Necessario il pagamento di un indennizzo in caso di riacquisizione in proprietà degli impianti da parte del Comune

Se la convenzione concessoria prevede il trasferimento in proprietà degli impianti al Comune solo alla scadenza della medesima, è evidente che il passaggio dei predetti impianti deve essere accompagnato dal pagamento dell’indennizzo. In tal caso, fermo restando la giurisdizione del giudice ordinario sulla quantificazione della somma dovuta al gestore uscente, quale controvalore degli impianti e degli interventi eseguiti, il giudice amministrativo deve almeno accertare il diritto all’indennizzo.

E’ quanto affermato dal Tar Lombardia, sez. Brescia II, nella sentenza numero 1132 del 14 dicembre 2013. La convenzione concessoria di illuminazione votiva. L’impresa E.F. srl gestisce, in virtù di convenzione concessoria, dal 1983 e con scadenza al 31 dicembre 2020, il servizio di illuminazione votiva nel Comune di Capriate San Gervasio. La convenzione prevede l’onere, a carico dell’impresa, di realizzare e mantenere in perfetta manutenzione gli impianti elettrici, con il diritto dell’impresa medesima di gestire in via esclusiva il servizio, riscuotendo il correlato canone dagli utenti i titolari delle concessioni cimiteriali . La convenzione stabilisce, inoltre, che alla scadenza gli impianti realizzati devono essere trasferiti gratuitamente al Comune, il quale, se intende acquistarli prima, deve procedere al loro riscatto, previo il pagamento di un indennità. Il Comune, inquadrando il servizio di illuminazione votiva come servizio pubblico locale, comunicò l’intervenuta decadenza anticipata della convenzione, ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 8, d.l. numero 113/2008 normativa all’epoca vigente, che conclamava la decadenza delle concessioni affidate senza gara . L’impresa impugna il provvedimento riconignitivo di decadenza, lamentando, fra l’altro, due precisi vizi l’errata qualificazione giuridica dell’illuminazione votiva e l’omessa previsione di un’indennità, a fronte dell’anticipata acquisizione in proprietà degli impianti. I servizi pubblici locali a rilevanza economica e l’illuminazione votiva. Il Tar non accoglie il primo motivo di ricorso, in quanto ritiene, attenendosi ad una pregressa e solida giurisprudenza, che l'illuminazione elettrica di aree cimiteriali, da parte del privato, costituisce oggetto di concessione di servizio pubblico locale a rilevanza economica, «perché richiede che il concessionario impegni capitali, mezzi e personale da destinare a un’attività suscettibile, almeno potenzialmente, di generare un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore». Occorre osservare che la materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è stata, in questi anni, interessata da una serie di discipline nazionali, che si sono succedute nel tempo, determinando un quadro normativo di riferimento non sempre chiarissimo. Attualmente, a seguito della sentenza della Corte costituzionale numero 199/2012, non esiste un univoco modello nazionale di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica. Secondo la recente giurisprudenza, la scelta del modello gestionale deve essere effettuata tenendo conto della concreta situazione di fatto e nel rispetto dei principi comunitari in materia, fra cui l’obbligo di motivazione ed i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa Tar Lombardia, sez. Brescia, numero 558/2013 Tar Campania, sez. Napoli, numero 1925/2013 . Quindi, secondo i giudici amministrativi lombardi, è corretto l’inquadramento dell’illuminazione votiva nell’ambito dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, nonostante l’indubbia novità introdotta nel settore dal comma 26, dell’articolo 34 del decreto legge numero 179/2012, convertito in legge numero 221/2012. Con tale disposizione, l’attività di illuminazione votiva è stata inquadrata nell’alveo della concessione di servizi, disciplinata dall’articolo 30 del Codice dei contratti pubblici. Al riguardo, il Tar afferma che la novella normativa, non avendo portata ricognitiva, ma solo innovativa, ha efficacia solo dal 1° gennaio 2013. Quindi, non essendo in vigore al momento dell’adozione degli atti impugnati, non può esplicare effetti nei riguardi dei medesimi. Il diritto all’indennizzo. Dichiarata legittima la pronuncia di decadenza della convenzione concessoria, alla luce dell’inquadramento ora illustrato, i giudici amministrativi ritengono, tuttavia, che gli impianti, acquisiti anticipatamente dal Comune debbano essere indennizzati. Ciò, alla luce del fatto che la convenzione prevede il trasferimento gratuito degli impianti, in favore del Comune, solo al 31 dicembre 2020 scadenza originaria, anticipata per legge . Di conseguenza, l’acquisizione anticipata degli impianti si atteggia a riscatto anticipato, con connesso obbligo di indennizzo. Infatti, il Tar respinge la tesi, sostenuta dal Comune, di una presunta demanialità o patrimonialità indisponibile degli impianti. La proprietà di questi, in quanto convenzionalmente imputata al soggetto gestore, può essere trasferita al Comune, prima della scadenza prevista, solo in virtù dell’istituto del riscatto, contemplato dagli articolo 24-26 del Regio decreto numero 2578/1925, quale potere pubblicistico ontologicamente connotato da una finalità tipica la riassunzione in proprio del servizio.

TAR Lombardia, sez. staccata di Brescia, sentenza 28 novembre - 14 dicembre 2013, numero 1132 Presidente Calderoni – Estensore Tenca Fatto Riferisce parte ricorrente di essere operatrice nel settore dell’illuminazione votiva, svolgendo attività di installazione di impianti elettrici, di distribuzione di energia per lampadine e di gestione dei servizi relativi. In particolare è concessionaria del servizio di illuminazione votiva presso i cimiteri del Comune di Capriate San Gervasio, in virtù di convenzione del 30/9/1983 prorogata con atto 23/2/1989 fino alla data del 30/12/2020. Il contratto da ultimo sottoscritto ribadisce la validità delle clausole della convenzione del 1983, compresa quella che riserva alla ditta ricorrente la proprietà degli impianti dalla stessa realizzati, prevedendo il loro trasferimento al Comune alla scadenza del rapporto concessorio, salva l’opzione del riscatto anticipato previo pagamento del quantum dovuto articolo 3 della convenzione originaria – docomma 4 Comune . Con la nota impugnata il Segretario comunale ha comunicato che in data 31/12/2010 è intervenuta la scadenza contrattuale ai sensi dell’articolo 23-bis comma 8 del D.L. 112/2008 conv. in L. 133/2008 per tempo vigente. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione parte ricorrente impugna l’atto in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto a Violazione dell’articolo 42 comma 2 lett. e e dell’articolo 97 del D. Lgs. 267/2000, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di potere ed incompetenza, poiché il TUEL affida al Consiglio comunale le attribuzioni in materia di gestione e affidamento dei servizi pubblici b Violazione degli articolo 41 e 42 della Costituzione, falsa applicazione dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008, dell’articolo 113 del D. Lgs. 267/2000, violazione dell’articolo 25 del R.D. 2578/1925, degli articolo 8 e ss. del D.P.R. 902/86, eccesso di potere per travisamento e carenza dei presupposti e sviamento, in quanto l’atto • non affronta in alcun modo la questione della proprietà privata della rete, attraverso una perizia di stima o comunque una valutazione degli impianti • non si sofferma sul riscatto, con il mero rinvio a “future determinazioni” per il ri-affidamento del servizio c Violazione e falsa applicazione degli articolo 30 e 143 del D. Lgs. 163/2006 e dei principi dell’ordinamento in materia di concessione di servizi pubblici, eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto dei presupposti, violazione dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008 in quanto I se si qualifica il rapporto come concessione di servizio pubblico è violata la norma di legge articolo 30 del D. Lgs. 163/2006 che impone di adottare provvedimenti per il riequilibrio economico e finanziario degli investimenti effettuati al mutare delle condizioni di fatto e dei presupposti II se si rinviene una semplice concessione a terzi parere Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici 9/2/2011 numero 28 , va esclusa l’applicazione dell’articolo 23-bis. Nel frattempo la ricorrente Epis ha continuato gestire il servizio, seppur in pendenza della vicenda contenziosa. Con motivi aggiunti depositati il 5/1/2013 parte ricorrente impugna la diffida del 23/11/2012, con la quale il Comune ha intimato di cessare qualsiasi attività di gestione del servizio nel cimitero cittadino e di non riscuotere dagli utenti il canone. Deduce i seguenti motivi in diritto d Violazione e falsa applicazione dell’articolo 30 del D. Lgs. 163/2006, del D.L. 18/10/2012 numero 179 conv. in L. 17/12/2012 numero 221, eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e omessa motivazione, violazione dell’articolo 3 della L. 241/90, dato che il rapporto è qualificabile come concessione di servizi a terzi e fuoriesce dal raggio di applicazione dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008 e Violazione e falsa applicazione dell’articolo 34 comma 21 del D.L. 18/10/2012 numero 179 conv. in L. 17/12/2012 numero 221, eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza, in quanto la concessione non sarebbe comunque scaduta a causa dell’intervenuta abrogazione dell’articolo 23-bis per effetto del referendum – con la successiva proroga degli affidamenti diretti sino al 31/12/2012 ex articolo 4 del D.L. 13/8/2011 numero 138 – mentre, dopo la dichiarazione di incostituzionalità di quest’ultimo, l’articolo 34 del D.L. 18/10/2012 numero 179 non racchiude più termini anticipati di scadenza f Violazione e falsa applicazione dell’articolo 25 del R.D. 2578/1925, degli articolo 8 e seguenti del D.P.R. 902/86, eccesso di potere per travisamento e carenza dei presupposti, poiché l’amministrazione persiste nell’ignorare la problematica relativa alla proprietà privata della rete e non ha previsto il pagamento dell’indennizzo g Eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza, purché l’amministrazione pretende addirittura di inibire la riscossione del canone per il servizio concretamente svolto negli anni 2011 e 2012. La Società Epis chiede inoltre il risarcimento dei danni patiti per effetto di entrambi gli atti impugnati. Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo la reiezione del gravame e puntualizzando in fatto che è stato inutilmente esperito un tentativo di bonaria conciliazione tra le parti, di fronte a una proposta transattiva della controversia. Con ordinanza numero 47, adottata nella Camera di consiglio del 30/1/2013, questa Sezione ha motivatamente accolto la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati. Alla pubblica udienza del 28/11/2013 il gravame introduttivo ed i motivi aggiunti sono stati chiamati per la discussione e trattenuti in decisione. Diritto La ricorrente censura la nota del Segretario comunale in data 20/4/2011, che ha dichiarato la cessazione del contratto di appalto per la concessione del servizio di illuminazione votiva dei cimiteri a far data dal 31/12/2010. Si duole inoltre dell’atto di diffida 23/11/2012. 1. Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione dell’articolo 42 comma 2 lett. e e dell’articolo 97 del D. Lgs. 267/2000, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di potere ed incompetenza, poiché il TUEL affida al Consiglio comunale le attribuzioni in materia di gestione e affidamento dei servizi pubblici, e non rientrano tra i compiti istituzionali del Segretario comunale. 1.1 La censura è priva di pregio, poiché – come correttamente evidenziato dalla difesa comunale – l’atto gravato si limita a prendere atto della scadenza anticipata del rapporto contrattuale, fissata ex lege dal D.L. 112/2008. In buona sostanza l’organo comunale dà conto della cessazione degli effetti negoziali stabilita direttamente dalla norma di legge, a prescindere da un’espressa manifestazione di volontà dell’Ente locale. 2. Parte ricorrente lamenta poi la violazione degli articolo 41 e 42 della Costituzione, la falsa applicazione dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008 e dell’articolo 113 del D. Lgs. 267/2000, la violazione dell’articolo 25 del R.D. 2578/1925 e degli articolo 8 e ss. del D.P.R. 902/86, l’eccesso di potere per travisamento e carenza dei presupposti e sviamento, in quanto l’atto • non affronta in alcun modo la questione della proprietà privata della rete, attraverso una perizia di stima o comunque una valutazione degli impianti • non si sofferma sul riscatto, con il mero rinvio a “future determinazioni” per il ri-affidamento del servizio. Puntualizza la Società Epis che l’eventuale riscatto dei beni di proprietà della ricorrente è esercitabile nel termine di cui all’articolo 25 del R.D. 2578/25 e dunque con decorrenza successiva al 23/2/2014, e che in ogni caso è eluso il dovere di provvedere – con il trasferimento della proprietà – al pagamento del giusto indennizzo articolo 8 del DPR 902/86 infatti l’acquisizione delle reti è la premessa indispensabile per esperire la gara, e opinando diversamente si configurerebbe un esproprio senza corresponsione di indennizzo, con conseguente illegittimità costituzionale dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008 e dell’articolo 113 del TUEL, laddove interpretati nel senso di eludere i diritti di proprietà dei gestori delle reti. L’articolata doglianza è parzialmente fondata. 2.1 Deve essere anzitutto rimarcata la distinzione tra la vicenda proprietaria e il regime del rapporto concessorio, destinati a seguire percorsi non necessariamente coincidenti. La normativa sulla scadenza ex lege delle concessioni salva la questione dell’esatta qualificazione della fattispecie, che sarà affrontata successivamente investe la gestione del servizio e non interferisce con la titolarità delle reti, che soggiace a dinamiche diverse. 2.2 In questo contesto, ove sia riconosciuta la legittimità della scadenza contrattuale per un servizio e delle eventuali operazioni di gara per l’individuazione dell’affidatario, l’acquisizione della disponibilità dell’impianto costituisce atto consequenziale e dovuto dell’amministrazione, che è tenuta a consegnare l’intero apparato al nuovo gestore. Questo Tribunale ha statuito cfr. sentenza breve sez. II – 16/3/2010 numero 1256 che il mancato raggiungimento dell’accordo sulla quantificazione del prezzo e il suo, conseguente, mancato versamento, non possono esimere il concessionario decaduto dal rilascio degli impianti a favore del Comune, ferma restando la facoltà del primo di agire nelle competenti sedi per ottenere la corretta quantificazione del prezzo ed il pagamento dello stesso. 2.3 Per sciogliere il quesito sulla titolarità delle reti, osserva il Collegio che sia la disposizione sull’incedibilità della proprietà degli impianti, reti e dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici articolo 113 comma 2 del D. Lgs. 267/2000 sia la disciplina del patrimonio indisponibile dettata dall’articolo 826 comma 3 del c.comma presuppongono l’appartenenza del bene all’Ente territoriale nel nostro caso al Comune , e non sono direttamente applicabili qualora la proprietà sia ab origine ascrivibile a soggetti terzi. Né soccorre a favore del Comune l’articolo 824 comma 2, il quale per effetto del rinvio dinamico del comma precedente all’articolo 822 comma 2 àncora la demanialità alla circostanza che il Comune sia titolare della dotazione cimiteriale. Trova dunque applicazione la norma della convenzione sottoscritta dalle parti nel 1983, in alcun modo controversa, che stabilisce la presa in proprietà degli impianti realizzati in capo alla ditta ricorrente, con obbligo di cessione al Comune allo spirare della concessione. 2.4 Da questo punto di vista, e a prescindere per ora dalla controversa determinazione del termine di scadenza, è evidente che il passaggio degli impianti deve essere accompagnato dal pagamento dell’indennizzo. E’ pacifica la giurisdizione del giudice ordinario sulla quantificazione della somma dovuta al gestore uscente quale controvalore degli impianti e degli interventi eseguiti, esulando dalla giurisdizione esclusiva di questo giudice le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi cfr. articolo 133 comma 1 lett. c del Codice del processo amministrativo . Tuttavia, in assenza di qualsivoglia statuizione del Comune, è preferibile accedere all’orientamento che ritiene di valorizzare la domanda di accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di acquisire l’impianto di illuminazione votiva – di proprietà della ricorrente – previa corresponsione dell’indennità dovuta, anche se la sua concreta determinazione è rimessa alla cognizione del giudice ordinario cfr. T.A.R. Umbria – 12/8/2013 numero 445 . Né può essere accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, poiché la messa in carico dell’indennizzo al nuovo soggetto erogatore del servizio è opzione del tutto plausibile, ma esige una specifica determinazione dell’amministrazione che nel caso di specie non è stata assunta in alcuna fase del procedimento instaurato. In definitiva, va dichiarato l’obbligo del Comune di determinare il giusto corrispettivo per ottenere la proprietà degli impianti. 3. Con ulteriore censura la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articolo 30 e 143 del D. Lgs. 163/2006 e dei principi dell’ordinamento in materia di concessione di servizi pubblici, dell’eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto dei presupposti, della violazione dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008 in quanto, se si qualifica il rapporto come concessione di servizio pubblico, è violata la norma di legge articolo 30 del D. Lgs. 163/2006 che impone di adottare anche in virtù del richiamo all’articolo 143 provvedimenti per il riequilibrio economico e finanziario degli investimenti effettuati al mutare delle condizioni di fatto e dei presupposti. Tuttavia, ad avviso della Società Epis si è in presenza di una semplice concessione a terzi e non si applica l’articolo 23-bis. In subordine, la Società ravvisa un servizio privo di rilevanza economica per i ridotti margini di profitto che è possibile conseguire, con conseguente “non assoggettamento” ai principi e alle regole concorrenziali. L’articolata impostazione non merita condivisione. 3.1 Anzitutto il Collegio si allinea al prevalente indirizzo giurisprudenziale che ritiene di sussumere il servizio di illuminazione votiva nella categoria dei servizi pubblici comunali, mentre l’eventuale affidamento a privati della gestione è qualificabile quale concessione di servizio pubblico T.A.R. Sicilia Catania, sez. II – 7/12/2012 numero 2851 Consiglio di Stato, sez. V – 29/3/2010 numero 1790 . Come ha evidenziato l’organo di appello sez. V – 11/8/2010 numero 5620 il tratto distintivo della concessione di pubblico servizio è dato a dall'assunzione del rischio a carico del concessionario per la gestione del servizio cfr.Corte Giustizia CE, Sez. III, 15 ottobre 2009, numero 196, caso Acoset b dalla circostanza che il corrispettivo non sia versato dall'amministrazione, come nei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, la quale, anzi, percepisce un canone da parte del concessionario cfr. Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2006, numero 3333 Sez. V 5 dicembre 2008 numero 6049 c dalla diversità dell'oggetto del rapporto, che nella concessione di servizi è trilaterale coinvolgendo l'amministrazione, il gestore e gli utenti , mentre nell'appalto è bilaterale stazione appaltante - appaltatore . I predetti connotati sono rintracciabili nella convenzione del 30/9/1983, visto che sono previsti interventi gratuiti del concessionario i quali sostanziano l’erogazione del compenso dovuto al Comune articolo 11 , e che l’utente instaura un rapporto diretto con il gestore versando a suo favore un corrispettivo prezzo di abbonamento – allegato A della convenzione dunque la Società Epis assume direttamente il rischio correlato all’equilibrio economico dell’operazione condotta. Peraltro sulla questione si può anche richiamare l’orientamento di questo Tribunale cfr. sentenza 27/12/2007 numero 1373 richiamata dalla sez. II – 15/1/2013 numero 26, che risulta appellata secondo cui “In forza di tali nozioni cioè quelle di mero servizio e servizio pubblico, numero d.r. non vi è dubbio che il servizio di pubblica illuminazione debba essere considerato servizio pubblico, poiché dell'erogazione dello stesso, da parte dell'appaltatore, beneficia direttamente ed esclusivamente la collettività o il singolo utente senza alcuna intermediazione del Comune nello svolgimento del processo produttivo”. 3.2 In secondo luogo, l'illuminazione elettrica di aree cimiteriali da parte del privato costituisce oggetto di concessione di servizio pubblico locale a rilevanza economica, perché richiede che il concessionario impegni capitali, mezzi e personale da destinare a un’attività suscettibile, almeno potenzialmente, di generare un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore Consiglio di Stato, sez. V – 24/1/2013 numero 435 . A conferma di ciò si può richiamare la regola generale sancita dall'articolo 172 comma 1 lett. e del D. Lgs. 267/2000, che impone di allegare al bilancio di previsione, fra gli altri documenti, le deliberazioni con le quali sono determinati le tariffe per i servizi locali. Sono considerati privi di rilevanza economica i servizi che sono resi agli utenti in chiave meramente erogativa e che, inoltre, non richiedono un’organizzazione di impresa in senso obiettivo, e in questo quadro appare indubbia la riconducibilità del servizio di illuminazione votiva tra quelli che rivestono spessore economico Consiglio di Stato, sez. V – 23/10/2012 numero 5409 , e detta impostazione non è smentita dall’eventuale irrisorietà del guadagno che in concreto il servizio produca. 3.3 In presenza di una concessione di pubblico servizio non risultano applicabili le invocate disposizioni di cui agli articolo 30 e 143 del D. Lgs. 163/2006, che imporrebbero di adottare provvedimenti di riequilibrio economico finanziario degli investimenti effettuati al mutare delle condizioni di fatto e dei presupposti. Detta conclusione discende anzitutto dal rilievo che l’articolo 143 riguarda le concessioni di lavori pubblici, mentre nella fattispecie già si è argomentato nel senso del riconoscimento della natura di concessione di servizio pubblico cfr. sulla specifica questione Consiglio di Stato, sez. V – 29/3/2010 numero 1790 . Inoltre, l’articolo 30 fa riferimento al perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario del rapporto concessorio secondo una valutazione compiuta ex ante al momento di avviare la gara , mentre nella fattispecie non si rinviene alcuna disposizione nella convenzione stipulata tra le parti. Infine, la ricorrente ha soltanto genericamente prospettato l’omessa rideterminazione delle nuove condizioni, e non ha fornito – con l’ausilio di un dettagliato quadro economico – un resoconto puntuale delle circostanze sopravvenute che avrebbero inciso sull’equilibrio del sinallagma, in disparte la non insignificante questione dell’imminente cessazione del rapporto concessorio, come si vedrà in seguito. 4. Passando all’esame dei motivi aggiunti, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 30 del D. Lgs. 163/2006, del D.L. 18/10/2012 numero 179 conv. in L. 17/12/2012 numero 221, l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e omessa motivazione, la violazione dell’articolo 3 della L. 241/90 e dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008, dato che il rapporto è qualificabile come concessione di servizi a terzi e fuoriesce dal raggio di applicazione dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008. 4.1 La censura è priva di pregio alla luce di quanto già diffusamente esposto ai precedenti paragrafi 3.1 e 3.2. Sulle conclusioni raggiunte non incide la sopravvenuta modifica del D.M. 31/12/1983 che esclude espressamente l’illuminazione votiva dal catalogo dei servizi a domanda individuale. La novella è intervenuta per effetto dell’articolo 34 comma 26 del D.L. 18/10/2012 numero 179 conv. in L. 17/12/2012 numero 221, in vigore dall’1/1/2013. Contrariamente a quanto opina parte ricorrente, la nuova disciplina – che non era in vigore al momento dell’adozione degli atti impugnati – non assume natura ricognitiva ma innovativa, espungendo la categoria di cui si discute dai servizi pubblici a domanda individuale, tra i quali era in precedenza espressamente annoverata. In secondo luogo e ad abundantiam, non sembrano comunque ricorrere ostacoli alla riconduzione dell’attività nell’ambito delle concessioni di servizio pubblico, che non risultano incompatibili con la disciplina dettata dall’articolo 30 per le concessioni di servizi in generale. 5. Con ulteriore doglianza la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 34 comma 21 del D.L. 18/10/2012 numero 179 conv. in L. 17/12/2012 numero 221, l’eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza, in quanto la concessione non sarebbe comunque scaduta a causa dell’intervenuta abrogazione dell’articolo 23-bis per effetto del referendum, con la successiva proroga degli affidamenti diretti sino al 31/12/2012 ex articolo 4 del D.L. 13/8/2011 numero 138, mentre, dopo la dichiarazione di incostituzionalità di quest’ultimo, l’articolo 34 del D.L. 18/10/2012 numero 179 non racchiude più termini anticipati di scadenza. La doglianza è parzialmente fondata. 5.1 La disposizione posta a fondamento dell’atto comunale 20/4/2011 statuiva esplicitamente che “le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a a d cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante”. L’appropriatezza del dato normativo invocato è comprovata dall’avvenuto conferimento del servizio per affidamento diretto in particolare in virtù di trattativa privata, circostanza di cui ha dato conto l’amministrazione resistente . L’articolo 4 comma 32 lett. a del D.L. 138/2011 ha previsto che gli affidamenti diretti del tipo di quello di cui si controverte “cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2012”. Dopo la sentenza che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione 20/7/2012 numero 1999 è stato introdotto l'articolo 34 comma 20 del D.L. 18/10/2012 numero 179 conv. in L. 17/12/2012 numero 221, ai sensi del quale “Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste”. Il successivo comma 21 stabilisce che“Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013 pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista al comma 20. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell'affidamento. Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel presente comma determina la cessazione dell'affidamento alla data del 31 dicembre 2013”. 5.2 Il delineato panorama normativo incide sulla fattispecie in esame nel modo seguente. L’articolo 23-bis ha introdotto una causa di cessazione automatica, destinata a prodursi a una determinata scadenza a prescindere dall'emanazione di un atto dell’amministrazione coinvolta. In quest’ottica la nota impugnata assume un valore meramente dichiarativo. Tuttavia – e questa è l’argomentazione che conduce a non condividere l’asserita violazione del principio tempus regit actum – la pretesa di parte ricorrente è rivolta all’accertamento di una situazione giuridica che si è evoluta nel senso del prolungamento del periodo transitorio, con un differimento biennale disposto dal D.L. 138/2011 che si è saldato alla precedente scadenza, senza che l’amministrazione avesse nel frattempo attivato una nuova procedura ad esempio una gara pubblica per l’affidamento del servizio e neppure optato per modelli alternativi di gestione ad es. in house . Così delineato il quadro fattuale, la volontà legislativa è intervenuta sul precedente termine ultimativo e ne ha automaticamente provocato lo spostamento. All’eliminazione dell’articolo 4 del D.L. 138/2011 ad opera della Corte costituzionale ha fatto seguito il vigente articolo 34 del D.L. 18/10/2012 numero 179 conv. in L. 17/12/2012 numero 221. La lettura combinata dei commi 20 e 21 induce però il Collegio a non aderire alla prospettazione di parte ricorrente, e di ritenere che la nuova scadenza sia definitivamente stabilita nel 31/12/2013. Infatti, ai sensi dell’articolo 34 comma 21 prima parte, “Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013”, previa pubblicazione di una relazione sulla modalità di affidamento prescelta e sul rispetto dei canoni comunitari. Né può soccorrere la seconda parte, che riguarda solamente i rapporti privi di una scadenza, mentre la disposizione si conclude con la statuizione per la quale “Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel presente comma determina la cessazione dell'affidamento alla data del 31 dicembre 2013”. A fronte della mancata dimostrazione dell’avvenuta elaborazione di una relazione coerente con lo spirito dell’articolo 34, si deve affermare che il rapporto trova la propria scadenza indifferibile nel 31/12/2013. La presente pronuncia ha sul punto valore di accertamento. 6. Con ulteriore censura parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 25 del R.D. 2578/1925, degli articolo 8 e seguenti del D.P.R. 902/86, l’eccesso di potere per travisamento e carenza dei presupposti, poiché l’amministrazione persiste nell’ignorare la problematica relativa alla proprietà privata della rete e non ha previsto il pagamento dell’indennizzo, e il Comune non ha provveduto neppure a riscattare preventivamente l’impianto. 6.1 La doglianza riproduce quella già sollevata con il ricorso introduttivo, che è stata ritenuta dal Collegio parzialmente condivisibile. Pertanto può ribadirsi quanto statuito al precedente paragrafo 2.4, al quale si può rinviare. Le medesime affermazioni sono valide anche per il gravame per motivi aggiunti, che sotto questo profilo merita parziale accoglimento. 7. La Società Epis lamenta l’eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza, perché l’amministrazione pretende addirittura di inibire la riscossione del canone per il servizio concretamente svolto negli anni 2011 e 2012, quando non è controverso che il servizio sia stato regolarmente svolto. 7.1 La prospettazione è degna di apprezzamento, dato che l’attività compiuta è in sintonia con la nuova scadenza contrattuale che come osservato è fissata per il 31/12/2013 , oltre alla considerazione per cui il servizio è stato regolarmente adempiuto e pertanto il gestore deve ricevere il corrispettivo dovuto dagli utenti ai sensi della convenzione. In conclusione anche i motivi aggiunti meritano parziale apprezzamento, con conseguente annullamento dell’atto di diffida 23/11/2012. 8. Deve essere respinta la domanda risarcitoria, sia per la sua indeterminatezza sia soprattutto perché non si rinvengono profili di concreto pregiudizio, visto che la gestione è ininterrottamente proseguita fino ad ora da parte del gestore storico parte ricorrente . 9. Le spese di lite possono essere equamente compensate, per la complessità della questione sottoposta e per la parziale soccombenza reciproca. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia Sezione Seconda definitivamente pronunciando accoglie parzialmente il ricorso introduttivo in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla l’atto di diffida 23/11/2012. Respinge la richiesta di risarcimento dei danni. Accerta il diritto al prolungamento della concessione unicamente fino dalla data del 31/12/2013. Spese compensate. La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.