Convivente con una donna italiana, e padre di un minore: confermata comunque l’espulsione

Respinta l’ipotesi dell’applicazione della tutela prevista per gli stranieri conviventi con parenti o con il coniuge. Decisiva la constatazione che il rapporto para-familiare, sul suolo italico, non sia riconosciuto ufficialmente nell’ordinamento giuridico dello Stato di appartenenza del cittadino straniero.

Convivenza more uxorio con una donna italiana, e, a completare il quadro para-familiare, anche la presenza di un minore. Ciò, però, non può mettere in discussione l’espulsione dall’Italia del cittadino straniero – originario della Liberia –, privo di titolo di soggiorno” e la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta. Cassazione, ordinanza numero 3373, sezione sesta civile, depositata oggi Espulsione. A dare il ‘la’ alla vicenda è la decisione del Prefetto di espellere dal territorio nazionale un cittadino della Liberia , e consequenziale è l’azione del Questore che dispone l’allontanamento dello straniero . E a chiudere il cerchio provvede il Giudice di pace, ritenendo corretta l’ espulsione dell’uomo, soprattutto tenendo presente l’ assenza di titolo di soggiorno e la risposta negativa, data dal Tribunale, alla domanda di protezione internazionale . Per mettere in discussione tale decisione, però, l’uomo richiama, ancora una volta, la propria ‘famiglia’ in Italia egli sostiene di convivere con una cittadina italiana e di essere padre di un minore . Perché, domanda l’uomo, escludere, allora, l’applicazione della tutela ‘speciale’ prevista, nel ‘Testo unico sull’immigrazione’, per gli stranieri conviventi con parenti o con il coniuge, di nazionalità italiana ? Famiglia ufficiosa Ma l’obiezione mossa dall’uomo viene respinta dai giudici della Cassazione, i quali, difatti, confermano la legittimità dell’ espulsione . Alla base delle valutazioni dei giudici del ‘Palazzaccio’ due riferimenti fondamentali la sentenza numero 376 del 2000 della Corte Costituzionale – che ha esteso la protezione invocata dalla madre al marito convivente – e la sentenza numero 192 del 2006, sempre della Corte Costituzionale – che ha sancito come corretta la mancata estensione della protezione al mero convivente della donna in gravidanza o della puerpera . Andando nei dettagli, comunque, i giudici chiariscono che la causa di esclusione dell’espulsione , prevista in caso di sussistenza di un rapporto di coniugio, e di convivenza, dell’espellendo con una donna in stato di gravidanza , può essere operativa sì, però a patto che tale rapporto trovi riconoscimento nell’ordinamento giuridico dello Stato di appartenenza dello straniero . Mancando questo elemento, è inappuntabile l’ espulsione dello straniero, soprattutto tenendo presente l’interesse nazionale al controllo dell’immigrazione .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 14 gennaio – 13 febbraio 2014, n. 3373 Presidente/Relatore Macioce Rileva Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.comma ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso In data 6.12.2012 il Prefetto UTG di Siracusa ebbe ad espellere dal territorio nazionale il cittadino della Liberia A.S. ed il Questore contestualmente ne dispose l'allontanamento. Oppostosi innanzi al Giudice di Pace di Siracusa, questi con decreto 17.1.2013 rigettò il ricorso affermando che la motivazione della espulsione era congrua e chiara riferita alla assenza di titolo di soggiorno per essere stata respinta la domanda di protezione internazionale dal Tribunale di Catania , che nel d.lgs. 286/1998 erano da enumerare tutti i casi di divieto di espulsione e, tra essi, quello di cui all'art. 19 comma 2 lett. C dello stesso T.U., che tale tutela non era invocabile dal ricorrente posto che questi, convivente more uxorio e non coniugato con cittadina italiana, era a suo dire padre di un minore, che i requisiti formali di validità del decreto espulsivo erano tutti sussistenti. Per la cassazione di tale decreto l'A.S. ha proposto ricorso il 16.07.2013 e gli intimati non hanno opposto difese. A criterio del relatore il ricorso doveva essere rigettato. Nessun rilievo critico su tal proposta è giunto dal ricorrente. Osserva Il primo motivo contesta la errata disapplicazione del disposto dell'art. 19 comma 2 lett. D dei T.U. fatta dal GdP escludendo dalla tutela a beneficio del minore del padre convivente della madre. La censura, come proposto dal relatore, è infondata. Va premesso che il decreto opposto ha mostrato comprensione della sentenza della Corte Costituzionale 376/2000 che ha esteso la protezione invocata dalla madre al marito convivente e della successiva pronunzia 192/2006 che ha respinto ogni dubbio di illegittimità sulla mancata estensione di detta protezione al mero convivente della donna in gravidanza o della puerpera . Né può ritenersi essere stato ignorato che questa Corte ha affermato Cass. 5220/2006 ed antea Cass. 3622/2004 vd quindi Cass. 6441/2009 , in accordo con la ricordata sentenza di reiezione di dubbi di legittimità costituzionale 192/2006 della C.C., che la causa di esclusione della espulsione prevista dell'art. 19, secondo comma, lett. d , del d.lgs. n. 286 del 1998, nella formulazione risultante dalla predetta sentenza della Corte costituzionale, consistente nella sussistenza di un rapporto di coniugio, e di convivenza, dell'espellendo con una donna in stato di gravidanza, opera a condizione che tale rapporto trovi riconoscimento nell'ordinamento giuridico dello Stato di appartenenza dello straniero, ponendosi una diversa interpretazione, irragionevolmente estensiva della previsione, in contrasto con l'interesse nazionale al controllo dell'immigrazione. E di qui la correttezza della decisione impugnata. Il secondo motivo contesta che vi sia stata una congrua e percepibile motivazione nel decreto impugnato innanzi al GdP. La censura, come rilevato dalla relazione, è inammissibile perché si appunta sulla espulsione e non certo sulle ragioni proposte al GdP e da questi disattese. Il terzo motivo polemizza con le pretese motivazioni stereotipe del decreto del GdP che impugna ignorando la articolata e puntuale motivazione del decreto del Giudice del merito e con la apodittica affermazione sul pericolo di fuga che sarebbe stato ritenuto dal giudicante in implicita condivisione della misura esecutiva adottata ma si tratta di mere affermazioni di fatto che neanche evidenziano come sul punto nulla abbia detto il GdP e che pertanto si sottraggono all'unico profilo che si sarebbe dovuto far valere, quello relativo alla omessa pronunzia di tale profilo . Si rigetta dunque il ricorso senza che sia luogo a regolare le spese P.Q.M. Rigetta il ricorso.