle operazioni di bruciature oltre il trasporto , che era stato lasciato solo nel porle in atto i soci si trovavano all'interno dello stabilimento e che l'area interessata era priva delle minime misure di sicurezza, tanto che ne era stata sospesa l'agibilità. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli articolo 10 e 11 del DPR numero 1124 del 1965 in relazione all'insussistenza dei presupposti per l'azione di rivalsa, con particolare riguardo alla mancata dimostrazione dell'importo delle somma erogate dall'ente previdenziale. Il motivo è privo di pregio e va disatteso. Secondo consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale cfr Cass. numero 12562 del 2014 Cass. numero 11544 del 2012 Cass. numero 21964 del 2011 Cass. numero 11617 del 2010 la congruità delle indennità, corrisposte dall'INAIL al lavoratore, nel giudizio di regresso, intentato contro il datore di lavoro, può essere fornita con l'attestato di direttore della sede regolatrice, svolgendo l'Istituto la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi atti assistiti da presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi. Tale presunzione di legittimità può venir meno solo di fronte a precise contestazioni che evidenzino vizi da cui sarebbero affetti tali atti. Il che non si riscontra nel caso di specie, essendo generiche le contestazioni mosse dai ricorrenti. 3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato. Le spese di giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti ai pagamento delle spese dei presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compensi, oltre accessori di legge.