Quando l’esercizio del diritto di difesa sfocia nel reato di calunnia?

L'imputato, nel corso del procedimento instaurato a suo carico, può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli, ma commette il reato di calunnia quando non si limita a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assume ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 45078, depositata il 10 novembre 2015. Il fatto. Un imputato per il delitto di calunnia in danno di due Carabinieri, propone ricorso in Cassazione contro la sentenza di condanna, deducendo preliminarmente l’eccezione di inutilizzabilità delle sue dichiarazioni rese in giudizio per omesso avviso dell’articolo 64 c.p.p. ed, in secondo luogo, per avere la Corte di merito escluso la ricorrenza dell’esercizio del diritto di cui all’articolo 51 c.p Dichiarazioni dell’imputato rese in giudizio. I giudici di legittimità ritengono assolutamente priva di fondamento la tesi sostenuta dal ricorrente, in base alla quale ai fini della regolarità dell’esame dell’imputato in dibattimento occorra dargli gli avvisi previsti dall’articolo 64 c.p.p. per lo svolgimento dell’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Palesemente infondata, quindi, la prima eccezione sollevata con il ricorso di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede di esame dibattimentale, senza l’osservanza delle prescrizioni di cui all’articolo 64 c.p.p Rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose. I giudici del Collegio hanno, poi, ritenuto manifestamente infondata anche la deduzione della ricorrenza dell'esimente dell’esercizio del diritto ex all'articolo 51 c.p Infatti, ricordano i giudici come la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare il principio in base al quale «l'imputato, nel corso del procedimento instaurato a suo carico, può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli, ma commette il reato di calunnia quando non si limita a ribadire la insussistenza delle accuse a lui addebitate, ma assume ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto». Nel caso in esame, ha ritenuto la Corte, è venuto meno il rapporto di connessione funzionale tra l'accusa formulata dall'imputato e l'oggetto della contestazione nei suoi confronti, non essendosi il ricorrente limitato a difendersi, ma avendo egli attribuito falsamente agli accusati una circostanziata condotta illecita, costituita da fatti concreti ulteriori. Per le ragioni sopra riportate, la S.C. ha dichiarato il ricorso inammissibile e condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 settembre – 10 novembre 2015, numero 45078 Presidente Milo – Relatore Villani Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Bari ha confermato quella emessa dal Tribunale di Foggia, Sezione Distaccata di Cerignola in data 06/12/2011 con cui G.G. era stato condannato alla pena di due anni di reclusione per il reato di calunnia articolo 368 cod. penumero in danno di due Carabinieri, falsamente accusati di avere, all'atto dei sequestro di due motori e di un'autovettura ritenuti provento di ricettazione, di avere dichiarato il falso, omettendo d'indicare nel relativo verbale, pure sottoscritto dall'indagato, la sua presenza in loco nonché per avere simulato a suo carico tracce di reato, provvedendo a cancellare il numero identificativo di uno dei motori così da poterlo sottoporre a sequestro. La Corte territoriale ha respinto preliminarmente l'eccezione d'inutilizzabilità delle dichia razioni rese dal'imputato in giudizio per omesso avviso dell'articolo 64 cod. proc. penumero ed escluso la ricorrenza dell'esimente dell'esercizio del diritto di cui al'articolo 51 cod. penumero Nel merito, ha ribadito la sussistenza dell'elemento materiale la falsa incolpazione e dei dolo di calunnia, evidenziate dalla stesse risultanze dei giudizio celebratosi a carico dei G. per il reato di ricettazione, escludendo per contro l'emergenza di motivi di risentimento nei suoi confronti che avrebbero dovuto indurre ì Carabinieri falsamente incolpati a preco stituire prove false a suo carico. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, il quale ripropone come motivi di doglianza le eccezioni di natura procedurale e sostanziale sopra indicate e sostiene la configurabilità nella fattispecie della diversa figura d'illecito della simulazione di reato articolo 367 cod. penumero . Considerato in diritto 1. II ricorso è manifestamente infondato e come tale va dichiarato inammissibile. 2. E' palesemente destituita di fondamento la tesi che ai fini della regolarità dell'esame dello imputato in dibattimento articolo 503 cod. proc. penumero occorra dargli gli avvisi previsti dall'articolo 64 cod. proc. penumero per lo svolgimento dell'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. A parte la radicale diversità delle fasi e delle posizioni processuali dei soggetti interessati, l'articolo 503 cod. proc. penumero , anche mediante il rinvio ai modi previsti dagli articolo 498 e 499 cod. proc. penumero , esaurisce in sé l'intera gamma delle formalità che debbono essere osservate per il corretto svolgimento dell'esame, cui tra l'altro l'imputato - a differenza dell'indagato in sede d'indagini preliminari - si sottopone solo volontariamente, facendone espressa richiesta o consentendovi quando essa provenga da altra parte, pubblica o privata. E' di conseguenza manifestamente infondata l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede di esame dibattimentale, senza l'osservanza - per quanto detto, non dovuta - delle prescrizioni di cui all'articolo 64 cod. proc. penumero , attesa la possibilità di acquisire il relativo verbale in distinto giudizio ai sensi dell'articolo 238, comma 1 cod. proc. penumero e senza neppure considerare che, nella fattispecie, quello contenente la falsa incolpazione costituiva il corpo dei reato. 3. E' manifestamente infondata anche la deduzione della ricorrenza dell'esimente dello esercizio dei diritto di cui all'articolo 51 cod. penumero In tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione ha, infatti, affermato il principio che l'imputato, nel corso del procedimento instaurato a suo carico, può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavo revoli, ma commette il reato di calunnia quando non si limita a ribadire la insussistenza delle accuse a lui addebitate, ma assume ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore - di cui pure conosce l'innocenza - nella incoipazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto Sez. 6, sent. numero 18755 dei 16/04/2015, P.O. in proc. Scagnelli, Rv. 263550 . Si è poi precisato che non esorbita dai limiti dei diritto di difesa l'imputato che, in sede di interrogatorio definisca, sia pure per implicito, falso un atto di polizia giudiziaria solo per quanto attiene alla veridicità della denuncia a sua carico in esso contenuta egli pertanto non è punibile a titolo di calunnia in danno dell'autore di detto atto di polizia giudiziaria, stante la presenza di una causa di esclusione della pena in forza del legittimo esercizio di difesa, purché questo si esplichi quale unico e necessario mezzo di confutazione dell'imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale tra l'accusa implicita od esplicita formulata dallo imputato e l'oggetto della contestazione nei suoi confronti. Sez. 6, sent. numero 14042 del 02/10/2014, P.G. in proc. Lizio, Rv. 262972 Sez. 6, sent. numero 5789 del 14/03/1995, Lo Fiego, Rv. 201678 . Deve, tuttavia, ritenersi nel caso in esame che il rapporto di connessione funzionale tra l'accusa formulata dall'imputato e l'oggetto della contestazione nei suoi confronti sia venuto meno, non essendo il ricorrente limitato a difendersi, semmai anche negando l'apposizione della propria sottoscrizione sul verbale tacciato di falsità, ma avendo attribuita falsamente agli accusati una circostanziata condotta illecita, costituita da fatti concreti ulteriori la mano missione delle prove materiali rispetto alla mera redazione dell'atto asseritamente falso. 4. E', infine, palesemente destituita di fondamento la censura tendente a conseguire una diversa qualificazione giuridica dei fatto in termini di simulazione di reato, atteso che nella fattispecie il reato asseritamente simulato è stato falsamente attribuito a persone determinate, elemento che integra il reato di calunnia contestato e che distingue questo rispetto alla meno grave figura d'illecito di cui all'articolo 367 cod. penumero 5. Alla dichiarazione d'inammissibilità dell'impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in € 1.000,00 mille . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proces suali e della somma di € 1.000,00 mille in favore della cassa delle ammende.