Estinzione del reato: quando il giudice può pronunciare la sentenza di assoluzione?

Ove ci sia una causa estintiva del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile. Inoltre, nel giudizio in Cassazione, relativo a sentenza che ha dichiarato la prescrizione del reato, non sono rilevabili né nullità di ordine generale, né vizi di motivazione della decisione impugnata.

Così si è pronunciata la Cassazione con la sentenza numero 22540/19, depositata il 23 maggio. Il fatto. Il Tribunale di Venezia dichiarava di non doversi procedere verso l’imputato in ordine al reato di cui all’articolo 643 c.p. che gli era stato ascritto, poiché estinto per prescrizione. Avverso il provvedimento l’imputato ha proposto appello riqualificato come ricorso in Cassazione lamentando il mancato proscioglimento con forma più favorevole. Non rilevabili i vizi della motivazione impugnata. La Suprema Corte, rilevando che il ricorso è stato presentato per un motivo non consentito, dapprima ricorda l’orientamento delle Sezioni Unite Cass. numero 35490/09 e poi richiama quanto successivamente sancito dalla giurisprudenza, ai sensi della quale se la Cassazione rileva la sussistenza di una causa di estinzione del reato, non può rilevare eventuali vizi di legittimità della motivazione della decisione impugnata. Infatti, nel corso del successivo giudizio di rinvio il giudice sarebbe comunque obbligato a rilevare immediatamente la sussistenza della causa estintiva. Principi di diritto. Ripercorsi e condivisi i precedenti giurisprudenziali, la Cassazione afferma che «in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’articolo 129, comma 2, c.p.p. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento, e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento». Inoltre, i Giudici specificano anche che «nel giudizio in Cassazione, relativo a sentenza che ha dichiarato la prescrizione del reato, non sono rilevabili né nullità di ordine generale, né vizi di motivazione della decisione impugnata». Alla luce dei principi enunciati la Suprema Corte nega, agli effetti penali, la rilevabilità in sede di legittimità dei vizi di motivazione della decisione impugnata, posto che la motivazione non risulta del tutto carente e che l’imputato non ha neppure proposto valida e tempestiva rinuncia alla prescrizione. Pertanto il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 febbraio – 23 maggio 2019, numero 22540 Presidente Cammino – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Venezia in composizione monocratica ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.D. , in atti generalizzato, in ordine al reato ascrittogli di cui all’articolo 643 c.p. perché estinto per prescrizione. Contro il predetto provvedimento ha proposto appello, correttamente riqualificato in ricorso per cassazione, l’imputato lamentando il mancato proscioglimento con formula più favorevole. Con requisitoria scritta pervenuta in data 7.1.2019, il PG ha concluso come riportato in epigrafe. All’odierna udienza camerale, celebrata ex articolo 611 c.p.p., è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile perché presentato per un motivo non consentito. 1. Le Sezioni Unite di questa Corte sentenza numero 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, CED Cass. numero 244273 s. hanno esaminato il problema dell’ambito del sindacato, in sede di legittimità, sui vizi della motivazione, in presenza di cause di estinzione del reato, del quale avevano già avuto modo di occuparsi in passato avevano, infatti, già affermato che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità i vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto l’inevitabile rinvio della causa al giudice di merito dopo la pronunzia di annullamento risulterebbe comunque incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato Sez. unumero , sentenza numero 1653 del 21 ottobre 1992, dep. 22 febbraio 1993, Marino ed altri, CED Cass. numero 192471 . In linea con l’orientamento assolutamente prevalente nella giurisprudenza intervenuta successivamente sulla questione Sez. V, sentenza numero 7718 del 24 giugno 1996, CED Cass. numero 205548 Sez. II, sentenza numero 15470 del 6 marzo 2003, CED Cass. numero 224290 Sez. I, sentenza numero 4177 del 27 ottobre 2003, dep. 4 febbraio 2004, CED Cass. numero 227098 Sez. III, sentenza numero 24327 del 4 maggio 2004, CED Cass. numero 228973 Sez. VI, sentenza numero 40570 del 29 maggio 2008, CED Cass. numero 241317 Sez. IV, sentenza numero 14450 del 19 marzo 2009, CED Cass. numero 244001 , il principio è stato ribadito sostanzialmente nei medesimi termini, come è confermato dalle quasi speculari massime estratte dalle due citate decisioni delle Sezioni Unite anche dalla sentenza Tettamanti, a parere della quale la Corte di cassazione, ove rilevi la sussistenza di una causa di estinzione del reato, non può rilevare eventuali vizi di legittimità della motivazione della decisione impugnata, poiché nel corso del successivo giudizio di rinvio il giudice sarebbe comunque obbligato a rilevare immediatamente la sussistenza della predetta cause di estinzione del reato, ed alla conseguente declaratoria. Il principio opera anche in presenza di mere cause di nullità di ordine generale, assolute ed insanabili, identica essendo la ratio, fondata sull’incompatibilità del rinvio per nuovo giudizio di merito con li principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva. A conclusioni diverse dovrebbe giungersi nel solo caso in cui l’operatività della causa di estinzione del reato presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nei qual caso assumerebbe rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio. Il principio è stato successivamente ribadito, più o meno nei medesimi termini, da Sez. VI, sentenza numero 23594 del 19 marzo 2013, CED Cass. numero 256625, secondo la quale Nel giudizio di cassazione, relativo a sentenza che ha dichiarato la prescrizione del reato, non sono rilevabili nè nullità di ordine generale, nè vizi di motivazione della decisione impugnata, anche se questa abbia pronunciato condanna agli effetti civili, qualora il ricorso non contenga alcun riferimento ai capi concernenti gli interessi civili , e merita senz’altro di essere condiviso. 1.1. Vanno, pertanto, ribaditi i seguenti principi di diritto In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento , e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento . Nel giudizio di cassazione, relativo a sentenza che ha dichiarato la prescrizione del reato, non sono rilevabili nè nullità di ordine generale, nè vizi di motivazione della decisione impugnata . 2. I principi di diritto appena enunciati comportano la non rilevabilità in questa sede, agli effetti penali, di eventuali vizi di motivazione della decisione impugnata, evidente apparendo che la motivazione della sentenza impugnata non risulta del tutto carente nè meramente apparente, e non essendo stata proposta dall’imputato valida e tempestiva rinunzia alla prescrizione. 3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché - apparendo evidente dal contenuto dei motivi che egli ha proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa Corte Cost., sentenza 13 giugno 2000, numero 186 e tenuto conto della minima entità di detta colpa - della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende. Sentenza con motivazione semplificata.