«Bastardo» e «cretino», parole usate solo per umiliare

Espressioni gratuite, che vanno oltre la mera interlocuzione determinata dai fatti ingiusti che l’imputato ritiene di aver subito. Esclusa, inoltre, anche l’attenuante della provocazione per accumulo manca la prova dell’esistenza del permanere di uno stato di ira in ragione di un fatto che giustifichi l’esplosione.

Questo è il caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 38958, depositata il 20 settembre 2013. La fattispecie. Minacce e ingiurie, questi i reati per cui un uomo era stato condannato dal Giudice di pace. In una prima occasione, l’imputato aveva appellato con l’espressione bastardo la persona offesa, invitandola ad abbassare il vetro dell’auto nella quale si trovava. Ma la vicenda aveva avuto anche un seguito. Infatti, in una seconda circostanza, l’imputato aveva inviato una lettera alla persona offesa, chiamandola burieddu e utilizzando espressioni del tipo cretino, rompicoglioni, ti prendo a calci in culo . Le espressioni presentavano una specifica ed autonoma valenza offensiva. L’imputato, al fine di vedersi cancellare la condanna, si rivolge alla Corte di Cassazione. Tuttavia – osservano gli Ermellini – le espressioni utilizzate presentavano una specifica ed autonoma valenza offensiva , che andava oltre la mera interlocuzione determinata dai fatti ingiusti che l’imputato riteneva di aver subito . La gratuità delle espressioni, non finalizzate ad un chiarimento o ad altro scopo lecito, le connotava in termini che presentavano una valenza che si esauriva tutta nella portata sicuramente offensiva e nella capacità delle parole usate di umiliare la persona offesa e ledere il bene giuridico del suo onore e decoro . Non sussiste l’attenuante della provocazione per accumulo. Nemmeno l’attenuante della provocazione per accumulo viene in aiuto dell’appellante, perché, in tale ipotesi, si richiede la prova dell’esistenza del permanere di uno stato di ira in ragione di un fatto che giustifichi l’esplosione, in occasione di un ultimo episodio pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si assume sedimentata nel tempo Cass., sent. n. 4695/2011 . Ed è proprio la dimostrazione dell’episodio scatenante, a ridosso della condotta contestata, che manca nel caso di specie.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 maggio – 20 settembre 2013, n. 38958 Presidente Dubolino – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione C.G. , avverso la sentenza del Giudice di pace di Lipari, in data 9 luglio 2012, con la quale è stato condannato in ordine ai reati di minacce e di ingiuria commessi nell' omissis in danno di S.F. . L'imputato è stato ritenuto responsabile di avere, nella prima occasione, proferito nei confronti della persona offesa l'espressione bastardo , nel contempo invitandola ad abbassare il vetro della vettura nella quale si trovava, vetro sul quale batteva un pugno. Con riferimento alla seconda occasione, l'imputato è stato ritenuto responsabile di avere inviato una lettera, alla persona offesa che nuovamente appellava col nomignolo - usato in senso spregiativo - , accusandola, con espressioni quali cretino, rompicoglioni, ti prendo a calci in culo nonché con il riferimento a pressioni illegali che quella avrebbe esercitato, per comprimere i suoi diritti di proprietà e di libero godimento della propria casa, costruita al confine di quella della persona offesa. Deduce 1 la erronea applicazione dell'articolo 594 cp. Tale norma prevede una condotta idonea a ledere l'onore e il decoro della persona offesa, secondo un criterio di media convenzionale che tenga conto sia della personalità dell'offeso e dell'offensore che del contesto nel quale la frase incriminata sia pronunciata. In tal senso si è espressa più volte la giurisprudenza della Cassazione con pronunce non considerate nella sentenza impugnata. In sostanza, in quest'ultima mancherebbe la contestualizzazione del fatto e dunque l'illustrazione della sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, essendosi, viceversa, il giudice, soffermato ad illustrare l'elemento soggettivo. Ed invece l'unico intento che aveva indotto l'imputato a scrivere la lettera di cui all'imputazione era stata la volontà di reagire ad un comportamento abusivo della persona offesa, successivamente defunta, la quale aveva illegittimamente costruito un manufatto sul terreno di sua proprietà però andando altresì ad occupare la strada pubblica che divideva la sua proprietà da quella dell'imputato. Per tale ragione l'imputato si era doluto del fatto di avere perso l'uso della strada pubblica in quel tratto e di subire la presenza di un manufatto che apriva finestre sulla sua proprietà un comportamento attestato, nella sua abusività, dal Comune di Lipari nel marzo 2005 2 la erronea applicazione dell'articolo 612 cp., tenuto conto che, né nel comportamento descritto nel primo capo d'imputazione, né nella lettera di cui al secondo capo, si rinvengono iniziative realmente dotate di potenzialità di intimidazione. Si è trattato soltanto di comportamenti irrilevanti dal punto di vista della lesività del bene giuridico tutelato dalla norma, essendo, il danno minacciato, non realizzabile né verosimile 3 la mancata applicazione dell'articolo 599 comma due cp., integrante la causa di non punibilità dell'avere reagito a un fatto ingiusto altrui, e comunque la mancata applicazione dell'articolo 62 numero due cp. I fatti sopra descritti erano idonei ad integrare le fattispecie menzionate, soprattutto in considerazione della maggior consapevolezza dell'ingiustizia subita, da parte dell'imputato che era un avvocato e che, per gli stessi fatti, aveva sporto formale querela alla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzodigotto. Si sofferma, il difensore, a citare la giurisprudenza che chiarisce l'esatta portata del requisito dell'immediatezza della reazione. 4 l'eccessività della pena. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Il primo motivo di ricorso non è apprezzabile. La motivazione esibita dal giudice del merito riguarda la ritenuta portata offensiva di espressioni come cretino cafone e villano , incapace di capire altrimenti la lingua italiana . Si tratta di una valutazione in linea con pronunzie di questa Corte di legittimità la quale, proprio con riferimento a espressioni analoghe, ha osservato che esse, per la natura non continente che le connota, sostanziano un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale della persona Rv. 244811 . È condivisibile, peraltro, l'osservazione della difesa secondo cui la valenza offensiva di una determinata espressione può anche rimanere esclusa o comunque scriminata con il riconoscimento di una causa di non punibilità, in dipendenza del contesto nel quale è stata pronunciata Sez. 5, Sentenza n. 30956 del 02/07/2010 Ud. dep. 03/08/2010 Rv. 247972 Rv. 245925 , così come è vero che è stata già ritenuta priva di rilevanza offensiva l'espressione siete venuti a rompere le scatole proferita nel contesto di un vivace scambio verbale tra professoresse Sez. 5, Sentenza n. 39454 del 03/06/2005 Ud. dep. 27/10/2005 Rv. 232339 . Nel caso di specie,tuttavia, nel quale le espressioni sopra menzionate, alle quali va aggiunta quella di bastardo di cui al primo capo, presentavano una specifica ed autonoma valenza offensiva, che andava oltre la mera interlocuzione determinata dai fatti ingiusti che l'imputato riteneva di avere subito. La gratuità delle espressioni, non finalizzate ad un chiarimento o ad altro scopo lecito, le connotava in termini che presentavano, anche calate nel contesto, una valenza che si esauriva tutta nella portata sicuramente offensiva e nella capacità delle parole usate, di umiliare la persona offesa e ledere il bene giuridico del suo onore e decoro. Ancora con riferimento al reato di ingiuria, appare ugualmente infondato il terzo motivo di ricorso. La difesa invoca la causa di non punibilità dell'avere, l'imputato, reagito al fatto ingiusto altrui, in una situazione nella quale non risulta, tra l'altro, comunque integrato il requisito della immediatezza della pretesa reazione, così come richiesto dall'art. 599 comma 2 cp. Nel caso di specie, invero, il fatto assortamente ingiusto e non valutato dal giudice sarebbe quello della costruzione, ad opera della persona offesa, del manufatto su strada pubblica a ridosso della proprietà dell'imputato. Ebbene, proprio nella prospettazione del ricorrente, difetta la allegazione della relazione di immediatezza anche solo giuridica tra il fatto ingiusto e la condotta in esame. Semmai, a pag 3 del ricorso, si pone in relazione la missiva integrante reato, che risale al OMISSIS , con l'accertamento, del marzo 2005, ad opera dei funzionari comunali, a proposito della abusività del manufatto dell'ingiuriato. Sembrerebbe allora che il caso vada risolto alla luce della giurisprudenza sull' accumulo di ira secondo cui anche ai fini della ricorrenza dell'attenuante della provocazione cosiddetta per accumulo si richiede la prova dell'esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l'esplosione, in relazione e in occasione di un ultimo episodio pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo, non potendosi mai riconoscere la circostanza, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e talmente inadeguata rispetto all'ultimo episodio dal quale trae origine, da fare escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, sia pure potenziata dall'accumulo, e reazione Sez. 1, Sentenza n. 13921 del 02/03/2010 Ud. dep. 13/04/2010 Rv. 246658 . Sulla stessa linea si è osservato che l'applicazione della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma cosiddetta per accumulo , richiede pur sempre la prova dell'esistenza del permanere di uno stato di ira in ragione di un fatto che giustifichi l'esplosione, in occasione di un ultimo episodio pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si assume sedimentata nel tempo Sez. 1, Sentenza n. 4695 del 13/01/2011 Ud. dep. 09/02/2011 Rv. 249558 . Nel caso di specie, come detto, difetta la dimostrazione o l'allegazione dell'episodio scatenante, a ridosso della condotta contestata. In ordine al motivo sub 2 , se ne rileva, parimenti, la infondatezza. Il Giudice di pace ha fornito un'adeguata motivazione in ordine all'integrazione del reato di minacce, essendo stato accertato il comportamento consistito nel rivolgersi alla persona offesa dapprima battendo un pugno sul finestrino dell'auto sulla quale viaggiava e invitandola ad aprirlo e, successivamente, scrivendole, nella lettera di cui all'imputazione, che, se non avesse desistito da un comportamento ritenuto illegittimo, avrebbe posto in essere ai suoi danni un'azione sicuramente aggressiva e lesiva del bene dell'incolumità personale. Si tratta di una valutazione di merito, completa e razionale, non ulteriormente censurabile da questa Corte. Inammissibile è l'ultimo motivo di ricorso formulato come se fosse diretto al giudice del merito e cioè auspicando una decisione che presuppone accertamento di fatti utili, non segnalati dalla difesa e tantomeno, comunque, apprezzabili nella sede della legittimità. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.