Una buona cultura previdenziale aiuta a pianificare la propria vita lavorativa e quindi la propria vecchiaia anche se non è per nulla facile comprenderlo in età giovanile.
In Italia c’è una diffusa ignoranza in materia previdenziale e finanziaria. Colmare questi vuoti consentirà scelte consapevoli sulla previdenza e sul risparmio previdenziale e impedirà ai politici di turno, sia quelli nazionali che quelli forensi, di utilizzare la leva previdenziale per finalità squisitamente politiche. Infatti, una buona cultura previdenziale aiuta a pianificare la propria vita lavorativa e quindi la propria vecchiaia anche se non è per nulla facile comprenderlo in età giovanile. Se fate attenzione agli accadimenti di ieri, ma anche di oggi e necessariamente anche di domani il sistema pensionistico, in una con quello finanziario, sono sempre interessati da manovre che si assumono condotte nell’interesse generale. Le continue riforme che interessano la materia previdenziale e che spesso cambiano radicalmente quelle appena fatte, magari pochi mesi prima, non facilitano certo l’acquisizione della materia ma creano soltanto confusione, sfiducia e distacco fra la cittadinanza e la politica. Pensare per tempo al proprio futuro. La realtà fattuale è che in futuro vi sarà una pensione sempre più bassa e quindi è indispensabile che la cultura previdenziale e finanziaria aumenti per consentire al quivis de populo, ivi compreso l’avvocato, di rendersi conto della situazione e pensare per tempo al proprio futuro. Oggi si fa un gran parlare di welfare e soprattutto di welfare attivo. Il welfare state è un invenzione della società a economia capitalistica. Oggi si abusa del welfare attivo per cercare di nascondere le inefficienze e le insufficienze della previdenza. La povertà non costituisce sicuramente un nuovo rischio sociale. La povertà ha accompagnato la storia dell’Europa sin dalle sue origini, aumentando in termini assoluti nei periodi di crisi e depressione economica e riducendosi generalmente invece nei periodi di maggiore prosperità e crescita. La povertà nei Paesi avanzati è molto più diffusa nelle fasi storiche caratterizzate da più aspre e più ampie disparità sociali, mentre si riduce laddove e quando le distanze sociali sono più ridotte, perché la struttura sociale è più egualitaria o perché intervengono politiche pubbliche che svolgono una funzione di compensazione sociale. L’Avvocatura italiana si dibatte da anni fra i confini angusti di queste difficoltà. È geneticamente cambiata ma incapace di rendersi conto di tale cambiamento per sfruttarne in positivo tutte le potenzialità. È guidata da vertici che fanno quello che possono ma sono obsoleti di fronte ai cambiamenti tanto improvvisi quanto radicali. Il regolamento ex articolo 21, legge numero 247/2012 ne rappresenta l’esempio più lampante. Di fronte all’aumento vorticoso di avvocati, per lo più giovani, titolari di redditi esigui, la boutique di Cassa Forense propone una sfilata di vestiti per loro assolutamente inaccessibili. E ciò intanto può avvenire in quanto manca nell’Avvocatura italiana quella cultura previdenziale e finanziaria in grado di scendere in campo e contrapporre una diga alla miopia degli attuali governanti. La responsabilità quindi non è dei governanti ma è della base che non riesce a colmare quel GAP di ignoranza, previdenziale e finanziaria, di cui si è parlato all’inizio di questo monologo. Il passaggio successivo consiste nello spiegare all’utente che il contributo previdenziale non viene messo sotto la mattonella e restituito quando si va in pensione, bensì viene investito nei mercati finanziari per ottenere dei rendimenti che possano accrescere la futura pensione. Il perché è ovvio invece di accontentarsi della rivalutazione legale dell’1,5% più lo 0,75% dell’inflazione, di cui al TFR, si vogliono realizzare maggiori rendimenti. Qui, se non vi è abbondanza di cultura finanziaria, scatta la paura dell’inconscio, si affollano alla mente tutto quello che i media dicono sui mercati finanziari, le bolle speculative, i miliardi di euro bruciati se gli indici sono negativi, lo spread, le perdite per investimenti in derivati e altre amenità. È tempo di colmare sia il GAP previdenziale che quello finanziario per diventare protagonisti del futuro e non meri esecutati.