Nel procedimento per l’esecuzione in Italia delle decisioni in materia civile e commerciale, disciplinato dal Regolamento CE numero 44/2001, il rimedio previsto dall’articolo 43 avverso il decreto con cui la Corte d’Appello ha accolto l’istanza volta ad ottenere la dichiarazione di esecutività della sentenza straniera non deve rivestire la forma del ricorso, ma quella della citazione a udienza fissa. Tuttavia l’impugnazione del decreto con ricorso non determina l’inammissibilità della domanda, a condizione che la notifica dell’atto e del decreto di fissazione dell’udienza abbia luogo nel termine perentorio di 30 giorni previsto dall’articolo 43, comma 5, del Regolamento CE numero 44/2001.
Il caso. La Corte d’Appello di Roma su istanza della Commissione delle Comunità Europee, dichiarava esecutiva in Italia, ai sensi degli articolo 38 e ss. del Regolamento CE numero 44/2001, la sentenza emessa da un Tribunale portoghese con cui un italiano, veniva riconosciuto colpevole del reato ascrittogli e condannato a pena detentiva, oltre che al pagamento di un’ingente somma di denaro in favore del predetto Organo europeo, costituitosi parte civile. Contro il suddetto provvedimento il cittadino italiano proponeva opposizione, ma la Corte d’appello la dichiarava inammissibile in quanto, la domanda non era stata proposta con atto di citazione ma con ricorso che veniva tardivamente notificato alla controparte, cioè, dopo la scadenza del termine di trenta giorni stabilito dall’articolo 43, comma 5 del Regolamento CE numero 44/2001. L’italiano, non soddisfatto dell’esito del giudizio, proponeva articolato ricorso per cassazione e la Commissione delle Comunità Europee resisteva con apposito controricorso. Il ricorrente eccepiva la nullità della decisione della Corte d’Appello per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa in quanto gli era stato precluso di esperire l’opposizione con ricorso, piuttosto che con atto di citazione. Nel caso di specie non si può parlare di nullità della decisione. Secondo i giudici di legittimità, in tema di violazione dei principi richiamati dal ricorrente, non è configurabile la nullità della sentenza nel caso di omessa indicazione alle parti di una questione di diritto, rilevata d’ufficio e su cui la decisione si fondi, nel momento in cui tale questione attenga a risvolti processuali e, quindi, ad ambiti che non comportano nuovi sviluppi della lite, purché on esorbiti dal thema decidendum. L’opposizione è ammissibile se proposta con ricorso depositato entro 30 giorni? Con riferimento alla tempestività della domanda il cittadino italiano sosteneva che l’opposizione doveva intendersi validamente instaurata con il tempestivo deposito del ricorso in cancelleria, avvenuto nei trenta giorni richiesti dalla normativa. Ciò in considerazione del fatto che era in quel momento che la domanda giudiziale doveva intendersi tempestivamente proposta. Ad ogni modo - afferma il ricorrente - l’irritualità dell’atto introduttivo doveva determinare al massimo la nullità del ricorso e non la sua inammissibilità in quanto, la nullità poteva ritenersi sanata alla stregua dei principi generali vigenti nel nostro ordinamento e, segnatamente, per il conseguimento dello scopo tramite il deposito tempestivo dell’atto. No, anche se l’inammissibilità non riguarda la forma della domanda, ma il rispetto del termine di 30 giorni L’inammissibilità dell’opposizione - chiarisce la Corte - non è stata riferita a nullità per difetto di forma dell’atto giudiziale, ma alla tardività della notificazione di tale atto perché avvenuta dopo la scadenza del termine di 30 giorni previsto dall’articolo 43, comma 5, del Regolamento CE numero 44/2001. In riferimento, invece, alle doglianze inerenti al tempestivo deposito del ricorso ai fini del rispetto del termine previsto, la Suprema Corte richiama un principio già enunciato in altre decisioni a mente del quale nel procedimento per l’esecuzione in Italia delle decisioni in materia civile e commerciale, il rimedio previsto dall’articolo 43 del Regolamento CE numero 44/2001 avverso il decreto con cui la Corte d’Appello abbia accolto l’istanza volta ad ottenere la dichiarazione di esecutività della sentenza straniera non deve rivestire la forma di ricorso, ma quella di citazione ad udienza fissa. entro il quale deve essere stata richiesta la notificata dell’atto introduttivo del giudizio. Tuttavia la proposizione della domanda con ricorso non determina l’inammissibilità della domanda, a condizione che la notifica dell’atto e del decreto di fissazione dell’udienza abbia luogo nel termine perentorio di 30 giorni previsto dall’articolo 43, comma 5, del Regolamento CE numero 44/2001. Non sussisteva nessun legittimo affidamento da tutelare in quanto non c’era alcun assetto giurisprudenziale consolidato. Il ricorrente sosteneva di aver aderito ad un indirizzo interpretativo dell’articolo 43 regolamento CE numero 44/2001, secondo il quale lo strumento per introdurre il giudizio di opposizione al decreto di esecutività della sentenza straniera era individuato nel ricorso e non nell’atto di citazione. Pertanto la Corte d’Appello anziché dichiarare inammissibile il ricorso avrebbe dovuto rimettere in termini l’istante incorso in decadenza in altri parole il cittadino italiano invocava l’applicazione del “prospective overruling”. Gli Ermellini disattendono altresì tale motivo in quanto, sulla questione processuale oggetto di ricorso non si è verificato nessun mutamento giurisprudenziale, reso imprevedibile dal carattere consolidato nel tempo del pregresso indirizzo tale cioè da consentire alla parte di beneficiare della rimessione in termini. Il termine di trenta giorni previsto dall’articolo 43 del Regolamento CE numero 44/2011 è perentorio. Sorti migliori non sono state riservata all’argomento secondo cui il termine di 30 giorni non sarebbe perentorio. Il comma 5 dell’articolo 43 del Regolamento CE numero 44/2001, prevede infatti, che “il ricorso contro la dichiarazione di esecutività deve essere proposto nel termine di un mese dalla notificazione della stessa”. Il tenore testuale della disposizione porta a ritenere - afferma la Corte - che si tratti di un termine perentorio e, pertanto, non può essere apprezzata la diversa conclusione cui è giunto il ricorrente. In via conclusiva la Suprema Corte ha rigettato il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 luglio – 30 luglio 2012, numero 13555 Presidente Luccioli – Relatore Giancola Svolgimento del processo Con decreto depositato il 14/10/2009 e notificato il 26/11/2009, la Corte di Appello di Roma, su istanza della Commissione delle Comunità Europee, ha dichiarato esecutiva in Italia, ai sensi degli articolo 38 e ss del Regolamento CE numero 44/2001, la sentenza emessa, in data 8.01.2004, dalla sezione mista del Tribunale portoghese di Funchal, con cui L B. , residente in Roma, riconosciuto colpevole del reato ascrittogli e condannato a pena detentiva, è stato anche condannato al pagamento, in solido con altri soggetti ed in favore della Commissione delle Comunità Europee, costituitasi parte civile, delle somme di Euro 710.160,00 e di Euro 680.640,00, oltre interessi. Con sentenza del 1-03-28.03.2011, la Corte di Appello di Roma, ha dichiarato inammissibile l'opposizione del B. ritenendo che essa fosse stata proposta non con atto di citazione ad udienza fissa ma con ricorso che, depositato in cancelleria il 22 dicembre 2009, era stato tardivamente notificato alla controparte il 5.02.2010, dopo la scadenza del termine di giorni 30, stabilito dall'articolo 43, comma 5, del Regolamento CE 44/2001 e decorrente dalla notificazione del suddetto decreto. La Corte ha, infine, condannato l'opponente alle spese di lite. Contro questa sentenza, notificatagli in data 19/07/2011, il B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi e notificato il 12.09.2011 alla Commissione delle Comunità Europee, che ha resistito con controricorso notificato il 20.10.2011. Il B. ha pure depositato memoria, con la quale anche eccepisce l'inammissibilità del controricorso per nullità della procura speciale apposta in calce a tale atto dalla Commissione controricorrente, che in tesi assume priva dei prescritti requisiti e segnatamente non legalizzata e non corredata di apostille, oltre che dell'attestazione del notaio straniero circa l'identità del sottoscrittore e l'apposizione della firma in sua presenza. Il ricorrente ha altresì presentato osservazioni scritte sulle conclusioni del Pubblico Ministero. Motivi della decisione Preliminarmente in rito va ritenuta l'ammissibilità del controricorso per essere stata validamente conferita ai difensori della Commissione delle Comunità Europee la prescritta procura speciale. Tale procura risulta del seguente tenore “PROCURA SPECIALE - Con la presente procura, io sottoscritto sig. L.R R. , nato ad omissis , in qualità di Direttore Generale del Servizio Giuridico della Commissione dell'Unione Europea, domiciliato per la carica presso .delego gli avvocati . unitamente e disgiuntamente. a rappresentare e difendere la Commissione dell'Unione Europea nel giudizio avanti alla Suprema Corte di Cassazione italiana, promosso dal sig. B.L. contro la Commissione dell'Unione Europea, per l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Roma, I Sezione Civile, numero 1303/2011 . Bruxelles, li 28.09.2011 e firmata dal conferente, accanto alla cui sottoscrizione il notaio belga ha apposto la seguente attestazione Authenticated by Mrs Daisy Dekegel Notary in Brussels Belgium for legalization/certification of the signature of Mr R.L.R. set on this document seguita dal luogo di redazione, parimenti indicato in Bruxelles, nonché dalla firma del notaio e dal suo sigillo. Se da un canto ai sensi degli articolo 1, 2 e 3 della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, relativa alla soppressione della legalizzazione di atti negli stati membri delle Comunità Europee, ratificata dall'Italia con legge 24 aprile 1990 numero 106 e dal Belgio il 16.12.1996, per gli atti notarili provenienti da tali stati è stata soppressa la necessità di legalizzazioni o apostille cfr anche comunicato in data 6.09.2011, del Ministero degli affari esteri , dall'altro il trascritto contenuto della scrittura privata e della relativa autenticazione notarile consente di desumere che la procura cui attengono sia stata rilasciata secondo la lex loci in forme equivalenti a quelle previste dalla legge italiana di diritto processuale articolo 12 della legge 31 maggio 1995, numero 218 ed in particolare che il conferente sia stato preventivamente identificato dal notaio belga e che in presenza di questo abbia apposto la sua sottoscrizione in calce al medesimo atto in tema, cfr Cass. SU numero 10312 del 2006 numero 16296 del 2007 numero 3410 del 2008 Cass. numero 12309 del 2007 . A sostegno del ricorso il B. denunzia 1. Nullità della sentenza e del procedimento ex articolo 101, II comma, c.p.c. - Violazione e falsa applicazione degli articolo 111, II comma, e 24 Cost. . Premesso che la Corte d'appello ha rilevato d'ufficio l'inammissibilità della sua opposizione, percorrendo la ed terza via , ossia sovrapponendo al dibattito processuale una questione mai sottoposta al controllo e alla discussione delle parti, sostiene che l'adottata decisione è nulla per violazione delle rubricate norme, del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, dal momento che gli è stato precluso di contrastare l'esperibilità dell'opposizione con ricorso piuttosto che con citazione. Chiede conclusivamente pure non essendo, ratione temporis, il ricorso soggetto alle prescrizioni di cui all'articolo 366 bis c.p.c. a questa Corte di dire se la Corte di Appello, rilevata d'ufficio l'inammissibilità del ricorso per tardiva notifica conseguente ad irrituale atto introduttivo, avrebbe dovuto, a pena di nullità, ai sensi dell'articolo 101, II comma, c.p.c. e conformemente ai principi di cui agli articolo 111 e 24 Cost., riservare la decisione assegnando alle parti un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione. Il motivo non è fondato. In tema di violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, non è configurabile la nullità della sentenza nel caso di omessa indicazione alle parti di una questione di diritto, rilevata d'ufficio e su cui la decisione si fondi, quando, come nella specie, tale questione sia d'indole esclusivamente processuale, attenendo alla doverosa verifica officiosa della corretta e tempestiva introduzione dell'azione, e, quindi, ad ambito che non comporta nuovi sviluppi della lite, non altera il quadro fattuale e non esorbita dal thema decidendum in tema, cfr Cass. SU numero 20935 del 2009 Cass., ord., numero 9591 del 2011 . 2. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 156, III comma, c.p.c. Sostiene che l'opposizione avrebbe dovuto intendersi validamente instaurata con il tempestivo deposito del ricorso in cancelleria non già con la notificazione alla controparte , giacché era in quel momento che la domanda giudiziale quale espressione del potere di agire in giudizio per far valere i propri diritti, diversa dalla costituzione del contraddittorio, che avviene con la comunicazione alla controparte della pendenza della lite doveva intendersi tempestivamente proposta. che l'irritualità dell'atto introduttivo, avrebbe potuto al più determinare la nullità del ricorso e non la sua inammissibilità e, quindi, la decadenza dal diritto della parte istante , nullità peraltro da ritenersi sanata alla stregua dei principi generali vigenti nel nostro ordinamento e segnatamente per il conseguimento dello scopo, tramite il deposito tempestivo del ricorso. Chiede conclusivamente a questa Corte di dire se la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare valida e tempestiva la domanda del ricorrente in quanto depositata nella cancelleria del giudice adito entro il termine di 30 giorni previsto dalla normativa comunitaria. Il motivo non ha pregio. Inammissibili per inconferenza si rivelano i prospettati rilievi inerenti alla nullità del depositato ricorso ed all'intervenuta sanatoria di tale vizio, giacché la statuita inammissibilità dell'opposizione non è stata riferita a nullità per difetto di forma dell'atto introduttivo ma alla tardività della notificazione di questo atto, in quanto avvenuta dopo la scadenza del termine prescritto dall'articolo 43 comma 5 del Regolamento CE numero 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, che determina la competenza giudiziaria, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale negli Stati membri dell'Unione Europea e che anche tra l'Italia e il Belgio ha sostituito la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ratificata con legge 21 giugno 1971 numero 804. Infondate, invece, si rivelano le censure inerenti alla sufficienza del tempestivo deposito del ricorso ai fini del rispetto del citato termine, avendo questa Corte già argomentatamente affermato cfr Cass. numero 253 del 2010 il condiviso principio di diritto secondo cui “Nel procedimento per l'esecuzione in Italia delle decisioni in materia civile e commerciale, disciplinato dal Regolamento CE numero 44/2001 del 22 dicembre 2000, il rimedio previsto dall'articolo 43 avverso il decreto con cui la corte d'appello abbia accolto l'istanza volta ad ottenere la dichiarazione di esecutività della sentenza straniera non deve rivestire la forma del ricorso, ma quella della citazione a udienza fissa, in tal senso deponendo, nonostante l'espressione utilizzata nel comma quinto dell'articolo 43, la natura contenziosa del procedimento, ordinato alla soluzione di un conflitto su diritti, e la finalità, perseguita dal Regolamento, di semplificare le formalità necessarie per assicurare in modo rapido il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni degli Stati membri. Pertanto, ai fini della verifica in ordine all'osservanza del termine perentorio stabilito dall'articolo 43, comma quinto, per l'impugnazione del decreto, occorre che nel predetto termine sia stata richiesta la notifica dell'atto introduttivo del giudizio, la cui proposizione nella forma del ricorso non determina tuttavia l'inammissibilità della domanda, a condizione che la notifica dell'atto e del decreto di fissazione dell'udienza abbia luogo nel termine perentorio”. D'altra parte i rilievi ed il richiamo giurisprudenziale Cass. SU numero 8491 del 2011 effettuati dal ricorrente non si rivelano atti a contrastare le ampie, puntuali e condivise ragioni, cui va fatto rinvio, sottese al trascritto principio, e, dunque, a mutare l'orientamento già espresso, anche in ordine alla necessità che, qualora l'opposizione sia stata impropriamente attuata con ricorso invece che con atto di citazione , la notificazione di tale ricorso col relativo decreto di fissazione dell'udienza debba intervenire nel rispetto rigoroso del termine imposto dal Regolamento, ragioni fondate sull'esegesi degli articolo 38 e ss di tale testo normativo e sui relativi considerando , le quali conclusivamente si sono risolte nella riaffermazione di noti principi e regole già presenti nella giurisprudenza di questa Corte formatasi nel vigore dell'analogo rimedio apprestato dalla Convenzione di Bruxelles del 1968. 3. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 153, II comma, c.p.c. . Sottolineato che, alla luce del principio costituzionale del giusto processo, deve escludersi che abbia rilevanza preclusiva l'errore della parte che abbia agito in sede di impugnazione facendo affidamento su una determinata interpretazione delle norme regolatrici del processo, vigente al tempo della proposizione dell'istanza e successivamente travolta da un mutamento di orientamento giurisprudenziale interpretativo, ed ancora che la sua iniziativa non può essere dichiarata inammissibile o improcedibile in base a forme e termini il cui rispetto non era richiesto al momento del deposito dell'atto di impugnazione, il B. sostiene che non può essere privato della possibilità di un giusto processo per aver incolpevolmente aderito ad un indirizzo interpretativo della disciplina comunitaria articolo 43 Reg.CE 44/2011 secondo il quale, conformemente a quanto previsto dalla lettera della norma, lo strumento per introdurre il giudizio di opposizione al decreto di esecutività della sentenza straniera era individuato nel ricorso e non nell'atto di citazione . Chiede conclusivamente a questa Corte di dire se la Corte di Appello, ai sensi dell'articolo 153, II comma, c.p.c, avrebbe dovuto rimettere in termini l'istante, asseritamente incorso in decadenza, anziché dichiarare inammissibile il ricorso. La tesi sostenuta dal ricorrente e per la quale sostanzialmente si invoca l'applicazione del prospective overruling , di cui alla sentenza numero 15144 del 2011, resa dalle Sezioni Unite di questa Corte, non può essere seguita, giacché sulla questione processuale oggetto di ricorso non si è verificato alcun mutamento della giurisprudenza reso imprevedibile dal carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso e, quindi, da consentirle di beneficiare dell'invocata rimessione in termini. 4. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 152, II comma, c.p.c. . Sostiene che il termine di 30 giorni per proporre opposizione non è perentorio, essendone dall'articolo 43 del Regolamento esclusa la prorogabilità solo per ragioni inerenti alla distanza. Anche questo motivo non merita favorevole apprezzamento. Il comma 5 dell'articolo 43 del Regolamento 44/2001 dispone “Il ricorso contro la dichiarazione di esecutività deve essere proposto nel termine di un mese dalla notificazione della stessa. Se la parte contro la quale è chiesta l'esecuzione è domiciliata in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata rilasciata la dichiarazione di esecutività, il termine è di due mesi a decorrere dalla data della notificazione in mani proprie o nella residenza. Detto termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza”. Il carattere rigoroso e perentorio del primo termine previsto dal primo inciso dell'articolo 43 in questione, che nella specie rileva, è evidenziato dal tenore testuale deve della medesima disposizione ed è già stato condivisibilmente affermato nel richiamato precedente di questa Corte, numero 253 del 2010 d'altra parte la previsione di cui all'ultima parte del medesimo articolo 43, per la quale Detto termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza si riferisce chiaramente soltanto al secondo dei due termini contemplati dalla norma regolamentare e, quindi, non può essere apprezzata a conforto di diversa conclusione, come, invece, prospettato dal ricorrente. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della Commissione delle Comunità Europee. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il B. a rimborsare alla Commissione delle Comunità Europee le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.