La curatela fallimentare recede dal contratto di affitto, ma la società affittuaria cosa può fare?

La società affittuaria ritiene che il fallimento della controparte determini l’impossibilità sopravvenuta del contratto di affitto, ma in Cassazione la pensano diversamente.

Infatti, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1637/2014 depositata il 27 gennaio scorso, ha rigettato il ricorso della società affittuaria. Il caso. Risoluzione del contratto di affitto di una azienda commerciale per morosità dell’affittuaria, questa è la richiesta fatta al Tribunale di Palermo dalla curatela del Fallimento di una s.r.l La società convenuta, dal canto suo, eccepiva l’inadempimento della curatela consistito nel recesso dal contratto di affitto dei locali di proprietà di una s.p.a. in cui si svolgeva l’attività commerciale. Richiesta accolta in primo grado e confermata in secondo, con la conseguente condanna della convenuta al pagamento del canone di affitto per il periodo 24 aprile 1997 – 24 aprile 2000. A proporre ricorso per cassazione è la società morosa. L’avvenuto fallimento ha determinato l’impossibilità sopravvenuta del contratto di affitto? I Giudici di legittimità, rigettando in toto il ricorso, sottolineano che risulta preminente l’interesse della curatela alla tutela del ceto creditorio e alla definizione in tempi rapidi della procedura concorsuale . In sostanza, appare improprio – secondo i giudici – parlare di inadempimento della curatela e non invece dell’esercizio di un potere inteso alla realizzazione delle finalità della procedura. E poi, non può dirsi sussistente la sopravvenuta impossibilità della prestazione dedotta dalla ricorrente. Infatti – viene precisato in sentenza – l’obbligo assunto nell’originario contratto di affitto di azienda si configurava come obbligazione accessoria di mettere a disposizione i locali utilizzati dalla ditta fallita in base al contratto di locazione in corso con la s.p.a. . Sospensione del pagamento del canone. In pratica, la ricorrente avrebbe potuto esercitare il proprio diritto di recesso essendo rimessa all’affittuaria, a seguito del recesso della curatela dal contratto di locazione, la libertà di rifiutare la stipulazione di un rapporto di locazione diretto con la s.p.a. ovvero di trasferire altrove l’azienda. Tuttavia, tale facoltà è venuta meno a seguito dell’inadempimento posto in essere con la totale sospensione del pagamento del canone.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 ottobre 2013 – 27 gennaio 2014, n. 1637 Presidente Carnevale – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Con ricorso del 15 ottobre 1997 la curatela del Fallimento di Niceta s.r.l. ha chiesto dichiararsi risolto, per morosità della affittuaria G.S.C. Gestione Servizi Commerciali s.r.l., il contratto di affitto dell'azienda commerciale. 2. Si è costituita G.S.C. s.r.l. e ha eccepito l'inadempimento della curatela consistito nel recesso dal contratto di affitto dei locali di proprietà della s.p.a. Olimpia in cui si svolgeva l'attività commerciale. Tale recesso l'aveva costretta a stipulare un nuovo contratto di locazione con la proprietaria aumentando così il costo di esercizio dell'impresa. Ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di risoluzione del contratto per grave inadempimento ovvero, in subordine, la riduzione del canone di affitto in misura corrispondente a quello di locazione versato alla s.p.a. Olimpia. 3. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 28 novembre 2000, ha accolto la domanda di risoluzione del contratto proposto dalla curatela fallimentare e ha respinto la domanda riconvenzionale della G.S.C. Ha condannato quest'ultima società al pagamento del canone di affitto per il periodo 24 aprile 1997 - 24 aprile 2000 in misura ridotta 6.000 Euro mensili anziché 10.000 in considerazione della sopravvenuta incidenza del canone di locazione corrisposto alla s.p.a. Olimpia nella misura di 4.000 Euro mensili . 4. La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado respingendo il gravame della G.S.C 5. Ricorre per cassazione G.S.C. s.r.l. affidandosi a sei motivi di impugnazione. 6. Si difende con controricorso la curatela del Fallimento della Niceta s.r.l Ritenuto che 7. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 80 L.F. e 2555 c.c. anche in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. La società ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto se il recesso della curatela, a seguito dell'avvenuto fallimento costituisca causa estintiva, nei confronti della G.S.C, s.r.l., del contratto di affitto di azienda e se, pertanto, la Corte di appello abbia sul punto erroneamente e falsamente applicato l'art. 80 l.f. in relazione all'art. 2555 c.c. accerti inoltre e dichiari la Corte se la sentenza impugnata sia stata correttamente e adeguatamente motivata sul punto. 8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 80 L.F. e 1460 c.c. anche in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. La società ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto se il recesso della curatela dalla locazione dei locali, a seguito dell'avvenuto fallimento, costituisca inadempimento del contratto di affitto di azienda e se, pertanto, la Corte di appello abbia, sul punto, erroneamente e falsamente applicato l'art. 80 l.f. in relazione all'art. 1460 c.c accerti inoltre e dichiari la Corte se la sentenza impugnata sia stata correttamente e adeguatamente motivata sul punto. 9. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 80 L.F. e 1463 c.c. anche in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. La società ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto se il recesso della curatela dalla locazione dei locali, a seguito dell'avvenuto fallimento, abbia determinato l'impossibilità sopravvenuta del contratto di affitto di azienda e se, pertanto, la Corte di appello abbia, sul punto, erroneamente e falsamente applicato l'art. 80 l.f. in relazione all'art. 1463 c.c. accerti inoltre e dichiari la Corte se la sentenza impugnata sia stata correttamente e adeguatamente motivata sul punto. 10. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 80 L.F. e 1464 c.c. anche in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. La società ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto se il recesso della curatela dalla locazione dei locali, a seguito dell'avvenuto fallimento, renda la prestazione oggetto del contratto di affitto di azienda impossibile o parzialmente impossibile e se, pertanto, la Corte di appello abbia, sul punto, erroneamente e falsamente applicato l'art. 80 l.f. in relazione all'art. 1464 c.c. accerti inoltre e dichiari la Corte se la sentenza impugnata sia stata correttamente e adeguatamente motivata sul punto. 11. I primi quattro motivi del ricorso vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione logico-giuridica e si rivelano infondati. Infatti, da un lato, le censure mosse alla motivazione non trovano riscontro in una adeguata sintesi redatta nel rispetto dei requisiti di cui all'art. 366 bis c.p.c. D'altro lato le censure di violazione di legge appaiono fondata su una ricostruzione della vicenda negoziale che non trova affatto un obbligato riferimento alle norme citate. Infatti a seguito del recesso della curatela dal contratto di locazione la odierna società ricorrente avrebbe potuto recedere dal contratto di affitto di azienda ovvero agire per la riduzione del canone di affitto in considerazione del valore locativo degli immobili e della sua incidenza sulla determinazione del canone dell'affitto di azienda. Non poteva al contrario la società ricorrente sospendere integralmente il pagamento del canone rendendosi cosi inadempiente al contratto di affitto di azienda e parte passiva dell'azione di risoluzione contrattuale proposta dalla curatela. A tali conclusioni si perviene, da un lato, in considerazione della peculiarità dei meccanismi di successione nel contratto che conseguono alla apertura di una procedura concorsuale e che non implicano un vincolo equivalente a quello assunto dalle parti originarie del contratto in quanto risulta preminente l'interesse della curatela alla tutela del ceto creditorio e alla definizione in tempi rapidi della procedura concorsuale. Sicché appare improprio parlare di inadempimento della curatela e non invece dell'esercizio di un potere inteso alla realizzazione delle finalità della procedura. Mentre, per altro verso, non sussiste in relazione alle stesse deduzioni difensive della società ricorrente, l'ipotesi della sopravvenuta impossibilità della prestazione. Come correttamente rileva la controricorrente il richiamo è improprio perché non si riferisce alla prestazione della parte che contesta il proprio inadempimento. Non si verte per atto messo in ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione della curatela dato che l'obbligo assunto nell'originario contratto di affitto di azienda si configurava come obbligazione accessoria di mettere a disposizione i locali utilizzati dalla ditta fallita in base al contratto di locazione in corso con la società Olimpia sicché anche il venir meno di tale prestazione non può considerarsi automaticamente pregiudicante la continuazione dell'esercizio dell'impresa. A fronte del diritto della curatela a recedere dal contratto di locazione potevano aprirsi le ipotesi di una prosecuzione del rapporto locatizio da parte della GSC con la s.p.a. Olimpia ovvero dell'acquisizione di altri locali direttamente da parte della GSC. Ipotesi che avrebbero entrambe consentito la prosecuzione del rapporto di affitto di azienda con la dovuta riduzione del canone per tenere conto del costo trasferito dal fallimento sulla GSC. Alternativamente però la GSC avrebbe potuto esercitare il proprio diritto di recesso essendo rimessa alla parte affittuaria, a seguito del recesso della curatela dal contratto di locazione, la libertà di rifiutare la stipulazione di un rapporto di locazione diretto con la Olimpia ovvero di trasferire altrove l'azienda. Sicuramente tale facoltà è però venuta meno a seguito dell'inadempimento posto in essere con la totale sospensione del pagamento del canone nonostante l'intervenuto accordo con la Olimpia per le prosecuzione del rapporto di locazione alle stesse condizioni. 12. Quanto alla determinazione della misura del risarcimento per l'occupazione senza titolo derivante dalla risoluzione del contratto appare conseguente e logica la valutazione dei giudici di merito che hanno detratto dal canone di affitto quello di locazione al cui pagamento provvedeva sino ad allora la Niceta s.r.l. e la sua curatela. 13. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 194, 196, 198, 201 c.p.c. e 90, 91 e 92 disp. att. c.p.c. anche in relazione all'art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c. La società ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto se le operazioni di C.T.U. effettuate nel giudizio di secondo grado e ridondanti nella sentenza relativa abbiano violato gli artt. 194, 196, 198, 201 c.p.c. e 90-92 disp. att. c.p.c. e se, pertanto, la Corte di appello abbia, sul punto, erroneamente e falsamente applicato tali norme l'art. 80 l.f. in relazione all'art. 1460 c.c. accerti inoltre e dichiari la Corte se la sentenza impugnata sia stata correttamente e adeguatamente motivata sul punto. 14. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 114 c.p.c. anche in relazione all'art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c. La società ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto se la pronuncia della Corte di appello, come conferma della pronuncia di primo grado, in ordine alla valutazione equa della riduzione del canone abbia violato gli artt. 112, 113, 114 c.p.c. e se pertanto la Corte di appello abbia, sul punto, erroneamente e falsamente applicato tali norme accerti inoltre e dichiari la Corte se la sentenza impugnata sia stata correttamente e adeguatamente motivata sul punto. 15. Entrambi i motivi appaiono inammissibili per una formulazione impropria dei quesiti di diritto cfr. Cass. Sez. Un. 8 maggio 2008, n. 11210 i quali si limitano a richiedere tautologicamente che si affermi la violazione da parte della Corte di appello delle norme riportate nella rubrica, laddove la formulazione corretta del quesito di diritto richiede che il ricorrente riporti gli elementi essenziali della fattispecie concreta e indichi la relazione di tali elementi con uno schema normativo tipico che comporta l'affermazione di un principio giuridico risolutivo della controversia Cass. civ. sezione III n. 4044 del 19 febbraio 2009 . Manca poi, quanto ai lamentati vizi motivazionali, un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione cfr. Cass. civ. sezione lavoro n. 4556 del 25 febbraio 2009 . 16. Il ricorso va pertanto respinto con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 8.200 di cui 200 per spese.