Le delibere assembleari sul bilancio non possono essere impugnate davanti all’arbitro

L’ordinanza della Corte di Cassazione numero 18671 del 30 ottobre 2012 è particolarmente importante perché interviene - in sede di regolamento di competenza - su uno degli argomenti da sempre dibattuti nell’ambito del diritto societario e del diritto dell’arbitrato l’arbitrabilità o meno delle impugnazioni delle delibere assembleari.

Nel caso di specie veniva in rilievo una deliberazione dell’assemblea straordinaria di una società per azioni che aveva deciso, a maggioranza, di azzerare tutte le perdite di poco superiori al milione di euro mediante l’integrale utilizzo delle riserve utili investiti, della riserva fondo contributi e il parziale utilizzo della riserva di valutazione nonché con un aumento, in parte gratuito e in parte a pagamento, del capitale sociale con emissione di nuove azioni offerte in opzione ai soci. Quella deliberazione era stata, poi, impugnata da alcuni soci assenti davanti al Tribunale di Napoli poiché - secondo i ricorrenti - la delibera non soltanto era stata assunta sulla base di atti preparatori predisposti da soggetti privi di cariche sociali, ma era anche fondata su un bilancio infrannuale illecitamente redatto per plurime violazioni dei principi di chiarezza, verità e prudenza nonché degli altri principi in materia di bilancio. I ricorrenti avevano anche sostenuto che le illegittimità del precedente bilancio annuale oggetto di precedente e autonoma impugnazione si era propagato sul bilancio infrannuale e, quindi, sulla deliberazione oggetto di impugnazione che, peraltro, doveva essere annullata anche perché espressione di un abuso della maggioranza a danno della minoranza. Il Tribunale di Napoli aveva emesso una sentenza con la quale aveva rigettato le domande proposte dal momento che esisteva una clausola arbitrale statutaria tempestivamente eccepita avverso la quale i ricorrenti avevano proposto regolamento di competenza. Peraltro, il Tribunale aveva scritto nella sentenza che la domanda doveva essere rigettata perché «la questione relativa alla sussistenza di un arbitrato è di merito e non di competenza». Clausola compromissoria e incompetenza . Orbene, in primo luogo, l’ordinanza della Suprema Corte ritiene che il regolamento di competenza era lo strumento che correttamente doveva essere utilizzato nel caso di specie. Ed infatti, il giudizio ordinario di cognizione davanti al Tribunale di Napoli era stato promosso sicuramente dopo l’entrata in vigore della riforma del diritto dell’arbitrato ad opera del d.lgs. 40/2006. Ond’è che - ai fini che qui più interessano - deve trovare applicazione l’articolo 819- ter c.p.c. dedicato, per l’appunto, ai rapporti tra arbitro e giudice statale che prevede la sottoponibilità al regolamento di competenza e non già all’appello come avrebbero voluto i resistenti della sentenza con la quale il giudice «afferma o nega la propria competenza». Una formula quella utilizzata dal legislatore che aveva consentito di affermare a molti che la questione dell’esistenza di una clausola compromissoria e che la Cassazione aveva - prima della riforma affermato essere di merito fosse o, quantomeno, fosse da trattare come una questione di competenza pur senza possibilità di applicare la translatio iudicii espressamente esclusa dal secondo comma dell’articolo 819- ter c.p.c. . Declinatoria e non improponibilità . In ogni caso - precisa la Corte di Cassazione - il giudice che neghi la propria competenza a causa dell’esistenza di un patto arbitrale deve rendere una «pronuncia declinatoria della competenza a favore degli arbitri» e non già una pronuncia che dichiara l’improponibilità della domanda. Ecco allora che - in continuità con l’orientamento successivo all’entrata in vigore della riforma del 2006 il principio di diritto ricavabile è quello per cui «qualora il giudice di merito, ignorando la qualificazione, data dell'articolo 819- ter c.p.c. nel senso di rapporto di competenza, al rapporto fra giudice ordinario ed arbitri quando la controversia sia stata introdotta davanti al primo, dichiari improponibile la domanda, la pronuncia dev'essere intesa come pronuncia declinatoria della competenza a favore degli arbitri ed è pertanto correttamente impugnata con il regolamento necessario di competenza». Delibera assembleare tra diritti disponibili e indisponibili . L’ordinanza in esame merita di essere segnalata anche perché interviene nel classico dilemma relativo alla arbitrabilità o no delle impugnazioni delle delibere assembleari specialmente tutte le volte in cui vengono in rilievo norme inderogabili quali quelle che presiedono alla formazione del bilancio. Ebbene, per la Suprema Corte il Tribunale ha errato nel pronunciare la propria incompetenza senza aver valutato - sulla base della sola prospettazione dei motivi di impugnazione della delibera e, quindi, senza scendere nel merito degli stessi - se la lamentata violazione di quelle norme convocazione dell’assemblea da parte di chi non aveva cariche sociali, chiarezza del bilancio e uso di riserve aveva come effetto quello di coinvolgere l’applicazione di norme inderogabili poste a tutela dell’intesse generale e, quindi, sostanzialmente inarbitrabili. La posizione assunta dalla Suprema Corte, in definitiva, quindi, si pone senza soluzione di continuità rispetto all’orientamento giurisprudenziale che, per l’appunto, nega l’arbitrabilità delle controversie tutte le volte in cui vengano in considerazione interessi generali anche laddove a loro tutela non sia previsto l’intervento del pubblico ministero e che rappresenta un indice - ancorché non determinante - della natura indisponibile del diritto .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 25 gennaio - 30 ottobre 2012, numero 18671 Presidente Salmè – Relatore Ragonesi Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato alla S.E.N. s.p.a. in data 29 gennaio 2010, A B. oltre agli altri odierni ricorrenti riportati in epigrafe hanno dedotto che 1 b.g. era nudo proprietario di 369.280 azioni ordinarie della società convenuta, gravate da usufrutto in favore di B.A. , là dove Gi. , B.L. e C. erano nude proprietarie ciascuna di numero 48.166 azioni ordinarie della società, pari complessivamente al 5,001% del capitale sociale, anch'esse gravate da usufrutto in favore dell'ing. B.A. 2 con delibera del 29 dicembre 2009 l'assemblea straordinaria della SEN aveva deliberato a maggioranza, assenti gli impugnanti a di azzerare tutte le perdite, pari a Euro 1.003.251,89, mediante l'integrale utilizzo delle riserva utili investiti per Euro 219.494,18, l'integrale utilizzo della riserva fondo contributi per Euro 435.578,00 ed il parziale utilizzo della riserva di rivalutazione l. 413/91 per Euro 348.179,44 b di aumentare gratuitamente il capitale sociale da Euro 1.502.800,00 ad Euro 2.023.000,00, mediante imputazione di parte della riserva disponibile riserva di rivalutazione c di aumentare a pagamento, al valore nominale, il capitale sociale, nella misura di Euro 1.011.500,00 mediante versamenti in danaro con emissione di Euro 1.445.000 nuove azioni, ciascuna del valore nominale di Euro 0,70, con termine al 10 febbraio 2010 per l'esercizio del diritto di opzione da parte dei soci e contestuale versamento dell'intero importo Proseguivano gli attuali ricorrenti che la delibera era stata assunta in base ad un bilancio infrannuale al 30 settembre 2009, comprensivo di nota integrativa, approvato dal consiglio di amministrazione il 1 dicembre 2009 e corredato di relazione sulla gestione. Secondo i ricorrenti, la delibera del 29 dicembre 2009 era invalida per le seguenti ragioni a - perché le deliberazioni in essa contenute erano state assunte da un'assemblea i cui atti preparatori, ossia la convocazione, la proposta di delibera, il bilancio straordinario, l'allegata relazione sulla gestione, erano stati compiuti da soggetti privi di cariche sociali b perché le deliberazioni in questione erano fondate su un bilancio infrannuale illecitamente redatto per plurime violazioni dei principi di chiarezza, verità e prudenza nonché degli altri principi generali in materia di bilancio bilancio infrannuale al quale, peraltro, si erano propagati, in virtù del principio di continuità che ne ha presidiato la redazione, tutti i vizi che inficiavanono il bilancio al 31 dicembre 2008, oggetto di autonoma impugnazione, tuttora pendente c perché le deliberazioni, nel ripianare le perdite, avevano illecitamente impiegato le c.d. riserve di rivalutazione monetaria d perché esse erano frutto di un disegno abusivo dei soci titolari della porzione di maggioranza del capitale, i quali avevano assunto la delibera al solo scopo di pregiudicare la posizione della parte minoritaria della compagine sociale. Instavano pertanto per la declaratoria di nullità della delibera assembleare in data 29/12/09 e domande conseguenti o subordinate. Si costituiva in giudizio la società convenuta, che contestava le domande in fatto ed in diritto. Con sentenza numero 7638/2010 del 9/6/10-5/7/10 il Tribunale di Napoli, tenuto conto della clausola compromissoria ex articolo 37 dello statuto della società, riteneva la controversia rientrante nell'ambito di applicazione della suddetta clausola, concludendo per il rigetto delle domande sull'assunto che la questione relativa alla sussistenza di un arbitrato è di merito e non di competenza . Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per regolamento di competenza notificato in data 28/9/10 B.A. e gli altri ricorrenti di cui in epigrafe chiedendo che questa Corte dichiari la competenza del Tribunale di Napoli a decidere la causa numero 2958/2010 R.G., oggetto del presente giudizio. La S.E.N. s.p.a. ha presentato una memoria, con la quale, dopo aver dedotto la improponibilità dell'istanza trattandosi di sentenza appellabile , si conclude per il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Il Procuratore generale, ai sensi dell'articolo 380 ter cpc, si è pronunciato per l'inammissibilità del ricorso. Motivi della decisione Con l'istanza si deducono i seguenti motivi 1 violazione dell'articolo 819 ter c.p.c., poiché l’allegazione difensiva del convenuto che ha sostanziato l’eccezione di incompetenza in ragione della convenzione di arbitrato non contiene alcun riferimento al criterio di competenza infine selezionato 2 vizi motivazionali diretti a censurare l'assunto del tribunale secondo cui la delibera assembleare impugnata non avrebbe per oggetto diritti indisponibili, rimanendo così le relative questioni fuori dell'ambito di applicabilità della clausola compromissoria 3 vizi motivazionali in ordine alla nullità delle delibere impugnate. Va premesso che, come risulta dalla comparsa di risposta, le cui conclusioni sono stare trascritte nella memoria difensiva della SEN nonché dalle conclusioni riportate in sentenza,la resistente ha tempestivamente sollevato l'eccezione d'incompetenza del Tribunale di Napoli in ragione della clausola compromissoria. Ciò posto,il presente giudizio innanzi al giudice ordinario, in cui è stata sollevata la questione di competenza è stato introdotto, come si desume dallo stesso provvedimento impugnato, dopo il 2 marzo 2006, sicché ad esso trova applicazione la disposizione di cui all'articolo 819 ter. A tale proposito le Sezioni Unite di questa Corte Cass., S.U. numero 19047/10 hanno chiarito che, nell'ipotesi in cui la sentenza del giudice abbia risolto una questione di deferibilità della controversia agli arbitri, ma nessun procedimento arbitrale sia ancora iniziato, ne1 prima né dopo il 2 marzo 2006, non può trovare applicazione la norma transitoria di cui al D.Lgs. numero 40 del 2006, articolo 27, comma 4 Le disposizioni degli articolo 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto , in quanto tale norma fa riferimento solo alla pendenza dei procedimenti arbitrali ma non anche all'ipotesi di pendenza di giudizio innanzi al giudice ordinario,ma operano i principi generali della perpetuano iurisdictionis e tempus regit actum Cass. 24082/10 . In relazione a tali principi generali applicabili al caso di specie, è stato ritenuto che l'articolo 819 ter, là dove ha qualificato la questione in discorso come questione di competenza allorquando si pone dinanzi al Giudice, ha determinato ai sensi dell'articolo 5 c.p.c., un mutamento della legge regolatrice della disciplina della competenza. Da ciò discende che la norma dell'articolo 819 ter c.p.c., trova applicazione nei giudizi introdotti dinanzi al Giudice con domanda a far tempo dal 2 marzo 2006 data di entrata in vigore della norma , come avvenuto nel caso di specie, mentre non trova applicazione ai giudizi pendenti dinanzi al Giudice all'atto della sua entrata in vigore, Cass. 21926/08 . A tale proposito è stato ulteriormente osservato che “la conferma dell'applicabilità dell'articolo 819 ter c.p.c., solo ai giudizi iniziati dinanzi all'autorità giudiziaria dopo la sua entrata in vigore, del resto si coglie anche sulla base di altri elementi, che potrebbero essere decisivi in via autonoma il primo dei quali è che il legislatore delegato, nel D.Lgs. numero 40 del 2006, articolo 27, dedicato alle norme transitorie, ha ritenuto stranamente di dettare a proposito della norma dell'articolo 819 ter, una norma transitoria espressa che dispone l'applicabilità della norma che ha introdotto detto articolo D.Lgs. articolo 23 ai procedimenti arbitrali iniziati successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. cioè al 2 marzo 2006 e, quindi, nella sostanza esclude che possa applicarsi a procedimenti arbitrali pendenti Cass. 21926/08 . Chiarito quanto sopra in ordine alla applicabilità nel caso di specie dell'articolo 819 ter cp, va rilevato che la ricorrente ha esattamente impugnato la sentenza considerandola come dichiarativa della incompetenza dell'A.G.O. e della sussistenza della competenza arbitrale, ancorché il Tribunale, abbia palesemente ignorato l'articolo 819 - ter c.p.c. applicabile, come detto, ratione temporis alla controversia, iniziata nella sua vigenza e la qualificazione da esso introdotta del rapporto fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione arbitrale nel senso della competenza, ed abbia conseguentemente dichiarato l'improponibilità della domanda facendo applicazione della normativa antecedente alla entrata in vigore del decreto legislativo numero 40 del 2006 Cass. 17019/11 . In tal caso infatti, la pronuncia dev'essere intesa come pronuncia declinatoria della competenza a favore degli arbitri ed è stata pertanto correttamente impugnata con il regolamento necessario di competenza Cass. 17019/11 . Venendo ora all'accertamento della competenza,va rammentato che la competenza per materia si determina, ai sensi dell'articolo 10 cod.proc.civ. dettato per la competenza per valore ma esprimente un principio generale e, come tale, applicabile anche in riferimento agli altri tipi di competenza , con criterio a priori , secondo la prospettazione fornita dall'attore nella domanda. Cass. 1122/07 . Pertanto, nella individuazione dei criteri per affermare la competenza indicata dall'attore o per disattendere l'eccezione sollevata dal convenuto occorre prendere le mosse dalla prospettazione che lo stesso attore offre della propria domanda in tal guisa fornendo un quadro indicativo e non vincolante ma nondimeno rilevante ai fini della decisione del giudice del merito che può svolgere una istruzione sommaria e della Corte regolatrice che deve limitare il suo scrutinio agli atti . Cass. 20718/09 Cass. nnumero 18040, 7586, 5125 e 1122 del 2007 . E le volte in cui la prospettazione sia non solo immune da sospetti di una pretestuosa preordinazione al fine di radicare una indebita competenza ma anche oggettivamente plausibile, non può negarsi ad essa rilevanza decisiva al solo fine di individuare un regime giuridico o una qualificazione negoziale assunti a presupposti della scelta di radicare la lite innanzi ad un certo giudice Cass. numero 8214 del 2009 e Cass. numero 11415 del 2007, Cass. 4-8-2005 numero 16404, Cass. 26-9-1995 numero 10188 . Nel caso di specie, la prospettazione della nullità delle delibere assembleari per violazione di norme inderogabili appariva, al di là della sua fondatezza o meno, oggettivamente plausibile. Va a tale proposito premesso che nell'ambito dell'autonoma disciplina dell'invalidità delle deliberazioni dell'assemblea delle società per azioni - nella quale, con inversione dei principi comuni articolo 1418, 1441 cod. civ. , la regola generale è quella dell'annullabilità articolo 2377 cod. civ. - la previsione della nullità è limitata ai soli casi, disciplinati dall'articolo 2379 cod. civ., di impossibilità o illiceità dell'oggetto, che ricorrono quando il contenuto della deliberazione contrasta con norme dettate a tutela degli interessi generali, che trascendono l'interesse del singolo socio, risultando dirette ad impedire deviazioni dallo scopo economico-pratico del rapporto di società e investono in sostanza diritti indisponibili. Cass. 15721/05 . In particolare, perché l'interesse possa essere qualificato come indisponibile è necessario che la sua protezione sia assicurata mediante la predisposizione di norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell'ordinamento svincolata da una qualsiasi iniziativa di parte, come, ad esempio, nel caso delle norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio, la cui inosservanza rende la delibera di approvazione illecita e, quindi, nulla Cass., sez. unumero , 21 febbraio 2000, numero 27 Cass. 2 gennaio 2003, Cass. numero 928, 29 aprile 2004, numero 8204 Cass. 18600/11 . Nel caso di specie il dedotto mancato rivestimento di cariche sociali da parte del soggetto che ha convocato l'assemblea potrebbe astrattamente integrare gli estremi della violazione dell’articolo 2379 ex e, quindi, della nullità della conseguente delibera. Parimenti, la dedotta violazione dei principi di chiarezza o di veridicità e correttezza del bilancio potrebbe anch'essa dar luogo ad una nullità comportante la violazione di diritti indisponibili Cass., sez. unumero , 21 febbraio 2000, numero 27/SU 2 gennaio 2003, numero 928, 29 aprile 2004, numero 8204 così come la dedotta violazione delle regole in ordine all'azzeramento del capitale sociale ed alla sua ricostituzione avvalendosi, in violazione di un divieto di legge, di riserve sociali non utilizzabili a tal fine, può astrattamente dar luogo a nullità per illiceità della delibera comportante la violazione di diritti inderogabili v. Cass. 8221/07 . La prospettazione della domanda dei ricorrenti, a prescindere dalle problematiche ad essa sottostanti derivanti in parte anche dalla nuova formulazione dell'articolo 2379 c.c. ed in parte da una ipotetica e dibattuta ristrutturazione della categoria dei diritti indisponibili in relazione alla nuova modulazione delle ipotesi di nullità, appare quindi prima facie investire plausibilmente la competenza del giudice ordinario e, pertanto, la valutazione che il tribunale era tenuto ad effettuare doveva incentrarsi soltanto sulla plausibilità di siffatta prospettazione e della sua non strumentante ai fini di uno sviamento della competenza, senza entrare nella complessa valutazione della fondatezza delle singole argomentazioni. Il regolamento va quindi accolto, la sentenza impugnata va conseguentemente cassata dovendosi dichiarare la competenza del Tribunale di Napoli.Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Accoglie il regolamento, cassa la sentenza impugnata e dichiara la competenza del Tribunale di Napoli. Condanna la resistente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.