Cane senza pedigree, cinofilo beffato. Ma la responsabilità del venditore è solo contrattuale

Azzerata completamente la richiesta, avanzata dal compratore, per ottenere un risarcimento a seguito della scoperta che il cane cedutogli era senza pedigree. Fatale l’applicazione dell’ordinario termine prescrizionale, legato alla esclusione della responsabilità extracontrattuale del venditore.

Bluff scoperto il cane, appena acquistato da un appassionato cinofilo, è senza pedigree, a differenza di quanto garantito dal venditore. Ciò, però, nonostante tutto, nonostante il contratto riguardi un essere vivente e non un oggetto, non può legittimare l’idea che il compratore buggerato abbia subito un danno ingiusto. Di conseguenza, è impossibile parlare di responsabilità extracontrattuale del venditore. Per questo motivo, è da valutare come tardiva, in questa vicenda, la reazione dell’appassionato cinofilo, che vede sfumare così la possibilità di ottenere un risarcimento. Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 3021/14 depositata oggi Albero genealogico. Vittoria effimera, quella ottenuta in primo grado, laddove un uomo, difatti, vede accolta la domanda risarcitoria presentata nei confronti della persona che gli ha venduto un cane senza ‘pedigree’ , senza, cioè, la possibilità di ricostruire l’albero genealogico dell’animale. Vittoria effimera perché, in secondo grado, l’ottica viene mutata radicalmente a carico del venditore è ipotizzabile una mera responsabilità contrattuale , di conseguenza l’azione risarcitoria è prescritta . Ciò alla luce della normativa, laddove si stabilisce che il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta e che l’azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna . Da contratto A contestare la decisione di secondo grado è, ovviamente, il compratore, il quale, nel contesto della Cassazione, sostiene che, in questa vicenda, sarebbe individuabile il concorso dell’azione contrattuale con quella extracontrattuale, con l’applicabilità, dunque, del più lungo termine prescrizionale riferito all’illecito aquiliano . Ciò, secondo l’uomo, porta a ritenere che l’azione non sia prescritta, in quanto alla fattispecie sarebbe applicabile il termine prescrizionale quinquennale, relativo alla responsabilità da fatto illecito . Questa visione ‘alternativa’, però, viene respinta in maniera netta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, condividendo quanto deciso in secondo grado, ribadiscono l’esclusione della responsabilità extracontrattuale , alla luce della mancata doglianza della lesione di interessi sorti al di fuori del contratto ed aventi la consistenza di diritti assoluti . Di conseguenza, è da applicare, come hanno fatto correttamente i giudici di secondo grado, il termine prescrizionale ordinario, come fissato dall’articolo 1495 c.c. Tale decisione è fondata, chiariscono i giudici, sulla considerazione che in materia di compravendita, in caso di inadempimento del venditore, oltre alla responsabilità contrattuale da inadempimento o da inesatto adempimento, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore stesso però qualora il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi, di quest’ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti .

Corte di Cassazione, sez. III civile, sentenza 11 dicembre 2013 – 11 febbraio 2014, n. 3021 Presidente Segreto – Relatore Spirito Svolgimento del processo Il C. citò in giudizio risarcitorio il B. per avergli venduto un cane senza pedigree. Il primo giudice accolse la domanda con sentenza poi riformata dal Tribunale di Lucca/Viareggio, il quale ritenne che nella specie era da identificarsi una mera responsabilità contrattuale e che l'azione era prescritta a norma dell'art. 1495 c.c Propone ricorso per cassazione il C. a mezzo di quattro motivi. Risponde con controricorso il B. Il ricorrente ha depositato memoria per l'udienza. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente, nel lamentare la violazione degli artt. 2043 e 1218 c.c. sostiene che nella specie sarebbe individuabile il concorso dell'azione contrattuale con quella extracontrattuale, con l'applicabilità, dunque, del più lungo termine prescrizionale riferito all'illecito aquiliano. Con il secondo motivo, lamentando la violazione degli artt. 1495 e 2947 c.c., il ricorrente sostiene che l'azione non sarebbe prescritta, in quanto alla fattispecie sarebbe applicabile il termine prescrizionale quinquennale relativo alla responsabilità da fatto illecito, decorrente non dal momento della notifica dell'atto di citazione, bensì dalla raccomandata del 28 marzo 2002. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Deve essere qui ribadito il principio secondo cui, in materia di compravendita, in caso di inadempimento del venditore, oltre alla responsabilità contrattuale da inadempimento o da inesatto adempimento, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore stesso, qualora il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di quest'ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti diversamente, quando il danno lamentato sia la conseguenza diretta del minor valore della cosa venduta o della sua distruzione o di un suo intrinseco difetto di qualità si resta nell'ambito della responsabilità contrattuale, le cui azioni sono soggette a prescrizione annuale Cass. n. 11410/08 . Nella specie, il giudice del merito ha correttamente escluso l'esistenza della responsabilità extracontrattuale, sul rilievo della mancata doglianza della lesione di interessi sorti al di fuori del contratto ed aventi la consistenza di diritti assoluti, ed ha ricondotto il termine prescrizionale sotto la disciplina dell'art. 1495 c.c. Il terzo motivo violazione artt. 1490, 1494, 1495 e 2944 c.c. è inammissibile, in quanto chiede alla Corte di legittimità l'accertamento di fatto relativo al comportamento del venditore successivamente alla vendita. Altrettanto inammissibile è il quarto motivo violazione art. 1226 c.c. , diretto a veder affermata la possibilità dell'equitativo apprezzamento del danno, posto che, una volta respinti i motivi concernenti la dichiarata prescrizione, il ricorrente non ha interesse alla relativa delibazione. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Il diverso esito dei giudizi di merito consiglia l'intera compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.