Più studi professionali fanno presumere maggiori fonti di reddito

di Antonio Terlizzi

di Antonio Terlizzi *Maggiore il numero degli studi posseduti, maggiore il reddito che si presume sia a disposizione del professionista. La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con l'ordinanza numero 13558 del 20 giugno 2011, ha riconosciuto valido l'accertamento effettuato nei confronti di un professionista titolare di tre studi circostanza, questa, ritenuta indicativa di una fonte di maggior reddito. La vicenda. La vicenda scaturisce da un avviso di accertamento che aveva elevato l'Irpef ad un medico odontoiatra, per scostamento del reddito dichiarato rispetto ai coefficienti presuntivi di reddito, i quali erano una presunzione categoriale del reddito del contribuente. L'accertamento si era fondato sulla ricostruzione dei dati esposti nel questionario trasmesso dal contribuente, il quale, però, si era limitato ad effettuare osservazioni generiche. Lo stesso, infatti, aveva sostenuto che il mantenimento di tre studi professionali è indice di maggior spesa, e non di maggior reddito, come invece affermato dall'Ufficio. In sede di contenzioso tributario, la commissione tributaria provinciale ha convalidato l'atto impositivo dell'ufficio. Allo stesso modo la commissione tributaria regionale confermava la decisione della commissione di I grado, dando ragione all'ufficio. Pertanto, il dentista presentava ricorso in Cassazione. Più studi portano maggior spesa ma anche maggior clientela e, quindi, reddito Nel caso di specie, la Suprema Corte ha valutato adeguata la ricostruzione fondata sui coefficienti presuntivi. Secondo la Corte il mantenimento di tre studi professionali in tre luoghi diversi comportava sicuramente un aumento di spesa, il quale però era compensato da un altrettanto aumento di clientela. Se ciò non fosse vero, allora ci troveremmo di fronte ad un'operazione antieconomica. Pertanto, la Cassazione ha ritenuto il ricorso presentato dal professionista manifestamente infondato. altrimenti sarebbe un sistema antieconomico. In definitiva, possono essere applicati i coefficienti il cui contenuto sia applicato non in modo automatico ma in coerenza con i dati e le giustificazioni addotte dal contribuente. dovendo ritenersi il mantenimento di tre studi professionali in tre luoghi diversi collegato ad un aumento di spese quantomeno compensate dall'aumento complessivo della clientela, pena la antieconomicità del sistema adottato. La presenza di più studi professionali, lascia presupporre maggiore reddito e quindi maggiore Irpef, poichè se è vero che i 3 studi professionali procuravano maggiori spese al professionista, altrettanto vero è che il professionista doveva necessariamente guadagnare in proporzione, pena l'antieconomicità dell'attività professionale svolta nei tre luoghi. Operazioni antieconomiche sono lecite, ma possono giustificare l'accertamento induttivo. Si configura ipotesi di operazione antieconomica quando il contribuente assume un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell'economia e non spieghi in alcun modo le ragioni sottostanti a tale comportamento Sebbene il comportamento antieconomico sia, di per sé, del tutto legittimo e non necessariamente patologico , in quanto può essere una diretta conseguenza della libera autonomia dell'attività di impresa, se esso sottende un'evidente anomalia nell'azione del contribuente in grado di celare una grave irregolarità nelle operazioni svolte e, quindi, nell'imponibile indicato nella dichiarazione dei redditi, allora tale comportamento è da ritenersi contrario alla legge. Difatti, in tal caso risulta legittimo il ricorso all'accertamento induttivo Cass numero 11645 e numero 6337 cit. e Cass numero 1821/2011 . L'accertamento induttivo articolo 39, comma 1, lett. d , D.P.R. numero 600 del 1973 si giustifica anche nel caso in cui le scritture contabili siano formalmente corrette, se nel complesso rileva un comportamento irragionevole e antieconomico. Cass. numero 11154/2010 .* Esperto tributario

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 20 giugno 2011, numero 13558Ritenuto in fattoNella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite rilevato che ed ricorrono in cassazione con tre motivi avverso la sentenza numero 132/22/08 della Commissione Tributaria Regionale delle Puglie che ha accolto l'appello della Agenzia avverso la sentenza della CTP di Lecce la quale a sua volta aveva accolto il ricorso dei contribuenti contro un avviso di accertamento che aveva elevato l'IRPEF del 1992 per scostamento del reddito dichiarato rispetto ai coefficienti presuntivi di reddito di cui al DPCM 23/12/1992 in relazione alla professione di medico odontoiatra svolta dal L. che la Agenzia resiste con controricorso che con il primo motivo deducono violazione dell'Cass. numero 4148 del 2009 ritenendo adeguata al caso concreto la valutazione fondata sui coefficienti non in forza di automatismo applicativo bensì sulla base della disamina critica della giustificazioni addotte dal contribuente ritenendole infondate in quanto il mantenimento di tre studi professionali in tre luoghi diversi dava luogo ad aumento di spese quantomeno compensate dall'aumento complessivo della clientela pena la antieconomicità del sistema adottato, sicché la adozione di un criterio ritenuto valido dal contribuente stesso in presenza di uno studio singolo risultava corretta che pertanto il ricorso pare manifestamente infondato .Considerato in dirittoche il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, e, pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere rigettato che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.P.Q.M.Rigetta il ricorso. Condanna i contribuenti alle spese a favore dell'Ufficio che liquida per questa fase in euro 1.500, oltre spese prenotate a debito e compensa le spese dei gradi di merito.