La persona offesa ha una conoscenza precisa, certa e diretta del fatto, poi decorre il termine per proporre la querela

Il termine per la proposizione della querela, in relazione al reato di lesioni personali determinate da colpa medica, inizia a decorrere dal momento in cui la parte lesa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata.

Il caso. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1200/14 depositata il 14 gennaio, si è occupata della decorrenza del termine per la proposizione della querela in relazione al reato di lesioni personali determinate da colpa medica. Le presunzioni o le supposizioni non sono sufficienti. Nello specifico, la Corte di legittimità ha ribadito un consolidato insegnamento secondo cui il termine per la proposizione della querela, in relazione al reato in questione, inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata Cass., n. 17592/2010 . La persona offesa deve avere una conoscenza precisa, certa e diretta del fatto. Infine, in sentenza viene precisato che la decorrenza del termine per la presentazione della querela non si produce nel caso in cui permanga una situazione di dubbio o di incertezza circa la riferibilità delle patologie accusate dal danneggiato al comportamento dell’imputato. Nel caso di specie, la Corte di appello aveva determinato la data di decorrenza del termine in corrispondenza di un momento in cui la piena ed effettiva conoscenza, da parte della persona offesa, della riconducibilità causale dell’aggravamento delle proprie condizioni di salute al comportamento degli imputati doveva ritenersi ancora dubbia o incerta.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 26 novembre 2013 – 14 gennaio 2014, n. 1200 Presidente Zecca – Relatore Dell’Utri Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza resa in data 12.12.2012, la corte d'appello di Napoli, in riforma della sentenza di condanna anche al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile emessa dal tribunale di Avellino in data 27.5.2009, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di N.G. e P.S. in relazione al reato di lesioni colpose agli stessi ascritto, per difetto di tempestiva querela, con la conseguente revoca delle statuizione civili emesse dal primo giudice. Avverso la sentenza d'appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione la parte civile, M.R. , censurando il provvedimento della corte territoriale per violazione di legge e vizio di motivazione, sottolineando come del tutto erroneamente la corte territoriale avesse riconosciuto decorso l'intero periodo trimestrale previsto dall'art. 124 c.p. per la proposizione della querela nei confronti degli imputati, là dove, viceversa, la M. aveva tempestivamente provveduto alla proposizione di detta querela entro i tre mesi decorrenti dall'esatto momento in cui la stessa aveva conseguito la consapevolezza della riferibilità del peggioramento delle proprie condizioni di salute alle prestazioni terapeutiche eseguite dagli odierni imputati consapevolezza mai precedentemente raggiunta con i necessari caratteri di evidenza e inequivocabilità. Considerato in diritto 2. - Il ricorso è fondato. Secondo il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, il termine per la proposizione della querela, in relazione al reato di lesioni personali determinate da colpa medica, inizia a decorrere, non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata Cass., Sez. 4, n. 17592/2010, Rv. 247096 Cass., Sez. 4, n. 13938/2008, Rv. 239255 . Peraltro, là dove permanga una situazione di dubbio o d'incertezza, circa la riferibilità delle patologie accusate dal danneggiato al comportamento dell'imputato, la decorrenza del termine per la presentazione della querela non si produce, atteso che l'eventuale situazione d'incertezza del querelante, in ordine alla responsabilità del querelato, dev'essere risolta in favore del primo Cass., Sez. 5, n. 13335/2013, Rv. 255060 , poiché, ai fini di detta decorrenza, occorre che la persona offesa abbia avuto una conoscenza precisa, certa e diretta del fatto, in modo da essere in possesso di tutti gli elementi di valutazione necessari per determinarsi situazione di fatto per la cui dimostrazione non può ritenersi sufficiente il ricorso a semplici presunzioni o supposizioni, essendo bensì indispensabile l'offerta di una rigorosa prova contraria v. Cass., Sez. 1, n. 7333/2008, Rv. 239162 . Nel caso di specie, la corte territoriale ha ritenuto che il termine per la presentazione della querela, da parte della persona offesa, fosse iniziato a decorrere nel momento in cui quest'ultima si sarebbe accorta dell'assoluta inadeguatezza dei trattamenti terapeutici praticati dagli imputati, per non esser la stessa più riuscita a deambulare correttamente dopo l'esecuzione di detti trattamenti, fino a bloccarsi” definitivamente, in tal modo conseguendo la notizia” dell'insorgenza dell'aggravamento, e della riconducibilità della sindrome sofferta, all'inadeguatezza degli interventi posti in essere dagli imputati, senza necessità di rendersi conto di quanto occorsole a seguito di lettura della cartella clinica cfr. fl. 4 della sentenza d'appello . La stessa corte territoriale ha inoltre sottolineato come, a tutto voler concedere, il quadro sarebbe divenuto più che chiaro alla parte lesa all'atto della sottoposizione al nuovo intervento chirurgico effettuato il 22.7.2005, ossia oltre tre mesi prima della data della proposizione della querela, depositata il 26.10.2005. La motivazione della corte territoriale, in tali forme compendiata, deve ritenersi affetta da manifesta illogicità, avendo il giudice d'appello del tutto omesso di evidenziare i chiari e rigorosi elementi di prova dimostrativi con inequivoca certezza che la M. avesse avuto notizia” oltre che dell' insorgenza dell'aggravamento delle proprie condizioni di salute della certa riconducibilità causale di detto aggravamento all'inadeguatezza degli interventi posti in essere dagli imputati per di più, senza necessità di rendersi conto di quanto occorsole a seguito di lettura della cartella clinica in epoca anteriore al trimestre precedente la proposizione della querela e ciò, in particolare, per il solo fatto della constatazione dell'aggravamento delle proprie condizioni di salute nel corso dei trattamenti terapeutici praticati dagli imputati, e della successiva sottoposizione a un nuovo intervento chirurgico elementi di fatto di per sé icto oculi inidonei a sciogliere i ragionevoli dubbi sull'eventuale riconducibilità del descritto aggravamento ad altre fonti di derivazione causale, come, ad esempio, all'eventuale mancato successo del primo intervento chirurgico, alla naturale evoluzione dei postumi dello stesso o, ancora, allo spontaneo e autonomo deterioramento delle proprie condizioni di salute. Sulla base di tali premesse, deve pertanto ritenersi che la corte territoriale abbia determinato la data di decorrenza del termine per la proposizione della querela in corrispondenza di un momento in relazione al quale la piena ed effettiva conoscenza, da parte della persona offesa, della riconducibilità causale dell'aggravamento delle proprie condizioni di salute al comportamento degli imputati doveva ritenersi ancora dubbia o incerta da ciò conseguendo l'erroneità della decisione impugnata, in assenza di alcuna prova rigorosa circa l'acquisizione, da parte della persona offesa, della ridetta conoscenza precisa, certa e diretta del fatto, tale da considerare la stessa in possesso di tutti gli elementi di valutazione necessari al fine di determinarsi, in epoca anteriore al trimestre precedente l'avvenuta proposizione della querela. Sulla base di tali premesse, rilevata la manifesta illogicità della motivazione dettata dalla corte territoriale in ordine al punto concernente l'accertamento della tempestività della querela proposta dalla persona offesa, dev'essere pronunciato l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello, risultando dagli atti l'intercorsa prescrizione del reato contestato agli odierni imputati cfr. Cass., Sez. Un., n. 40109/2013, Rv. 256087 . Al riguardo, ai fini degli accertamenti imposti dall'art. 129 c.p.p., occorre sottolineare, in conformità all'insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di pronunciare l'assoluzione dell'imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all'imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una constatazione”, che a un atto di apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento v. Cass., n. 35490/2009, Rv. 244274 . E invero il concetto di evidenza”, richiesto dal secondo comma dell'art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275 . Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell'imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui positivamente” deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenza l'assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l'eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263 . Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte - anche tenendo conto degli elementi evidenziati nella motivazione della sentenza di primo grado - non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo comma dell'art. 129 c.p.p Ne discende, pertanto, la conferma del dovuto annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione, annulla per prescrizione e rinvia al giudice civile in grado d'appello competente per valore.