Esecuzione sui beni conferiti nel fondo patrimoniale solo se il debito ha attinenza diretta con i bisogni della famiglia

In tema di fondo patrimoniale il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo va ricercato nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti e i bisogni della famiglia.

Pertanto l’esecuzione sui beni del fondo, o sui frutti di esso, può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatoria abbiamo inerenza diretta e immediata con i bisogni della famiglia. E’ onere del creditore opposto dimostrare che i proventi dell’attività societaria siano destinati al soddisfo delle esigenze familiari. La fattispecie. Nel caso in esame l’esecutato aveva proposto opposizione all’azione esecutiva argomentando che il bene, oggetto dell’esecuzione, era tutelato da un fondo patrimoniale. Se il Tribunale di prime cure aveva rigettato l’opposizione la Corte d’Appello, riformando la sentenza, aveva asserito che l’inerenza dei debiti contratti ai bisogni della famiglia doveva essere valutata in concreto pertanto essendo stati emessi dei titoli cambiari a garanzia del debiti societari i debiti azionati non potevano dirsi attinenti ai bisogni familiari. Connessione tra il debito contratto e le esigenze familiari. La Corte di Cassazione ha avuto modo di osservare che la valutazione tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti e i bisogni della famiglia deve essere verificata in concreato e, affinché sia ammissibile l’esecuzione sui beni del fondo, è necessario che la fonte o la ragione del rapporto obbligatoria abbia inerenza diretta e immediata con i bisogni della famiglia. Inversione dell’onere della prova. Inoltre la Corte ha avuto modo di precisare che onde dimostrare l’esistenza di un collegamento diretto fra debito contratto ed esigenze della famiglia il creditore procedente non può limitarsi a sostenere che i proventi derivanti dall’attività societaria sarebbero stati destinati al mantenimento della famiglia stessa. Difatti, provato il fondo patrimoniale, è onere del creditore procedente dimostrare che i flussi finanziari erogati dalla società vengano destinati, dal debitore, alle esigenze familiari e non ad altro. Ciò per il principio generale dell’onere della prova e, pertanto, nel difetto bene ha fatto il Giudice di merito ad accogliere la formulata opposizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza numero 8 maggio – 19 giugno 2018, numero 16176 Presidente Amendola – Relatore Scoditti Fatto e diritto Rilevato che C.V. propose innanzi al Tribunale di Teramo opposizione all’esecuzione in relazione al pignoramento da parte della società P.C. s.r.l. di bene immobile ricadente in fondo patrimoniale. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello il C. . Con sentenza di data 10 febbraio 2017 la Corte d’appello di L’Aquila accolse l’appello accertando l’assenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata. Premessa in linea generale l’inerenza ai bisogni della famiglia anche dei debiti derivanti dall’attività professionale o d’impresa di uno dei coniugi e premesso che tale inerenza doveva tuttavia essere valutata in concreto, osservò la corte territoriale che, essendo stati emessi dal C. i titoli cambiari azionati esecutivamente a garanzia di debiti della società Soffice s.r.l. dal medesimo C. amministrata ma di cui costui non era socio , era arduo ritenere, in assenza di precisazioni circa l’effettivo ruolo svolto dal C. nella suddetta società o circa l’eventuale fittizietà dello schermo societario , che le obbligazioni in questione avessero inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia del debitore, anziché con quelli della società da lui amministrata. Osservò inoltre che, anche ritenendo che l’attività d’impresa della società coincidesse con quella del suo amministratore, dai bilanci degli esercizi 2008 e 2009 gli ultimi anteriori alla sottoscrizione delle cambiali emergeva una situazione caratterizzata da utili esigui 2008 , ovvero da una perdita di circa Euro 61.000,00 tant’è che nel 2010 fu dichiarato il fallimento della società , sicché all’epoca di insorgenza del debito l’attività d’impresa non consentiva di destinare alcuna risorsa economica ai bisogni della famiglia del debitore. Aggiunse che la società appellata era consapevole dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia perché a conoscenza della funzione di garanzia, che aveva il debito cambiario, di obbligazioni di una società in precarie condizioni economiche e che i bisogni della famiglia erano soddisfatti dai redditi degli altri componenti il nucleo la moglie ed i figli del C. . Ha proposto ricorso per cassazione P.C. s.r.l. sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del primo motivo e di manifesta infondatezza del secondo motivo del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. È stata presentata memoria. Considerato che con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 170 cod. civ., ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ Osserva la ricorrente che il C. , ancor più che con i dividendi della società, contribuiva al tenore di vita della famiglia con le retribuzioni a lui spettanti quale amministratore della società medesima e che era errato il riferimento ai redditi degli altri componenti il nucleo familiare posto che la nozione di bisogni della famiglia non è limitata alla sussistenza elementare ma concerne il miglioramento del benessere economico, dovendosi escludere solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi. Aggiunge che le cambiali erano state emesse nel corso della normale gestione dell’attività d’impresa, ed in particolare quale conseguenza del mancato assolvimento di obblighi contrattuali nel quadro dell’attività professionale ordinaria del C. che la P.C. s.r.l. sapeva essere svolta nell’interesse della famiglia , e che il bisogno della famiglia non poteva essere inteso in modo contingente, a seconda della produzione o meno di utili da parte della società. Il motivo è inammissibile. In tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo va ricercato nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia Cass. 31 maggio 2006, numero 12998 8 luglio 2003, numero 11230 . Il giudice di merito ha accertato che la società appellata era consapevole dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia perché a conoscenza della funzione di garanzia, che aveva il debito cambiario, di obbligazioni di una società in precarie condizioni economiche. Tale giudizio di fatto, che implica l’esclusione di un’inerenza diretta ed immediata del debito cambiario ai bisogni della famiglia, trovando causa piuttosto nell’assunzione di garanzia in relazione ai debiti della società in precarie condizioni economiche e di cui la stessa creditrice sarebbe stata consapevole , non è stato impugnato specificatamente mediante la denuncia di vizio motivazionale. In presenza del presupposto di fatto accertato dalla corte territoriale, la censura in termini di violazione di legge si traduce in istanza di revisione del giudizio di fatto, implicante uno scrutinio precluso nella presente sede di legittimità. Peraltro le censure muovono da un presupposto di fatto, l’esistenza di retribuzioni per l’attività svolta dal C. quale amministratore, rispetto al quale non si evince alcun accertamento del giudice di merito. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 e 2729 cod. civ., ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ Osserva la ricorrente che il giudice di appello, ponendo a carico di P.C. s.r.l. l’onere di provare la fittizietà dello schermo societario , ovvero l’effettiva destinazione degli utili societari ai bisogni della famiglia, ha invertito l’onere della prova, dovendo invece il debitore dimostrare che il debito era stato contratto per scopi estranei alla famiglia. Aggiunge che P.C. s.r.l. doveva limitarsi ad allegare e dimostrare che il C. rivestiva la carica di amministratore della società e che tale era l’attività professionale da lui svolta, dovendosi così presumere la destinazione dei compensi e/o utili alla famiglia. Il motivo è manifestamente infondato. La regola dell’onere della prova è una regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi Cass. 16 giugno 1998, numero 5980 . Il giudice di merito ha accertato che il debito cambiario aveva la funzione di garanzia di obbligazioni della società in precarie condizioni economiche, escludendone l’inerenza diretta ed immediata ai bisogni della famiglia. La regola dell’onere probatorio in capo al debitore dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia da ultimo Cass. 28 ottobre 2016, numero 21800 non è così venuta in rilievo, avendo il giudice di merito accertato la detta estraneità sulla base delle risultanze istruttorie. Escludendo poi l’inerenza diretta ed immediata ai bisogni della famiglia in assenza di precisazioni circa l’effettivo ruolo svolto dal C. nella suddetta società o circa l’eventuale fittizietà dello schermo societario , il giudice di merito ha accollato al creditore le conseguenze del mancato accertamento del fatto impeditivo rappresentato dal diretto passaggio dei flussi finanziari dalla società alla famiglia, sul presupposto del carattere fittizio della società stessa. In tal modo ha applicato la regola residuale dell’onere probatorio, facendola gravare sulla società opposta cui competeva l’onere di allegare e provare il fatto impeditivo del diritto fatto valere dall’opponente. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all’articolo 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall’articolo 1, comma 17 della l. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.