Opposizione all’esecuzione: quali tutele per il coniuge escluso?

I creditori personali di uno dei coniugi che abbiano promosso l’azione esecutiva avente ad oggetto un bene formalmente intestato soltanto al coniuge esecutato, ed escluso, in forza di atto di acquisto cui abbia partecipato l’altro coniuge ai sensi dell’art. 179, ultimo comma, c.c. dalla comunione legale, godono della tutela dell’art. 2915, comma 2, c.c. anche rispetto alla domanda di accertamento della comunione legale avanzata dal coniuge non acquirente.

La sentenza che conclude, positivamente, il Giudizio di accertamento non può pregiudicare i diritti dei creditori qualora il pignoramento la trascrizione del menzionato atto esecutivo è antecedente a quella della domanda di accertamento della comunione legale. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 25865 del 18 novembre 2013. La fattispecie. Nel caso in esame il coniuge non esecutato aveva promosso l’azione di opposizione di terzo nei confronti del creditore che aveva pignorato l’immobile acquistato esclusivamente dal debitore ai sensi dell’art. 1879, ultimo comma, c.c A dire dell’opponente detto bene, non essendo stato destinato all’utilizzo dichiarato nell’atto notarile, doveva ricadere nella comunione legale d’altronde la domanda era stata accolta in altro giudizio dal medesimo Tribunale. Avendo il Giudice di merito disatteso la domanda formulata dall’opponente la controversia è giunta avanti alla Corte di legittimità. L’importanza della trascrizione. Vero è che la sentenza delle Sezioni Unite n. 22755/2009 riconosce che l’inesistenza del presupposto sostanziale dell’esclusione della comunione possa essere oggetto di una successiva azione di accertamento e, pertanto, il coniuge non acquirente può successivamente proporre domanda in tal senso anche rispetto a beni che siano stati acquistati come personali dall’altro coniuge. Tuttavia, a dire della Corte di legittimità all’uopo adita, il sopravvenuto accertamento della comunione legale non è opponibile al terzo in buona fede, o ai creditori procedenti, qualora la domanda sia stata trascritta successivamente al pignoramento. Natura dell’azione promossa dal coniuge escluso. D’altronde l’azione promossa dal coniuge escluso è di accertamento negativo della natura personale del bene e non si tratta di un’azione di rivendicazione ai sensi dell’art. 948 c.c., non essendo equiparabile a quella di colui che sia privo del titolo di acquisto. Si ribadisce che per l’opposizione nei confronti del terzo ciò che rileva è la trascrizione della domanda nel caso in esame era successiva e, di conseguenza, a dire della Corte, bene ha fatto il Tribunale a rigettare la domanda di opposizione all’esecuzione del coniuge escluso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 ottobre - 18 novembre 2013, n. 25865 Presidente Russo – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 16 aprile 2009, il Tribunale di Pescara ha rigettato l'opposizione di terzo all'esecuzione proposta da M D. , coniuge di D.F.M. debitore esecutato nella procedura esecutiva immobiliare pendente dinanzi allo stesso Tribunale , nei confronti dei creditori Teseo Finance S.r.l., e per essa FBS S.p.a., Tecnoproject S.a.s., Depurcasa S.r.l., Caffè Mokambo S.R.L., Equitalia Pragma S.P.A., Orem Spa, U.G.C. - Unicredit Gestione Crediti Spa. 1.1.- L'opponente, con l'atto introduttivo del giudizio di merito, aveva esposto di avere richiesto nei confronti del D.F. , con atto di citazione in data 6 agosto 2007, l'accertamento del proprio diritto di comproprietà, quale coniuge in regime di comunione legale, su una serie di immobili che risultavano intestati al solo D.F. di avere successivamente appreso che questi immobili erano oggetto di espropriazione immobiliare ai danni del D.F. di avere perciò proposto opposizione di terzo ex art. 619 cod. proc. civ. con istanza di sospensione rivolta al giudice dell'esecuzione, che però era stata rigettata di avere ottenuto nelle more la sentenza n. 1662/07 del Tribunale di Pescara, che aveva dichiarato il suo diritto di comproprietà al 50% sugli immobili, in quanto acquistati in comunione legale. Aveva perciò dedotto che, in forza di tale sentenza, doveva essere considerata comproprietaria con efficacia ex tunc dei beni oggetto della procedura esecutiva immobiliare ed aveva concluso per la dichiarazione di nullità e/o improcedibilità e comunque di inammissibilità di questa procedura, con ordine di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti, ovvero, in subordine, per il riconoscimento in suo favore del 50% del ricavato della vendita all'asta degli immobili pignorati con vittoria di spese e competenze di giudizio. 1.2.- Si erano costituite le opposte FBS S.p.a., Tecnoproject S.a.s. e Depurcasa S.r.l., contestando la domanda e rilevando la non opponibilità al creditore pignorante ed agli intervenuti della sentenza del Tribunale di Pescara che aveva accolto la domanda della ricorrente, poiché questa era stata trascritta successivamente alla trascrizione del pignoramento. 1.3.- Il Tribunale ha, come detto, rigettato l'opposizione, ritenendo l'inopponibilità ai creditori della sentenza del Tribunale di Pescara n. 1662 del 20 dicembre 2007, passata in giudicato, che ha dichiarato la sussistenza del diritto di comproprietà della D. sugli immobili pignorati. Ha condannato l'opponente al pagamento delle spese di lite in favore degli opposti costituiti. 2.- Avverso la sentenza M D. propone ricorso straordinario con un unico motivo. Teseo Finance s.r.l., e per essa quale mandataria FBS S.p.a., rappresentata a sua volta da FBS Gestioni S.p.a., Tecnoproject S.a.s. di Florindi A. & amp C. e U.C.M.B. - UNICREDIT MANAGEMENT CREDIT BANK - nuova denominazione di U.G.C. Banca Spa, quale cessionaria dei crediti di TERCAS - Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo S.p.A., resistono con controricorso. Gli altri intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione 1.- Con l'unico articolato motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 177 lett. a , art. 179 lett. d , art. 2915, co. 2, art. 2919, art. 2652 cod. civ. in riferimento all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione. La ricorrente espone che con atto per notaio Anchini in Montesilvano in data 27 febbraio 1989 M D.F. , all'epoca con lei coniugato in regime di comunione dei beni, acquistò un immobile meglio descritto in atti, dichiarando che l'acquisto veniva da lui effettuato per l'intero, essendo il bene escluso dalla comunione legale ai sensi dell'art. 177 cod. civ., poiché si trattava dell'ipotesi prevista dall'art. 179 lett. d , cioè di bene che sarebbe servito all'esclusivo esercizio dell'attività commerciale del coniuge unico acquirente che al rogito aveva partecipato anche l'esponente, confermando la destinazione del bene acquistato, con dichiarazione inserita nell'atto che tuttavia l'immobile non era mai stato destinato all'esercizio dell'attività imprenditoriale del D.F. , ma era stato destinato all'attività commerciale della società le Bistrot di Di Febo Mauro e C. s.n.c. , di cui la stessa era socia al 45% che, pertanto, ella, allegando questa situazione, aveva citato in giudizio il D.F. , con atto di citazione del 30 luglio 2007, chiedendo al Tribunale di Pescara di accertare il proprio diritto di comproprietà ex tunc sull'immobile medesimo che con la sentenza n. 1662/07, oramai passata in giudicato, il Tribunale di Pescara aveva accolto la domanda. Dato ciò, la ricorrente sostiene che, attesa l'automaticità ex lege dell'acquisto comune ai sensi dell'art. 177 lett. a cod. civ., quale conseguenza diretta anche di atti compiuti da uno solo dei coniugi, il suo acquisto su detto immobile si sarebbe dovuto considerare come effettuato a titolo originario nei limiti della quota di partecipazione alla comunione legale che pertanto l'assunzione della sua qualità di comproprietaria discenderebbe direttamente dalla legge e che tale effetto legale retroagirebbe al momento dell'acquisto, con la conseguente indifferenza delle successive vicende formali costituite dalla trascrizione dell'acquisto per intero in capo al coniuge formalmente acquirente, dall'iscrizione dell'ipoteca volontaria e dalla trascrizione del pignoramento per debiti personali del coniuge intestatario. Si tratterebbe di atti compiuti a non domino, rispetto ai quali non sarebbe operante il regime formale delle trascrizioni. Pertanto, sarebbe incorso in violazione di legge il Tribunale nel ritenere la validità e l'efficacia delle iscrizioni e delle trascrizioni in ragione della omessa o tardiva trascrizione della domanda giudiziale di accertamento della comproprietà rispetto alle precedenti formalità pregiudizievoli. Quanto alla dichiarazione resa in sede di contratto di acquisto, la ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità sulla irrilevanza del c.d. rifiuto del coacquisto, quindi sull'indifferenza della partecipazione al rogito notarile del coniuge non acquirente e del riconoscimento della destinazione del bene ad attività professionale del coniuge acquirente, trattandosi di dichiarazione ricognitiva non idonea ad impedire la caduta del bene in comunione legale, quando sia mancata detta destinazione. Nel caso di specie, la sentenza del Tribunale di Pescara n. 1662/07, passata in giudicato, ha accertato che in effetti il bene non venne mai destinato all'attività imprenditoriale del D.F. secondo la ricorrente, la sentenza sarebbe opponibile ai creditori, pur non essendo stati costoro chiamati nel giudizio, poiché non si verteva in ipotesi di litisconsorzio necessario. La ricorrente deduce altresì un vizio di motivazione, poiché il Tribunale si sarebbe limitato a verificare l'anteriorità - della trascrizione del pignoramento rispetto alla domanda introduttiva del giudizio concluso con la sentenza da ultimo menzionata, mentre non avrebbe adeguatamente valutato gli ' effetti della disciplina della comunione legale. 2.- Il motivo è infondato. Il Tribunale di Pescara ha basato il rigetto dell'opposizione sulle norme degli artt. 2915, comma secondo, e 2652-2653 cod. civ. quanto alla prima norma, perché esclude che, nel caso in cui la domanda giudiziale contro l'esecutato sia stato trascritta successivamente alla trascrizione del pignoramento, la disciplina della trascrizione accordi preferenza all'attore in caso di esito vittorioso del giudizio intrapreso, anche quando si tratti di giudizio di accertamento quanto alle altre, in ragione dei requisiti richiesti dagli artt. 2652 e 2653 cod. civ., per i quali potrebbe non essere sufficiente il requisito temporale, essendo rilevante, in determinati casi, anche lo stato soggettivo del terzo. Nel caso di specie, il Tribunale, esclusa la mala fede dei creditori, ha ritenuto rilevante il fatto che i pignoramenti fossero stati trascritti in epoca precedente l'instaurazione del giudizio concluso con la sentenza del Tribunale di Pescara che ha accertato il diritto di comproprietà della D. sui beni pignorati. La sentenza è corretta, per le ragioni esposte nella motivazione appena sintetizzata, che sono sufficienti a sorreggere la statuizione di inopponibilità della sentenza che ha accertato il diritto di comproprietà del coniuge in comunione legale e che, contrariamente a quanto si sostiene da parte ricorrente, non trovano alcuna smentita nel regime della comunione legale. 2.1.- Ed invero, il caso di specie si connota perché l'acquisto dei beni in contestazione è avvenuto con atto per notaio Anchini in Montesilvano del 27 febbraio 1989, nel quale il bene è indicato come acquistato ai sensi dell'art. 179 lett. d cod. civ., vale a dire come destinato all'”esercizio della professione del coniuge”. Sebbene il richiamo contenuto nell'atto di compravendita non appaia del tutto pertinente, atteso che il D.F. non esercitava un'attività professionale, ma un'attività imprenditoriale quindi il bene destinato a quest'ultima si sarebbe dovuto acquistare ai sensi dell'art. 178 cod. civ. , non è in contestazione che, al momento della trascrizione dei pignoramenti, l'acquisto risultasse comunque escluso dalla comunione legale e che l'atto fosse conforme alla previsione dell'ultimo comma dell'art. 179 cod. civ Riguardo a quest'ultima rileva il precedente a Sezioni Unite 28 ottobre 2009 n. 22755 che, nel comporre un contrasto in proposito, ha escluso che, in casi quale quello in esame, la dichiarazione resa dal coniuge ai sensi dell'appena citato art. 179, ult. co., cod. civ. abbia natura ricognitiva e portata confessoria, poiché si limita ad esprimere condivisione dell'intento dell'altro coniuge di destinare alla propria attività personale il bene che viene acquistato”, a differenza di quella che invece si riferisce all'ipotesi di cui alla lettera f dell'art. 179 cod. civ. alla quale si riconosce natura meramente ricognitiva cfr. Cass. n. 19250/04 ed altre e portata confessoria, superabile soltanto con la prova dell'errore di fatto, del dolo o della violenza, nei limiti consentiti dalla legge cfr. Cass. n. 6120/08 ed altre . Secondo il precedente a sezioni unite, peraltro, la dichiarazione con cui il coniuge non acquirente conferma l'intento dell'acquirente di destinare il bene alla propria attività professionale, non solo non ha natura ricognitiva, ma, pur essendo condizione necessaria, non è di per sé sufficiente ad escludere dalla comunione legale il bene, in quanto l'effetto limitativo della comunione consegue soltanto alla concreta destinazione del bene all'uso personale. Pertanto, è corretto l'assunto della ricorrente circa l'inclusione nella comunione legale dei beni oggetto dell'atto di acquisto sin dal momento dell'acquisto medesimo per avere il Tribunale di Pescara accertato, con sentenza oramai irrevocabile, la loro mancata destinazione all'attività professionale del D.F. . 2.2.- Tuttavia, non sono corrette le conseguenze che da tale accertamento la ricorrente intende trarre in punto di opponibilità dello stesso ai terzi, che su quel bene abbiano acquistato diritti con atti trascritti o iscritti in epoca precedente la trascrizione della domanda giudiziale di accertamento della comunione legale. Ed invero la sentenza a Sezioni Unite n. 22755/09 riconosce che l'inesistenza del presupposto sostanziale dell'esclusione dalla comunione vale a dire l'effettiva destinazione all'uso personale possa essere oggetto di una successiva azione di accertamento, pur nei limiti dell'efficacia probatoria che l’intervento adesivo avrà in concreto assunto ”. Quindi, il coniuge non acquirente può successivamente proporre domanda di accertamento della comunione legale anche rispetto a beni che siano stati acquistati come personali dall'altro coniuge, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente fosse intervenuto nel contratto per aderirvi ” ciò, che, appunto, è avvenuto nel caso di specie. Tuttavia, il sopravvenuto accertamento della comunione legale, per lo stesso precedente a Sezioni Unite, non è opponibile al terzo acquirente di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda. 2.3.- Il principio è stato affermato con riferimento all'azione prevista dall'art. 184 cod. civ. per l'annullamento degli atti compiuti dal coniuge in comunione legale senza il necessario consenso dell'altro coniuge che le Sezioni Unite hanno ritenuto soggetta, per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, alla disciplina generale dettata dall'art. 1445 cod. civ. per l'azione di annullamento dei contratti , ma esso spiega rilevanza anche nel caso in esame, sebbene la fattispecie non sia immediatamente riconducibile alla previsione dell'art. 2652 n. 6 cod. civ Ed invero, l'azione di accertamento della comunione legale presuppone un vizio del titolo in forza del quale il coniuge acquirente, pure con la manifestazione di adesione del coniuge non acquirente, ha escluso il bene dalla comunione legale. Pertanto, rispetto ai terzi, la sua posizione non è equiparabile a quella di colui che sia privo del titolo di acquisto, secondo quanto sostiene, invece, la parte ricorrente, che impropriamente richiama la giurisprudenza formatasi con riferimento all'art. 2653 n. 1 cod. civ. In casi quale quello di specie, infatti, non si è in presenza di un'azione di rivendicazione ex art. 948 cod. civ., alla quale quest'ultima norma si riferisce e alla quale, per la gran parte, si riferiscono pure i precedenti richiamati in ricorso. Quella spiegata dal coniuge non acquirente è azione di accertamento negativo della natura personale del bene acquistato, che comporta la rimozione degli effetti del titolo di acquisto in proprietà esclusiva in capo al coniuge unico intestatario, e postula, nel caso di acquisto del bene dichiarato come effettuato con il prezzo del trasferimento di beni personali del coniuge acquirente, la revoca della confessione stragiudiziale, nei limiti in cui la stessa è ammessa dall'art. 2732 cod. civ., e, nel caso della dichiarazione di destinazione del bene all'uso personale o all'esercizio della professione del coniuge acquirente, la verifica dell'effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell'intento manifestato così, oltre a Cass. S.U. n. 22755/09 cit., anche Cass. n. 1523/12 . Coloro che abbiano acquistato diritti dal coniuge unico intestatario sul bene da questi acquistato come bene personale, nel rispetto del disposto dell'ultimo comma dell'art. 179 cod. civ., non hanno acquistato da soggetto privo di titolo di acquisto, ma da soggetto proprietario in forza di titolo viziato. In particolare, i creditori personali di uno dei coniugi, che siano pignoranti o intervenuti nel processo esecutivo avente ad oggetto un bene formalmente intestato soltanto al coniuge esecutato, ed escluso, in forza di atto di acquisto cui abbia partecipato l'altro coniuge ai sensi dell'art. 179, ult. co., cod. civ., dalla comunione legale, godono della tutela dell'art. 2915, comma secondo, cod. civ. anche rispetto alla domanda di accertamento della comunione legale avanzata dal coniuge non acquirente. La sentenza che conclude positivamente questo giudizio di accertamento non può pregiudicare i loro diritti quando il pignoramento del bene che ne forma oggetto risulta trascritto in epoca precedente la trascrizione della domanda di accertamento della comunione legale o, come nel caso di specie, in epoca precedente l'instaurazione del giudizio da parte del coniuge non acquirente. 3.- In conclusione, il ricorso va rigettato. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, tenuto conto dell'attività difensiva spiegata da ciascuna delle parti resistenti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella somma complessiva di Euro 3.200,00 ciascuno, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, a favore di U.C.M.B. - UNICREDIT MANAGEMENT CREDIT BANK e di Tecnoproject S.a.s. di Florindi A. & amp C., nonché nella somma complessiva di Euro 4.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, in favore di Teseo Finance s.r.l., e, per essa quale mandataria FBS S.p.a., rappresentata a sua volta da FBS Gestioni S.p.a