L’elemento oggettivo del delitto di violenza privata è costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l’effetto di costringere qualcuno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata. In assenza di tale determinatezza, possono integrarsi, invece, i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non quello di violenza privata.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 1215, depositata il 13 gennaio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Lecce condannava un imputato per i reati di violenza privata, minacce, ingiurie e danneggiamento. L’uomo ricorreva in Cassazione, deducendo che la propria condotta sarebbe in realtà riconducibile alla fattispecie normativa di percosse, essendosi esaurita nell’aggressione violenta della persona offesa, lesiva della sua integrità fisica, ma non della sua libertà morale. Obiettivo ulteriore. La Corte di Cassazione ricorda che l’elemento oggettivo del delitto di violenza privata è costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l’effetto di costringere qualcuno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata. In assenza di tale determinatezza, possono integrarsi, invece, i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non quello di violenza privata. Quest’ultimo reato non è quindi configurabile qualora gli atti di violenza o di natura intimidatoria integrino, essi stessi, l’evento naturalistico del reato, cioè il pati cui la persona offesa sarebbe stata costretta. L’evento del reato, nell’ipotesi di ricorso alla violenza, non può coincidere con il mero attentato all’integrità fisica della vittima o anche solo con la compressione della sua libertà di movimento conseguente e connaturata all’aggressione fisica subita. Nel caso di specie, i giudici non avevano individuato cosa la persona offesa sarebbe stata costretta a fare, omettere o tollerare in conseguenza della condotta violenta dell’aggressore la vittima era stata spinta contro la portiera dell’auto e costretta lì, ma ciò non poteva bastare a configurare il reato di violenza privata. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 novembre 2014 – 13 gennaio 2015, numero 1215 Presidente Marasca – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Lecce ha confermato la condanna di C.A. e M.G. per il reato di violenza privata e del secondo anche per quelli di minacce, ingiurie e danneggiamento, tutti commessi ai danni di Russo Antonio. In parziale riforma della pronunzia di primo grado la Corte territoriale ha invece assolto il C. dal reato di danneggiamento, originariamente contestato anche a quest'ultimo. 2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati a mezzo dei propri difensori. 2.1 Il ricorso del C. deduce l'errata applicazione della legge penale in ordine alla ritenuta responsabilità dell'imputato per il reato di violenza privata, attribuitogli a titolo di concorso nonostante egli si sia limitato ad assistere passivamente all'azione posta in essere dal M 2.2 Il ricorso del M. articola invece due motivi. Con il primo viene parimenti dedotta l'errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione, rilevandosi in tal senso come la condotta che la Corte territoriale ha ritenuto essere stata consumata dagli imputati sarebbe al più riconducibile allo schema normativo delle percosse, essendosi esaurita nell'aggressione violenta della persona offesa, lesiva della sua integrità fisica, ma non della sua libertà morale. Con il secondo il ricorrente lamenta il difetto di correlazione tra il fatto di tentata rapina originariamente contestato al capo 1 e quello di violenza privata ritenuto con la sentenza di primo grado. Considerato in diritto 1. Pregiudiziale è l'esame dell'eccezione processuale sollevata con il secondo motivo del ricorso del M., la quale è peraltro infondata. Ed infatti dalla semplice lettura del capo d'imputazione originariamente formulato sebbene sotto la diversa qualificazione della tentata rapina si evince come tutti gli elementi costitutivi della condotta che giudici di merito hanno poi ritenuto integrare il diverso delitto di violenza privata erano stati contestati all'imputato, il quale dunque è stato posto nelle condizioni di difendersi dall'accusa, né la riqualificazione giuridica del fatto - sempre consentita al giudice dall'articolo 521 c.p.p. - ha altrimenti leso i suoi diritti, avendo egli avuto la possibilità effettivamente sfruttata come si è visto di contestarla attraverso gli ordinari mezzi d'impugnazione. 2. E' invece fondato il primo motivo proposto con il medesimo ricorso. 2.1 Per consolidata giurisprudenza l'elemento oggettivo del delitto di violenza privata è costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l'effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata, poichè, in assenza di tale determinatezza, possono integrarsi i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non, per l'appunto, quello di violenza privata ex multis Sez. 5, numero 35237 del 23 maggio 2008, Morellini, Rv. 241159 . In altri termini, come pure chiarito da questa Corte, il delitto in questione non è configurabile qualora gli atti di violenza e di natura intimidatoria integrino, essi stessi, l'evento naturalistico dei reato, vale a dire il patì cui la persona offesa sarebbe stata costretta Sez. 5, numero 2480 del 18 aprile 2000, P.M. in proc. Ciardo, Rv. 216545 . E sulla scia di tale interpretazione anche le Sezioni Unite hanno avuto modo di precisare come, nella fattispecie descritta nell'articolo 610 c.p., la violenza è un connotato essenziale di una condotta che, a sua volta, deve atteggiarsi alla stregua di mezzo destinato a realizzare un evento ulteriore vale a dire la costrizione della vittima a fare, tollerare od omettere qualche cosa deve dunque trattarsi di qualcosa di diverso dal fatto in cui si esprime la violenza Sez. Unumero , numero 2437/09 del 18 dicembre 2008, Giulini e altro, in motivazione . In definitiva, l'evento del reato, nell'ipotesi del ricorso alla violenza, non può coincidere con il mero attentato all'integrità fisica della vittima o anche solo con la compressione della sua libertà di movimento conseguente e connaturata all'aggressione fisica subita. 2.2 Alla luce di tali principi deve allora convenirsi con il ricorrente circa il difetto nella motivazione della sentenza impugnata dell'individuazione di cosa la persona offesa sarebbe stata costretta a fare, omettere o tollerare in conseguenza della condotta violenta perpetrata dai suoi aggressori, dovendosi escludere che il tenere la vittima schiacciata contro la portiera dell'auto integri l'evento tipico del reato, costituendo l'in sé dell'azione violenta strumentale alla sua realizzazione. 2.3 La sentenza, limitatamente all'imputazione di cui al capo 1 , deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Lecce per nuovo esame, con il vincolo per il giudice di rinvio di attenersi ai principi affermati e rimanendo invece lo stesso libero di valutare l'eventuale sussistenza dei presupposti, qualora dovesse concludere per l'inconfigurablità del delitto di violenza privata, di quello di percosse, senza che ciò comporti violazione del diritto di difesa dell'imputato, atteso che tale eventualità è stata dallo stesso prospettata con il suo ricorso. 3. II ricorso del C. è invece infondato, attesa la sua genericità, essendosi il ricorrente limitato a riprospettare la tesi della sua estraneità al fatto di cui al capo 1 , già confutata dalla Corte territoriale con motivazione logica e aderente al compendio probatorio considerato e con la quale lo stesso ricorrente ha invece omesso di confrontarsi, come invece suo onere. Non di meno l'annullamento della sentenza, per i motivi in precedenza illustrati, deve essere esteso ai sensi del primo comma dell'articolo 587 c.p. anche alla posizione del C., giacchè l'effetto estensivo dell'impugnazione, in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione non esclusivamente personale perché relativo alla giuridica configurabilità del reato contestato in concorso a più persone, giova anche agli altri imputati che hanno proposto un ricorso infondato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di M.G., limitatamente al reato di violenza privata, con estensione ex articolo 587 c.p.p. al C.A., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce per nuovo esame. Rigetta nel resto i ricorsi.