Il generico risarcimento del danno non patrimoniale non è tacitamente comprensivo del danno parentale

Il danno parentale corrisponde ai patimenti scaturenti dall'evento lesivo, individuabili nel concreto mutamento della vita quotidiana e familiare il relativo indennizzo è subordinato alla prova processuale.

Il danno non patrimoniale scaturente dalla perdita di un congiunto, denominato anche danno parentale, può causare lo sconvolgimento della vita familiare con violazione del diritto alla famiglia artt. 2, 29 e 30 Cost. e conseguente diritto al risarcimento. La violazione del diritto costituzionalmente protetto è presupposto essenziale per la liquidazione del danno. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 19402 del 22 agosto 2013. Il caso . A causa di un sinistro stradale in cui un'autovettura impattava violentemente un articolato, perdevano la vita tutti i passeggeri del primo veicolo tranne uno che riportava gravi lesioni. Gli eredi ed il superstite attivavano un giudizio volto ad ottenere il risarcimento dei danni patiti. Il tribunale, pur riconoscendo un concorso di colpa, liquidava in favore degli attori una somma a titolo di risarcimento danni. Gli eredi proponevano appello affinché fosse aumentato l'importo liquidato mentre il passeggero proponeva appello incidentale affinché fosse riconosciuta la responsabilità esclusiva del conducente dell'autoarticolato. La corte territoriale aumentava l'indennizzo e confermava il concorso di responsabilità. Gli attori, ritenendo che la corte territoriale avesse omesso di liquidare il danno parentale, limitandosi a liquidare il solo danno biologico e morale, proponevano ricorso per cassazione. Il danno non patrimoniale. La S.C. ha richiamato la più recente giurisprudenza formatasi in materia di risarcimento dei danni che individua due macro categorie danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Il secondo, si compone del danno biologico, del danno morale nonché dei pregiudizi diversi ed ulteriori che siano diretta conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto. Sul punto la Cassazione nella pronuncia. n. 8827/2003 ha affermato che La lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto configurabile solo quando vi sia una lesione dell'integrità psico - fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica , del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d'animo nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto. Ne deriva che, nella liquidazione equitativa dei pregiudizi ulteriori, il giudice, in relazione alla menzionata funzione unitaria del risarcimento del danno alla persona, non può non tenere conto di quanto già eventualmente riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo, pure esso risarcibile, quando vi sia la lesione di un tale tipo di interesse, ancorché il fatto non sia configurabile come reato . Danno non patrimoniale e danno parentale. Al danno non patrimoniale deve ricondursi anche il danno parentale, ovvero il danno patito dalla famiglia del soggetto direttamente colpito. Sul punto, la S.C. ha chiarito che la perdita di un congiunto può causare lo sconvolgimento della vita familiare con violazione del diritto alla famiglia artt. 2, 29 e 30 Cost. e conseguente diritto al risarcimento. Criteri di liquidazione. In fatto, il danno non patrimoniale comprende sottovoci diversamente denominate danno esistenziale, danno morale, danno parentale etc. , quindi, il giudicante deve indicare in modo dettagliato le fattispecie lesive che risarcisce mediante assegnazione di una somma, evitando l'utilizzo di voci generiche quali possono essere danno esistenziale e danno morale. La S.C. ha osservato che il danno biologico danno medicalmente accertato , il danno morale sofferenza interiore ed il danno alla vita di relazione alterazione della vita quotidiana , pur scaturendo dallo stesso evento lesivo sono voci di danno che - previo prova dell'effettivo patimento - devono essere indennizzate autonomamente. Indennizzo del danno parentale subordinato alla prova processuale. L'istante deve documentare e provare la mutazione della propria vita familiare e quotidiana, dovendosi escludere che detto indennizzo sia tacitamente compreso nel generico risarcimento del danno non patrimoniale. Nel caso di specie, la Cassazione, ha rilevato che è stato correttamente escluso il risarcimento del danno biologico in quanto gli eredi non hanno documentato medicalmente l'esistenza di malattie scaturenti dall'evento tragico, mentre la corte territoriale ha errato nel ritenere che la somma liquidata a titolo di danno morale risulti genericamente comprensiva di tutte le voci di danno diverse dal danno biologico, così riconoscendo il diritto dell'attore a vedere risarciti tutti i danni patiti ed in particolare il c.d. danno parentale. Per le ragioni sin qui esposte, la S.C. ha rinviato la causa ad altra corte territoriale affinché, previo prova fornita dal richiedente, vengano specificamente individuati, valutati ed indennizzati tutti i danni patiti compreso quello parentale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 maggio - 22 agosto 2013, n. 19402 Presidente Uccella – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. Nella serata del omissis si verificava, sul tratto omissis dell'autostrada XX, un tragico incidente. La vettura di proprietà di D.P.P. , condotta nella circostanza da D.P.S. , andava ad urtare violentemente contro un autoarticolato fermo sulla corsia di sorpasso, penetrando per quasi tutta la lunghezza del relativo rimorchio. Nell'incidente perdevano la vita quattro dei cinque occupanti della vettura, tutti ragazzi in giovanissima età, fra i quali il conducente ed il trasportato B.C. , mentre sopravviveva il solo B.V. , riportando gravi conseguenze personali. Il giudizio civile - promosso davanti al Tribunale di Viterbo, fra gli altri, da B.A. e N.F. , genitori del defunto B.C. , nonché da B.V. in proprio, nei confronti del conducente dell'autoarticolato e della società proprietaria, entrambi stranieri, della Lloyd Adriatico s.p.a. e dell'Ufficio centrale italiano UCI - si concludeva con una sentenza di condanna che riconosceva un risarcimento di lire 318.762.553 in favore del padre, di lire 284.552.315 in favore della madre e di lire 227.706.932 in favore del fratello, pur ponendo a carico del defunto conducente D.P.S. un concorso di colpa nella misura del 20 per cento. 2. La sentenza veniva appellata in via principale da B.A. , N.F. e B.V. , chiedendo un risarcimento più elevato, mentre la Lloyd Adriatico s.p.a. e i genitori di D.P.S. chiedevano, con appello incidentale, che fosse riconosciuta la responsabilità esclusiva del conducente dell'autoarticolato. La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 19 luglio 2006, in parziale riforma di quella di primo grado, confermata la percentuale di responsabilità a carico del defunto D.P.S. , riconosceva ad B.A. e N.F. l'ulteriore somma di Euro 10.000 ciascuno, a titolo di danno morale per la sofferenza patita a causa dei danni subiti dal figlio sopravvissuto B.V. . Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora interessa in questa sede, che l'ulteriore richiesta risarcitoria avanzata dagli appellanti principali in conseguenza delle gravissime ricadute dell'evento sui familiari e sul tipo di convivenza non potevano trovare accoglimento, poiché il danno biologico ed il danno morale non sono per loro natura suscettibili di una valutazione con criteri oggettivi” e, comunque, gli importi liquidati dal Tribunale per detti titoli erano ampiamente satisfattivi”. 3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma propongono ricorso B.A. , N.F. e B.V. , con atto affidato ad un solo motivo. Resiste con controricorso l'Ufficio centrale italiano UCI . I ricorrenti hanno presentato memoria. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2059 cod. civ. in relazione agli artt. 2, 29 e 30 della Costituzione. Rilevano i ricorrenti di aver posto in evidenza, con l'atto di appello, che B.V. era solito avere con il fratello Costanzo una comunione di vita molto forte, trovando nel fratello maggiore un punto di riferimento. I genitori, a loro volta, avevano lamentato che con la morte del figlio maggiore gli equilibri della vita familiare erano stati profondamente alterati, sicché il pregiudizio morale da loro subito era più grande di quello realmente risarcito. Sulla base di tale premessa i ricorrenti, richiamando la nota figura del c.d. danno esistenziale, affermano che esso è da ritenere risarcibile, mentre la Corte d'appello di Roma sarebbe rimasta ferma alle due figure del danno morale e del danno biologico, così erroneamente accomunando valori ed interessi diversamente tutelati. Il danno esistenziale, risarcibile iure proprio, dovrebbe essere distinto sia da quello biologico che da quello morale, in quanto trova il proprio riferimento nell'interesse correlato alla intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che connota la famiglia”. 1.2. L'esame del motivo impone alla Corte un sintetico riepilogo dei passaggi giurisprudenziali più recenti sull'argomento. Com'è noto questa Corte, già a partire dalle sentenze 31 maggio 2003, n. 8827 e n. 8828 note come sentenze gemelle , aveva riconosciuto che una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ., lungi dal realizzare un incremento generalizzato delle poste di danno”, impone una riconduzione verso un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto” così la sentenza n. 8827 . La pronuncia ora richiamata, infatti, aveva anche chiarito che il riconoscimento dei diritti della famiglia deve essere inteso non già, restrittivamente, come tutela delle estrinsecazioni della persona nell'ambito esclusivo di quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente interno, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell'individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto parentale ispira, generando bensì bisogni e doveri, ma dando anche luogo a gratificazioni, supporti, affrancazioni e significati”. Sicché, ove il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto, provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non un annullamento, delle positività che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita deve senz'altro trovare ristoro nell'ambito della tutela ulteriore apprestata dall'art. 2059 cod. civ. in caso di lesione di un interesse costituzionalmente protetto”. 1.3. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la più recente sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, hanno riaffrontato la materia funditus, mettendone a fuoco i punti più delicati e tentando, nel contempo, di porre un freno al moltiplicarsi di diverse e spesso inconsistenti voci di danno. Ai fini che interessano nella sede odierna, è necessario ricordare che questa sentenza ha confermato la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ. in senso bipolare danno patrimoniale/danno non patrimoniale ha superato il concetto di danno morale transeunte, osservando che tale formula non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata” ha chiarito che, al di fuori dei casi determinati dalla legge, è data tutela risarcitoria al danno non patrimoniale solo se sia accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona”, cioè se sussiste una ingiustizia costituzionalmente qualificata” ha recepito, sia pure intendendole come mera sintesi descrittiva”, le nozioni di danno biologico e di danno da perdita del rapporto parentale, ricondotte tutte alla figura più ampia del danno non patrimoniale. Le Sezioni Unite, inoltre, hanno insegnato che, in assenza di reato e al di fuori dei casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto c.d. danno da perdita del rapporto parentale , poiché il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia artt. 2, 29 e 30 Cost. ” ed hanno ribadito che il danno non patrimoniale deve, comunque, essere provato. La pronuncia in esame - animata anche dall'intento, già rilevato, di porre fine alla risarcibilità di pregiudizi definiti, non a caso, come fantasiosi o risibili - ha rilevato che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale , perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall'interpretazione costituzionale dell'art. 2059 cod. civ., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione”. Può dirsi, in conclusione, che la sentenza delle Sezioni Unite - che costituisce, allo stato, la voce più autorevole sull'argomento - ha escluso l'esistenza di una figura autonoma di danno esistenziale , ma ha riconosciuto come forma di danno non patrimoniale risarcibile quella della lesione del rapporto parentale, in quanto sicuramente rientrante nella protezione di cui alla nostra Costituzione. 1.4. La giurisprudenza più recente ha compiuto ulteriori passi avanti che, nella fedeltà all'insegnamento delle Sezioni Unite, hanno consentito di fermare l'attenzione su specifici aspetti del complesso problema, alla luce anche dei sopravvenuti interventi legislativi. La sentenza 13 maggio 2011, n. 10527, ad esempio, si è soffermata a lungo sui possibili profili di duplicazione delle poste di danno, problema che le Sezioni Unite avevano, peraltro, già affrontato. Ha rilevato la Corte, al riguardo, che non si hanno invero duplicazioni risarcitorie in presenza della liquidazione dei diversi aspetti negativi ravvisati causalmente derivare dal fatto illecito o dall'inadempimento ed incidenti sulla persona del danneggiato/creditore. Duplicazioni risarcitorie vengono invece a sussistere laddove lo stesso aspetto o voce venga computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni”, precisando che è compito del giudice del merito accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli”. La sentenza n. 10527 del 2011, quindi, ha rilevato che, ove la liquidazione del danno morale sia stata espressamente estesa anche ai profili relazionali, nei termini propri del danno c.d. esistenziale, è allora senz'altro da escludersi la possibilità che, in aggiunta a quanto a titolo di danno morale già determinato, venga attribuito un ulteriore ammontare al diverso titolo di danno esistenziale cfr. Cass., 15 aprile 2010, n. 9040 . Così come deve del pari dirsi nell'ipotesi di liquidazione del danno biologico effettuata avendosi riguardo anche a siffatta negativa incidenza sugli aspetti dinamico-relazionali del danneggiato. Laddove tali aspetti relazionali del tutto, ovvero secondo i profili peculiarmente connotanti il c.d. danno esistenziale non siano stati invece presi in considerazione, dal relativo ristoro non può invero prescindersi”. Questa pronuncia, però, si è anche fatta carico di evidenziare che il danno alla vita di relazione non consiste nella perdita delle abitudini e dei riti propri della vita, ma in fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, in scelte di vita diversa”, ovvero, in altre parole, nello sconvolgimento dell'esistenza obiettivamente accertabile” che non si traduca in patologie medicalmente accertabili. Sulla medesima linea si colloca la sentenza 9 marzo 2012, n. 3718, nella quale questa Corte ha confermato, sul punto specifico, la sentenza di merito che aveva riconosciuto il diritto al danno c.d. esistenziale in quanto la persona danneggiata aveva subito un vero e proprio sconvolgimento delle proprie abitudini di vita, vedendosi costretta, a causa del fatto dannoso, a cambiare anche il proprio lavoro la pronuncia ha così avuto modo di spiegare che in quel caso la liquidazione del danno esistenziale non costituiva una duplicazione, data la sua indubbia particolarità. Va infine menzionata, come pronuncia più recente, la sentenza 20 novembre 2012, n. 20292, nella quale questa Corte è tornata ancora una volta sul problema del danno alla vita di relazione. La pronuncia ora richiamata, oltre a svolgere una sintesi ragionata dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale sull'argomento, ha posto l'attenzione in modo specifico su di un problema assai delicato che - fra l'altro - interessa nella vicenda oggi in esame si è cioè interrogata su cosa si verifichi, in termini di risarcimento del danno, qualora dalla lesione di un diritto costituzionalmente protetto non sia derivata alcuna conseguenza in termini di danno biologico, cioè quando non vi sia una lesione medicalmente accertabile. La sentenza - dopo aver richiamato la precedente pronuncia 12 settembre 2011, n. 18641, la quale ha evidenziato l'autonomia della figura del danno morale rispetto a quella del danno biologico, alla luce di due interventi normativi successivi alla citata sentenza delle Sezioni Unite del 2008 – ha ribadito che esistenziale è quel danno che, in caso di lesione della stessa salute, si colloca e si dipana nella sfera dinamico relazionale del soggetto, come conseguenza, sì, ma autonoma, della lesione medicalmente accertatale”. Questa sentenza, in ultima analisi, dando continuità a quella delle Sezioni Unite, ha confermato che il giudice di merito, dopo aver accertato l'esistenza di una situazione soggettiva protetta a livello costituzionale”, è tenuto ad una rigorosa analisi e ad una conseguentemente rigorosa valutazione tanto dell'aspetto interiore del danno la sofferenza morale quanto del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana il danno esistenziale ” ciò in quanto il risarcimento non deve essere duplicato, ma deve tenere presenti le diverse possibili lesioni derivanti dal fatto illecito sull'argomento ritorna anche la più recente sentenza 17 aprile 2013, n. 9231 . 2. Così sommariamente tratteggiate le linee dell'evoluzione giurisprudenziale in materia, ritiene questa Corte di dover confermare, dando continuità ai precedenti richiamati, che il danno biologico, il danno morale ed il, danno alla vita di relazione rispondono - per così dire - a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo. In altre parole, un determinato evento può causare, nella persona stessa della vittima come in quelle dei familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un dolore interiore ed un'alterazione della vita quotidiana si tratta, all'evidenza, di situazioni diverse ma pure tra loro collegate. Ciò non significa - come si potrebbe essere portati a pensare ragionando in astratto - che il giudice di merito sia tenuto per ciò solo, in via automatica, alla liquidazione di tutte queste singole poste di danno, con un effetto di sommatoria che rischia di riproporre i problemi di duplicazione che la sentenza delle Sezioni Unite ha inteso superare definitivamente per il danno biologico, ad esempio, deve essere dimostrata la sussistenza di una lesione rilevante da un punto di vista medico provando che, in conseguenza della morte di un familiare, anche la persona sopravvissuta ha contratto una qualche malattia legata da nesso di causalità con il lutto subito . Il giudice di merito, invece, dovrà dare conto - in rapporto alla domanda giudiziale davanti a lui proposta ed alla luce delle prove raccolte - di aver tenuto presente i diversi aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni ma anche vuoti risarcitori, perché - come ha ricordato la citata sentenza n. 20292 del 2012, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite - ciò che assume portata decisiva è la centralità della persona e l'integralità del risarcimento del valore uomo”. Tale accertamento dovrà essere compiuto alla luce delle regole generali in tema di prova, tenendo presente che il relativo onere è a carico del danneggiato. 3. Alla luce delle precedenti riflessioni si può quindi procedere all'esame del caso concreto. 3.1. Nella specie, gli odierni ricorrenti sono, rispettivamente, i genitori ed il fratello del giovane morto nell'incidente stradale per cui è causa. Nessun dubbio, quindi, sull'esistenza di un evento generatore dell'obbligo di risarcimento del danno non patrimoniale, sussistendo sia il reato che la lesione di un diritto costituzionalmente protetto si deve dire, anzi, che la morte di un figlio - ammesso che sia possibile ipotizzare una sorta di scala progressiva dei dolori umani - rappresenta il punto più elevato di detta scala, certamente ricompresa nella tutela degli artt. 29 e 30 della Costituzione. A fronte di simile evento la Corte d'appello, con una valutazione di merito che non è sindacabile in questa sede, in quanto correttamente argomentata, è pervenuta alla conclusione per cui né al fratello B.V. né al padre B.A. dovesse essere riconosciuta alcuna somma a titolo di danno biologico, in quanto non era stato dimostrato che, a seguito della morte di B.C. , i predetti congiunti avessero sviluppato una qualche malattia, ovvero lesione del diritto alla salute. Soltanto in favore della madre N.F. la Corte romana ha riconosciuto l'esistenza di un danno biologico nella modesta misura del 5 per cento di lesione dell'integrità psico-fisica, a seguito dell'insorgenza di una depressione reattiva con possibile sviluppo di un disturbo psicotico”. 3.2. Il passaggio della motivazione sul quale, però, occorre puntare l'attenzione è quello relativo al danno alla vita di relazione. La stessa pronuncia da atto, infatti, che gli appellanti lamentavano la mancata considerazione delle gravissime ricadute dell'evento sui familiari”, in considerazione dell'età della vittima, del grado di parentela e del tipo di convivenza. In presenza di simili contestazioni che senza dubbio si risolvono nella richiesta di liquidazione del danno c.d. esistenziale - la Corte territoriale si è limitata ad osservare che gli importi liquidati dal Tribunale, avuto riguardo per il danno biologico alla natura ed entità delle lesioni e dei postumi riscontrati, e per il danno morale a tutti gli elementi concorrenti alla sua determinazione età della vittima, convivenza e grado di parentela appaiono ampiamente satisfattivi”. Ne deriva che, non essendo stata dimostrata l'esistenza di un danno biologico se non nei limiti di cui sopra, il giudice di merito ha liquidato il solo danno morale, ritenendo di poter genericamente ricomprendere in tale voce tutti gli altri elementi ivi indicati, peraltro con una spiegazione estremamente stringata. Appare evidente che la Corte ha confuso i piani sopra ricordati, in quanto ha dimostrato di non aver adeguatamente valutato - magari anche per negarne l'esistenza - i profili della lesione del rapporto parentale conseguenti alla morte di B.C. . La fine tragica di un ragazzo di vent'anni, infatti, potrebbe avere effetti anche devastanti sui genitori e sul fratello superstite, che il giudice di merito è tenuto a valutare alla luce degli insegnamenti di questa Corte. Ciò non si traduce - proprio per quanto si è detto - in un automatismo risarcitorio, ma implica comunque l'obbligo di prendere in considerazione il problema, potendosi altrimenti determinare la conseguenza di un vuoto risarcitorio che non risponde alla logica dell'art. 2059 cod. civ. e dei valori fondanti della nostra Costituzione. Il giudice di rinvio non sarà chiamato - alla luce dei precedenti di questa Corte - a verificare la sussistenza di semplici mutamenti delle abitudini e delle condizioni di vita, che sono da ritenere impliciti in presenza di un evento come la morte di un figlio ventenne bensì dovrà accertare, con onere della prova a carico dei richiedenti, se in conseguenza del fatto si siano determinati autentici sconvolgimenti nella vita dei familiari superstiti, tali da comportare scelte radicalmente diverse. Soltanto in presenza di una simile eventualità potrà trovare giustificazione il riconoscimento di una ulteriore e diversa posta risarcitoria. 4. In conclusione, dunque, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata. Il giudizio è rinviato alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, la quale deciderà attenendosi al seguente principio di diritto Il danno biologico, il danno morale ed il danno alla vita di relazione rispondono a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo, in quanto un determinato evento può causare, nella persona della vittima come in quelle dei familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un dolore interiore ed un’alterazione della vita quotidiana. Ciò non significa che il giudice di merito sia tenuto, in via automatica, alla liquidazione separata di tutte queste singole poste di danno, ma si traduce nell’obbligo di tenere presente i diversi aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni ma anche vuoti” risarcitori quanto al danno da lesione del rapporto parentale, il giudice dovrà accertare, con onere della prova a carico dei familiari, se a seguito del fatto lesivo si sia determinato nei superstiti uno sconvolgimento delle normali abitudini tale da imporre scelte di vita radicalmente diverse”. Al giudice di rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.