In tema di materia assistenziale, la pensione non reversibile per ciechi assoluti è ancorata al requisito reddituale del beneficiario potrà goderne solo chi verta in uno stato di bisogno.
E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 24024, depositata l’11 novembre 2014. Il caso. La Corte d’appello respingeva il gravame dell’INPS, proposto contro la sentenza di primo grado che, accogliendo il ricorso di un uomo, aveva riconosciuto a questi i ratei maturati per prestazione relativa al trattamento pensionistico di cieco assoluto, senza integrazione al minimo. Ricorreva per cassazione l’INPS, che denunciava la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articolo 434 deposito del ricorso in appello , 342 forma dell’appello e 345 domande ed eccezioni nuove c.p.c Nel ricorso d’appello l’INPS aveva criticato la ratio decidendi dell’impugnata sentenza nella parte in cui il Giudice aveva affermato che nell’ordinamento previdenziale vige il principio dell’assoluta neutralità della situazione reddituale del non vedente rispetto al trattamento pensionistico. Secondo l’INPS la fattispecie in esame doveva rientrare nella diversa materia assistenziale, nella quale è ricompresa la provvidenza di cui alla l. numero 66/1962 Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili e che al riguardo la situazione economica di bisogno del soggetto doveva considerarsi quale condizione imprescindibile per l’acquisizione del diritto al trattamento assistenziale, rimarcando che solo la diversa provvidenza economica dell’indennità di accompagnamento per i ciechi assoluti era stata svincolata dalla pensione non reversibile e da qualsiasi requisito reddituale. L’errore della Corte d’appello. La Cassazione rileva che i Giudici di merito avevano sbagliato nel valutare l’atto di appello dell’INPS. La Corte territoriale avrebbe dovuto valutare le censure come rivolte non solo all’istituto dell’integrazione del minimo ma anche la questione della rilevanza dei limiti di reddito in tema di riconoscimento del diritto alla prestazione assistenziale della pensione non reversibile per i ciechi assoluti di cui alla legge numero 66/1962. La Cassazione può decidere nel merito. Ritenuta pertanto erronea la decisione sull’inammissibilità del gravame proposto dall’Istituto, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa viene decisa nel merito dalla Suprema Corte. La questione, nel caso in esame, riguardava unicamente le valutazioni di carattere giuridico sulla rilevanza o meno del reddito ai fini del riconoscimento del trattamento pensionistico di invalidità. La pensione non reversibile per ciechi assoluti è ancorata allo stato di bisogno del beneficiario. A riguardo la Cassazione ricorda che «valorizzando la natura di prestazione assistenziale della pensione non reversibile per i ciechi assoluti, di cui alla legge numero 66 del 1962 , ha escluso che ad essa si possano applicare disposizioni quali l’articolo 68 della l. numero 153/1969 e dell’articolo 8, comma primo bis, del d.l. numero 463 del 1983, dettate nella materia delle prestazioni previdenziali erogate dall’INPS ed a carico dell’assicurazione obbligatoria » Cass., numero 24192/2013 . Inoltre, è stata affermato, attraverso la sentenza numero 15646/2012, che è impossibile applicare analogicamente al trattamento assistenziale, previsto dalla l. numero 66/1962 il beneficio riconosciuto a favore di chi gode di trattamento previdenziale, con la conseguenza che l’erogazione della pensione di cui a tale legge resta subordinata al permanere del soggetto beneficiario in stato di bisogno. Prestazione assistenziale e previdenziale natura e modalità di finanziamento diverso. In conclusione l’integrazione al trattamento minimo vitale, seppur correlata alla pensione di natura previdenziale, mira a garantire il minimo vitale, evidenziandosi così la sua natura e funzione assistenziale, ancorata, quindi, al requisito reddituale. Nell’ordinamento esistono prestazioni di diverse misure protettive dell’invalidità, in cui sono diverse le modalità di finanziamento della prestazioni quelle previdenziali sono alimentate dai contributi gravanti sugli specifici soggetti obbligati e sui datori di lavoro quelle assistenziali sono, invece, finanziate dallo Stato attraverso il ricorso alla fiscalità generale. In accoglimento del ricorso, la Corte Suprema cassa la sentenza e decidendo nel merito rigetta il ricorso dell’uomo.
Corte di Cassazione, sez. V Civile - L, sentenza 8 ottobre – 11 novembre 2014, numero 24024 Presidente Curzio - Relatore Arienzo Svolgimento del processo Con sentenza del 3.12.2012, la Corte di appello di Milano respingeva il gravame dell'INPS avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di G.A. , riconoscendo al predetto i ratei maturati per prestazione relativa al trattamento pensionistico di cieco assoluto, senza integrazione al minimo, dalla data della revoca 1.1.2003 , oltre accessori di legge. Osservava la Corte che il giudice di primo grado, in conformità a Cass. s.u. 3814/2005, aveva rilevato che la previsione dell'articolo 8, comma 1 bis, del d.l. 463/1983, richiamante l'articolo 68 della legge 30 aprile 1969 numero 153, in favore dei ciechi, della conservazione del trattamento pensionistico nonostante la carenza sopravvenuta di uno dei presupposti, ed in particolare del requisito reddituale, perseguiva la finalità di favorire il reinserimento sociale degli stessi, non distogliendo l'invalido dall'apprendimento e dall'esercizio di un'attività lavorativa e che la limitazione concerneva la sola possibilità di conseguire l'integrazione al minimo della pensione, non essendo limitativa della erogazione della prestazione a calcolo. Rispetto a tale motivazione, la Corte di appello evidenziava che nell'atto di gravame dell'INPS era stata richiamata giurisprudenza di legittimità antecedente alla pronuncia a sezioni unite e che con riguardo a quest'ultima era stato affermato che le sezioni unite avevano stabilito che l'esistenza di redditi accanto alla pensione era idonea a privare l'integrazione al minimo del suo presupposto. Rilevava che tali richiami erano dissintoni rispetto alla decisione che aveva già negato l'integrazione al minimo della pensione e che mancava una critica adeguata e specifica della decisione impugnata che consentisse al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, non essendo a tal fine idoneo il richiamo a massime di pronunce della Cassazione antecedenti alla sentenza delle s.u che avevano composto il contrasto giurisprudenziale. Dichiarava pertanto inammissibile il gravame dell'INPS. Per la cassazione di tale decisione ricorre l'INPS con unico motivo, illustrato nella memoria depositata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c., cui resiste, con controricorso, il G. . Motivi della decisione Deve, preliminarmente, essere disattesa l'eccezione di nullità della procura speciale da parte del ricorrente e di inammissibilità del ricorso. Ed invero, risulta che la procura speciale rilasciata in calce al ricorso in originale reca la sottoscrizione del difensore munito di procura speciale e l'autenticazione, ad opera del medesimo, della sottoscrizione della parte che gli ha conferito la procura. A prescindere dal rilievo che nella specie non è riscontrabile la mancanza degli stessi elementi sulla copia notificata, tale mancanza non determinerebbe in ogni caso l'inammissibilità del ricorso, ove la predetta copia contenga elementi idonei a dimostrare la provenienza dell'atto da difensore munito di mandato speciale, quali l'attestazione dell'ufficiale giudiziario in ordine alla richiesta di notificazione, formalità risultante nella copia del ricorso notificata cfr., in tal senso, Cass. 24.2.2011 numero 4548e, negli stessi termini, Cass. 11.3.2010 numero 5932 . Detta annotazione, invero, unitamente alla conformità dell'atto all'originale, attestata dall'ufficiale giudiziario, vale ad integrare un elemento idoneo a far ritenere alla parte l'esistenza della procura. È, poi, stato anche chiarito da questa Corte che la mancata trascrizione, sulla copia del ricorso per cassazione notificato, degli estremi della procura speciale conferita dal ricorrente al difensore, non determina l'inammissibilità del ricorso ove la procura sia stata rilasciata con dichiarazione a margine, o in calce al ricorso, in quanto in tal caso l'intimato, con il deposito del ricorso in cancelleria, è posto in grado di verificare l'anteriorità del rilascio della procura rispetto alla notificazione dell'atto di impugnazione cfr. Cass. 19.7.2006 numero 16540 . In ordine al vizio lamentato dal ricorrente, lo stesso attiene alla nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articolo 434, 342 e 345 c.p.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 4, c.p.c., rilevandosi da parte dell'INPS che il ricorso di appello conteneva specifiche critiche alla ratio decidendi della sentenza impugnata, là dove veniva evidenziato come avesse errato il giudice di primo grado facendo propria la tesi di parte ricorrente secondo cui nell'ordinamento previdenziale vigerebbe il principio dell'assoluta neutralità della situazione reddituale del non vedente rispetto al trattamento pensionistico ed era aggiunto che era incontrovertibile che non esisteva nell'ordinamento un principio siffatto. L'istituto precisa di avere anche osservato, dopo avere esposto tali principi affermati dalla Corte di Cassazione numero 3814/05 a s. u. con riguardo alla prestazione integrazione al trattamento minimo erogata dall'AGO e quindi correlata ad una provvista assicurativa e contributiva ed estranea al caso in esame, che la fattispecie del G. ricadeva nella diversa materia assistenziale, nella quale rientrava la provvidenza di cui alla l. 66/62 e che al riguardo la situazione economica di bisogno del soggetto era assunta dall'ordinamento quale condizione imprescindibile per l'acquisizione del diritto al trattamento assistenziale controverso, rimarcando che solo la diversa provvidenza economica dell'indennità di accompagnamento per i ciechi assoluti era stata svincolata dalla pensione non reversibile e da qualsiasi requisito reddituale. La censura è fondata. Premesso che l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l'ammissibilità del motivo di censura, il ricorrente non può ritenersi dispensato dall'onere di specificare a pena, appunto, di inammissibilità il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, ed è tenuto ad indicare anche specificamente i fatti processuali alla base dell'errore denunciato, tale specificazione dovendo poi essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l'onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all'atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità cfr. Cass. 20.9.2006 numero 20405, Cass. 16.10.2007 numero 21261 . Nella specie il ricorso dell'INPS risulta articolato in maniera conforme ai principi riportati, che impongono il richiamo testuale dei motivi di impugnativa in sede di gravame. Dal relativo esame emerge che la Corte di merito ha interpretato l'atto di appello dell'INPS in modo non rispondente alle critiche ivi formulate, con le quali, dopo avere l'istituto precisato che per l'integrazione al minimo non vigeva il principio dell'irrilevanza della situazione reddituale, aveva, poi, evidenziato, in relazione alla materia assistenziale, che la S.C. aveva ribadito la volontà dell'ordinamento di assumere la situazione economica di bisogno del soggetto da assistere quale condizione imprescindibile per l'acquisizione del diritto al trattamento assistenziale. Pertanto, dovendo ritenersi che le censure fossero rivolte non solo all'istituto dell'integrazione al minimo, ma investissero, con sufficiente grado di specificità, ai sensi dell'articolo 342 c.p.c., anche la questione della rilevanza dei limiti di reddito in tema di riconoscimento del diritto alla prestazione assistenziale della pensione non reversibile per i ciechi assoluti, di cui alla legge numero 66 del 1962, deve ritenersi erronea la sentenza della Corte di appello di Milano, con cui è stata pronunciata l'inammissibilità del gravame dell'istituto, contravvenendo ai principi esposti. Tanto osservato, si ritiene che la causa possa essere decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 384, II comma, seconda parte, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Di conforto a tale possibilità è quanto già affermato da questa Corte, che ha rilevato come la Corte di legittimità possa decidere la causa nel merito, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., nel caso di violazione o falsa applicazione non solo di norme sostanziali, ma anche di norme processuali, sempre che non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto cfr. Cass. 29.3.2006 numero 7144 . E nella specie, dovendo ritenersi pacifica la circostanza dell’ avvenuto superamento dei limiti reddituali - oltre i quali non è configurabile lo stato di bisogno - ciò che aveva determinato la revoca della prestazione in sede di revisione - ed essendo tale assunto ribadito nel ricorso dell'INPS, senza che la controparte ne abbia contestato la veridicità in controricorso, laddove si conviene sul fatto che la domanda avesse ad oggetto il riconoscimento del diritto al ripristino del trattamento pensionistico di invalidità non erogato in forza del superamento dei limiti di reddito senza richiamare specifici rilievi in ordine alla sussistenza di un reddito inferiore ai limiti di legge, la questione involge unicamente valutazioni di carattere giuridico sulla rilevanza o meno del reddito ai fini del riconoscimento della prestazione de qua. Al riguardo è, allora, sufficiente richiamare i principi affermati da questa Corte, che, nella recente decisione numero 24192 del 25 ottobre 2013 e nella successiva 15.4.2014 numero 8752 conforme a Cass. 5 agosto 2000, numero 10335 e Cass. 22 novembre 2001, numero 14811 , valorizzando la natura di prestazione assistenziale della pensione non reversibile per i ciechi assoluti, di cui alla legge numero 66 del 1962 già erogata dall'Opera Nazionale Ciechi Civili, prima della generale attribuzione all'I.N.P.S. anche delle prestazioni di natura assistenziale , ha escluso che ad essa si possano applicare disposizioni quali l'articolo 68 della l. numero 153 del 1969 come, del resto, quella di cui all'articolo 10, comma 2, del R.D.L. 14 aprile 1939, numero 636 e l'articolo 8, comma primo bis, del d.l. numero 463 del 1983, dettate nella materia delle prestazioni previdenziali erogate dall'I.N.P.S. ed a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, presupponenti un rapporto contributivo in particolare l'articolo 9 del R.D.L. numero 636/1939 fa riferimento alla pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi ed aventi quale presupposto non uno stato di invalidità generica, bensì di invalidità lavorativa, da considerare norme di stretta interpretazione e il cui fondamento è da rinvenirsi nell'articolo 38, comma secondo, Costituzione più che nel comma primo dello stesso articolo della Carta fondamentale . È stato così affermato in consapevole dissenso rispetto a Cass. numero 15646 del 18 settembre 2012 , che non è possibile estendere analogicamente al trattamento assistenziale nella specie previsto dalla legge numero 66 deh 962 il beneficio riconosciuto a favore di chi gode di trattamento previdenziale, con la conseguenza che l'erogazione della pensione di cui a tale legge resta subordinata al permanere del soggetto beneficiario in stato di bisogno. L'indicata sentenza numero 24192 del 2013 ha, inoltre, escluso che possa essere considerato quale precedente specifico la sentenza a Sezioni Unite numero 3814 del 24 febbraio 2005 richiamata dal ricorrente perché resa con riferimento a fattispecie concreta del tutto diversa in quanto afferente all'integrazione al minimo di un trattamento pensionistico disciplinato dagli articolo 68 l. numero 153/69 e 8 d.l. numero 463/83. Questa Corte ritiene di dare continuità ai principi poc'anzi affermati, ritenendo che quanto argomentato nella sentenza della Cassazione a s.u. 3814/2005 conforti l'orientamento richiamato, in quanto l'integrazione al trattamento minimo, seppure correlata alla pensione di natura previdenziale, mira a garantire il minimo vitale, con ciò evidenziandosi la sua natura e funzione assistenziale al pari delle provvidenze di invalidità civile, che, per gravare sul bilancio dello Stato, sono sensibili alla esistenza di redditi dell'assistito superiori ai limiti di legge. Infine, deve rilevarsi come, nella sostanza, si è in presenza di differenti misure protettive dell'invalidità in cui diverse sono le modalità di finanziamento delle prestazioni quelle previdenziali - che trovano fondamento nella previsione di cui all'articolo 38 Cost., comma 2 - sono alimentate dai contributi gravanti sugli specifici soggetti obbligati ed i datori di lavoro quelle assistenziali - che fanno capo all'articolo 38 Cost., comma 1 - sono finanziate dallo Stato attraverso il ricorso alla fiscalità generale. Se pure è vero che lo Stato partecipa anche al sostegno della previdenza qualora i mezzi raccolti con i versamenti contributivi siano insufficienti come nel caso della integrazione al minimo , i due territori rimangono concettualmente e giuridicamente ben distinti e questo giustifica trattamenti legislativi differenti in relazione ai quali va esclusa ogni violazione del principio costituzionale di uguaglianza. Da tanto consegue che, in accoglimento del ricorso, deve essere cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari, per quanto detto, ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 384, 2 co., 2 parte, c.p.c., nel senso del rigetto della domanda del G. . La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del G. . Compensa le spese dei giudizi di merito e del presente.