Il lucernario, salvo che diversamente risulti dal titolo, è proprietà comune, dunque, è illegittima l'opera del privato condomino che ne elimini o soltanto riduca l'utilità prestata a scapito di tutti i condomini ed a proprio esclusivo beneficio. Ciascun condomino è legittimato a proporre le azioni a difesa della proprietà comune senza necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini con unica eccezione nel caso in cui si metta in discussione la natura condominiale del cespite.
Il Caso. Il proprietario di un appartamento facente parte di un complesso condominiale conveniva in giudizio un altro condomino affinché fosse condannato alla rimozione di lavori eseguiti sulla proprietà comune e, conseguentemente, condannato a risarcire i danni. Il tribunale adito, accoglieva parzialmente la domanda, infatti, riconosceva la proprietà esclusiva delle scale in favore del convenuto e osservava che il solaio, con cui le due rampe erano state collegate, occupava il lucernario di proprietà comune. Dunque, il predetto manufatto cementizio limitava la funzione propria del lucernario accesso alla luce e all'aria e sottraeva alla parte comune spazi e utilità, pertanto doveva essere eliminato. Per conseguenza diretta, parte convenuta veniva condannata a risarcire i danni. Detta decisione veniva confermata dalla corte d'appello. Parte soccombente proponeva ricorso per cassazione, parte attrice resisteva. No alle opere sulla proprietà privata che danneggino le parti comuni dell'edificio. Il convenuto sosteneva che il giudice d'appello aveva erroneamente regolato la vicenda incorrendo in falsa applicazione dell'articolo 1122 c.c. perché, a suo dire, il regolamento condominiale autorizzava preventivamente le opere oggetto di contesa allorquando, testualmente, statuiva è facoltà dei proprietari di IV e V piano di installare a propria cura, spese e responsabilità, elementi fissi di separazione in ferro o muratura al confine tra le parti ad uso comune e quelle ad uso esclusivo . La doglianza, ha osservato la S.C., è infondata, infatti, il regolamento condominiale, al più, autorizzava la costruzione sul confine e, di certo, non autorizzava l'occupazione di una parte comune. Dunque, effettivamente è stato violato l'articolo 1122 c.c. atteso che il ricorrente pur ancorando il solaio alla sua proprietà esclusiva scale occupava il lucernario, dunque occupava e limitava fattivamente l'utilizzo della proprietà comune. Un significativo precedente. A tal proposito, pare pertinente richiamare per estratto Cass. Civ. numero 15763/2004 «In tema di condominio degli edifici, l'obbligo assunto dai singoli condomini in sede di approvazione del regolamento contrattuale, di non eseguire sul piano o sulla porzione di piano di proprietà esclusiva attività che rechino danno alle parti comuni ha natura di obbligazione propter rem , la cui violazione, pur se protratta oltre venti anni, non determina l'estinzione del rapporto obbligatorio e dell'impegno a tenere un comportamento conforme a quello imposto dal regolamento onde è sempre deducibile, stante il carattere permanente della violazione, il diritto degli altri condomini di esigere l'osservanza di detto comportamento, potendosi prescrivere soltanto il diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione dell'obbligo in questione» . Uso delle parti comuni e risarcimento dei danni. Parte ricorrente contestava la decisione della corte territoriale nella parte in cui l'aveva condannata a risarcire i danni scaturenti dall'illegittima utilizzo della parte comune ed in particolare dalla limitazione di accesso alla luce ed all'aria. Il convenuto, sotto questo profilo, osservava che l'accesso a luce ed aria era comunque limitato dalla presenza nel lucernario della cabina ascensore che, tra l'altro, era ancorata al solaio oggetto di contesa. Deduceva ancora che l'ancoraggio consapevole dell'ascensore bene-servizio comune al solaio, determinava tacita accettazione da parte dei condomini della compressione del diritto sulla proprietà comune. Detto motivo d'opposizione, ha osservato la corte di legittimità, è stato formulato dando per scontato che il solaio fosse stato costruito per ancorare l'ascensore ma tale circostanza non è stata provata in giudizio, come anche non è mai stato oggetto di contesa processuale la condotta consapevole o acquiescente delle parti. Dunque, il motivo è inammissibile. In ogni caso, la S.C., ha chiarito che è correttamente motivata la condanna al risarcimento decisa dalla corte territoriale quale ristoro non per l'esclusione ma per la semplice riduzione dell'accesso all'aria ed alla luce scaturente dalla illegittima installazione del solaio. Nel giudizio che ha ad oggetto una parte comune non sono parte necessaria tutti i condomini. Parte ricorrente osservava che attore e convenuto erano soltanto due dei condomini costituenti il condominio, dunque, vertendo la causa in materia di uso delle parti comuni, doveva disporsi l'integrazione del contraddittorio in favore di tutti gli altri condomini. Sotto questo profilo, i giudici di legittimità hanno osservato che per consolidata giurisprudenza «In tema di condominio, ciascun partecipante è legittimato a proporre le azioni a difesa della proprietà della cosa comune senza necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini salvo che la controparte non si limiti a negare la situazione soggettiva dell'attore, ma opponga la proprietà esclusiva del bene contestando il diritto di tutti i condomini, sicché la controversia riguardi l'esistenza stessa della condominialità e pertanto un rapporto soggettivo unico ed inscindibile, nel qual caso è necessaria la presenza nel processo anche degli altri condomini, dovendo la pronuncia avere effetto nei confronti di tutti.» Cass. numero 8531/1994 . In definitiva, la Cassazione ha integralmente rigettato l'opposizione, imputando le spese secondo il principio della soccombenza.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 luglio – 20 settembre 2012, numero 15848 Presidente Triola – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - B D.C. , proprietario di un appartamento nello stabile condominiale sito in omissis , conveniva in giudizio L B. , proprietario degli appartamenti al quarto e quinto piano dello stesso stabile, per sentirlo condannare alla demolizione di varie opere asseritamente realizzate in modo illegittimo in occasione dei lavori di ristrutturazione dell'edificio condominiale, oltre al risarcimento dei danni. 1.1. - All'esito dell'istruttoria, concentratasi nell'espletamento di consulenza tecnica d'ufficio, l'adito Tribunale di Roma accoglieva la domanda attorea limitatamente alla richiesta rimozione del solaio, costruito come intermedio alle scale, con eliminazione del lucernario ed acquisizione della proprietà condominiale. 2. - Proponeva appello il B. , che, però, veniva rigettato dalla Corte di appello di Roma con sentenza resa pubblica il 15 febbraio 2006. 2.1. - La Corte territoriale, date per pacifiche le circostanze secondo cui il B. - proprietario indiscusso del pianerottolo del quarto piano, dei lastrici solari e delle terrazze di copertura del quarto e quinto piano, delle scale di raccordo tra i due piani - aveva sostituito la vecchia struttura del lucernario con una nuova ed aveva ricavato al quinto piano una superficie all'interno del vano scale mediante la costruzione di un solaio, con ciò riducendo la funzione originaria del lucernario a quella di dar luce alla sola porzione di superficie cosi ricavata , riteneva che ciò costituisse violazione dell'articolo 1122 cod. civ. e non già dell'articolo 1127 cod. civ., come erroneamente opinato dal primo giudice, nonostante poi lo stesso avesse fondatamente sostanziato la tutela dei condomini rispetto alla situazione di fatto derivata dalle nuove opere anche nella diminuzione di luce a causa della costruzione della soletta , posto che era circostanza altrettanto indiscutibile che il lucernario fungesse da copertura del vano scale di tutto l'immobile , con le funzioni sue proprie di apportare aria e luce alla tromba delle scale . Escludeva, poi, la Corte di appello che il danno potesse reputarsi insussistente per il solo fatto dell'installazione dell'ascensore nella tromba delle scale, con conseguente diminuzione del godimento della luce proveniente dal lucernario, giacché la volontaria compressione del detto diritto per un'utilità comune non significa una rinuncia a beneficiare del residuo godimento del diritto stesso come conseguenza non di una decisione adottata con le debite maggioranze ma per una distorta interpretazione delle facoltà proprie del proprietario da parte del B. . Il giudice del gravame, infine, riteneva inutile disporre nuova consulenza tecnica d'ufficio, posto che non emergeva da alcun atto o comunque verbale condominiale che il nuovo solaio sia stato costruito per ancorare l'ascensore , né siffatta circostanza era stata oggetto di richieste specifiche o di contestazioni in sede di consulenza tecnica d'ufficio espletata in primo grado. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre B.L. , affidando le sorti dell'impugnazione a tre motivi, illustrati da successiva memoria. Resiste con controricorso B D.C. . Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo è prospettata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1122 cod. civ., ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ Ci si duole dell'erronea applicazione dell'articolo 1122 cod. civ. fatta dal giudice di appello, giacché il solaio in questione era stato realizzato da esso ricorrente come consentitogli dal regolamento condominiale , il cui articolo 5 precisava, tra l'altro, che era data facoltà ai proprie tari di IV e V piano di installare, a propria cura, spese e responsabilità, elementi fissi di separazione in ferro o muratura al confine tra le parti ad uso comune e quelle ad uso esclusivo . Sicché, oltre alla proprietà esclusiva del vano scala e della colonna centrale d'aria, il regolamento condominiale concederebbe inoltre il diritto alla chiusura in muratura del vano scale di proprietà, e la conseguente copertura del lucernario sovrastante . La Corte territoriale non avrebbe quindi tenuto conto delle disposizioni del regolamento di condominio, con ciò violando l'articolo 1122 cod. civ. ed omettendo di motivare su un punto decisivo. 1. - Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha, invero, tenuto presente la deduzione dell'appellante in ordine all'esistenza del regolamento di condominio ed alla disciplina recata dal suo articolo 5, ma a fronte di ciò ha ritenuto anzitutto che detta norma convenzionale attribuisse al medesimo appellante la proprietà, tra l'altro, delle scale di raccordo tra i due piani , cosi evidentemente da intendersi il riferimento al vano scala ricomprendente la rampa di collegamento tra IV e V piano . La stessa Corte è, quindi, pervenuta alla conclusione che, in ragione della funzione svolta dal lucernario - il quale copriva il vano scale di tutto l'immobile e la cui preesistenza ai lavori oggetto di controversia è pacifica - di apportare aria e luce alla tromba delle scale , la costruzione del solaio ricavato nel vano scale del V piano avesse tolto al lucernario la funzione detta , con la conseguenza che ciò costituiva violazione dell'articolo 1122 cod. civ. e, dunque, esecuzione, da parte del B. , condomino proprietario dei piani IV e V, di opere recanti danno ad una parte comune dell'edificio. Sicché, come si ricava implicitamente, ma in modo in equivoco, dal complesso della motivazione, il giudice di appello, nel ritenere di proprietà comune la tromba delle scale ovvero il relativo vano, esclusa la porzione di raccordo tra i piani anzidetti , ha evidentemente negato che potesse configurarsi, anche in virtù di quanto disposto dal regolamento condominiale, una facoltà del proprietario di detti piani di pervenire alla chiusura non già del perimetro delle scale di proprietà esclusiva, ma della tromba delle scale, la quale, essendo di proprietà comune, segnava, per l'appunto, il confine con quelle di proprietà del singolo condomino. Siffatta conclusione è in linea, del resto, con il principio, enunciato da Cass., sez. II, 4 agosto 1977, numero 3486, secondo cui, in un edificio condominiale, l'area costituita dalla proiezione delle scale, sulle verticali in alto e in basso, si presume comune, a norma dell'articolo 1117 cod. civ., e tale presunzione può essere vinta soltanto da un titolo contrario, il quale non è ravvisatile nella generica riserva dell'originario proprietario di apportare al fabbricato le modifiche murarie che avesse ritenuto opportune, contenuta nel regolamento condominiale . Trattasi, dunque, di ragionamento giuridicamente corretto, in forza di una motivazione sufficiente e plausibile, la quale non incorre nei vizi logici e giuridici prospettati. 2. - Con il secondo mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dello stesso articolo 1122 cod. civ., nonché vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. Il ricorrente deduce, in via subordinata, che la sentenza impugnata, anche a voler prescindere dal diritto di esso proprietario scaturente dal citato articolo 5 del regolamento condominiale, non avrebbe valutato l'inesistenza del danno concreto alle parti comuni dell'edificio derivante da detta opera , giacché l'ostruzione all'illuminazione delle scale sarebbe derivata dalla posa in opera della cabina dell'ascensore, che si ancora proprio al solaio in contestazione . Non sarebbe, infatti, spiegato il perché l'ascensore avrebbe determinato soltanto una diminuzione del godimento della luce , posto che esso si aggancia al solaio in contestazione e l'ancoraggio ad una base di appoggio, che non può essere costituita da spazi di proprietà esclusiva, è elemento logico ancor prima che giuridico. Sicché, tale solaio di appoggio dell'ascensore condominiale non poteva che essere posizionato al confine tra la proprietà comune e quella esclusiva , posto che la proprietà esclusiva di esso ricorrente si dipartiva dal quarto piano in su, verso il lucernario . La Corte di appello non avrebbe, quindi, considerato la presenza di un'opera condominiale che ostruisce completamente il passaggio della luce, omettendo, al riguardo, di disporre ogni accertamento tecnico , altresì motivando solo genericamente in ordine alla circostanza della mera diminuzione nel godimento della luce proveniente dal lucernario. 2.1. - Il motivo è inammissibile. Esso, infatti, manca di censurare l'effettiva ratio decidendi che sorregge la sentenza impugnata, la quale si impernia su due argomenti tra loro connessi e sui quali il ricorso non adduce congruenti censure. Si tratta sia dell'affermazione sull'assenza di prova che il solaio venne costruito per ancorare l'ascensore, nonché quella per cui, una volta eretto il solaio, il lucernario ha dato luce unicamente al solaio stesso. Di qui, l'inferenza, da parte del giudice del gravame, sulla non compatibilità tra volontaria compressione del diritto al godimento della luce per un'utilità comune e la rinuncia a beneficiare del residuo godimento del diritto stesso come conseguenza non di una decisione adottata con le debite maggioranze ma per una distorta interpretazione delle facoltà proprie del proprietario . In definitiva, la Corte territoriale ha evidenziato che non vi era rapporto alcuno tra solaio, costruito non già per volontà condominiale, ed ancoraggio dell'ascensore e che, comunque, dalla costruzione del solaio ogni residuo godimento della luce, quale utilità comune, è venuto, illegittimamente, meno. Le censure del ricorrente colgono, invece, una prospettiva non pertinente, insistendo sulle conseguenze derivanti dall'ancoraggio dell'ascensore al solaio, come se la costruzione di quest'ultimo fosse stata funzionale al primo in ragione di una presupposta volontà condominiale. 3. - Con il terzo mezzo è dedotta violazione e falsa applicazione degli articolo 102, 331 e 354 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 4, cod. proc. civ Si duole il B. che, né in primo, né in secondo grado, sia stata disposta l'integrazione necessaria del contraddittorio con tutti i condomini, posto che la questione della demolizione del solaio realizzato da esso ricorrente aveva ad oggetto l'accertamento della esistenza o meno di un suo diritto di proprietà esclusivo ad un contrapposto diritto condominiale e la verifica del rispetto o meno, da parte dello stesso, dei diritti di utilizzo delle cose comuni quali il lucernario degli altri partecipanti al condominio e/o della imposizione di servitù e/o pesi sulla proprietà comune . La sentenza, sotto il profilo dell'accertamento della proprietà esclusiva della colonna centrale d'aria come del diritto alla copertura del lucernaio , avrebbe inciso anche sui condomini pretermessi. Di qui, la nullità dei giudizi di primo e secondo grado e la necessità di cassare la sentenza impugnata con rimessione della causa al giudice di primo grado per l'integrazione del contraddittorio con tutti i condomini. 3.1. - Il motivo è infondato. 3.1.1. - Il presupposto da cui esso muove è che sarebbe stata necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini dello stabile interessato in ragione della questione, fatta oggetto di cognizione, dell'accertamento della proprietà esclusiva di cose comuni in favore dello stesso B. . E a ciò, per l'appunto, fa riferimento il ricorrente evocando l'accertamento della proprietà esclusiva della colonna centrale d'aria e del diritto alla copertura del lucernario . E, del resto, in tal senso, lo stesso B. richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di condominio, ciascun partecipante è legittimato a proporre le azioni a difesa della proprietà della cosa comune senza necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini salvo che la controparte non si limiti a negare la situazione soggettiva dell'attore, ma opponga la proprietà esclusiva del bene contestando il diritto di tutti i condomini, sicché la controversia riguardi l'esistenza stessa della condominialità e pertanto un rapporto soggettivo unico ed inscindibile, nel qual caso è necessaria la presenza nel processo anche degli altri condomini, dovendo la pronuncia avere effetto nei confronti di tutti Cass., sez. II, 19 ottobre 1994, numero 8531 . 3.1.2. - Risulta, però, in atti - ai quali la Corte ha accesso in ragione della natura, processuale, del vizio denunciato - che nel giudizio sorto per iniziativa del D.C. che ha proposto domanda di condanna del B. alla rimozione delle opere realizzate nello stabile condominiale con pregiudizio alle parti comuni ed al risarcimento dei danni il B. si è limitato a contrastare la pretesa dell'attore, della quale ha soltanto chiesto la reiezione, senza a sua volta instare, in via riconvenzionale, per l'accertamento né, comunque, azionando qualsivoglia altra pretesa in suo favore della proprietà esclusiva di cose comuni cfr. comparsa di costituzione in primo grado là dove un'eventuale proposizione per la prima volta in appello sarebbe stata comunque da ritenersi inammissibile, giacché in violazione dell'articolo 345 cod. proc. civ. . Nessuna necessità di integrazione del contraddittorio si poneva, dunque, nella presente controversia. 4. - Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente B.L. al pagamento delle spese del grado in favore del controricorrente B D.C. , che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.