Chiariti i confini del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti rispetto ai delitti di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Il caso. Il G.I.P. applicava la custodia cautelare in carcere ad un soggetto indagato per associazione a delinquere e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex articolo 2 d.lgs. numero 74/2000. Il sodalizio criminale era stato attuato mediante la predisposizione di documentazione falsa, apparentemente emessa da cliniche private ed attestante l’effettuazione di prestazioni sanitarie mai poste in essere tale documentazione veniva successivamente utilizzata da altri soggetti, che esponevano in dichiarazione spese sanitarie non sostenute al fine di beneficiare della detrazione del 19% prevista dall’articolo 15, comma 1, lett. c , Tuir. Il rimborso Irpef così conseguito veniva spartito tra i contribuenti ed il soggetto indagato. Il delitto di dichiarazione fraudolenta scatta anche per il falso materiale. Nella sentenza numero 10987/2012, la Corte di Cassazione afferma che il delitto di dichiarazione fraudolenta si configura in caso di utilizzazione di documenti falsi non soltanto ideologicamente, ma anche materialmente. La Suprema Corte aderisce all’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ritiene l’articolo 2, d.lgs. numero 74/2000 applicabile ad entrambe le tipologie di falso, ideologico e materiale sent. nnumero 12284/2007 e 9673/2011 . In via preliminare, il Collegio ricorda che il falso materiale e quello “contenutistico” erano sottoposti al medesimo regime sanzionatorio già nella vigenza della disciplina anteriore articolo 4, lett. a e d , l. numero 516/1982 . Anche la legge delega di riforma del sistema penale tributario ha riconosciuto alle due condotte illecite il medesimo disvalore, senza porre alcuna distinzione tra falso nella redazione materiale e falso nel contenuto ed escludendo le soglie di punibilità per entrambe articolo 9, comma 2, lett. b , l. numero 205/1999 . Questa impostazione è confermata pure dal fatto che le due fattispecie sono caratterizzate dalla medesima pericolosità. Il Giudice di legittimità osserva inoltre che il reato di dichiarazione fraudolenta ha una struttura bifasica la condotta preparatoria, rappresentata dalla registrazione o detenzione a fini di prova di documenti, «può avere ad oggetto sia documenti contenutisticamente falsi emessi da altri in favore dell’utilizzazione sia documenti materialmente falsi, cioè contraffatti o alterati», mentre «la dichiarazione, quale momento conclusivo, dà vita ad un falso contenutistico». Fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti. Il mezzo fraudolento è costituito da «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti», vale a dire «quelle fatture e documenti che sono emessi a fronte di operazioni in tutto o in parte inesistenti o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi» articolo 1, lett. a , d.lgs. numero 74/2000 . A tale proposito, il Collegio rileva che gli «altri documenti» menzionati dalla disposizione sono quelli dotati – ai fini tributari – di valore probatorio analogo alle fatture, quali, ad esempio, ricevute fiscali e documenti attestanti spese deducibili o detraibili ricevute per spese mediche o per interessi su mutui, schede carburanti . L’indicazione in dichiarazione di elementi passivi fittizi, quali spese non effettuate o effettuate per importi inferiori, integra la fattispecie di reato. La falsità può riguardare a il contenuto del documento, qualora si attesti l’effettuazione di una operazione che in realtà non è stata mai realizzata oppure un importo superiore a quello reale b l’indicazione dei soggetti coinvolti nell’operazione, non soltanto qualora siano diversi dagli effettivi, vale a dire qualora siano indicati nel documento soggetti che non hanno partecipato all’operazione sottostante, ma anche qualora siano inesistenti, quando cioè i nominativi siano di pura fantasia, oppure qualora si tratti di soggetti che non abbiano mai avuto alcun rapporto con il contribuente utilizzatore del documento. Il Collegio sottolinea infine «la necessità che la fattura o gli altri documenti siano stati emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate» l’utilizzo dell’avverbio «realmente» conferma che il Legislatore ha privilegiato “un concetto di «inesistenza materiale» dell’operazione, intesa come mancante in rerum natura”. I confini della fattispecie. La sentenza si segnala anche per aver chiarito i confini del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti articolo 2, d.lgs. numero 74/2000 rispetto ai delitti di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici articolo 3, d.lgs. numero 74/2000 ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti articolo 8, d.lgs. numero 74/2000 . Secondo la Corte di Cassazione, i reati di cui agli articolo 2 e 3, d.lgs. numero 74/2000 si pongono in rapporto di specialità reciproca «ad un nucleo comune, costituito dalla dichiarazione infedele, si aggiungono in chiave specializzante, nell’articolo 2, l’utilizzazione di fatture e documenti equiparabili relativi ad operazioni inesistenti e, nell’articolo 3, la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie congiunta con l’utilizzo di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e la previsione di una soglia minima di punibilità» Cass., sent. nnumero 12284/2007 e 9673/2011 . A ciò si aggiunga che la dichiarazione fraudolenta ex articolo 3, d.lgs. numero 74/2000 «è costruita [] come frode contabile alla quale deve associarsi un quid pluris artificioso non tipizzato [] caratterizzato dalla idoneità ad indurre in errore e ad impedire il corretto accertamento della realtà contabile del soggetto che presenta la dichiarazione annuale d’imposta» ad esempio, la tenuta di una contabilità parallela occulta, la vendita in nero in locali diversi da quelli aziendali, la confusione tra ricavi provenienti da fonti diverse secondo modalità idonee ad ostacolare l’individuazione dei rispettivi titolari, il trasferimento di redditi del contribuente in capo a terzi eccetera . Quanto al rapporto dell’articolo 2, con l’articolo 8, d.lgs. numero 74/2000, il Collegio osserva che le due fattispecie delittuose sono poste a tutela di beni giuridici diversi la prima disposizione tutela l’interesse patrimoniale dello Stato alla riscossione dei tributi, mentre la seconda è funzionale all’accertamento del tributo.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 febbraio – 21 marzo 2012, numero 10987 Presidente Petti – Relatore Fiale Fatto e diritto Il G.I.P. del Tribunale di Napoli, con provvedimento del 21 febbraio 2011, applicava a B.G. la misura cautelare della custodia in carcere quale indagato dei delitti di cui all'articolo 416 cod. penumero organizzazione e partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di evasione fiscale previsti dal D.Lgs. numero 74/2000 ed all'articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000 dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti . Al suddetto è stato ascritto, in particolare, di avere organizzato e partecipato ad un sodalizio criminale, esistente ed operante nel territorio napoletano, che, attraverso la predisposizione di falsa documentazione sanitaria apparentemente emessa da cliniche private , aveva consentito a numerosissimi contribuenti di presentare dichiarazioni dei redditi fraudolente, per l'esposizione di spese sanitarie mai sostenute per le quali spetta la detrazione IRPEF del 19% , così pervenendosi all'illecito risultato di fare ottenere agli stessi un rimborso IRPEF non dovuto, pari complessivamente ad Euro 2.709.783,00, il cui ammontare veniva versato dai singoli contribuenti nella misura della metà, al sodalizio delinquenziale. Sull'istanza di riesame presentata nell'interesse dell'indagato, il Tribunale di Napoli -con ordinanza del 23 marzo 2011 - confermava l'ordinanza impugnata limitatamente al reato associativo. Il Tribunale rilevava essenzialmente che - Deve escludersi la fattispecie delittuosa di cui all’articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000, poiché tale reato è configurabile solo nell'ipotesi di utilizzazione di fatture ideologicamente false, mentre l'ipotesi della utilizzazione di documentazione materialmente falsa deve essere ricondotta alla fattispecie di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, che punisce la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici , ovvero a quella della dichiarazione infedele di cui al successivo articolo 4. Con riferimento a tali diverse fattispecie di violazioni tributarie non risulta superata, nel caso oggetto di indagine, la soglia di imposta evasa necessaria perché la condotta acquisti rilevanza penale le condotte tenute in concreto, quindi, non sono penalmente rilevanti, ma costituiscono soltanto violazione amministrativa secondo la normativa tributaria . - È configurabile invece, il reato associativo finalizzato alla commissione di reati diversi da quelli tributaria in relazione al quale, sulla base dell'espletata attività di polizia giudiziaria e del contenuto delle conversazioni intercettate, emerge evidente il ruolo tenuto dal B. nell'organizzazione delinquenziale da lui gestita in posizione preminente. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del B. , il quale avendo già in sede di riesame rinunciato alla impugnazione per il profilo relativo alla gravità degli indizi ha eccepito carenza di motivazione quanto alle ritenute esigenze cautelari. Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. Va ribadito anzitutto il principio - ripetutamente affermato nelle decisioni più recenti di questa Corte a fronte di un diverso orientamento espresso in precedenza - secondo il quale il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto e punito dall'articolo 2 del D.Lgs. a 74/2000 deve ritenersi configurabile nelle ipotesi di utilizzazione di documenti falsi non soltanto ideologicamente ma anche materialmente. 1.1 La giurisprudenza di questa Corte, sul punto, si è inizialmente espressa nel senso che l'utilizzazione di un documento materialmente falso non può farsi rientrare nella fattispecie dell'articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000, in quanto strutturalmente diversa dall'ipotesi tipica prevista da tale fattispecie. L'estensione delle previsioni dell'articolo 2 anche all'ipotesi del falso materiale integrerebbe interpretazione analogica non consentita in sede penale Cass. Sez. III, 8.8.2001, numero 30896, Giandolfo Sez. I, 26.7.2004, numero 32493, Barduca Sez. III, 26.3.2008. numero 12720, Carbone . 1.2 Una opposta interpretazione della giurisprudenza di legittimità afferma, però, che l’articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000 deve ritenersi applicabile ad entrambe le tipologie di falso ideologico e materiale , tenuto conto che la frode sanzionata da tale norma si distingue da quella di cui all'articolo 5 non per la natura del falso ma per il rapporto di specialità reciproca esistente tra le due disposizioni legislative ad un nucleo comune,, costituito dalla dichiarazione infedele, si aggiungono in chiave specializzante, nell'articolo 2, l'utilizzazione di fatture e documenti equiparabili relativi ad operazioni inesistenti e, nell’articolo 3, la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie congiunta con l'utilizzo di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e la previsione di una soglia minima di punibilità Cass., sez. III 7.2.2007, numero 12284, Argento 9.2,2011, numero 9673, Chen . Ritiene il Collegio di aderire a questo secondo orientamento che può ritenersi ormai consolidato nelle decisioni più recenti , dovendo anzitutto considerarsi che, già nel contesto della precedente legge numero 51671982, l'articolo 4 sanzionava, alla lettera a , il falso materiale e, alla lettera d , il falso contenutistico, assoggettando entrambe le condotte illecite all'identico regime sanzionatorio. L'articolo 9, 2 comma - lett. b , della legge-delega 25 giugno 1999, numero 205 non ha autorizzato alcuna modifica di dette previsioni incriminataci attraverso l'introduzione di una diversità di trattamento tra il falso ideologico ed il falso materiale apparendo anzi che tale disposizione abbia individuato il medesimo disvalore nelle fattispecie concernenti l'utilizzazione di documentazione falsa, senza distinzione tra falso nel contenuto e falso nella redazione materiale, disponendo indistintamente per esse l'esclusione di soglie di punibilità. Una scelta discriminatoria del legislatore delegato, a fronte delle disposizioni non discriminanti della legge-delega, sarebbe incoerente rispetto all'assetto normativo da esse delineato. Va altresì rilevato che elementi di significato contrario non possono trarsi dalla prospettata correlazione con la fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 8 del D.Lgs. numero 74/2000, perché il delitto di cui all'articolo 2 di detto D.Lgs. nella cui struttura la condotta si incentra sul momento dichiarativo è posto a tutela dell'interesse patrimoniale dello Stato a riscuotere ciò che fiscalmente dovuto e nel limiti in cui è dovuto mentre nel reato di cui all'articolo 8 oggetto della tutela appare piuttosto la funzione di accertamento del tributo. Non trova, dunque, alcun sopporto normativo l'affermazione secondo la quale la fattispecie descritta e sanzionata dall'articolo 2 sarebbe connessa ad una specifica violazione consistente nella trasgressione dei propri obblighi da parte del soggetto autorizzato ad emettere documentazione avente rilievo probatorio ai fini tributari. Sul piano patrimoniale dell'interesse alla percezione del tributo effettivamente dovuto, infine, non può razionalmente considerarsi sussistente una maggiore pericolosità in sé del falso contenutistico rispetto al falso materiale. 13 Può considerarsi legittima, pertanto, la prospettazione secondo la quale la condotta di dichiarazione fraudolenta mediante fatture o documenti per operazioni inesistenti presenta una struttura bifasica , in cui la dichiarazione, quale momento conclusivo, da vita ad un falso contenutistico, mentre la condotta preparatoria, cioè la registrazione o detenzione a fini di prova dei documenti che costituiranno il supporto della dichiarazione, può avere ad oggetto sia documenti contenutisticamente falsi emessi da altri in favore dell'utilizzatore sia documenti materialmente falsi, cioè contraffatti o alterati. In relazione al mezzo fraudolento di cui l'agente si avvale per l'indicazione di elementi passivi fittizi, la lettera dell'articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000 si riferisce a fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e l'articolo 1, lett. a , dello stesso decreto legislativo specifica con chiarezza che tale locuzione inerisce a quelle iatture o documenti che sono emessi a fronte di operazioni in tutto o in parte inesistenti o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi. Gli altri documenti che vengono in rilievo sono, dunque, quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture documenti tipici fiscali previsti espressamente dall'articolo 21 del DPR. numero 633/1972 . Tali sono, ad esempio, oltre alle ricevute fiscali e simili, quei documenti da cui risultino spese deducibili dall'imposta, come le ricevute per spese mediche o per interessi su mutui, le schede carburanti etc. documenti che attualmente non devono essere allegati alla dichiarazione dei redditi ma conservati per eventuali controlli da parte degli uffici . Qualora le spese documentate siano deducibili dall'imposta, la indicazione in dichiarazione di tali spese non effettuate o effettuate in misura inferiore integra la condotta del reato., per il fatto che si fanno apparire elementi passivi fittizi. La falsità può cadere sul contenuto della fattura o del documento contabile rilevante, attestandosi che è stata eseguita una operazione in realtà non eseguita oppure che l'importo dell'operazione è superiore a quello reale, ma può cadere anche sulla indicazione dei soggetti tra cui è intercorsa l'operazione. A tale riguardo soggetti diversi da quelli effettivi sono quei soggetti che,, in realtà, non hanno preso parte all'operazione e sono invece indicati nel documento. Non vi è alcun fondamento razionale, però, per affermare che l'ipotesi non ricorre quando i soggetti che appaiono emittenti del documento siano addirittura inesistenti trattandosi, ad esempio, di nomi di fantasia o siano soggetti che nessun rapporto abbiano mai avuto con il contribuente che utilizza il documento medesimo. Anche in tal modo, infatti, il contribuente fa apparire di avere speso somme in realtà non sborsate e pone cosi in essere una lesione del bene giuridico protetto, costituito dal patrimonio erariale. Ciò che conta, nelle formulazioni del D.Lgs. numero 74/2000, è la necessità che la fattura o gli altri documenti siano stati emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate e proprio in considerazione dell'utilizzazione dell'avverbio realmente nella norma definitoria di cui all'articolo 1, lett. a , del decreto legislativo è stato affermato in dottrina che il legislatore appare avere privilegiato un concetto di inesistenza materiale dell'operazione, intesa come mancante in rerum natura. La dichiarazione fraudolenta prevista e sanzionata dal l'articolo 3 del D.Lgs. numero 74/2000 è costruita invece, essenzialmente, come frode contabile alla quale deve associarsi un quid pluris artificioso non tipizzato diverso dall'uso di fatture o altri documenti falsi, integrante l'ipotesi di cui al precedente articolo 2 ma comunque caratterizzato dalla idoneità ad indurre in errore e ad impedire il corretto accertamento della realtà contabile del soggetto che presenta la dichiarazione annuale d'imposta, come la tenuta di un sistema parallelo di contabilità nera la vendita a nero organizzata in locati contigui a quelli aziendali la voluta confusione di ricavi provenienti da fonti diverse in modo da impedire di individuare il titolare degli stessi lo spostamento artificioso di redditi tra soggetti rivolto a fare figurare come percepiti da terzi redditi propri dei contribuente. La condotta fraudolenta, alla quale si riconnette la oggettiva infedeltà delle poste indicate in dichiarazione, postula la volontà del contribuente di ostacolare l'accertamento di elementi che abbiano determinato l'occultamento di un reddito imponibile. 2. Tanto premesso, deve ritenersi infondata - nel caso in esame - la doglianza di insussistenza delle esigenze cautelari. Tali esigenze sono state individuate, secondo la previsione di cui alla lettera c dell'articolo 274 c.p.p., in relazione all'elevata probabilità di reiterazione di analoghe condotte criminose. E. nello specifico, l'attualità del pericolo di reiterazione degli abusi appare correttamente correlata, con motivazione adeguata, alla rilevanza effettiva dell'attività delittuosa ed alla personalità dell'indagato, il quale - sulla base delle conversazioni intercettate - risulta operare da anni nel settore delle frodi fiscali e, alla stregua degli elementi di accusa allo stato acquisiti, si sarebbe posto quale organizzatore del sodalizio criminale e soggetto che dimostra di avere acquisito le conoscenze necessarie per riuscire nelle frodi , professionalmente dedito ai fatti accertati in una situazione siffatta appare logica l'affermazione secondo la quale sussiste la necessità di recidere i rapporti stabili con altri soggetti per la gestione delle varie fasi delle frodi nelle quali il B. risulta specializzato . 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente che attualmente risulta assoggettato alla misura meno gravosa degli arresti domiciliari al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.