L’articolo 377 c.p. tutela la serena acquisizione di dichiarazioni di soggetti su cui grava l’obbligo di rispondere, salva la previsione in loro favore di speciali prerogative cui hanno però la facoltà di rinunziare caso tipico è quello della deposizione dei prossimi congiunti dell’imputato di cui all’articolo 199 c.p.p. , mentre l’articolo 377-bis c.p. tutela le analoghe situazioni concernenti soggetti nei cui confronti non grava l’obbligo di rispondere, ma che sono comunque in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili nel procedimento.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10129, depositata il 10 marzo 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Milano condannava l’imputato per il reato di tentata induzione a non rendere dichiarazioni ovvero a renderle mendaci all’autorità giudiziaria arrt. 56 e 377-bis c.p. commesso in danno della moglie separata, infliggendogli la pena di 6 mesi di reclusione. La Corte riteneva sussistente la portata minatoria delle parole pronunziate all’indirizzo della parte offesa e da costei riferite in sede di deposizione testimoniale nel procedimento penale in corso a carico dell’ex coniuge per i reati di calunnia e di truffa. Contro tale decisione l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente lamenta, per quel che rileva in questa sede, violazione di legge penale e processuale con riferimento al combinato disposto degli articolo 199, 500, comma 5, 210, comma 6, c.p.p. e 377-bis c.p., posto che a suo avviso la categoria dei soggetti destinatari della condotta descritta dalla previsione incriminatrice non ricomprenderebbe quelli cui è riconosciuta la mera facoltà di non rispondere a causa di situazioni di fatto o di rapporti intercorrenti con l’imputato, come ad esempio, l’ex coniuge. Dall’analisi della previsione normativa, risulterebbe che «i soggetti suscettibili di essere oggetto del delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a renderle mendaci all’autorità giudiziaria, sono le persone chiamate a rendere dinanzi all’autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili nel procedimento penale e che godono della facoltà di non rispondere, ma non anche i testimoni che godano della medesima prerogativa». A tal riguardo, il ricorrente ha richiamato un precedente giurisprudenziale della Corte di legittimità, il quale ha escluso dal novero delle persone potenzialmente destinatarie delle condotte punibili ex articolo 377-bis c.p. i testimoni cui è riconosciuto il potere di astensione ai sensi dell’articolo 199 c.p.p. facoltà di astensione dei prossimi congiunti . La qualità soggettiva di persona chiamata dinanzi all’autorità giudiziaria. Da tale pronuncia è emerso che «l’articolo 377 c.p. intralcio alla giustizia tutelerebbe il corretto svolgimento dell’attività latu sensu processuale e nell’ambito di questa la serena acquisizione di dichiarazioni di soggetti su cui grava l’obbligo di rispondere, salva la previsione in loro favore di speciali prerogative cui hanno però la facoltà di rinunziare caso tipico è quello della deposizione dei prossimi congiunti dell’imputato di cui all’articolo 199 c.p.p. , mentre l’articolo 377-bis c.p. tutelerebbe le analoghe situazioni concernenti soggetti nei cui confronti non grava l’obbligo di rispondere, ma che sono comunque in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili nel procedimento». Il Collegio, proprio ai sensi di tale ricostruzione, osserva che la fattispecie in esame, connotata da condotta diretta nei confronti del coniuge separato dell’agente e come tale fruente della facoltà di astensione a testimoniare ex articolo 199, comma 3, lett. b , c.p.p., integra comunque reato, postulando l’applicazione dell’articolo 377 c.p. a motivo della condizione soggettiva della persona offesa e in ragione del mancato conseguimento del fine perseguito. Ne consegue, prosegue il Collegio, che la diversa qualificazione del fatto non è suscettibile nella specie di produrre effetti concreti, dato che secondo il combinato disposto degli articolo 372 e 377, comma 3, c.p. la pena irrogabile oscilla tra un minimo di 1 anno e 4 mesi e un massimo di 4 anni di reclusione, mentre quella irrogabile ai sensi degli articolo 56 e 377-bis c.p. oscilla da un minimo di 8 mesi ad un massimo di 4 anni, risultando in concreto più favorevole per il ricorrente. Queste le ragioni per cui la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 gennaio – 10 marzo 2015, numero 10129 Presidente Paoloni – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Milano, in parziale riforma di quella emessa il 30/06/2009 dal Tribunale di Como, previa diversa qualificazione giuridica del fatto in addebito, ha condannato L.S. per il reato di tentatá induzione a non rendere dichia razioni ovvero a renderle mendaci all'autorità giudiziaria articolo 56, 377 bis cod. penumero com messo in danno della moglie separata D.G., infliggendogli la pena, condizionalmente sospesa, di sei mesi di reclusione ma revocando le statuizioni in favore della parte civile a causa dell'intervenuta composizione stragiudiziale dei profili risarcitori. Confermando sul punto le valutazioni del primo giudice, la Corte territoriale ha ritenuto pie namente sussistente la portata minatoria delle parole pronunziate all'indirizzo della parte of fesa e da costei riferite in sede di deposizione testimoniale nel procedimento penale in corso a carico dell'ex coniuge per i reati di calunnia e truffa riferiti a quella somma di denaro in accoglimento della prospettazione difensiva la Corte territoriale ha, però, ravvisato l'ipotesi del tentativo, ritenuto pienamente configurabile rispetto al reato di evento di cui all'articolo 377 bis cod. penumero 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il L., deducendo violazione dell'articolo 606 lett. d cod. proc. penumero per mancata assunzione di una prova decisiva, consistente nella certifica zione bancaria relativa alla provenienza del denaro detenuto nell'abitazione, oggetto della frase rivolta alla persona offesa nella prospettazione del ricorrente, infatti, la dimostrazione della legittima provenienza del denaro avrebbe chiarito il vero significato dell'espressione verbale oggetto di addebito penale. Si deduce, inoltre, violazione di legge riguardo all'esatta applicazione degli articolo 56 e 377 bis cod. penumero , atteso che la condotta ascrittagli sarebbe stata priva di effettiva potenzialità lesiva ed incapace di suscitare nella parte offesa uno stato di costrizione. Il ricorrente lamenta, infine, violazione di legge penale e processuale con riferimento al combinato disposto degli articolo 199, 500 comma 5, 210 comma 6 cod. proc. penumero e 377 bis cod. penumero , posto che a suo avviso la categoria dei soggetti destinatari della condotta descritta dalla previsione incriminatrice non ricomprenderebbe quelli cui è riconosciuta la mera facoltà di non rispondere a causa di situazioni di fatto o di rapporti, presenti o pregressi, intercorrenti con l'imputato, come ad es. il coniuge separato. Considerato in diritto 1. II ricorso appare infondato e come tale deve essere rigettato. 2. L'analisi delle prime due censure indica all'evidenza che, dietro l'allegazione della mancata acquisizione di una prova decisiva nonché della mancata efficienza lesiva dell'espressione ver bale profferita ed oggetto di contestazione, si cela l'intento di conseguire una rivalutazione di merito sui due punti oggetto di doglianza, nella prospettiva, nel primo caso, di ottenere un diverso apprezzamento del contesto in cui si collocava la condotta e nel secondo caso, di introdurre nella fattispecie un elemento costitutivo del reato che la Corte territoriale ha, tra l'altro escluso, proprio in adesione alla richiesta difensiva di ritenere l'ipotesi del tentativo del reato di cui all'articolo 377 bis cod. penumero . 3. Merita, invece, la spendita di più diffuse considerazioni la questione dell'individuazione del le categorie dei soggetti nei cui confronti è configurabile il delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a renderle mendaci all'autorità giudiziaria. L'analisi della previsione normativa, introdotta con la I. numero 63 del 2001 sul giusto processo e in attuazione dell'articolo 111 Cost., mostrerebbe che i soggetti suscettibili di essere oggetto delle condotte ivi descritte sono le persone chiamate a rendere dinanzi alla autorità giudiziaria di chiarazioni utilizzabili nel procedimento penali e che godono della facoltà di non rispondere, ma non anche i testimoni che godano della medesima prerogativa. A tale riguardo, il ricorrente ha fatto esplicito richiamo ad un precedente giurisprudenziale di questa Corte di legittimità, il quale qualificando quello ritenuto in sentenza come reato di evento, ha escluso dal novero delle persone potenzialmente destinatarie delle condotte punibili ai sensi dell'articolo 377 bis cod. penumero i testimoni cui è riconosciuto il potere di astensione ai sensi dell'articolo 199 cod. penumero In particolare, tale pronuncia ha stabilito che ai fini della configurabilità della fattispecie ten tata del reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci, assu me un ruolo decisivo la qualità soggettiva di 'persona chiamata' dinanzi all'autorità giudiziaria, trattandosi di un reato proprio con riferimento al destinatario della condotta, realizzabile solo in quanto tale soggetto sia in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili nel procedimento, come ad es. le persone dell'imputato, del coimputato e dell'imputato in reato connesso ex articolo 12, lett. a e lett. c cod. proc. penumero , che rendano dichiarazioni sul fatto altrui e nei cui confronti trova applicazione l'articolo 500, comma 5 cod. proc. penumero Sez. 6, sent. numero 45626 del 25/11/2010, Z. e altro, Rv. 249321 . L'affermazione deriva dallo stretto collegamento individuato tra la nuova figura di reato e le situazioni processuali delle dichiarazioni rese dai soggetti di cui all'articolo 63 cod. proc. penumero e dagli imputati in procedimento connesso di cui all'articolo 210 cod. proc. penumero , entrambe modificate, indirettamente la prima o direttamente la seconda , dalla stessa legge numero 63 del 2001. Sempre a mente di detta pronuncia, vanno, invece, 'esclusi . non soltanto tutte quelle persone il cui dovere di rendere dichiarazioni non derivi dal ruolo processuale da esse rivestito, ma da concrete situazioni di fatto collegate o all'esercizio del diritto di difesa v. articolo 198, comma 2 o a tutele di diverso tipo v. articolo 199, 200 e 201 , salvo il caso di contaminazione indotta con intuibili riverberi quanto all'effettiva ragionevolezza dell'entità della pena , ma anche coloro nei cui confronti trovi applicazione l'esimente ovviamente di diritto sostanziale nelle ipotesi indicate dall'articolo 384 c. p., i testimoni c. d. assistiti ai quali, sul piano sostanziale è riferibile la previsione dell'articolo 377 c. p. e dell'articolo 372 c. p. da quella richiamata, in caso di concorso del subornato In definitiva, l'articolo 377 cod. penumero tutelerebbe il corretto svolgimento dell'attività latu sensu processuale e nell'ambito di questa la serena acquisizione di dichiarazioni di soggetti cui grava l'obbligo di rispondere, salva la previsione in loro favore di speciali prerogative cui hanno però facoltà di rinunziare il caso tipico è quello della deposizione dei prossimi congiunti dell'im putato di cui all'articolo 199 cod. proc. penumero , mentre l'articolo 377 bis cod. penumero tutelerebbe le ana loghe situazioni concernenti soggetti nei cui confronti non grava l'obbligo di rispondere, ma che sono comunque in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili nel procedimento, intesa tale espressione in senso ampio e quindi anche al di fuori dei limiti di cui all'articolo 526 cod. proc. penumero , come ad es. quelle in grado di comporre i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'articolo 273 cod. proc. penumero per l'adozione di una misura cautelare personale. 4. Tanto premesso, il Collegio non ha motivo di discostarsi dalla ricostruzione comparativa dell'ambito di applicabilità delle distinte figure di reato di cui agli articolo 377 e 377 bis cod. penumero , quale ricavabile dai passaggi appena descritti della citata sentenza, ma osserva che proprio ai sensi di detta ricostruzione la fattispecie in esame, connotata da condotta diretta nei confronti del coniuge separato dell'agente e come tale fruente della facoltà di astensione a testimoniare ex articolo 199, comma 3 lett. b cod. proc. penumero , integra comunque reato, postulando l'applica zione dell'articolo 377 cod. penumero a motivo della condizione soggettiva della persona offesa e del suo comma 3, in ragione del mancato conseguimento del fine perseguito. Ne consegue, pertanto, che la diversa qualificazione del fatto implicitamente evocata e qui ritenuta non è suscettibile nella specie di produrre effetti concreti, atteso che secondo il com binato disposto degli articolo 372 e 377, comma 3 cod. penumero la pena irrogabile oscilla tra il limite edittale minimo di un anno e quattro mesi e quello massimo di quattro anni di reclusione pena stabilita dall'articolo 372 cod. penumero diminuita in misura non eccedente un terzo , mentre quella irrogabile ai sensi degli articolo 56 e 377 bis cod. penumero oscilla da un minimo di otto mesi pari a due terzi di quella minima di due anni dell'articolo 377 bis cod. penumero ad un massimo di quattro anni pari ad un terzo di quella massima di sei anni di reclusione , risultando in concreto più favorevole per il ricorrente. 5. L impugnazione deve, per quanto detto, essere rigettata ed al rigetto segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.