Beni in leasing e fallimento: auto incidentata e rottamata … rischio bancarotta!

Integrano il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale le condotte di sottrazione o dissipazione del bene oggetto di contratto di leasing, pur occorrendo la necessità di dimostrare, caso per caso, se la locazione finanziaria abbia in concreto un valore positivo o negativo. Pertanto il mancato rinvenimento della autovettura, anche in presenza di asserita rottamazione – la cui decisione sarebbe spettata esclusivamente alla società di leasing – in uno con la mancata prova, incombente all’imputato, del valore negativo della medesima è sufficiente ad integrare il delitto di bancarotta.

Questo il principio affermato dalla V sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza numero 51896 del 30 dicembre 2013. Leasing e bancarotta per distrazione. La questione se i beni detenuti dall’imprenditore, in virtù di contratto di leasing, possano o meno essere oggetto di bancarotta patrimoniale nasce dalla stessa lettera della norma di cui all’articolo 216, numero 1, l f., che individua quali beni materiali oggetto della condotta incriminata dell’imprenditore fallito solo i “suoi beni”. E’ evidente che una interpretazione restrittiva della norma, che includesse nel novero di tali beni solo quelli di proprietà dell’imprenditore, escluderebbe la punibilità – a titolo di bancarotta – di condotte distrattive poste in essere su beni, quali quelli in leasing, che sono nella mera disponibilità dell’imprenditore, ma di proprietà della società concedente. La giurisprudenza ritiene, tuttavia e da tempo, che i beni acquistati in leasing possano costituire oggetto sia di distrazione che di sottrazione, penalmente rilevante ex articolo 216 l. f. L’argomento principe su cui si fonda tale impostazione appare assolutamente convincente la clausola di opzione che vincola il concedente per l’acquisto del bene da parte dell’utilizzatore attribuisce a quest’ultimo il diritto soggettivo di acquistare il bene per il prezzo di riscatto, tale diritto, dal contenuto economicamente rilavante, entra a fare parte del patrimonio dell’impresa e quindi ben può essere oggetto materiale di condotte di bancarotta. Appare infatti innegabile che in caso di fallimento il curatore, subentrando nel contratto di leasing, possa o svincolarsi restituendo il bene ed evitando al passivo l’onere delle ulteriori rate ovvero pagare le rate residue ed esercitare il diritto di riscatto, divenendo proprietario del bene. Pertanto anche se il bene è di proprietà di terzi, finchè l’utilizzatore non paga l’ultima rata ed esercita il diritto di acquistare il bene, è proprio quest’ultimo diritto, che entra a tutti gli effetti a fare parte del patrimonio dell’impresa e può essere oggetto di condotte distrattive, con conseguente danno per l’attivo fallimentare e dunque per i creditori. Il danno per i creditori. Il danno per i creditori — nascente dalla distrazione o dall’occultamento del bene acquisito dal fallito in locazione finanziaria — determina non soltanto il venir meno del diritto di subentro del curatore nel rapporto locativo, con conseguente impossibilità di acquisizione del bene alla massa mediante l'esercizio del riscatto, potestà che rappresenta un diritto inerente al patrimonio del locatario, ma anche un diretto pregiudizio economico, che finisce per comprimere l'asse attivo del fallimento. Il danno che costituisce il risultato dell'azione fraudolenta è agevolmente ravvisabile sia nella mancata possibilità di usufruire del bene, sia nella perdita non giustificabile di ricchezza di impresa, in rapporto ai ratei già pagati, a fronte di un bene non più esistente sia, infine, nella legittima pretesa sottesa all'insinuazione al passivo della società proprietaria correlata al cespite indebitamente sottrattole e dunque non restituito. In relazione a tale ultimo aspetto, la decisione del curatore, assunta ai sensi dell'articolo 72 quater l. f., di liberarsi dal vincolo contrattuale, determina la nascita di un obbligo di restituzione, che, qualora non sia realizzabile in conseguenza dell'intervenuta distrazione, si trasforma in un credito concorsuale in favore del proprietario. La ricerca di un effettivo nocumento per la massa creditoria Si è poc’anzi chiarito come per la giurisprudenza maggioritaria la sottrazione di un bene in leasing , implichi di per un sé, un danno per l’attivo fallimentare, tuttavia secondo un orientamento più recente ed attento occorre verificare se la condotta distrattiva abbia determinato un effettivo e concreto nocumento economico avuto riguardo alla sola alternativa, attribuita al curatore, relativa alla prosecuzione o scioglimento del contratto. In conseguenza di ciò si è affermato che la distrazione penalmente rilevante ai fini della bancarotta è configurabile nel solo caso in cui la cessione abbia determinato un effettivo nocumento nei confronti dei creditori, e cioè quando la permanenza del rapporto negoziale nel patrimonio affidato al curatore avrebbe costituito in concreto, dal punto di vista economico, una risorsa positiva e non un onere. Ed ancora si è evidenziato che la mera esistenza di un contratto di leasing ha un rilievo di per sé neutro e per verificare la configurabilità di un effettivo danno alla massa dei creditori occorre verificare se la locazione finanziaria in atto abbia un valore positivo, in quanto con il pagamento delle residue rate del prezzo pattuito il curatore possa acquisire vantaggiosamente la titolarità del bene, ovvero abbia un valore negativo, in quanto il pagamento delle rate residue rappresenta soltanto un onere a carico del fallimento. La pronuncia che si annota pare aderire a tale più recente ed invero preferibile orientamento nel valutare la sussistenza del delitto di bancarotta in ordine al mancato rinvenimento nell’attivo fallimentare di autovettura aziendale acquistata in leasing. E l’onore della prova . Restava tuttavia da chiarire la questione, non di poco conto, di individuare in capo a chi verta l’onere di provare tale valore positivo del bene oggetto del contratto di leasing, ovvero la prova contraria del valore negativo dello stesso, onde affermare l’insussistenza del danno per i creditori ed in conseguenza dello stesso delitto di bancarotta. Sul punto è allora interessante leggere la pronuncia in commento la quale chiarisce da un lato che dovrà in primis aversi luogo al valore convenzionale del cespite concesso in leasing quale indicato come prezzo di riscatto nello stesso contratto di leasing e che dall’altro lato, qualora l’imputato sostenga la riduzione o l’azzeramento di tale valore, come nel caso in esame in conseguenza di sinistro stradale che aveva visto coinvolta la autovettura concessa in leasing sarà onere esclusivo dell’imputato stesso dimostrare l’azzeramento del valore convenzionale del bene. Onere che nel caso in esame la Suprema Corte non ritiene assolto a fronte delle contraddittorie, sul punto, versioni dell’imputato che prima ne ha dedotto la restituzione alla società di leasing e poi, invece, la avvenuta rottamazione che per contro sarebbe spettata solo alla stessa società di leasing . Bancarotta e appropriazione indebita. Può essere interessante chiarire un ultimo aspetto. Nella ipotesi, invero assai frequente, nella quale la condotta distrattiva si risolva anche in una appropriazione indebita del medesimo cespite in danno del proprietario società concedente quid iuris? Possono concorrere le fattispecie delittuose della appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta? Secondo un primo e consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale si deve escludere il concorso tra il reato di bancarotta per distrazione ed il reato di appropriazione indebita, in ragione del fatto che la bancarotta fraudolenta per distrazione è figura di reato complessa, che comprende tra i propri elementi costitutivi una condotta di appropriazione indebita del bene distratto, autonomamente punibile ai sensi dell'articolo 646 c.p. Come tuttavia acutamente si è osservato in dottrina nella ipotesi in cui la in cui la condotta appropriativa «sia diversa e antecedente rispetto a quella distrattiva e segni invece l'acquisizione al patrimonio della impresa poi dichiarata fallita del bene successivamente uscito per fatto dell'imprenditore dalla garanzia patrimoniale del ceto creditorio» non si pone un problema di concorso apparente di norme o formale di reati. In questa ipotesi, infatti la pregressa interversio possessionis di un bene di cui l'imprenditore o l'amministratore della società dispone ha già comportato l'acquisizione di fatto del bene medesimo nel patrimonio dell'imprenditore o della società, che dunque è divenuto parte della garanzia patrimoniale per la massa dei creditori. In tale caso laddove vi siano quindi due distinte condotte, una integrante l’interversio possesionis e l’altra la distrazione in danno del fallimento è evidente che le due ipotesi di reato ben potranno concorrere.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 aprile - 30 dicembre 2013, numero 51896 Presidente Zecca – Relatore Micheli Ritenuto in fatto P.L.A. , già presidente del consiglio di amministrazione della società cooperativa a r.l. Alex Service, dichiarata fallita dal Tribunale di Milano il 18/11/2004, ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano in data 05/04/2012 con detta pronuncia risulta essere stata confermata la condanna della stessa imputata ad anni 2 di reclusione, di cui alla sentenza del Tribunale di Milano del 18/06/2008, in ordine al delitto di bancarotta per distrazione. I fatti si riferiscono al mancato rinvenimento tra i beni della società di una autovettura Suzuki Gran Vitara , acquistata in leasing. Il ricorso è articolato in tre motivi. 1 Con il primo, la P. deduce mancanza ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla prova del dolo, nonché erronea applicazione della legge penale in particolare, la ricorrente assume che la vettura sopra ricordata aveva - come comprovato su base documentale - riportato gravi danni a seguito di un incidente stradale, tanto da renderne antieconomica la riparazione, ed era stata quindi rottamata già nel 2002. Ergo, il bene non apparteneva più al fallimento da tempo largamente anteriore all'instaurarsi della procedura concorsuale, e per circostanze del tutto diverse rispetto ad una presunta volontà di frode in pregiudizio dei creditori, tema non affrontato dai giudici di merito. 2 Con il secondo motivo, si lamentano analoghi vizi con riguardo alla prova del danno richiamando giurisprudenza di legittimità, la P. segnala che nei casi di ipotizzata distrazione di un bene in leasing vi è necessità di dimostrare un danno effettivo per i creditori, che non può esservi quando la conservazione del bene medesimo esporrebbe la società ad esborsi ulteriori. Nel caso in esame, l'auto aveva subito danni ingenti, e vi erano ancora numerosi ratei da onorare oltre all'importo finale da versare per il riscatto, pari a poco più di 6.000,00 Euro . 3 Il terzo motivo di ricorso riguarda una ipotesi di erronea applicazione della legge penale per non avere la Corte territoriale inteso ravvisare identità di disegno criminoso tra i fatti contestati ed altro reato già precedentemente giudicato nella motivazione del provvedimento impugnato si legge che la pronuncia irrevocabile in relazione alla quale era stata avanzata la richiesta di riconoscimento della continuazione risultava non essere stata prodotta, impedendo così il concreto esame della questione proposta, ma al contrario la sentenza numero 6450/2007 era versata in atti già dal giudizio di primo grado, nonché allegata ai motivi di appello. Considerato in diritto Ritiene il collegio che solo il terzo motivo di ricorso possa meritare accoglimento, e che si imponga invece il rigetto degli altri. 1. In ordine alla prova del dolo, la ricorrente espone circostanze che investono il merito della vicenda, già concretamente esaminate dalla Corte di appello di Milano con argomentazioni congrue ed immuni dai vizi motivazionali lamentati. Infatti, nella sentenza impugnata si legge che la Suzuki in questione - non era stata certamente rinvenuta tra i beni fallimentari - secondo una prima versione della P. , come riferita al curatore, era stata restituita alla società di leasing dopo un incidente stradale non meglio precisato versione non corrispondente al vero, e dalla quale ben potevano essere desunti dai giudici di merito elementi di valutazione, visto che le dichiarazioni rese dell'imprenditore al curatore fallimentare non hanno i limiti di utilizzabilita previsti per le dichiarazioni endo-procedimentali provenienti in genere dall'imputato - era stata rottamata “in circostanze poco chiare e per nulla esteriorizzate al soggetto proprietario, cui spettava ogni decisione sulla eventuale rottamazione dell'auto”. Perciò, dinanzi ad una condotta che comunque aveva determinato un pur parziale impoverimento della massa fallimentare, ed in presenza degli elementi di fatto appena evidenziati, l'esame dell'elemento psicologico - per quanto implicitamente compiuto - non appare il frutto di erronea applicazione della legge penale deve ricordarsi in proposito che “il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo a dolo generico, per la cui sussistenza, pertanto, non è necessario che l'agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né che abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori” Cass., Sez. V, numero 3229 del 14/12/2012, Rossetto, Rv 253932 . 2. Quanto alla problematica della distrazione di beni di cui il fallito abbia il possesso a seguito di contratto di leasing, la giurisprudenza di questa Corte ne ha affermato da tempo la rilevanza ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta v. Cass., Sez. V, numero 10333 del 14/12/2000, Moglianetti, secondo cui “non soltanto la proprietà, ma anche il possesso del bene sottratto dall'imprenditore assume rilievo ai fini della configurazione della bancarotta fraudolenta. È ius receptum, infatti, che anche l'indebita appropriazione di beni in guisa da impedirne la possibile acquisizione alla massa fallimentare come elemento attivo del suo patrimonio inteso come complesso di beni e di rapporti giuridici , si risolve in distrazione degli stessi beni in danno della garanzia dei creditori e, in particolare, ogni manomissione del bene oggetto di leasing si traduce nella lesione della garanzia patrimoniale dei creditori, in quanto, anche se il bene non è ancora entrato nel patrimonio del conduttore, sussiste comunque il relativo diritto di riscattarlo alla scadenza del rapporto” . Più di recente, si è ribadito che “integrano il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o la dissipazione del bene oggetto di contratto di leasing, in quanto comportano un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore del medesimo bene e, allo stesso tempo, è gravata da un ulteriore onere economico scaturente dall'inadempimento dell'obbligo di restituzione alla società locatrice” Cass., Sez. V, numero 33380 del 18/07/2008, Bottamedi, Rv 241397 . Vero è che, con le pronunce di questa stessa Sezione evocate nel ricorso, si è sostenuta la necessità di dimostrare caso per caso se la locazione finanziaria avesse in concreto un valore positivo come quando, onorando il pagamento di poche rate residue, il curatore del fallimento sia in grado di acquisire vantaggiosamente il bene o negativo quando, al contrario, il valore obiettivo del bene sia inferiore all'esborso ancora necessario tuttavia, ed è ancora una volta questione di merito, la Corte di appello di Milano ha inteso precisare che la circostanza stessa dell'entità dei danni conseguenti al riferito incidente stradale in cui la Gran Vitara sarebbe rimasta coinvolta, allegata dalla difesa, non risultava adeguatamente dimostrata “manca la prova, incombente all'imputata, che la macchina avesse effettivamente subito un incidente che rendesse antieconomico l'esercizio del riscatto, ancorato ad un valore residuo convenzionale di Euro 6.139,19” . Osservazione, quest'ultima, che - correlata alla presa d'atto dell'iniziale, falsa versione offerta dall'imputata circa le ragioni del mancato rinvenimento del bene, nonché alla circostanza che la decisione sulla rottamazione avrebbe dovuto comunque competere alla società di leasing - non appare suscettibile di censure in questa sede. 3. Con riguardo al terzo motivo, l'esame degli atti rivela in effetti che la sentenza numero 6450/2007 del Tribunale di Milano era allegata al carteggio processuale, contrariamente a quanto si legge nella motivazione della sentenza impugnata si tratta di una pronuncia ex articolo 444 cod. proc. penumero , concernente una ipotesi di reato di bancarotta semplice, sempre afferente la gestione della Alex Service. La Corte di appello avrebbe quindi dovuto - e dovrà, in sede di rinvio ad altra Sezione della Corte medesima - valutare la prospettata identità di disegno criminoso fra il reato in rubrica e quello allora contestato, verificando altresì l'eventuale applicazione del peculiare regime dettato dall'articolo 219, comma secondo, numero 1, legge fall., alla luce dei principi indicati dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, numero 21039 del 27/01/2011, ric. P.M. in proc. Loy . P.Q.M. Annulla la impugnata sentenza, limitatamente alla statuizione che non ha riconosciuto il vincolo della continuazione ed alle coerenti statuizioni relative alla dosimetria della pena. Atti alla Corte di appello di Milano.