Il mancato rispetto dell’obbligo della p.a. di effettuare la consegna dei lavori non legittima la risoluzione del contratto a norma degli articolo 1453 e 1454 c.c., ma conferisce all’appaltatore soltanto la facoltà di fare istanza di recesso. In mancanza, il contratto si presume ancora eseguibile, senza ulteriori oneri a carico della stazione appaltante.
La Prima Sezione della Corte di Cassazione Civile, con la sentenza numero 22112 del 29.10.2015 ha fatto luce sul potere discrezionale della P.A. in tema di appalti pubblici e tracciato i confini delle possibili scelte che residuano in capo al privato. Partendo, infatti, dall’analisi di un contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione di lavori edili, il Supremo Collegio ha escluso che alla fattispecie possano applicarsi le norme del codice civile ed ha chiarito come l’unica fonte sia la disciplina speciale dettata dai d.p.r. nnumero 1063/1962, 554/1999 e 207/2010. I fatti. La vicenda riguardava i lavori di consolidamento di un Palazzo civico comunale, giammai avviati dalla ditta appaltatrice per la mancata consegna effettiva dell’area, per fatto e colpa della p.a., posto che il cantiere risultava occupato da diversa impresa. In conseguenza, l’appaltatore si era visto costretto ad adire il tribunale, dal quale aveva ottenuto la dichiarazione della risoluzione del contratto per inadempimento del Comune, con condanna al risarcimento di euro 63.099,58, oltre interessi, per i danni subiti. La p.a. interponeva gravame innanzi alla Corte di appello di Cagliari ed in tale sede deduceva l’inapplicabilità alla fattispecie delle norme sulla risoluzione contrattuale dettate dal codice civile, dovendo applicarsi la norma speciale di cui all’articolo 10, d.p.r. numero 1063/1962, che attribuisce all’appaltatore la sola facoltà di chiedere di recedere dal contratto, con potere di decisione in capo alla p.a. eccepiva, inoltre, la non debenza delle voci di danno riconosciute dal tribunale isolano e l’erroneità della decorrenza degli interessi. La Corte di merito, con sentenza del 18.9.2009, accoglieva il motivo relativo agli interessi e condannava la società a restituirli giudicava, inoltre, inapplicabile il capitolato generale in caso di inadempimento dell’amministrazione. Avverso la pronuncia di secondo grado ha interposto ricorso in Cassazione la società, affidato a tre motivi il Comune ha proposto ricorso incidentale, resistito dalla società. La Corte ha accolto il primo motivo del ricorso incidentale del Comune, con il quale è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli articolo 10, comma 8, d.p.r. numero 1063/1962, 1206, 1453, 1454 e 1455 c.c., per erronea applicazione della normativa di diritto privato, in vece di quella speciale e derogatoria del capitolato generale di appalto. A parere del Collegio, infatti, l’omessa consegna dei lavori da parte della PA, se è vero che è fonte di responsabilità contrattuale, tuttavia, non consente l’applicazione delle norme del codice civile. Pertanto, l’appaltatore non avrà diritto di risolvere il rapporto a norma degli articolo 1453 e 1454 c.c. o di avanzare pretese risarcitorie, ma potrà esclusivamente formulare istanza di recesso, rimessa al potere discrezionale della PA. Diritto al rimborso dei maggiori oneri. Se l’istanza viene rigettata, prosegue la Corte, questi avrà diritto al rimborso dei maggiori oneri ma se, al contrario, l’istanza non viene presentata, il contratto è da considerare ancora eseguibile, senza ulteriori oneri in capo alla stazione appaltante. Ciò in applicazione del dettato dell’articolo 10, comma 8, d.p.r. numero 1063/1962 il quale, secondo i dettami dei giudici della legittimità, trova applicazione sia nelle ipotesi di mancata consegna, che in quelle di parziale consegna dei lavori. Muovendo da tali premesse, la sentenza di appello è stata cassata con rinvio, in quanto aveva erroneamente dichiarato risolto il contratto e condannato il Comune al risarcimento dei danni per inadempimento, senza la previa verifica della presentazione dell’istanza di recesso, da parte della società.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 settembre – 29 ottobre 2015, numero 22112 Presidente Salvago – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo Il Tribunale di Cagliari, in accoglimento delle domande proposte dalla società Matraim, ha dichiarato risolto per inadempimento del Comune di Cagliari il contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione dei lavori di consolidamento delle fondazioni del Palazzo civico comunale, per mancata consegna effettiva dei lavori, poiché l'area di cantiere era occupata da un'altra impresa, e ha condannato il medesimo Comune al risarcimento dei danni nella complessiva misura di 9 63.099,58, oltre interessi. In sede di gravame, per quanto ancora interessa, il Comune di Cagliari ha dedotto l'inapplicabilità della norma del codice civile sulla risoluzione del contratto per inadempimento articolo 1453 , dovendo applicarsi la norma speciale di cui all'articolo 10 del d.P.R. 16 luglio 1962 numero 1063, che attribuiva all'appaltatore solo la facoltà di chiedere dì recedere dal contratto con potere di decisione in capo all'amministrazione inoltre ha dedotto la non debenza del risarcimento per le voci di danno riconosciute dal Tribunale in relazione alle spese sostenute dall'appaltatore per gli studi geologici, alle spese generali e fisse e alle polizze fideiussorie, nonché l'erroneità della decorrenza degli interessi legali. La Corte d'appello di Cagliari, con sentenza 18.9.2009, ha ritenuto fondato e accolto unicamente il motivo di gravame concernente gli interessi e, di conseguenza, ha condannato la società alla restituzione. Ha rigettato invece gli altri motivi di gravame, giudicando il Comune di Cagliari gravemente inadempiente all'obbligo di consegna effettiva dei lavori circostanza che aveva impedito all'appaltatore di adempiere le proprie obbligazioni e inapplicabile il capitolato generale in caso di inadempimento dell'amministrazione inoltre, ad avviso della Corte d'appello, il primo giudice correttamente aveva determinato il danno in relazione ai costi sostenuti per le polizze fideiussorie, alle spese per gli studi geologici, alle spese generali e a quelle fisse per l'organizzazione dell'impresa, nonché al mancato guadagno. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Matraim con tre motivi, cui ha resistito il Comune di Cagliari che ha proposto ricorso incidentale, resistito dalla società, affidato a tre motivi. Le parti hanno presentato memorie. Motivi della decisione L'esame del primo motivo del ricorso incidentale del Comune di Cagliari precede logicamente 'esame di quello principale. Esso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 10, ottavo comma, d.P.R. numero 1063 del 1962 richiamato dal capitolato speciale d'appalto , 1206, 1453, 1454 e 1455 c.c., per avere la Corte d'appello applicato la normativa di diritto privato, ignorando la norma speciale e derogatoria di cui all'articolo 10 del capitolato generale di appalto, il cui ottavo comma, applicabile nei casi di consegna inidonea e tardiva, prevede unicamente la facoltà dell'appaltatore di chiedere di recedere dal contratto e stabilisce in modo puntuale anche l'entità dei compensi dovutigli in caso di rigetto dell'istanza di recesso. I1 suddetto motivo è fondato. Negli appalti pubblici la consegna dei lavori all'appaltatore, che è un momento essenziale ai fini della realizzazione dell'opera, si configura come un obbligo della P.A. il cui inadempimento ancorché diversamente disciplinato rispetto alle norme del codice civile è fonte di responsabilità contrattuale, in quanto il dovere di collaborazione dell'Amministrazione non perde la sua natura contrattuale solo perché derivante dalla legge, la quale, al contrario, è una delle fonti di integrazione del contratto articolo 1374 c.c. . Tale inadempimento, tuttavia, non conferisce all'appaltatore il diritto di risolvere il rapporto a norma degli articolo 1453 e 1454 c.c., né di avanzare pretese risarcitorie, ma gli attribuisce la sola facoltà di presentare istanza di recesso dal contratto, per il mancato accoglimento della quale sorge un diritto al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo, oltre ad un congruo prolungamento del termine originariamente convenuto v. articolo 10, co. 8, d.P.R. numero 1963 del 1962 129, co. 8, d.P.R. numero 554 del 1999 e, attualmente, 153, co. 8, e 157, co. 1, d.P.R. numero 207 del 2010 . Il riconoscimento di un diritto al risarcimento del danno può venire in considerazione solo se l'appaltatore abbia preventivamente esercitato la facoltà di recesso, dovendosi altrimenti presumere che egli abbia considerato ancora eseguibile il contratto, senza ulteriori oneri a carico della stazione appaltante, non rilevando, quando non sia stato esercitato il recesso, la costituzione in mora del committente e l'iscrizione di riserva a verbale v. Cass. numero 4780/2012, numero 7069 e 21484/2004, numero 11329/1997 . Questa Corte ha precisato che si deve escludere una differenza di disciplina tra la mancata consegna o il ritardo nella consegna di tutti i lavori e la consegna parziale, in quanto in entrambi i casi trova applicazione il citato articolo 10, co. 8, del d.P.R. del 1962, secondo cui l'appaltatore può scegliere se chiedere il recesso dal contratto, acquisendo il diritto al rimborso dei maggiori oneri ove la sua istanza venga rigettata, ovvero proseguire nel rapporto con la sola esclusione della sua responsabilità per eventuale conseguente ritardo nel completamento dell'opera v. Cass. numero 2983/2013, numero 6178/2005 . A questi principi la Corte d'appello non si è conformata, avendo dichiarato risolto il contratto per inadempimento del Comune e condannato quest'ultimo al risarcimento del danno, senza verificare se l'appaltatore avesse chiesto di recedere dal contratto, attivando il meccanismo previsto dalla legge in caso di tardiva, mancata o incompleta consegna dei lavori. Sono assorbiti sia gli altri motivi del ricorso incidentale, riguardanti la valutazione dell'inadempimento addebitato al Comune e la quantificazione del danno, sia il ricorso principale, riguardante la quantificazione delle voci accessorie sul credito riconosciuto dai giudici di merito all'appaltatore. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata, in relazione al primo motivo che è accolto del ricorso incidentale, con assorbimento di tutti gli altri motivi del medesimo ricorso e di quello principale. La Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, dovrà riesaminare la causa nel merito, attenendosi ai principi enunciati, e provvedere sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri motivi e il ricorso principale cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.