L’aggravante di cui all’articolo 625, numero 7, c.p., non sussiste se gli oggetti rubati non sono destinati alla pubblica reverenza, perché sono custoditi in luogo non aperto al pubblico e non rivestono una propria funzione di culto ma sono solo strumentali ad esso.
Lo ha stabilito la Sesta sezione Penale della Cassazione, con la sentenza numero 29820/12. Il caso. Un uomo veniva condannato dalla Corte d’Appello di Bologna, in conferma della decisione del Tribunale di Modena, alla pena di sei mesi di reclusione e 300 € di multa per il reato di furto aggravato di oggetti destinati alla pubblica reverenza, sottratti all’interno di un oratorio. Il condannato propone ricorso per cassazione sostenendo che l’aggravante di cui all’articolo 625, numero 7, c.p., non sarebbe applicabile al caso concreto perché l’oratorio teatro del furto è di proprietà di privati e, pertanto, non aperto al pubblico nemmeno occasionalmente. Ne consegue l’esclusione del carattere reverenziale degli oggetti rubati. Reverenza? Solo in pubblico. La Cassazione accoglie il ricorso ed annulla senza rinvio la sentenza impugnata. Infatti, motivano gli Ermellini, la sussistenza dell’aggravante contestata è da escludersi poiché la stessa sentenza di condanna esclude che l’oratorio fosse un luogo abitualmente aperto al pubblico. Al contrario, trattandosi di luogo privato, le cose in esso custodite non possono ritenersi destinate alla pubblica reverenza da parte dei fedeli per il solo fatto di trovarsi in un luogo di culto. In particolare, gli oggetti sottratti erano solo strumentali all’esercizio del culto si trattava in effetti di una ginocchiera, due ampolle, una nicchia e non rivestivano perciò una propria funzione religiosa. Senza querela non c’è azione penale. In più, l’esclusione dell’aggravante rende il reato procedibile a querela, nella specie assente. Ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza, perché l’azione penale non avrebbe potuto essere promossa per difetto di condizione di procedibilità.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 aprile – 20 luglio 2012, numero 29820 Presidente de Roberto – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto e in diritto Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del 31 marzo 2006 con cui il Tribunale di Modena, Sezione distaccata di Pavullo, aveva condannato P.M. alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il reato di furto aggravato di oggetti destinati alla pubblica reverenza, sottratti all'Interno dell'Oratorio OMISSIS . L'avvocato Paolo Petretia, nell'interesse dell'imputato, ha proposto ricorso per cassazione e, con il primo motivo, deduce l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 625 numero 7 c.p., censurando la sentenza per avere ritenuto che l'Oratorio era occasionalmente aperto al pubblico, con la conseguenza che gli oggetti che lì si trovavano avevano comunque una destinazione alla reverenza da parte dei fedeli. Il ricorrente contesta questa ricostruzione e sottolinea che l'Oratorio era di proprietà di privati e non veniva mai messo a disposizione dei fedeli, nemmeno occasionalmente riferisce che la stessa proprietaria dell'immobile, M B. , ha dichiarato che il giorno del furto l'Oratorio era aperto solo per dare aria al locale. In conclusione, una volta esclusa la destinazione al culto dell'Oratorio, viene meno anche il carattere reverenziale degli oggetti sottratti e, quindi, i giudici avrebbero dovuto escludere l'aggravante contestata. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l'illogicità della motivazione della sentenza che ha ritenuto, erroneamente, l'Oratorio un edificio pubblico, travisando le prove acquisite da cui è risultato che si trattava di un immobile che rimaneva sempre chiuso e che non veniva mai destinato al culto dei fedeli. Il ricorso è fondato. Deve escludersi la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 625 numero 7 c.p Innanzitutto l'edificio in questione non può essere considerato uno stabilimento pubblico, dal momento che la stessa sentenza riconosce che si trattava di un oratorio privato, che abitualmente non era aperto al pubblico. Sotto altro profilo deve escludersi che le cose in esso custodite fossero destinate alla reverenza da parte dei fedeli infatti, deve ritenersi che siano destinate a pubblica reverenza solo le cose assolutamente rispettate dalla generalità dei consociati, in quanto espressione del sentimento religioso o di elevati ideali civili, per cui non è sufficiente che la cosa si trovi in un luogo destinato a pubblica reverenza, ma deve avere essa stessa una funzione di culto o di devozione. Nella specie, gli oggetti sottratti comprendevano un confessionale, una ginocchiera, una nicchia in legno e due ampolle in vetro, cose che non hanno una propria funzione di culto, trattandosi di oggetti soltanto strumentali all'esercizio del culto. Una volta esclusa l'aggravante di cui all'articolo 625 numero 7 c.p., il reato di furto diventa procedibile a querela, che nella specie manca. Di conseguenza la sentenza deve essere annullata perché l'azione penale non avrebbe potuto essere iniziata per difetto di una condizione di procedibilità. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, esclusa l'aggravante di cui all'articolo 625 numero 7 c.p., perché l'azione penale non avrebbe potuto essere iniziata per mancanza di querela.