Il pubblico ufficiale non trae vantaggio dalla falsa attestazione, ma poco importa, ne era consapevole

Per integrare il delitto di falso in atto pubblico, non occorre l’animus nocendi o l’animus decipiendi, essendo necessaria e sufficiente la sola volontarietà e consapevolezza della falsa attestazione.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 26455/15, depositata il 23 giugno. Il caso. La Corte d’appello di Catania confermava l’assoluzione di alcuni imputati in riferimento al reato di falso ideologico in atto pubblico, da una parte ritenendo non provato il dolo del reato, e dall’altra, sostenendo comunque l’innocuità del falso. Ricorre per cassazione la parte civile. Irrilevanza dell’intento. Per consolidata giurisprudenza Cass., numero 29764/10 , la S.C. rammenta che, per poter integrare i reati di falso in atto pubblico, è irrilevante l’intento che muove l’agente. Tali fattispecie sono infatti considerate come reati di pericolo e sono configurabili tramite il dolo generico dunque, tramite la consapevolezza e l’intenzione della falsa attestazione , mentre non si esige l’animus nocendi, né l’animus decipiendi. Questo significa che il delitto in esame sussiste non soltanto quando la falsità sia posta in essere senza la volontà di nuocere, ma anche quando questa sia compiuta con la convinzione di non arrecare alcun danno. Accertamento mai compiuto. Se è vero che il dolo generico non può sussistere per il solo fatto che l’atto contenga un’attestazione oggettivamente non veritiera, dovendosi accertare invece che la falsità non sia dovuta a una leggerezza dell’agente, o a un’incompleta conoscenza o errata interpretazione di norme, o ancora all’applicazione negligente di una prassi amministrativa, tuttavia deve ritenersi dolosa la falsa asserzione di un accertamento in realtà mai compiuto Cass., numero 15255/05 . Falso innocuo. Gli Ermellini precisano poi che ricorre il c.d. “falso innocuo” quando la menzognera attestazione nel falso ideologico o l’alterazione nel falso materiale siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e non producano effetti sulla sua funzione documentale, in quanto l’innocuità non deve valutarsi con riferimento all’utilizzo che venga fatto di tale atto falso Cass., numero 2809/14 . In riferimento al caso di specie, la S.C. rimprovera ai Giudici di merito di aver trascurato gli esiti processuali sull’obbiettiva falsità dell’attestazione compiuta dal p.u. circa l’apposizione in sua presenza della firma della moglie della parte civile nei documenti in questione. Di conseguenza, hanno erroneamente ritenuto non integrato il reato sulla base dell’assunta assenza di “utile” movente alla sua consumazione e della sostanziale innocuità del falso. Tuttavia, alla luce dei principi sopra descritti, i Giudici rilevano che l’atto da lui compiuto era finalizzato all’autentificazione di tale firma, attribuendo fede privilegiata al documento su cui era stata sottoscritta con riguardo alla sua provenienza, il che esclude l’innocuità del falso stesso. Se ciò non comporta automaticamente la responsabilità del pubblico ufficiale, tuttavia i Giudici di merito avrebbero dovuto verificare la sua effettiva consapevolezza di attestare il falso, accertamento non compiuto. Per tali motivi, la Corte di Cassazione annulla la sentenza con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 maggio – 23 giugno 2015, numero 26455 Presidente Vessichelli – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Catania, su impugnazione della parte civile, ha confermato l'assoluzione di M.G. , S.G. e Sa.Gi. per il reato di falso ideologico in atto pubblico e la declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti degli ultimi due imputati per i concorrenti reati di cui agli articolo 627 e 640 c.p 2. Avverso la sentenza ricorre ai soli effetti civili A.S. a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale articolando due motivi. 2.1 Con il primo deduce vizi della motivazione in merito alla conferma dell'assoluzione per il reato di falso, rilevando come la Corte territoriale abbia del tutto ignorato le risultanze della consulenza grafologica versata in atti sul consenso delle parti e dalla quale risulta come la moglie dell'A. anch'ella originariamente costituitasi parte civile e nel frattempo deceduta non abbia sottoscritto le due distinte di denuncia presentate su supporto informatico relative alla comunicazione alla Camera di Commercio del tramutamento della sede legale della Figurella Project s.r.l. Conseguentemente i giudici dell'appello avrebbero trascurato la prova inequivocabile del fatto che l'attestazione di autentica da parte del M. nella sua qualità di funzionario del comune di Augusta delle suddette firme in quanto apposte alla sua presenza è oggettivamente falsa. 2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'errata applicazione della legge penale, evidenziando come il reato di cui all'articolo 479 c.p. richieda il dolo generico e come risulti dunque irrilevante il movente che abbia determinato l'autore del fatto o i suoi eventuali istigatori e cioè nel caso di specie i S. alla formazione dell'atto falso. Conseguentemente del tutto eccentriche rispetto al thema probandum sarebbero le considerazioni effettuate dalla Corte territoriale in merito alla mancata emersione di un motivo in grado di spiegare il perché sarebbe stato falsificato un atto destinato a dare pubblicità ad una delibera effettivamente assunta nel corso dell'assemblea della società anche con la partecipazione della moglie dell'A. , giacché l'accertamento di tale motivo peraltro reperibile nella volontà di liberare l'immobile in cui la Figurella aveva sede per favorirne l'acquisizione da parte dei S. non è necessario ai fini della configurabilità del reato. 3. Con memorie depositate il 14 e il 17 aprile 2015 S.G. e Sa.Gi. , nonché il loro difensore hanno infine eccepito l'inammissibilità del ricorso, osservando come i giudici del merito abbiano correttamente ritenuto il difetto della prova del dolo del reato e comunque l'innocuità del falso, compiuto in relazione ad un atto meramente esecutivo di una delibera assembleare. Analogamente con memoria depositata il 21 aprile 2015 anche il M. ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti che di seguito verranno esposti. 2. Per il consolidato insegnamento di questa Corte, ai fini della sussistenza dei reati di falso in atto pubblico delineati nel codice penale, non rileva l'intento che muove l'agente, atteso che le fattispecie in questione sono configurate come reati di pericolo e sono connotate dal dolo generico e, dunque, la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione, mentre non è richiesto l’animus nocendi né l’animus decipiendi, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere, ma altresì quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno ex multis Sez. 57 numero 1098/98 del 26 novembre 1997, P.M. in proc. Noce ed altro, Rv. 209682 Sez. 5, numero 29764 del 3 giugno 2010, Zago, Rv. 248264 . E se deve escludersi che il dolo generico possa ritenersi sussistente per il solo fatto che l'atto contenga un asserto obiettivamente non veritiero, dovendosi, invece, verificare anche che la falsità non sia dovuta ad una leggerezza dell'agente, come pure ad una incompleta conoscenza e o errata interpretazione di disposizioni normative o, ancora, alla negligente applicazione di una prassi amministrativa, tuttavia deve considerarsi dolosa la falsa attestazione di un accertamento in realtà mai compiuto Sez. 5, numero 15255 del 15 marzo 2005, Scarciglia ed altro, Rv. 232138 . 3. Sotto altro profilo deve invece ricordarsi come ricorra il cosiddetto falso innocuo nei casi in cui l'infedele attestazione nel falso ideologico o l'alterazione nel falso di falso, materia le , siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e non esplichino, effetti sulla sua funzione documentale, non dovendo l'innocuità essere valutata con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto Sez. 5, numero 2809/14 del 17 ottobre 2013, Ventriglia, Rv. 258946 Sez. 5, numero 47601 del 26 maggio 2014, Lamberti, Rv. 261812 . 4. La sentenza impugnata, pretermettendo le obiettive risultanze processuali in merito all'oggettiva falsità dell'attestazione compiuta dal M. in ordine all'apposizione in sua presenza della sottoscrizione da parte della moglie dell'A. in calce ai documenti considerati nell'imputazione, ha ritenuto insussistente il reato contestato sulla base della ritenuta assenza di un utile movente alla sua consumazione e della sostanziale innocuità del falso. 4.1 Alla luce dei principi illustrati le conclusioni assunte dalla Corte territoriale non appaiono sostenute da motivazione idonea con riguardo alla posizione del pubblico ufficiale autore della falsa attestazione, atteso che, come detto, è del tutto irrilevante la ragione per cui questi abbia attestato che la firma della Ma. era stata apposta in sua presenza, posto che l'atto da lui compiuto era per l'appunto finalizzato esclusivamente all'autenticazione di tale firma, conferendo fede privilegiata al documento su cui è stata apposta con riguardo alla sua provenienza, il che esclude altresì l'innocuità del falso medesimo. 4.2 Ciò non significa ancora che doveva essere inevitabilmente affermata la responsabilità del M. , dovendosi per l'appunto procedere all'accertamento della sua effettiva consapevolezza di attestare il falso. Tema sul quale peraltro la sentenza non si è esercitata. E pervero nemmeno i giudici del merito erano tenuti a ritenere effettivamente falsa l'autenticazione effettuata dall'imputato, gravando però sugli stessi il dovere di confutare l'attendibilità dell'accertamento grafologico che tale falsità ha indicato. 4.3 Con riguardo alla posizione del M. la sentenza deve dunque essere annullata, ai soli effetti civili atteso che a ricorrere è stata la sola parte civile, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello. 5. A tutt'altre conclusioni deve invece pervenirsi con riguardo alla posizione degli altri imputati, con riguardo alle quali il ricorso si rivela infondato al limite dell'inammissibilità e deve conseguentemente essere rigettato. In proposito, infatti, le doglianze del ricorrente si rivelano generiche e comunque inidonee ad individuare gli elementi che il giudice dell'appello avrebbe trascurato e che collegherebbero i S. padre e figlio alla consumazione del reato, la cui eventuale sussistenza non è ovviamente ragione sufficiente per affermare il loro concorso nella sua commissione. Né il contesto dei rapporti conflittuali tra i soci della Figurella né la, peraltro asseritamente affermata, intenzione dei due imputati di favorire il trasferimento della sede della società possono ritenersi indizi gravi in tal senso, tenuto conto che i documenti in calce ai quali sarebbe stata falsamento apposta la firma della Ma. sono adempimenti esecutivi di una decisione regolarmente assunta nell'ambito di una assemblea cui aveva partecipato la medesima e sulla cui regolarità lo stesso ricorrente nulla ha eccepito. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, agli effetti civili, nei confronti di M.G. e rinvia al giudice civile competente per valore in grado d'appello. Rigetta nel resto il ricorso.