Quali sono gli elementi differenziali tra le due fattispecie delittuose?

Occorre avere riguardo al rapporto tra le volontà dei soggetti, che nella corruzione è paritario ed implica la libera convergenza delle medesime verso la realizzazione di un comune obiettivo illecito, mentre nella concussione è caratterizzato dalla presenza di una volontà costrittiva o induttiva del pubblico ufficiale, condizionante la libera formazione di quella del privato, il quale si determina alla dazione, ovvero alla promessa, soggiacendo all’ingiusta pretesa del primo solo per evitare un pregiudizio maggiore.

Il caso. Il Tribunale di Roma condannava un uomo per i reati di concorso in occultamento di atti pubblici, corruzione in atti giudiziari e calunnia, e un’altra persona solo per il medesimo reato di corruzione. La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della statuizione di prime cure , assolveva il primo dal concorso in occultamento di atti pubblici, ed applicava al secondo la continuazione tra la fattispecie delittuosa per la quale era sopravvenuta sentenza di condanna ed una sentenza irrevocabile di alcuni anni addietro, così giungendo ad una rideterminazione della pena per entrambi gli imputati. In particolare, secondo la prospettazione accusatoria confluita, poi, nella decisione della Corte di merito, i fatti delittuosi per come contestati risulterebbero afferenti sia la dazione di € 75mila ad un Ispettore del Ministero delle attività produttive a titolo di corrispettivo per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio – ovvero la sottrazione e l’occultamento di documenti esistenti presso il Ministero – sia, infine, l’avere il primo imputato denunciato la falsità della propria firma apposta per girata o avallo su alcune cambiali, nonostante le stesse fossero state da lui personalmente sottoscritte, così incolpando di falso i detentori dei titoli di credito. Avverso la decisione della Corte di Appello quest’ultimo ricorreva per cassazione, deducendo due differenti motivi di gravame in primis , illogicità della motivazione ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 317 e 319 c.p., avendo l’impugnata sentenza omesso di valutare le argomentazioni difensive in ordine ad elementi di rilievo ai fini della individuazione del discrimine tra i reati di corruzione e concussione in secundis , illogicità della motivazione ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 368 c.p., avendo la Corte di merito omesso di considerare le deduzioni difensive afferenti la asserita possibilità che l’imputato non ricordasse di avere effettivamente sottoscritto le cambiali in questione. L’inammissibilità del ricorso derivante dalla mera riproposizione di censure in punto di fatto. La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i motivi di ricorso, sul comune presupposto giuridico della mera riproposizione, in sede di legittimità, di censure in punto di fatto già ampiamente valutate e disattese dai giudici di merito. La Corte Regolatrice ha nuovamente chiarito come il ricorso per cassazione non possa essere strutturato alla stregua di una richiesta di rivisitazione fattuale delle risultanze processuali e caratterizzato dalla indicazione di una valutazione alternativa del compendio probatorio in atti. Donde, sia la illogicità della motivazione che l’erronea interpretazione di norme giuridiche così come lamentate nel ricorso risultano essere meramente asserite, ma non concretamente argomentate con puntuali censure giuridiche diversamente detto, l’impugnazione non è diretta a rilevare i vizi predetti, ma semplicemente ad ottenere un – inammissibile in questa sede – nuovo sindacato su scelte afferenti il compendio fattuale già assunte dai giudici di merito secondo un iter logico-giuridico argomentativo comunque assolutamente ineccepibile. Il discrimine tra corruzione e concussione. Ferma restando la declaratoria di inammissibilità, i Supremi Giudici, con la pronuncia de qua , hanno avuto modo di riprendere e precisare quello che è, ormai, un consolidato orientamento giurisprudenziale, precipuamente afferente la problematica della distinzione giuridica tra i reati di corruzione e concussione, ove il discrimine tra la due fattispecie delittuose va necessariamente ricercato nel rapporto tra le volontà dei soggetti. Più precisamente, l’individuazione degli elementi differenziali tra i due reati è subordinata alla esatta identificazione delle condizioni soggettive volitive presenti nei diversi soggetti nella corruzione è paritario, ed implica la libera convergenza delle rispettive volontà vero la realizzazione di un comune obiettivo illecito nella concussione, invece, l’elemento volitivo è caratterizzato dalla sussistenza di una volontà costrittiva od induttiva del pubblico ufficiale, condizionante la libera formazione di quella del privato, il quale, conseguentemente, si determina alla dazione od alla promessa soggiacendo alla pretesa altrui al solo ed unico fine di evitare pregiudizi maggiori.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 maggio – 16 luglio 2013, n. 30542 Presidente De Roberto – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 febbraio 2011 la Corte d'appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 19 luglio 2007, appellata da F.E.F. e Fa.El. , ha assolto il primo dal reato di concorso in occultamento di atti pubblici di cui al capo sub B perché il fatto non sussiste e ha rideterminato la pena per i reati residui di corruzione in atti giudiziari e di calunnia - capi d'imputazione sub A e suo C - in anni tre di reclusione, ravvisando per Fa.El. - condannata in primo grado alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione in relazione al reato di cui al capo sub A - il vincolo della continuazione tra quest'ultimo reato e quelli di cui alla sentenza irrevocabile del Tribunale di Roma in data 16 novembre 2010, conseguentemente applicando in aumento la pena di mesi cinque di reclusione rispetto a quella irrogata in primo grado. Ha confermato nel resto l'impugnata pronuncia, condannando gli imputati alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili. 2. I fatti contestati agli imputati, come osservato nella pronuncia della Corte d'appello, riguardano, al capo sub A , l'avere versato ad un ispettore del Ministero delle attività produttive - D.G.S. - la somma di Euro 75.000,00 quale corrispettivo per avere egli compiuto atti contrari ai doveri del suo ufficio ossia, la sottrazione di documenti esistenti presso il citato Ministero e la predisposizione di una relazione ispettiva favorevole al Consorzio regionale cooperative di abitazione facente capo ai due imputati, rispettivamente padre e figlia , nonché, in relazione al capo sub B , il concorso nell'occultamento di relazioni ispettive custodite presso gli uffici del suddetto Ministero, e per il capo sub C - addebitato al solo F.E.F. - l'avere egli dichiarato, con denuncia-querela presentata alla Procura della Repubblica di Roma, la falsità della propria firma apposta per girata o per avallo sulle cambiali specificate nell'imputazione - da lui personalmente sottoscritte per il complessivo ammontare di L. 32.679.319.325 Euro 16.877.459,92 - in tal guisa implicitamente incolpando del delitto di falso i detentori dei titoli sopra indicati. In relazione ai reati di cui ai capi sub A e sub B , inoltre, i due imputati sono accusati di aver agito in concorso con F D. , collaboratore del F. . 2.1. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai Giudici di merito alla stregua delle numerose risultanze probatorie acquisite all'esito dei relativi giudizi, l'imputato, preoccupato della situazione di difficoltà economica in cui versava il Consorzio del quale era presidente, per effetto dell'accollo di un debito verso le cooperative edilizie consorziate, delle azioni legali da queste ultime proposte o ventilate, persino con un'istanza di fallimento, e di relazioni ministeriali sfavorevoli a seguito di intervenute ispezioni, con il profilarsi di ulteriori attività ispettive dall'esito parimenti pregiudizievole, chiese di propria iniziativa al suo collaboratore amministrativo e fiscale, D.F. , di attivare un contatto presso il Ministero delle attività produttive in modo da fronteggiare la situazione venutasi a creare. Il D. si rivolse quindi al D.G.S. , ispettore presso quel Ministero, al quale il F. rappresentò le proprie preoccupazioni. Il D.G. accettò di intervenire, concordando con il D. il quantum da richiedere una somma di centomila Euro come corrispettivo di una relazione compiacente sul Consorzio. Il D. , ad insaputa del D.G. , aumentò l'ammontare della somma sino all'importo di centocinquantamila Euro per avidità di denaro, oltre che, come da egli stesso spiegato ai Giudici, per animosità verso il F. , che accettò, versando nelle mani del proprio collaboratore varie tranches da venticinquemila Euro, sino alla concorrenza della somma di centoquarantamila Euro, che il D. tuttavia consegnò al D.G. solo nella ridotta misura di settantacinquemila Euro, trattenendo per sé il resto all'insaputa del F. . Su incarico del F. , inoltre, il D. chiese all'ispettore di occultare alcuni verbali di precedenti ispezioni pregiudizievoli per il Consorzio, corrispondenti a quelli menzionati nel capo sub A dell'Imputazione in esecuzione di tale richiesta, il funzionario recuperò gli atti in originale e, dopo averli mostrati al D. , li fece sparire, informandone il suo interlocutore indi, redasse una relazione ispettiva del tutto favorevole, nella quale proponeva una ispezione straordinaria nei confronti del Consorzio regionale di mutualità fra le cooperative edilizie di abitazione, così consentendo al F. di ottenere un documento idoneo a scongiurare conseguenze pregiudizievoli per il Consorzio - sia di natura giudiziaria la dichiarazione di fallimento , sia amministrativa come, ad es., la cancellazione dall'albo nazionale, la revoca delle cariche sociali, la liquidazione coatta amministrativa - tanto da poter richiedere al Tribunale fallimentare, in data 5 febbraio 2004, il rinvio dell'udienza in attesa della relazione del D.G. . 3. Avverso la predetta sentenza della Corte d'appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia di F.E.F. , deducendo due motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato. 3.1. Illogicità della motivazione ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 317 e 319 c.p., avendo l'impugnata sentenza omesso di tener conto delle deduzioni difensive in ordine ad elementi rilevanti ai fini del discrimine tra i reati di corruzione e concussione. La difesa aveva infatti evidenziato che il F. si rivolse al D. affinché questi lo aiutasse ad attivare un dialogo presso il Ministero non già con intento corruttivo, ma con l'esclusiva finalità di dar conto delle sue ragioni, per la preoccupazione legata alle molteplici interrogazioni parlamentari che in quel momento venivano presentate riguardo al Consorzio. L'affermazione secondo cui fu il F. a risolversi ad un'offerta conduttiva attraverso il suo collaboratore è smentita, peraltro, nella stessa sentenza impugnata, ove si fa riferimento al fatto che la richiesta di denaro giunse da parte del duo D. - D.G. . Irragionevole deve ritenersi, inoltre, l'affermazione secondo cui lo stato emotivo del F. fosse del tutto irrilevante ai fini della qualificazione della richiesta di denaro subita dal D. , in quanto il F. versava all'epoca in una situazione di preoccupazione di cui i due coimputati approfittarono al fine di richiedergli somme di denaro. 3.2. Illogicità della motivazione ed erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 368 c.p., avendo la Corte d'appello omesso di tener conto di quanto devoluto in sede di gravame circa la possibilità che il F. non ricordasse - in un contesto di vorticosa emissione di titoli quale quello emergente dalla situazione finanziaria in cui egli versava - di aver sottoscritto quelle cambiali. Considerato in diritto 4. Il ricorso è inammissibile, in quanto sostanzialmente orientato a riprodurre un quadro di argomentazioni già esposte in sede di appello - e finanche dinanzi al Giudice di prime cure - che tuttavia risultano ampiamente vagliate e correttamente disattese dalla Corte distrettuale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell'impugnata decisione. Il ricorso, dunque, non è volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento del tema d'accusa. In tal senso la Corte territoriale, sulla base di quanto specificamente esposto in narrativa, ha proceduto ad un vaglio critico di tutte le deduzioni ed obiezioni mosse dalla difesa, pervenendo alla decisione impugnata attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali. Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in risalto nella sentenza del Giudice di prime cure, la cui struttura motivazionale viene sul punto a saldarsi perfettamente con quella di secondo grado, sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, la Corte di merito ha puntualmente disatteso la diversa ricostruzione prospettata dalla difesa, concludendo nel senso della configurabilità del reato di corruzione in atti giudiziari e della correlativa esclusione delle ipotesi di concussione o di corruzione semplice. Al riguardo, invero, la Corte d'appello ha osservato che, nel farsi latore al F. della disponibilità dell'ispettore ministeriale e della correlativa richiesta di somme di denaro, il D. nulla aggiunse che valesse a suscitare nell'imputato nuove paure o timori rispetto a quelli preesistenti quella richiesta, infatti, non venne associata alla prospettazione di alcuna condotta pregiudizievole diversa dalla mera inerzia dell'ispettore nel caso di un mancato accordo. Corretta deve ritenersi, dunque, l'applicazione della contestata fattispecie incriminatrice, ove si ponga mente al consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della individuazione degli elementi differenziali tra i reati di corruzione e di concussione, occorre avere riguardo al rapporto tra le volontà dei soggetti, che nella corruzione è paritario ed implica la libera convergenza delle medesime verso la realizzazione di un comune obiettivo illecito, mentre nella concussione è caratterizzato dalla presenza, nel caso di specie non emersa, di una volontà costrittiva o induttiva del pubblico ufficiale, condizionante la libera formazione di quella del privato, il quale si determina alla dazione, ovvero alla promessa, soggiacendo all'ingiusta pretesa del primo solo per evitare un pregiudizio maggiore Sez. 6, n. 38650 del 05/10/2010, dep. 03/11/2010, Rv. 248522 . Sulla base di quanto ampiamente esposto in narrativa, ed avuto altresì riguardo alle ulteriori considerazioni dianzi richiamate, la Corte di merito, confermando le analoghe vantazioni già espresse dal Giudice di prime cure, ha spiegato come la condotta delittuosa sia stata posta in essere per evitare al Consorzio sia il fallimento che la liquidazione coatta amministrativa, tanto che il ricorrente richiese ed ottenne un rinvio dell'udienza nel corso della procedura fallimentare, proprio facendo valere il contenuto della compiacente relazione ispettiva redatta dal D.G. , ove si attestava la sussistenza del requisito della mutualità quale elemento impeditivo della declaratoria di fallimento. Si tratta, all'evidenza, di una condotta che la Corte di merito ha correttamente sussunto nello schema descrittivo della fattispecie di corruzione in atti giudiziari, ove si considerino le implicazioni della pacifica linea interpretativa in questa Sede ormai da tempo tracciata, secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 319 ter, cod. pen., costituisce atto giudiziario l'atto funzionale ad un procedimento giudiziario Sez. Un., n. 15208 del 25/02/2010, dep. 21/04/2010, Rv. 246582 Sez. 6, n. 24349 del 27/01/2012, dep. 19/06/2012, Rv. 253095 , sicché rientra nell'ambito di tale nozione anche una relazione ispettiva ministeriale acquisita nella procedura fallimentare e potenzialmente idonea, per il suo contenuto, a condizionarne l’ iter e ad influire sul relativo esito decisorio. 5. Analoghi profili di inammissibilità, inoltre, investono la seconda censura, peraltro solo genericamente formulata nel tratteggiare un'alternativa ed ipotetica spiegazione del fatto in contestazione, a fronte della congrua ed esaustiva giustificazione offerta al riguardo dai Giudici di merito, che hanno criticamente esaminato le deduzioni ed i rilievi difensivi, ritenendo provata la responsabilità del ricorrente non solo per essere stata la sua sottoscrizione dei titoli positivamente accertata in sede di relazione peritale, ma anche per avere egli fatto in più occasioni riferimento, nelle conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione, alla sua situazione di ingente indebitamento verso le cooperative del Consorzio ed alle difficoltà finanziarie procurategli dai titoli cambiari emessi da varie cooperative, il cui falso disconoscimento riguardo alla apposizione della propria sottoscrizione per girata o per avallo gli consentiva, pertanto, di sottrarsi al pagamento dei titoli, tentando di bloccarne in qualche modo la circolazione ed impedirne l'utilizzo nei confronti del consorzio anche attraverso la richiesta di sequestro degli effetti. 6. La Corte d'appello, pertanto, ha compiutamente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione delle contestate ipotesi delittuose, ed ha evidenziato al riguardo gli aspetti maggiormente significativi, dai quali ha tratto la conclusione che gli argomenti prospettati dalla difesa erano in realtà privi di ogni aggancio probatorio e si ponevano solo quali mere ipotesi alternative, peraltro smentite dal complesso degli elementi di prova processualmente acquisiti. La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su un quadro probatorio giudicato completo ed univoco, e come tale in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica. In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ricostruzione del compendio storico-fattuale, non può ritenersi ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti oggetto della regiudicanda, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a ripercorrere l'iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle correlative acquisizioni processuali. 7. Conclusivamente, alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare nella misura di Euro mille. Ne discendono, altresì, le correlative statuizioni di seguito espresse in ordine alla rifusione delle spese del grado in favore delle costituite parti civili sì come partita mente individuate, sopra, nell'intestazione della sentenza , la cui liquidazione viene operata secondo l'importo in dispositivo meglio enunciato. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Condanna altresì il ricorrente a rimborsare a ciascuna delle parti civili le spese di questo grado, che liquida in Euro 1.500,00, oltre spese generali, IVA e CPA.