Ormai recessiva l’opinione contraria, si tratta di un diritto di libertà associativa, ben oltre le strettoie del legittimo impedimento.
Così la Cassazione, sez. III penale, nella sentenza numero 19856 depositata il 14 maggio 2014, su ricorso di un condannato per spaccio di stupefacenti al cui legale - astenutosi per l’agitazione di categoria del 20 marzo 2012 in occasione dell’udienza camerale per l’abbreviato in camera di consiglio ex articolo 127 c.p.p., cui aveva previamente comunicato di voler partecipare - non era stato concesso rinvio dell’udienza. L’astensione non è un legittimo impedimento. L’astensione non è un impedimento in senso tecnico, è esercizio di un diritto costituzionale, di una volontà tutelata, non una impossibilità materiale a comparire. Manca inoltre una dichiarata assimilazione. In molteplici sedi processuali in cui la presenza del legale è solo facoltativa – ad esempio, in caso di udienza per l’opposizione all’archiviazione ex articolo 409, comma 2, c.p.p. oppure in caso di udienza camerale d’appello a seguito dell’abbreviato ex articolo 443, comma 2, e 599 c.p.p. – l’astensione del difensore non è mai stata giurisprudenzialmente rubricata, per un disposto legislativo insufficiente, a legittimo impedimento. In tali casi, il legislatore ha fatto prevalere l’esigenza di speditezza del rito, anche in appello, sulla più compiuta assicurazione dei diritti processuali delle parti e del difensore. Il legittimo impedimento rileva dunque per il solo imputato che abbia chiesto di essere sentito o abbia manifestato la volontà di comparire, in tal caso il rinvio va concesso. Il legittimo impedimento è contenitore insufficiente a rubricare il diritto all’astensione dell’avvocato. La soluzione adottata l’astensione del difensore obbliga il giudice al rinvio, anche quando ne è prevista solo facoltativa la presenza. Si tratta di un diritto di rilevanza costituzionale. A rilevare non è l’articolo 40 della Costituzione – in ordine al diritto di sciopero -, valgono le norme costituzionali che assicurano la libertà delle aggregazioni e delle formazioni sociali ex articolo 18. Non è una novità. Già in precedenti occasioni è stato riconosciuto pieno vigore costituzionale all’astensione dell’avvocato, ad esempio non operando il limite dei sessanta giorni di sospensione della prescrizione ex articolo 159, numero 3, seconda parte, c.p. in caso di differimento a più lungo termine dell’udienza – accade di sovente, per il sovraccarico degli affari processuali nei tribunali -. L’argomento semantico. D’altronde, la facoltatività della presenza dell’avvocato costituisce una libera scelta difensiva. Qualora l’avvocato decida di partecipare all’udienza acquisisce ogni diritto alla piena assistenza tecnica dell’imputato e nessuna ragione trova una limitazione in punto di diritto all’astensione. Quando decide di partecipare, non v’è ragione per negare il diritto al rinvio riconosciuto nei casi di udienze a partecipazione obbligatoria. Si tratta di un diritto pieno, anziché affievolito. L’argomento sistematico l’ingiustificata disparità di trattamento fra primo e secondo grado in rito abbreviato. L’abbreviato in primo grado – per il richiamo dell’articolo 441 c.p.p. all’articolo 420 ter, comma 5, c.p.p. – consente il rinvio in caso di legittimo impedimento dell’avvocato. La medesima opportunità non è prevista in caso di abbreviato in secondo grado, sebbene entrambe le procedure si riferiscano ad udienze in camera di consiglio e non sussistano significative condizioni processuali che legittimino una disparità di trattamento. Il riconoscimento della pienezza – ai fini del rinvio dell’udienza – del diritto al rinvio seguente all’astensione dell’avvocato supera l’accennata incongruità, ancora sistematicamente rintracciabile fra le norme su esposte.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 marzo – 14 maggio 2014, numero 19856 Presidente Teresi – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 20/03/2012 la Corte d'Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza di condanna, a seguito di giudizio abbreviato, di P.F. per il reato di cui all'articolo 73 del d.P.R. numero 309 del 1990 in relazione alla cessione a Fulci Francesco di una bustina di cocaina e alla detenzione di complessivi grammi 55 di cocaina. 2. Ha interposto ricorso l'imputato che, con un primo motivo, deduce violazione di legge in relazione all'articolo 127 c.p.p. espone che, a fronte della dichiarazione di adesione all'astensione dalle udienze effettuata dal difensore all'udienza del 20 marzo 2012, la corte territoriale aveva ugualmente disposto procedersi oltre nella trattazione sul presupposto della irrilevanza dell'astensione a fronte del procedimento svolto in camera di consiglio, con ciò violando l'articolo 127 c.p.p. nonché il diritto di difesa precisa in particolare che l'articolo 3 del codice di autoregolamentazione della astensione dall'attività giudiziaria prevede l'adesione quale legittimo impedimento in relazione a qualunque adempimento per il quale sia prevista la presenza del difensore, ancorché non obbligatoria sicché la nuova regolamentazione, valutata come idonea dalla commissione di garanzia ai sensi della legge numero 146 del 1990, prevede espressamente la legittimità dell'astensione anche con riferimento alle udienze camerali. 3. Con un secondo motivo deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alle risultanze processuali con particolare riferimento alla ritenuta esclusione della circostanza attenuante di cui all'articolo 73 comma 5 del d.P.R. numero 309 del 1990. In particolare non vi è alcuna prova in atti che l'imputato sia abitualmente dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti né tanto meno che la sostanza sequestrata fosse destinata allo spaccio e non all'uso personale inoltre non si sarebbe dovuto tener conto, per provare la circostanza della destinazione allo spaccio, della somma di Euro 5.000 essendo tale somma risultata del tutto estranea all'attività di spaccio tanto da essere stata restituita. Del resto, lo stesso imputato ha subito ammesso, al momento dell'arresto, gli addebiti precisando però anche di essere un forte consumatore e spiegando dettagliatamente le motivazioni dell'acquisto ed utilizzo la sostanza destinata. Si sarebbe dovuto cogliere in tali circostanze dunque l'atteggiamento sprovveduto di un tossicodipendente che occasionalmente cede ad altri la sostanza acquistata per sé o per gli amici senza che sia emerso nulla in senso contrario, con conseguente legittimità della concessione dell'attenuante invocata. 4. Con un terzo motivo deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla quantificazione della pena posto che le attenuanti generiche, già riconosciute, andavano ritenute prevalenti sulla contestata recidiva. Ricorda, richiamando pronuncia delle Sezioni Unite, che, con riguardo alla recidiva, è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità sulla base di una serie di parametri specificamente individuati nella specie, una tale valutazione avrebbe dovuto condurre a considerare il fatto come non significativo di maggiore pericolosità sociale. 5. Con un quarto motivo si duole della decisione con cui la corte territoriale ha disatteso la richiesta di continuazione tra il reato oggetto del presente procedimento e quello di cui alla sentenza del 20 febbraio 2010 del G.i.p. presso il Tribunale di Monza in particolare deduce che tutti detti fatti sono stati posti in essere nell'evidente esecuzione di un disegno unico, giacché commessi nei medesimi luoghi nell'hinterland milanese e nei medesimi tempi, ovvero nell'arco temporale tra il dicembre 2009 e l'aprile 2012. 6. Con un ultimo motivo si duole della impossibilità di comprensione del ragionamento logico - giuridico adottato dalla Corte in merito alla quantificazione della pena. Considerato in diritto 7. Il primo motivo, pregiudiziale rispetto ai restanti, è fondato. La Corte territoriale, in applicazione dei principi espressi da varie pronunce di questa Corte, ha disatteso, all'udienza del 20/03/2012, la richiesta di rinvio del processo per l'adesione, comunicata dal Difensore, alla astensione dalle udienze proclamata con delibera della O.U.A. del 23/02/2012 ha infatti ritenuto irrilevante, procedendosi in udienza camerale ex articolo 127 c.p.p. stante il rito abbreviato prescelto, con conseguente facoltatività della presenza delle parti, il motivo della non partecipazione del difensore all'udienza camerale. In effetti, numerosi arresti di questa Corte, sulla scia della pronuncia delle Sezioni Unite, numero 7551 del 08/04/1998, Cerroni, Rv. 210795, intervenuta ancor prima della novella numero 479 del 1999, hanno concordemente escluso che l'adesione del difensore all'astensione dalle udienze costituisca legittima ragione di rinvio del processo che si svolga in camera di consiglio essenzialmente sul presupposto che il legittimo impedimento del difensore, tale dovendosi qualificare la adesione alla astensione, non rileva nei procedimenti camerali, per i quali è infatti previsto che i difensori, il pubblico ministero e le altre parti interessate, siano sentiti solo se compaiono tra le altre, Sez. 1, numero 5722 del 20/12/2012, Morano, Rv. 254807 Sez. 5, numero 36623 del 16/07/2010, Borra e altri, Rv. 248435 Sez. 6, numero 14396 del 19/02/2009, p.o. in proc. Leoni ed altri, Rv. 243263 Sez. 5, numero 16555 del 06/04/2006, Verbi, Rv. 234450 Sez. 2, numero 44357 del 11/11/2005, Vara ed altri, Rv. 233166 Sez. 1, numero 17312 del 06/04/2004, D'Anca, Rv. 228647 nel medesimo senso, ma con riferimento a ragioni di impedimento diverse, tra le altre, Sez. 5, numero 23323 del 23/03/2004, Collini ed altro, Rv. 228867 Sez. 4, numero 33283 del 12/12/2001, Adducci ed altri, Rv. 222497 . Alcune tra dette pronunce hanno anche posto in evidenza, la non influenza, rispetto a tale quadro, destinato, quindi, secondo tale prospettiva, a restare immutato, della delibera del 13/12/2007 con cui la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha valutato idoneo, in attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, il Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato dagli organismi di categoria il 04/04/2007 in particolare hanno ritenuto inidoneo a determinare diverse conclusioni il contenuto dell'articolo 3 che, affinché sia considerata come legittimo impedimento la mancata comparizione dell'avvocato all'udienza o all'atto di indagine preliminare o a qualsiasi altro atto o adempimento per il quale sia prevista la sua presenza, ancorché non obbligatoria , prevede determinate modalità di dichiarazione o comunicazione infatti, si è detto, tale previsione impone semplicemente al difensore, che non intenda aderire alla proclamata astensione, di darne comunicazione all'autorità procedente e agli altri difensori, e ciò all'evidente fine di consentire all'una e agli altri di organizzare in maniera ordinata la propria attività. Nulla invece essa dispone, né potrebbe disporre, circa la rilevanza che assume la pura e semplice assenza del difensore, in occasione di astensione collettiva, nei procedimenti camerali in cui la sua presenza non è obbligatoria Sez. 6, numero 14396 del 19/02/2009, p.o. in proc. Leoni ed altri, Rv. 243263 v. anche Sez. 2, numero 24533 del 29/05/2009, Frediani, Rv. 244785 . 8. Tali principi sono rimasti, sino a tempi assai recenti, come subito oltre si dirà, e pur nel passaggio da un sistema ove l'adesione all'astensione proclamata dagli organismi dell'avvocatura non era regolamentato ad un sistema in cui, invece, per effetto dell'accennata delibera, si è provveduto ad una specifica regolamentazione anche all'interno del processo penale, incontroversi va registrato, tuttavia, che, con specifico riferimento proprio al giudizio abbreviato svolto in grado di appello, Sez. 2, numero 13033 del 11/10/2000, Matranga, Rv. 217507, era pervenuta, a suo tempo, alla diversa conclusione della rilevanza dell'impedimento del difensore, in generale, facendo leva sulla necessità di una interpretazione esente da irragionevolezze idonee ad intaccarne la tenuta costituzionale si era considerato infatti illogico, oltre che in contrasto con il nuovo sistema del giusto processo sancito nel novellato articolo 111 Cost., ritenere l'assoluto legittimo impedimento del difensore causa di rinvio in primo grado nel giudizio abbreviato, e non ritenerlo, invece, tale in sede di appello per il solo fatto dell'applicabilità dell'articolo 127 c.p.p. richiamato dall'articolo 599 stesso codice che, in relazione alla forma da osservarsi in tale procedimento, prevede, quale esclusiva causa di rinvio dell'udienza, l'impedimento dell'imputato. In definitiva, si era detto, la collocazione dell'articolo 420 ter c.p.p. nel titolo del codice che disciplina l'udienza preliminare e la correlativa abrogazione dell'articolo 486 c.p.p. avrebbero dovuto evidenziare la volontà del legislatore di garantire e tutelare con pari rigore e senza distinzione di sorta, sia nel procedimento camerale che nella fase dibattimentale, l'effettività del contraddittorio e del diritto di difesa dell'imputato, dovendo, dunque, addebitarsi ad una mera carenza di coordinamento il diverso tenore dell'articolo 127 c.p.p 9. Se si eccettua, dunque, tale ultima decisione, la cui struttura, come appena visto, è tale, però, da coinvolgere in generale l'assoluto impedimento del difensore al cui interno continua dunque, implicitamente, ad essere ricondotta anche l'adesione all'astensione dalle udienze, è solo in tempi recentissimi che la impostazione tradizionale della irrilevanza dello sciopero del difensore nelle udienze camerali è stata messa in discussione. Anzitutto Sez. 6, numero 1826/14 del 24/10/2013, non ancora massimata, con decisione che ha, in maniera articolata, analizzato, in particolare, i rapporti tra la disciplina codicistica e quella del codice di autoregolamentazione e messo in luce le contraddizioni interne alla giurisprudenza, è giunta, infatti, a ritenere operante anche con riferimento al giudizio abbreviato di appello la adesione all'astensione dalle udienze, essenzialmente facendo leva sulle caratteristiche peculiari della astensione stessa, del resto riconosciute pressoché indistintamente dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla disciplina delle cause di sospensione della prescrizione ex articolo 159 c.p. cfr., tra le altre, Sez. 4, numero 10621 del 29/01/2013, M., Rv. 256067 Sez. 6, numero 26079 del 13/05/2010, G.G., non massimata Sez. 5, numero 18071 del 08/02/2010, Piacentino e altri, Rv. 247142 Sez. 6, numero 27842 del 10/06/2009, Nori, non massimata , non riducibile ad un mero legittimo impedimento partecipativo, ma equiparabile all'espressione del diritto costituzionale ex articolo 18 Cost., di libertà di associazione. Successivamente, anche Sez. 1, numero 14775 del 12/03/2014, Lapresa, non ancora massimata, facendo principalmente leva sulla decisione delle Sez. U., numero 26711 del 30/05/2013, Ucciero, Rv. 255346 su cui più oltre ha concluso, sempre in fattispecie di giudizio abbreviato in grado d'appello, per la illegittimità del disposto rinvio pur a fronte della dichiarata astensione del difensore, anch'essa, pertanto, discostandosi dal tradizionale orientamento giurisprudenziale ricordato. 10. Ciò posto, come ricordato sopra, l'orientamento maggioritario della Corte si fonda, essenzialmente, su due assunti, e segnatamente, un primo, di carattere generale, volto a valorizzare la mancata previsione, all'interno dell'articolo 127 c.p.p. e, per quanto concernente il giudizio camerale di appello, all'interno dell'articolo 599 c.p.p. , del legittimo impedimento del difensore quale causa di rinvio dell'udienza e a considerare logicamente non compatibile , la pretesa di rinvio del processo dovuta ad impedimento cui, come visto, viene assimilata l'adesione all'astensione con la natura solo facoltativa della presenza, al pari delle altre parti, del Difensore, all'udienza camerale ex articolo 127 c.p.p. e un secondo, peculiare alla specifica ipotesi dell'adesione all'astensione, diretto ad escludere comunque rilievo anche, cioè, ove l'adesione non fosse rapportabile ad un mero impedimento ai contenuti della delibera di approvazione del codice di autoregolamentazione. Entrambi tali postulati, tuttavia, si prestano a rilievi ed argomentazioni tali da dovere ritenere che la impostazione tradizionalmente adottata dalla Corte non sia oggi più sostenibile. 11. Una prima, preliminare, considerazione, si impone, per la verità, su di un piano generale, con riguardo alla interpretazione che dell'articolo 127 c.p.p. è stata sino ad oggi data, con la sola eccezione di Sez. 2, numero 13033 del 2000, Matranga, cit., dalla giurisprudenza. Se, infatti, il dato testuale della norma, là dove prevede, unicamente per l'imputato o per il condannato, che l'udienza possa essere rinviata a fronte di un legittimo impedimento del difensore, appare difficilmente contestabile sul piano letterale, è tutt'altro che indiscutibile che lo stesso, significhi, per converso, in maniera inequivocabile che un tale impedimento non possa valere anche per il difensore. Questa Corte ha infatti già affermato, sia pure in tempi non recenti, essere ben possibile ritenere che il contenuto effettivo di una disposizione di legge, accertato correttamente attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dalla tecnica giuridica, sia più ampio di quello che appare dalle espressioni letterali che compongono la disposizione stessa, non incontrando, una tale interpretazione limitazioni nell'articolo 14 delle disposizioni sulla legge in generale, giacché non amplia il contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottraggano alla sua disciplina per un ingiustificato rispetto di manchevoli espressioni letterali Sez. 3, numero 1041 del 29/04/1974, Baracca, Rv. 129191 . Deve dunque ritenersi che una siffatta interpretazione ben possa essere ammessa anche con riguardo alle disposizioni processuali penali, tanto più ove gli effetti di essa possano dirsi ampliativi di diritti e facoltà. Ora, come già sostenuto da Sez. 2, numero 13033 del 2000, Matranga, cit. appare difficilmente compatibile, con il principio di ragionevolezza e di pari trattamento di situazioni tra loro eguali, una interpretazione che conduca a trattare diversamente, in relazione alla rilevanza o meno del legittimo impedimento del difensore, il giudizio abbreviato di primo grado soggetto, in virtù dell'applicabilità ad esso delle disposizioni previste per l'udienza preliminare, richiamate dall'articolo 441 c.p.p., alla disciplina di cui all'articolo 420 ter, comma 5, c.p.p. , da una parte, da quello di secondo grado, dall'altra. Né, per giungere a conclusioni diverse, parrebbe appagante il riferimento al criterio, dedotto dalla tradizionale impostazione a giustificazione della interpretazione restrittiva dell'articolo 127 c.p.p., della ragionevole durata del processo, non comprendendosi, ancor più con riferimento al giudizio di appello, tanto più se instaurato a seguito di processo definito in primo grado con il rito a prova contratta , quale dovrebbe essere l'incidenza dello stesso tale da condurre ad una legittima discriminazione tra le due situazioni. Va aggiunto inoltre proprio a fronte del fatto che entrambe le situazioni, pur regolate diversamente, appaiono attenere, quantunque in relazione a grado diverso di giudizio, al medesimo tipo di procedimento speciale caratterizzato, per di più, sempre dalla trattazione in camera di consiglio, non parrebbe neppure utilmente invocabile, a giustificazione del diverso trattamento, la discrezionalità legislativa che ben può operare sì una diversa modulazione del diritto di difesa, ma a seconda, però, delle caratteristiche tipiche dei singoli procedimenti sì che una tale discrezionalità è stata non a caso appropriatamente evocata dalle Sezioni Unite a giustificazione del diverso trattamento riservato ad udienza camerale da un lato e ad udienza pubblica dall'altro cfr. Sez. U., numero 7551 del 08/04/1998, Cerroni, cit. ed anzi, non potrebbe non considerarsi che, su di un piano generale, è proprio nel grado di appello che la presenza del Difensore può assumere una rilevanza superiore rispetto a quella rivestita dalla presenza dello stesso imputato cfr. Corte edu, Hermi c. Italia del 18/10/2006, p.49 Kamasinski c. Austria del 19/12/1989, p.106 . 11.1. Anche l'ulteriore profilo valorizzato dalla tradizionale impostazione secondo cui il legittimo impedimento non potrebbe operare nei procedimenti in cui, come quello camerale, la presenza delle parti sarebbe facoltativa, si presta a valutazioni critiche la natura solo facoltativa della presenza, lungi dal comportare, quale approdo cui giunge in definitiva l'indirizzo in oggetto, la neutralizzazione tout court degli impedimenti in cui incorra il difensore, significa unicamente, da punto di vista logico, che lo stesso può anche, ove lo ritenga, non comparire senza che, una volta che egli, però, decida di intervenire, non possa non far valere le cause che un tale intervento rendano assolutamente non possibile. 12. Ciò posto, appare comunque dirimente, anche laddove non vi fosse spazio per interpretare diversamente l'articolo 127 c.p.p., nel senso di ritenere non condivisibile l'opzione interpretativa della irrilevanza, nel procedimento camerale, della adesione alla astensione dalle udienze, l'insostenibilità, oggi, dell'assunto che, sino a tempi recenti, ha ricondotto la predetta adesione ad una ipotesi di legittimo impedimento, in tal modo superandosi l'ostacolo della mancata previsione di una specifica ipotesi con riferimento al difensore. Paradossalmente, anzi, è proprio la conclusione, sempre di questa Corte, formatasi sul tema della sospensione delle prescrizione, là dove si è avuto cura di precisare l'estraneità dell'adesione all'astensione rispetto alla nozione di legittimo impedimento, ad imporre che una simile soluzione debba operare anche con riguardo al rinvio dell'udienza. Sotto tale profilo appaiono del tutto condivisibili le cadenze argomentative che hanno da ultimo condotto Sez. 6 numero 1826/14 del 24/10/2013, cit. a discostarsi dalla tradizionale impostazione in forza della ineluttabile necessità di prendere atto della incidenza, sul sistema processuale, della regolamentazione, attuata con la deliberazione già ricordata del 13/12/2007 della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, del diritto di astensione degli avvocati. 12.1. Il primo punto da porre in evidenza è appunto dato dall'interpretazione ormai consolidata della Corte secondo cui il limite massimo di sessanta giorni di sospensione del corso della prescrizione non può trovare applicazione nell'ipotesi di astensione del difensore, restando il termine prescrizionale sospeso per l'intero periodo di differimento e ciò, significativamente, perché l'adesione alla predetta astensione non costituisce impedimento in senso tecnico bensì un vero e proprio diritto al rinvio quale diretta conseguenza dell'esercizio del diritto costituzionale di libertà di associazione del difensore si è così sostenuto che la richiesta di rinvio dell'udienza per aderire ad una astensione collettiva deve essere considerata una richiesta tutelata dall'ordinamento col diritto ad ottenere un differimento, ma non costituisce un impedimento in senso tecnico, visto che non discende da una assoluta impossibilità a partecipare all'attività difensiva , chiarendosi che la richiesta di differimento dell'udienza per aderire ad una astensione collettiva si inquadra nella seconda ipotesi prevista dall'articolo 159, comma 1, numero 3, c.p. tra le tante, Sez. 4, numero 10621 del 29/01/2013, M., Rv. 256067 Sez. 6, numero 26079 del 13/05/2010, G.G., non massimata Sez. 5, numero 18071 del 08/02/2010, Piacentino e altri, Rv. 247142 Sez. 6, numero 27842 del 10/06/2009, Nori, non massimata Sez. 2, 29 ottobre 2008, numero 44391, Palumbo, non massimata Sez. 1, numero 25714 del 17/06/2008, Arena, Rv. 240460 Sez. 5, numero 33335 del 23/04/2008, Inserra, Rv. 241387 Sez. 5, numero 44924 del 14/11/2007, Marras e altro, Rv. 237914 . Ora, come sottolineato anche dalla già citata decisione di Sez. 6, numero 1826/14 del 24/10/2013, cit., una tale qualificazione dell'adesione all'astensione non può non entrare in conflitto con la diversa interpretazione che di essa, e sia pure con riguardo alle udienze camerali, la stessa Corte ha dato, ponendo l'interprete di fronte alla necessità di sciogliere la evidente contraddizione in un senso oppure nell'altro. 12.2. Ritiene allora questo Collegio che la opzione da privilegiare non possa essere se non quella volta, appunto, ad inquadrare l'adesione all'astensione collettiva all'interno dell'esercizio di un diritto da un lato è lo stesso concetto dello impedimento a comparire a chiarire la non compatibilità con esso di una condotta quella, appunto, di non intervenire all'udienza in forza dell'adesione allo sciopero non imposta da eventi o cause esterne ma dettata dalla libera volontà di scelta della persona, e, dall'altro, non può non ritenersi significativa la riconducibilità dell'adesione in oggetto all'interno del diritto di associazione costituzionalmente tutelato dall'articolo 18 affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 171 del 1996. È in particolare meritevole di nota, sul punto, che la Corte abbia qualificato l'astensione degli avvocati come manifestazione incisiva della dinamica associativa volta alla tutela di questa forma di lavoro autonomo , sì da escludere che l'astensione possa essere ricondotta a mera facoltà di rilievo costituzionale , rientrando piuttosto nel perimetro dei diritti di libertà dei singoli e dei gruppi che ispira l'intera prima parte della Costituzione . È, poi, addirittura determinante che, da ultimo, a tale opzione abbiano aderito le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza numero 26711 del 30/05/2013, Ucciero, non massimata sul punto, laddove le stesse hanno ritenuto, testualmente, l'adesione all'astensione di categoria un diritto, e non semplicemente un legittimo impedimento partecipativo . Ed allora, se di diritto si tratta, oltre ad essere definitivamente ultroneo, come già chiarito, qualunque riferimento alla interpretazione del contenuto dell'articolo 127 c.p.p., risulta incongruo, una volta che sia assicurato dalla legge il contemperamento di tale diritto con i diritti fondamentali degli altri soggetti interessati dalla funzione giudiziaria e con altri principi costituzionali di pari valore, che lo stesso, pacificamente riconosciuto dalla stessa giurisprudenza con riferimento ai procedimenti caratterizzati dalla pubblica udienza, non possa trovare esplicazione nel procedimenti camerali, se non in forza di obiettive esigenze che diano conto motivatamente di una soluzione differenziata. 12.3. Ora, non solo è difficile rinvenire, all'interno del sistema processuale penale, i riscontri della necessità di una tale soluzione differenziata, ma è addirittura possibile cogliere un preciso riferimento normativo che consente, in una direzione del tutto opposta, di assoggettare ad un medesimo trattamento l’adesione del difensore che intervenga nella pubblica udienza e l'adesione che intervenga, invece, nella udienza camerale e tale riscontro appare dato, a ben vedere, dall'articolo 3 del codice di autoregolamentazione la cui valenza è, per affermazione delle Sezioni Unite, quella di fonte normativa secondaria Sez. U., numero 26711 del 30/05/2013, Ucciero, Rv. 255346 . Pur occupatesi incidentalmente della problematica dell'astensione degli avvocati dalle udienze, giacché la questione di diritto loro devoluta concerneva la portata applicativa della presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere, di cui all'articolo 275, comma 3, c.p.p., con tale decisione le Sezioni Unite, prendendo le mosse dalla già ricordata sentenza numero 171 del 1996 della Corte costituzionale, hanno ricordato che, allo scopo di soddisfare le esigenze di bilanciamento tra le istanze contrapposte additate dalla richiamata pronuncia della Corte costituzionale, la legge numero 146 del 1990 è stata appositamente novellata ad opera della legge numero 83 del 2000, con l'introduzione dell'articolo 2-bis che ha appunto previsto, per l'astensione collettiva da parte di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, l'adozione di appositi codici di autoregolamentazione destinati a realizzare il contemperamento con i diritti della persona costituzionalmente tutelati di cui all'articolo 1 della stessa legge, previa verifica di idoneità da parte della apposita Commissione di garanzia . Le Sezioni unite hanno poi richiamato l'avvenuta adozione, in base alle nuove disposizioni, del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato il 4 aprile 2007 dagli organismi di categoria e valutato idoneo dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali con deliberazione del 13 dicembre 2007, la quale ha disposto la pubblicazione del codice stesso e della citata delibera sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sul sito Internet della stessa Commissione . Hanno infine ritenuto, attese tali premesse, che il codice di che trattasi assume valore di normativa secondaria alla quale occorre conformarsi , ed hanno fatto applicazione concreta di tale principio rigettando l'istanza di rinvio del difensore sulla base dell'articolo 4, lett. a del predetto codice, che vieta l'astensione, tra l'altro, nelle udienze afferenti misure cautelari . 12.4. La ricostruzione operata dalle Sezioni Unite ha trovato avallo in successive sentenze delle sezioni semplici che, in osservanza del principio ivi affermato, hanno applicato, nelle proprie decisioni, specifiche disposizioni del codice di autoregolamentazione. Così, Sez. 6, numero 39871 del 12/07/2013, Notarianni, Rv. 256444, in fattispecie relativa a ricorso avverso un'ordinanza emessa dal tribunale del riesame in tema di sequestro preventivo, ha rigettato l'istanza di rinvio per astensione del difensore stabilendo che il divieto di astenersi nelle udienze afferenti misure cautelari , di cui al già citato dell'articolo 4, lett. a , del codice di autoregolamentazione, deve ritenersi comprensivo anche dei procedimenti relativi a misure cautelari reali Sez. 6, numero 51524 del 12/07/2013, Cartia, Rv. 256336 e Sez. 3, numero 7620 del 28701/2010, Settecase, Rv. 246197, hanno escluso la legittimità della dichiarazione di adesione nel caso, sempre contemplato dall'articolo 4 del codice, di processo pendente destinato a prescriversi nei novanta giorni successivi Sez. 6, numero 39979 del 19/09/2013 C.R., Sez. 2, numero 47145, del 17/09/2013, F.F., Sez. 2, numero 38684 del 17/09/2013 D.P.M., e Sez. 6, numero 17 del 18/09/2013, Q.S., tutte non massimate, hanno infine rigettato richieste di rinvio per adesione ad astensione formulate in udienze afferenti misure cautelari , sempre in osservanza del predetto articolo 4, lett. a . Sì che, in conclusione, appare corretto affermare che ai fini di una compiuta ricostruzione del sistema processuale della partecipazione del difensore alle udienze dettato dal codice di procedura penale non può più prescindersi dalle disposizioni del codice di autoregolamentazione, come avveniva in un recente passato. 13. In definitiva, il giudice, nella valutazione del corretto esercizio dell'astensione, deve necessariamente prendere anche in considerazione le disposizioni contenute in tale codice, sia valorizzando quelle che tale astensione non appaiono consentire sia valorizzando, come nella specie, quelle che tale astensione, invece, prevedono, pena, altrimenti, la chiara irrazionalità di una diversa considerazione delle due ipotesi restando peraltro fermo spettare comunque al giudice la verifica del rispetto delle modalità formali di comunicazione della richiesta di adesione secondo quanto previsto dall'articolo 3 del codice di autoregolamentazione . Ed allora, con riferimento alla fattispecie oggetto del presente processo, va evidenziato che l’articolo 3, comma 1, del codice di autoregolamentazione, laddove si riferisce all'udienza o all'atto di indagine preliminare o a qualsiasi altro atto o adempimento per il quale sia prevista la sua presenza, ancorché non obbligatoria non opera, evidentemente, alcuna distinzione tra udienze a cui il difensore deve partecipare in via obbligatoria ovvero in via facoltativa. 14. Consegue a quanto sopra che l'ordinanza con cui la Corte territoriale milanese ha disposto, pur in presenza della ritualmente dichiarata adesione del difensore di fiducia all'astensione dalle udienze cui non si era opposto e aveva anzi consentito l'imputato agli arresti domiciliari ex articolo 4, comma 1, lett. b del Codice di autoregolamentazione , la trattazione del processo, in assenza dello stesso e di alcun altro difensore e dell'imputato, non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra esposti. Si è così determinata la nullità a regime intermedio, non sanata e ritualmente eccepita con il ricorso, della sentenza impugnata ex articolo 178 lett. c e 180 c.p.p Ne consegue l'annullamento della sentenza stessa con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano.