Con la decisione in oggetto la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire i presupposti per la punibilità del reato di cui all’articolo 449 c.p. in relazione all’articolo 428 comma 1 c.p. concernente il disastro colposo a seguito di caduta di aeromobile di altrui proprietà. La Suprema Corte, infatti, ha evidenziato come il pericolo di disastro non possa essere presunto astrattamente, sicché esso deve essere accertato in concreto. Più precisamente si è affermato che con giudizio ex ante si deve verificare «il possibile coinvolgimento nell’evento di un numero indeterminato di persone».
Questo è quanto emerso dalla sentenza numero 5397 della Corte di Cassazione, depositata il 5 febbraio 2015. Il caso. Nella specie è accaduto che un aeromobile con a bordo i due piloti ed un passeggero di tipo Piper, mentre si trovava praticamente a terra e quindi stava atterrando, avendo il pilota commesso un errore, aveva perso l’equilibrio ed era così andato a sbattere contro la recinzione dell’aeroporto. In primo e secondo grado si era ritenuto di qualificare il fatto come disastro aviatorio. Lo stesso imputato non ha posto obiezioni sulla sussunzione del fatto, ponendo semplicemente – anche col ricorso in Cassazione – obiezioni sulla sussistenza dell’imprudenza contestata. Nel decidere l’impugnazione proposta, tuttavia, la Corte di legittimità ha ritenuto che non potesse ammettersi la qualificazione prospettata dai giudici di merito. Dal punto di vista processuale, il Supremo Collegio ha giustificato innanzi tutto il suo andare oltre i motivi di gravame, evidenziando come rientrerebbe «tra i poteri di cognizione del giudice di legittimità quello di procedere alla corretta qualificazione giuridica del fatto ove erroneamente individuata dal giudice del merito» e ciò quand’anche l’esatta qualificazione sia più grave di quella prospettata, fermo restando il divieto di reformatio in peius . Disastro aereo. Fatte queste premesse, agganciandosi ai recenti indirizzi giurisprudenziali, si è evidenziato come «non integra il reato qualsiasi precipitare a terra di un aeromobile governato dalla sola forza di gravità ma va accertato, alla luce degli elementi concretamente determinatisi, quali le dimensioni del mezzo, il numero dei passeggeri che può essere trasportato, il luogo effettivo di caduta, l’espansività e la potenza del danno, se il fatto era in grado di esporre a pericolo l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone» Cass. numero 36639/2012 . Da ciò è stato agevole considerare come nel caso di specie mancasse il requisito del pericolo alla pubblica incolumità e, stando così le cose, il tutto non poteva essere qualificato sotto il profilo contestato. Ne è così derivato l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata perché il fatto non sussiste. Conclusioni. La decisione de qua , accettabile per le sue conclusioni e per l’applicazione dei principi di diritto sostanziale, inquieta e non poco per le argomentazioni processuali attraverso le quali la Cassazione ha ritenuto di poter sindacare la qualificazione del fatto anche in peius . La stessa, infatti, pare essersi dimenticata della portata della sentenza Drassich della CEDU sentenza numero 25575 dell’11 dicembre 2007 e delle correlative applicazioni che la stessa giurisprudenza di legittimità anche civile ne ha fatto. Qui basti ricordare che le stesse Sezioni Civili della Cassazione, nel sindacare la responsabilità dei magistrati, hanno affermato che «l'osservanza del principio del contraddittorio, richiamato anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in particolare, con la sentenza 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia , è assicurata quando il giudice di merito provveda alla riqualificazione degli stessi direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione dell'interessato sul punto, posto che il rispetto del contradditorio è comunque assicurato dalla possibilità di contestare tale diversa definizione mediante il ricorso per cassazione» Cass. Civ. SSUU numero 26548/2013 . Nello stesso modo la Cassazione penale ha ripetutamente escluso di poter, proprio in ragione di tale decisione della CEDU, qualificare “a sorpresa” il fatto Cass. numero 7984/2012 e ciò evidentemente anche in sede di legittimità. Si è infatti affermato che «l'esclusione della violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza non si pone in contrasto con la sentenza della Cedu dell'11 dicembre 2007 Drassich c. Italia quando gli elementi fondamentali della nuova qualificazione del reato siano contenuti nel capo di imputazione e consentano all'imputato di difendersi rispetto al “fatto storico”, nonostante quest'ultimo sia giuridicamente qualificato diversamente dal giudice, o quando la nuova qualificazione costituisca un prevedibile epilogo decisorio dovuto alla riconducibilità del fatto storico ad una limitata gamma di previsioni normative alternative» Cass. numero 1697/2013 . Ciò peraltro non è mai stato inteso nel senso di impedire una applicazione favorevole al reo del mutamento della qualificazione giuridica, id est l’applicazione di una disposizione più favorevole Cass. numero 24631/2012 . Se non che appare evidente che nella specie nulla o quasi rileva il problema dei limiti e dei poteri della Cassazione di riqualificare autonomamente il fatto in sede di legittimità. Infatti, se ben si osserva la Corte non ha riqualificato alcunché, ma ha semplicemente escluso che il fatto contestato potesse sussistere. Il giudizio, insomma, non è stato di diritto ma di fatto. Come accennato, la conclusione appare condivisibile, in quanto l’interpretazione della norma penale de qua è assolutamente esatta. Ed allora in che modo poter giustificare una assoluzione, oltre i motivi di gravame, quale quella di specie? Certamente si deve trattare di un potere d’ufficio esercitabile in ogni fase del giudizio di legittimità. Nello stesso modo deve attenere a dati fondamentali dell’ordinamento penale. È allora agevole trovare tale principio nessuno può essere condannato per un fatto che non ha commesso articolo 25 comma 2 Cost. ed a maggior ragione per un fatto che non sussiste. Se, dunque, la Corte di Cassazione si accorge dell’innocenza del reo e, dunque, che il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato o che il reato è estinto o manca una condizione di procedibilità articolo 129 c.p.p. può e deve annullare la condanna impugnata. Se si vince la miopia che spinge a guardare sempre e solo al piccolo e non anche ai valori essenziali in gioco, non è impossibile comprendere la portata delle garanzie sancite nella Costituzione in punto di responsabilità penale e del valore che la Cassazione ha, come supremo giudice della giustizia ordinaria, di applicare correttamente al caso concreto non solo la legge ordinaria ma anche quella costituzionale. Da qualche tempo si dice che il suum cuique tribuere è un principio vago. Eppure come può il processo non dare a ciascuno il suo e dirsi giusto? L’imputato innocente non può essere mai condannato e, se condannato, la sua condanna va annullata. Questo è il “ suum ” essenziale del processo a cui si aggiunge – specie per il caso della condanna - la necessità della legalità del giudizio e del rispetto delle garanzie del fair trial . Tornare agli antichi principi e valori non è, dunque, sempre sinonimo di immobilismo culturale. Infatti, capita – e nel diritto, purtroppo, capita spesso – che i moderni nel voler troppo innovare distruggano più che costruire.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 maggio 2014 – 5 febbraio 2015, numero 5397 Presidente Sirena – Relatore Foti Ritenuto in fatto -1- M.J.O. è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Firenze per rispondere del reato di cui all'articolo 449 cod. penumero , in relazione all'articolo 428 co. 1 dello stesso codice disastro colposo a seguito di caduta di aeromobile di altrui proprietà per avere, quale pilota del Piper PA28R della compagnia Avilu s.a , cagionato, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, la caduta del velivolo, a bordo del quale si trovava anche, oltre a Ma.Fe.Ed. , copilota e già istruttore del M. , il passeggero R.R. . Secondo l'accusa, l'imputato, in fase di atterraggio all'aeroporto omissis , aveva eseguito una manovra di avvicinamento alla pista secondo una traiettoria che avrebbe anticipato l'impatto al suolo rispetto alla soglia regolamentare per la pista prevista per l’atterraggio. Ciò aveva reso necessario il sorvolo della stessa pista a bassissima quota per alcune centinaia di metri prima di superare detta soglia, con conseguente perdita dell'allineamento. Il pilota, quindi, in presenza di vento in coda con una leggera componente laterale di destra, aveva perso il coordinamento dei comandi verosimilmente durante la fase di completamento dell'estrazione dei flaps alette aerodinamiche che servono a sostenere il velivolo a velocità più basse , avendo fatto erroneamente ruotare il volantino a sinistra ed avendo dato piede destro rotazione del timone verticale del velivolo in modo da orientare lo stesso verso destra , invece che effettuare la manovra contraria per contrastare l'impulso alla rotazione verso sinistra. Il velivolo, ormai a bassa quota, dopo avere continuato a derapare a sinistra, avvicinatosi alla condizione di stallo, ulteriormente anticipata dalla ridotta estrazione dei flaps , era scivolato d'ala sulla sinistra e con la stessa aveva impattato sulla strada perimetrale parallela alla pista, con conseguente rotazione seguita dal distacco dell'ala, dall'urto frontale dell'elica e del motore contro il fossato e dall'arresto dello stesso sulla rete di recinzione con il muso rivolto verso la pista. Dell'incidente è stato chiamato a rispondere anche il Ma. che, in tesi d'accusa, pur essendosi accorto per tempo dell'inadeguato controllo del velivolo da parte del M. , era tardivamente intervenuto per correggere l'azione del pilota. Sia il pilota che il Ma. hanno riportato varie lesioni e fratture multiple, mentre illeso è rimasto il R. . -2- Con sentenza del 19 maggio 2010, il Tribunale di Firenze ha ritenuto il M. colpevole del delitto contestato, qualificato ai sensi dell'articolo 449 co. 2 cod. penumero , e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di un anno e quattro mesi di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, Avilu s.a. , liquidati in Euro 30.000,00. Il Ma. è stato invece assolto per insussistenza del fatto addebitatogli. Il giudice di primo grado ha ritenuto che l'incidente era stato causato da un errore del pilota, come emerso in sede di indagini tecniche, affidate dal PM all'ing. G. . A tale conclusione il tribunale è pervenuto dopo avere anche dato atto che da dette indagini era stato possibile escludere che l'incidente potesse essere stato causato da anomalie meccaniche del velivolo o da avverse condizioni meteorologiche o da altri eventi, come il precedente decollo di un velivolo di più consistenti dimensioni ovvero dai comandi provenienti dai controllori di volo. -3- Su appello proposto dall'imputato, la Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 31 gennaio 2012, ha confermato la decisione del primo giudice. La corte territoriale ha quindi ribadito che l'incidente era stato determinato da un errore del pilota come già descritto dal tribunale ed accertato dal consulente del PM ing. G. , che doveva quindi ritenersi infondata la tesi del jet blast proposta dal consulente dell'imputato, in quanto priva di basi scientifiche e non riconosciuta dalla normativa internazionale, come, peraltro, lo stesso consulente, secondo il giudice del gravame, aveva riconosciuto. Così come è stata ribadita l'irrilevanza degli altri fattori ritenuti dall'ing. T. , consulente dell'imputato, quali concause dell'incidente in particolare, le condizioni atmosferiche e la soglia di atterraggio , laddove, secondo lo stesso giudice, nessuna persuasiva analisi critica lo stesso consulente aveva proposto rispetto alla tesi dell'errore umano individuato, quale causa dell'incidente, dall'ing. G. le cui conclusioni tecniche anche il giudice del gravame ha ritenuto di condividere perché sostenute da precisi dati testimoniali e scientifici diversamente da quelle esposte dal consulente dell'imputato, basate su dati non riscontrati dalla normativa internazionale e sul richiamo ad agenti esterni, senza soffermarsi sulla tesi dell'errore umano, pure chiaramente emersa dalle testimonianze assunte. Infondate, infine, sono state ritenute anche le altre censure, concernenti il regime sanzionatorio e la qualificazione giuridica del fatto contestato. -4- Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, il M. , che deduce 4.1 Mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata in punto di affermazione della responsabilità dell'imputato. Premesso che nel capo d'imputazione si richiama la cooperazione, nell'evento, della condotta di Ma.Fe. , sostiene il ricorrente che nella sentenza non vi è alcun richiamo al predetto coimputato e che la ricostruzione della condotta del M. modifica radicalmente i profili di responsabilità individuati nell'originario impianto accusatorio, nel senso che lo stesso Ma. non sarebbe intervenuto con ripetuti richiami verbali sui comando , come riportato nel capo d'imputazione, bensì solo con l'ordine di togliere il piede destro dalla pedaliera e non in una fase in cui l'aereo era ormai prossimo allo stallo, bensì quando ormai esso aveva subito una deviazione verso sinistra e si era quindi già innescata la sequenza che ha portato all'impatto. I giudici, però, non hanno offerto, si sostiene nel ricorso, alcuna spiegazione di come tale dinamica sia compatibile con la condotta contestata al Ma. ciò costituirebbe un evidente vizio di motivazione. La corte territoriale, soggiunge il ricorrente, avrebbe mostrato totale affidamento per le conclusioni rese dal consulente del PM che, tuttavia, si presentavano incoerenti rispetto agli atti del processo. Tali conclusioni, invero, partono da un dato probatorio costituito dalla reazione istintiva del M. di tentare di rispristinare l'allineamento del velivolo dando piede destro alla pedaliera, dedotto dall'ordine rivolto dal Ma. all'imputato, ricordato dal R. , di togliere il piede , laddove ciò non autorizzerebbe a ritenere che si trattasse del piede destro, come apoditticamente ritenuto dai giudici del merito. Tale deduzione, che è stata dagli stessi giudici posta alla base della tesi dell'incrocio dei comandi volantino verso sinistra e posizionamento del piede destro sulla pedaliera , sarebbe quindi frutto del travisamento della testimonianza del R. . Ugualmente incoerente rispetto alle emergenze probatorie sarebbe la considerazione del giudice del gravame secondo cui l'aereo aveva mutato direzione in concomitanza con l'azionamento dei flaps , di guisa che, per contrastare la rotazione verso sinistra, il pilota aveva dato piede a destra , laddove l'ing. G. aveva in dibattimento riferito un fatto diverso, e cioè, che il velivolo aveva perso l'allineamento ed avrebbe iniziato a derapare ben prima di impennarsi. Lo stesso consulente, peraltro, aveva rilevato delle discordanze nei racconti degli occupanti il velivolo, che avevano fatto riferimento ad un sorvolo della pista ad un metro di altezza, poi di cinque metri elementi di incerta valutazione, secondo lo stesso consulente, non essendo corroborati da dati strumentali. Di tali considerazioni la corte territoriale non avrebbe tenuto conto, così come della ipotesi avanzata dallo stesso ing. G. , secondo cui il pilota, avendo visto scendere il velivolo, avesse tirato a sé la cloche per prendere quota e mantenerlo in volo. Più in generale, sostiene il ricorrente che la corte territoriale non si sarebbe fatta carico degli argomenti svolti nell'atto di appello in particolare, non avrebbe rilevato che l'aereo, prima di iniziare il volo incontrollato conclusosi con l'incidente, aveva toccato il suolo, ovvero era ormai a pochi centimetri da terra, ed aveva quindi concluso l'atterraggio, come affermato dagli stessi controllori di volo, di guisa che errata sarebbe l'attribuzione della perdita di controllo del velivolo all'estrazione dei flaps . La stessa corte non avrebbe considerato l'alternativa ricostruzione dei fatti proposta dal consulente dell'imputato, del tutto credibile, si sostiene nel ricorso, sul piano scientifico-aeronautico. 4.2 Mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione in relazione al rigetto della richiesta di disporre perizia tecnica ricostruttiva dell'incidente, ritenuta dal ricorrente necessaria in considerazione del contrasto rilevato tra i consulenti delle parti 4.3 Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di qualificazione giuridica del fatto e di trattamento sanzionatorio. Sostiene il ricorrente che non ricorrerebbe, nel caso in esame, la fattispecie delittuosa aggravata prevista dal 2^ comma dell'articolo 449 cod. penumero disastro aviatorio , bensì quella descritta al 1^ comma, atteso che nel concetto di trasporto aereo di persone deve intendersi la sola fattispecie del trasporto commerciale, cioè del trasporto di passeggeri dietro emissione di biglietto e pagamento del relativo prezzo. In ogni caso, la fattispecie di cui al 2^ comma rappresenterebbe non un reato autonomo, bensì un'aggravante del reato descritto sub comma 1^. A tale proposito, nulla avrebbe osservato la corte territoriale 4.4 Violazione di legge in punto di intervento della parte civile. Si sostiene nel ricorso che, non essendosi la società costituitasi parte civile - Avilu s.a. - presentata nel giudizio di appello, la corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare implicitamente revocata la costituzione in giudizio della stessa, ai sensi dell'articolo 82 cod. proc. penumero , di guisa che del tutto irrituale sarebbe la conferma, nella sentenza impugnata, delle statuizioni civili. -5- Con memoria ed allegata documentazione pervenuta presso la cancelleria di questa Corte, il ricorrente rielabora a ribadisce le censure proposte con il ricorso in punto di affermazione della responsabilità, di mancata assunzione di perizia tecnica ricostruttiva dell'incidente, di qualificazione giuridica del fatto, che consentirebbe di prendere atto dell'intervenuta prescrizione del reato, di intervento della parte civile. Considerato in diritto Il ricorso è fondato, sia pure per ragioni diverse da quelle indicate dal ricorrente, in quanto concernenti la qualificazione giuridica del fatto contestato, sotto il profilo della sussistenza dello stesso. -1- Prima di esaminare lo specifico tema che sorge dall'esame della vicenda processuale, ritiene la Corte di dovere svolgere talune premesse. Non vi è dubbio che l'incidente aereo di che trattasi è stato determinato da un'errata manovra del pilota durante la fase di atterraggio del velivolo. A tali conclusioni sono correttamente pervenuti i giudici del merito sulla base, non solo delle testimonianze rese dal passeggero R.R. e dai controllori di volo Mo.Fr.Ro. e V.V. , ma anche delle considerazioni svolte e dalle conclusioni rassegnate dal consulente del PM, ing. G. . Costui, invero, dopo avere escluso che l'incidente potesse essere ricondotto ad anomalie del velivolo o ad avarie ai comandi di volo e che il precedente decollo di altro velivolo, di più notevoli dimensioni - un Airbus A 319 -, potesse avere in qualche nodo negativamente interferito con la manovre di atterraggio del Piper , e dopo avere anche precisato che le condizioni metereologiche erano del tutto ottimali per la buona visibilità e per la presenza di un vento debole che non poteva arrecare alcun problema alle fasi di avvicinamento e di atterraggio dello stesso velivolo, ha conclusivamente sostenuto, con argomentazioni tecniche motivatamente ritenute dai giudici del merito del tutto coerenti e condivisibili, che le cause dell'incidente dovevano ricercarsi nel fattore umano , cioè nella condotta dell'uomo, in particolare, del pilota, odierno ricorrente. Costui, invero, hanno sostenuto gli stessi giudici, richiamando i pareri espressi dal consulente del PM, nel procedere all'operazione di estrazione dei flaps , azionando una leva che si trovava sulla sua destra, aveva provocato, agendo sul volantino, una rotazione del muso del velivolo verso sinistra, per correggere il quale aveva dato piede destro . L'incrocio dei comandi rotazione del volantino verso sinistra associata al tentativo di deviazione verso destra azionando il timone verticale con il piede destro aveva provocato una situazione di stallo, esaltata da un debole vento laterale, con conseguente impennata del velivolo che, ormai fuori controllo, era ricaduto al suolo. L'incidente era stato quindi determinato da un errore di manovra commesso dal pilota che, d'altra parte, è stato anche precisato, poteva vantare una limitata esperienza, avendo accumulato pochissime ore di volo cento, di cui meno di un terzo quale pilota comandante , poco al di sopra del minimo indispensabile per mantenere la licenza. Non hanno omesso, peraltro, i giudici del merito, di esaminare la tesi proposta dal consulente dell'imputato, ing. T. , secondo il quale la perdita di allineamento del Piper era stata provocata da un fenomeno noto come jet blast , cioè dalle turbolenze provocate dal decollo dallo stesso aeroporto, avvenuto circa tre minuti prima dell'atterraggio del Piper , di un Airbus turbolenze che avevano investito il piccolo velivolo costretto, dalle disposizioni impartite dalla torre di controllo, ad atterrare in prossimità del punto di decollo dell' Airbus . Tesi che la corte territoriale ha tuttavia ritenuto infondata, alla stregua dei giudizi espressi in proposito dal consulente del PM, posto che i tempi e gli spazi di separazione stabiliti dalla normativa internazionale per i vortici di scia, ampiamente rispettati nel caso di specie, consentono di evitare gli effetti negativi del jet blast . L'incidente è stato quindi correttamente e motivatamente addebitato all'errata ed imperita manovra del pilota, mentre le censure proposte in proposito dal ricorrente si presentano palesemente infondate, ed in sostanza generalmente ripetitive di considerazioni già poste dall'imputato all'attenzione della corte territoriale, che le ha respinte con argomentazioni del tutto condivisibili ed in sintonia con le emergenze probatorie in atti in particolare, con le conclusioni rassegnate dal consulente del Pm, giustamente apparse, diversamente da quelle svolte dal consulente dell'imputato, convincenti e sostenute da considerazioni tecniche inoppugnabili - che rendevano anche inutile il ricorso ad ulteriori approfondimenti tecnici - oltre che da dati testimoniali di sicuro rilievo e certamente attendibili. -2- Con riferimento al tema della qualificazione giuridica del fatto contestato, proposto dal ricorrente sotto il profilo della sussistenza dell'aggravante prevista dall’articolo 449 co. 2 del codice penale, osserva la Corte che esso debba essere preso in considerazione sotto il più pregnante profilo della sussistenza stessa della fattispecie contestata. A ciò potendo questa stessa Corte accingersi benché non abbia, sul punto, il ricorrente proposto uno specifico motivo di ricorso, e benché la questione non sia stata posta all'attenzione del giudice di appello, atteso che certamente rientra tra i poteri di cognizione del giudice di legittimità quello di procedere alla corretta qualificazione giuridica del fatto ove erroneamente individuata dal giudice del merito. Potendo tale potere essere esercitato, ove non siano necessari accertamenti in punto di fatto, anche d'ufficio, ex articolo 609, comma secondo, cod. proc. penumero , poiché l'esatta definizione giuridica del fatto, persino se più grave rispetto a quella ritenuta dal giudice di merito non potendosi, in ogni caso, riformare in peius la pena , è, secondo la condivisa giurisprudenza di legittimità, questione rilevabile, appunto, d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio Cass. nnumero 45583/05, 4984 del 19.12.06 rv 236318, 11055/08,39841/09, 13387 del 16.5.13 rv 259730, 321 Idei 20.12.13 rv 258538 . -3- Tanto necessariamente precisato, e rilevato che nella comune accezione del termine la parola disastro indica un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, una sciagura capace di provocare danni di vaste propozioni, osserva la Corte che l'articolo 449 è inserito nel capo terzo del titolo sesto del codice penale, che tratta dei delitti colposi di comune pericolo e descrive fattispecie - attraverso le quali il legislatore ha inteso proteggere beni primari dell'uomo, come la vita, l'integrità fisica, la salute - che evocano eventi di straordinaria potenzialità distruttiva quali crolli, incendi, frane, disastri ferroviari ed aerei, naufragi astrattamente in grado di coinvolgere un numero non individuabile di persone. Si tratta, quindi, di eventi di tale gravità e complessità da determinare, in vista del potenziale distruttivo e diffusivo di cui sono portatori, una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all'attitudine di taluni eventi a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone. Con specifico riferimento al disastro aviatorio, occorre rilevare che l'articolo 428 cod. penumero , che richiama la caduta di aeromobili ed al quale fa anche espresso rinvio l'articolo 449, distingue il caso che la caduta riguardi un velivolo di proprietà altrui, cioè di soggetto diverso dall'autore del fatto comma 1 dal caso in cui costui ne è proprietario comma 3 . Mentre nel primo caso la norma non fa riferimento alcuno al requisito del pericolo per l'incolumità pubblica, nel secondo caso la sussistenza di tale requisito è espressamente prevista, di guisa che è stato sostenuto che, allorché a cadere sia un velivolo di proprietà del reo, occorre, per la sussistenza del reato, che dal fatto derivi un concreto pericolo per la pubblica incolumità requisito ritenuto, viceversa, non necessario nel caso di caduta di un velivolo di proprietà altrui, in relazione al quale il pericolo sarebbe presunto dalla legge. La fattispecie descritta sub comma 1 dell'articolo 428 integrerebbe, quindi, un'ipotesi di reato di pericolo presunto, sul rilievo che la caduta di un aeromobile provoca comunque allarme e determina situazioni di generale pericolo, di guisa che, ai fini della sussistenza del delitto in questione, non occorre che il giudice accerti che la caduta dell'aeromobile abbia posto in pericolo la pubblica incolumità. Tale interpretazione, tuttavia, è stata, da alcun tempo, da questa Corte riconsiderata, nel senso che è stato ritenuto necessario che la situazione di pericolo che comunque rappresenta il presupposto al quale si ricollega la fattispecie in esame, debba comunque presentare una pur apprezzabile concretezza, in qualche modo idonea a generare una condizione di pericolo per la pubblica incolumità. Si è quindi inteso sostituire a concetto di pericolo presunto quello di pericolo astratto, di un pericolo, cioè, che presenti la concreta potenziale idoneità a determinare una situazione di pericolo per la vita, l'integrità fisica, la salute delle persone. È stato, quindi, in proposito da questa Corte recentemente affermato Cass. numero 36639/12 che non integra il reato qualsiasi precipitare a terra di un aeromobile governato dalla sola forza di gravità ma va accertato, alla luce degli elementi concretamente determinatisi, quali le dimensioni del mezzo, il numero dei passeggeri che può essere trasportato, il luogo effettivo di caduta, l'espansività e la potenza del danno materiale, se il fatto era in grado di esporre a pericolo l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone . Tale verifica, è stato precisato, deve essere eseguita dal giudice con giudizio ex ante, ovvero accertando, alla luce dei fattori conosciuti e conoscibili da parte dell'agente, se il fatto era in grado di esporre a pericolo l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone, richiedendo il pericolo astratto, nella specie, la verosimiglianza della presenza di un numero indeterminato di persone nella sfera di esplicazione del fatto . Con riguardo al delitto oggetto d'esame, la verifica che deve essere eseguita concerne, quindi, il possibile coinvolgimento nell'evento di un numero indeterminato di persone che si trovino presenti nella sfera di esplicazione del fatto . -4- Orbene, ribadito che l'incidente è stato causato dalla condotta colposa, sotto il profilo dell'imperizia, tenuta, durante la manovra di atterraggio, dal M. , che giustamente è stato ritenuto responsabile anche dei danni che la sua condotta ha provocato alla società proprietaria del velivolo, al risarcimento dei quali è stato giustamente condannato dal primo giudice nulla, peraltro, rilevando l'assenza o la mancata presentazione delle conclusioni della parte civile nel giudizio di appello, non integrando tale condotta gli estremi della revoca tacita della costituzione di parte civile di cui all'articolo 82, comma secondo, cod. proc. penumero , essendo quest'ultima norma applicabile al solo giudizio di primo grado , osserva la Corte che, alla stregua dei condivisi principi sopra richiamati, l'incidente in questione non possa essere qualificato quale disastro aviatorio, mancando nei fatti contestati l'elemento costitutivo tipico di tale fattispecie, non potendosi sostenere, alla luce delle non contestate emergenze, che l'evento determinatosi abbia rappresentato pericolo alcuno per la pubblica incolumità. Il tipo di velivolo coinvolto nel sinistro, il luogo di caduta dello stesso, le modalità con le quali l'incidente si è verificato, così come descritte nel capo d'imputazione e ritenute dai giudici del merito, non consentono, in realtà, di cogliere alcuno degli indici sintomatici tipici del disastro, cioè di un evento in grado, per la gravità e la complessità che lo hanno caratterizzato, di porre in pericolo l'incolumità di un indeterminato numero di persone al contrario, le emergenze probatorie acquisite autorizzano ad escludere nel fatto qualsiasi implicazione in tal senso. Si trattava, invero, di un piccolo velivolo un Piper , adibito al trasporto di un ristrettissimo numero di persone al momento dell'incidente, si trovano a bordo i due piloti e un passeggero , che ha perso il corretto assetto di volo, a causa di un errore commesso dal pilota, proprio nella fase terminale della manovra di atterraggio, quando già l'aeromobile si trovava, secondo quanto dichiarato dal personale in servizio alla torre di controllo, sulla pista praticamente teste Vittorini o aveva addirittura già messo le ruote a terra teste Mo. , ovvero, secondo il passeggero R. , quando essi si trovavano molto bassi sulla pista . In una posizione, cioè, e in un luogo che - anche in considerazione delle modalità con le quali l'incidente si è svolto -, di per sé, erano tali da escludere qualsiasi coinvolgimento nell'evento di persone diverse da quelle che si trovavano a bordo del velivolo. Questo, invero, giunto sulla pista o a pochi centimetri dalla stessa, sbilanciatosi al momento dell'atterraggio, rimasto fuori controllo, era, secondo la ricostruzione proposta dai giudici del merito, scivolato sull'ala sinistra ed aveva impattato con l'estremità dell'ala sinistra sull'asfalto , con conseguente distacco della stessa e rotazione del velivolo che, dopo avere urtato frontalmente il fossato con l'elica e il motore, si era arrestato sulla rete di recinzione . Non vi è dubbio, quindi, che le modalità dell'incidente, la ristrettezza dell'area interessata, libera da strutture di qualsiasi tipo, ben lontana da luoghi ove avrebbero potuto trovarsi altre persone, portano ad escludere, già con valutazione ex ante, che l'incidente potesse caratterizzarsi da tale gravità e complessità, da così elevata capacità distruttiva da poter mettere a rischio la vita, l'incolumità o la salute di un indeterminato numero di persone. -5- L'evidenza di tali conclusioni, che portano ad escludere la sussistenza del delitto contestato, e la inutilità di ulteriori approfondimenti in fatto, impongono l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata rimanendo assorbiti i motivi di ricorso proposti dall'imputato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.