In tema di assicurazione contro i danni, salvo che la compagnia abbia contestato l’operatività della garanzia, la prescrizione del diritto dell’assicurato all’indennizzo decorre dalla data in cui il diritto stesso può essere esercitato e cioè dal momento del verificarsi del fatto, ovvero, quando le parti abbiano previsto lo svolgimento di una perizia contrattuale per la quantificazione del danno, dal momento della conclusione di tale procedura. Infatti, in caso di affidamento ai periti della determinazione del danno, la prestazione, non ancora determinata nel quantum, non è esigibile sino all’esito delle operazioni peritali, e, quindi, solo al termine delle stesse decorrono i termini di cui all’articolo 2952 c.c
Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10541, depositata il 14 maggio 2014. Il caso. A seguito di un incendio scoppiato nel proprio deposito di Napoli, il danneggiato chiedeva il risarcimento del danno all’assicurazione. Questa eccepiva in giudizio il decorso della prescrizione annuale dal giorno del sinistro, ma il Tribunale respingeva la tesi difensiva spiegando che il termine non era decorso durante la perizia contrattuale, iniziata dalle parti a termini di polizza per quantificare il sinistro, ma rimasta sospesa per circa tre anni. La Corte d’Appello confermava il ragionamento del Tribunale circa il valore della perizia contrattuale, ma riteneva comunque decorsa la prescrizione perché, dopo il termine della perizia il danneggiato non aveva provveduto a compiere, ogni anno, tempestivi atti interruttivi della prescrizione prima di iniziare il giudizio. Il soccombente proponeva dunque ricorso in Cassazione avverso il quale resisteva l’assicurazione con controricorso. La decisione della Corte. Il giudizio in Cassazione si gioca tutto sull’eccezione sollevata dalla compagnia. Come noto, ai sensi dell’articolo 2934 c.c., la prescrizione è l’istituto che produce l’estinzione del diritto soggettivo per inerzia del titolare del diritto stesso che non lo esercita entro il termine stabilito per legge. La ratio della norma è quella di dare certezza ai rapporti giuridici e cristallizzare così una situazione di fatto, dovuta all’inattività dell’interessato, protrattasi nel tempo. La disciplina della prescrizione è inderogabile e non sono consentite rinunce preventive all’istituto. Tutti i diritti sono in ipotesi soggetti alla prescrizione, tranne i diritti imprescrittibili previsti tassativamente dall’ordinamento ad esempio l’azione per far dichiarare la nullità di un contratto . La prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e può essere sospesa o interrotta. La sospensione “blocca” momentaneamente la decorrenza del termine, che riprende il suo corso non appena il fatto sospensivo viene meno. L’interruzione, invece, fa venir meno l’inerzia e toglie ogni valore al tempo eventualmente trascorso precedentemente. L’interruzione si verifica, quindi, nel momento in cui il titolare del diritto compie un atto con cui esercita il diritto ad esempio la classica lettera di messa in mora o nell’ipotesi in cui il soggetto passivo riconosce le pretese altrui. La lunghezza dei termini è stabilita dalla legge. Disciplina del contratto di assicurazione. Nel caso dei contratti di assicurazione, l’articolo 2952 c.c. prevede una disciplina dettagliata. In particolare il diritto dell’assicurato all’indennizzo si prescrive in un anno e decorre dalla data in cui il diritto stesso può essere esercitato. Nel caso di specie il ricorrente sosteneva che durante il periodo in cui la procedura di perizia contrattuale era rimasta sospesa circa 3 anni , “bloccato” doveva essere anche il termine di prescrizione. In effetti già in passato la giurisprudenza era arrivata ad affermare la sospensione del termine durante lo svolgimento di una procedura arbitrale di accertamento del danno Cass. 4909/1990 . Nella fattispecie odierna, tuttavia, ci si trova di fronte ad una perizia contrattuale prevista dalla polizza assicurativa. La differenza è nota. Con la perizia contrattuale si conferisce a un terzo, scelto per la particolare competenza tecnica, la formulazione di un apprezzamento tecnico che le parti si impegnano ad accettare come espressione della loro determinazione volitiva. Con l’arbitrato, invece, le parti demandano ad un terzo la composizione di liti e controversie insorte o che possono insorgere in ordine al rapporto giuridico. Di fatto, la perizia tecnica definisce quanto si deve liquidare ancora prima di sapere se quel “quanto” deve essere o meno indennizzato e ha lo scopo di “fotografare” il sinistro. Il piano su cui si muove tale istituto è dunque eminentemente tecnico e non propriamente giuridico come invece avviene nell’arbitrato . La perizia contrattuale si distingue anche dall’arbitraggio nel quale il perito incaricato cerca di individuare un punto di equilibrio economico secondo criteri di equità commerciale. Nel caso di specie gli Ermellini precisano che anche l’esperimento di una perizia contrattuale ha effetto analogo all’arbitrato, giacché, anche in questa ipotesi, fino alla definizione del danno nel quantum, il relativo diritto al risarcimento non è esigibile e il termine di prescrizione non può decorrere in tal senso Cass. numero 3961/2012 . Prescrizione del diritto. Quindi durante lo svolgimento della perizia il decorso dei termini è rimasto “congelato”, tuttavia il danneggiato aveva lasciato prescrivere il proprio diritto all’indennizzo non provvedendo, successivamente all’esito dell’accertamento, ad inviare tempestivi atti interruttivi della prescrizione prima della notifica dell’atto di citazione. Sul punto in particolare il ricorso in Cassazione difettava del necessario requisito dell’autosufficienza e ciò impediva agli Ermellini di analizzare nel dettaglio presunte lettere di messa in mora e di richiesta di risarcimento che il danneggiato avrebbe inviato anno dopo anno all’assicurazione per non lasciar prescrivere il diritto all’indennizzo. Il ricorrente aveva infatti omesso di riprodurre il contenuto degli atti interruttivi della prescrizione, senza precisare in cosa consistessero e senza indicare in quali parti del giudizio fossero stati prodotti. Egli contravveniva così irrimediabilmente al rigoroso dettato dell’articolo 366 numero 6 c.p.c. con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 marzo – 14 maggio 2014, numero 10541 Presidente Amatucci – Relatore Rubino Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 1 agosto 1986, D.R.A. agì in giudizio nei confronti della Italia Ass.ni s.p.aa e delle sue coassicuratrici Milano Ass.ni s.p.a. e Fondiaria SAI s.p.a. chiamandola in causa dinanzi al Tribunale di Treviso, in virtù di una polizza antincendio sottoscritta con la stessa, chiedendone la condanna al versamento dell'indennizzo atto a tenerlo indenne dai danni subiti a seguito dell'incendio divampato nel suo deposito di omissis , a seguito del quale era andata distrutta mercé del valore di L. 380 milioni. Nel lasso di tempo tra l'incendio e l'inizio del giudizio di primo grado, si svolgeva a carico del D.R. un procedimento penale avendolo l'Italia Ass.ni s.p.a. denunciato per truffa ed incendio doloso conclusosi con una assoluzione per insufficienza di prove nel 1985. Il Tribunale di Treviso nel 1995 emetteva una sentenza non definitiva, con la quale rigettava l'eccezione di prescrizione annuale sollevata dalle compagnie di assicurazioni, ritenendo che il relativo termine fosse rimasto sospeso per via della perizia contrattuale iniziata tra le parti e poi del processo penale, e rimetteva la causa in istruttoria quanto all'eccezione ex articolo 1892 c.c. avendo l'assicurato taciuto un precedente incendio verificatosi pochi mesi prima a carico dello stesso magazzino e alla quantificazione dell'importo dovuto. Nel corso del successivo giudizio interveniva P.L. , quale cessionario del credito del D.R. verso la compagnia di assicurazioni fino a concorrenza dell'importo di L. 26 milioni, e nel 2002 intervenivano in giudizio P.P. , F. e S. , quali eredi del P.L. . Il Tribunale di Treviso emetteva nel 2003 sentenza definitiva con la quale condannava le compagnie di assicurazioni a corrispondere al D.R. un indennizzo di Euro 83.000,00 circa, ed ai P. quali cessionari parziali del credito del D.R. , una somma di circa 13.000,00 Euro. Proponevano appello le compagnie di assicurazioni Milano Ass. s.p.a. e Fondiaria SAI s.p.a. avverso entrambe le sentenze, e l'attuale ricorrente proponeva appello incidentale sostenendo di aver subito un danno maggiore rispetto all'importo riconosciutogli. La Corte d'Appello di Venezia con la sentenza impugnata accoglieva l'appello, ritenendo fondata l'eccezione di prescrizione annuale del diritto all'indennizzo assicurativo sollevata dalle compagnie di assicurazioni. In particolare, la corte affermava che il giudice di primo grado aveva erroneamente ritenuto sospeso il decorso del termine di prescrizione fino al 16.6.1983, data in cui l'assicurazione aveva revocato la nomina del proprio perito di fiducia, sull'erroneo presupposto che fino ad allora dovesse ritenersi pendente tra le parti la procedura arbitrale, mentre in realtà, il collegio arbitrale, una volta nominato il terzo arbitro nel 1980, sospendeva ogni operazione attendendo gli esiti del giudizio penale, tanto che il D.R. solo con nota del 16.10.1985 sollecitava l'Italia Ass.ni a provvedere alla ricostituzione del collegio. La corte territoriale escludeva anche che la pendenza del procedimento penale a carico del D.R. potesse fungere da fatto sospensivo o interruttivo della prescrizione. Evidenziava che, in ogni caso, le sole richieste di erogazione dell'indennizzo in atti, indirizzate all'assicurazione, erano del marzo 1984 e del marzo 1985, e quindi che era comunque passato oltre un anno tra di esse e la notifica della citazione nell'agosto 1986. Nell’accogliere l'appello, rigettando le domande sia del D.R. che dei P. , la corte d'appello ordinava agli stessi la restituzione degli importi percepiti a titolo di indennizzo, ove corrisposti. D.R.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza numero 1255 del 2007, depositata dalla Corte d'Appello di Venezia il 3.10.2007, articolato in tre motivi, nei confronti di P.P. , P.S. e P.F. , nonché della Milano Ass.ni s.p.a. e della Fondiaria Sai s.p.a La Milano Ass.ni s.p.a. e la Fondiaria Sai s.p.a. resistono con controricorso. Le parti costituite non hanno depositato memorie. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia l'omesso esame di documenti decisivi per la causa e l'insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, con violazione dell'articolo 360 primo comma numero 5 c.p.c In particolare, rileva che erroneamente la corte d'appello abbia ritenuto che il termine di prescrizione iniziasse a decorrere dal 18.11.1980, data di nomina del terzo perito, perché avrebbe dovuto notare che con verbale redatto il 29.9.1980 l'attività dei periti era stata sospesa, e avrebbe dovuto far discendere da ciò anche la sospensione del decorso del termine di prescrizione. Altro documento che secondo il ricorrente avrebbe dovuto essere diversamente apprezzato dalla corte era la comunicazione di Italia Ass.ni del 16.6.1983 di revoca del proprio perito, in quanto da quella data il termine di prescrizione si doveva ritenere interrotto. Egli cita poi come documenti rilevanti tre richieste di nomina del terzo perito in data 16.3.1984,12.3.1985 e 16.10.1985 e un atto di diffida del 22.5.1986. Il quesito sottoposto alla corte è volto a sapere se, qualora avesse esaminato i documenti segnalati, la corte di merito sarebbe arrivata alla conclusione che il termine era stato sospeso e poi interrotto. Il motivo è inammissibile prima ancora che infondato. In realtà, risulta chiaramente dalla sentenza che i predetti documenti sono stati esaminati e valutati, e che la valutazione che ha dato ad essi la corte è diversa da quella proposta dal ricorrente. Da qui l'inammissibilità del motivo, volta ad ottenere una nuova valutazione in fatto da parte della corte di legittimità. Inoltre il motivo è del tutto carente sotto il profilo dell'autosufficienza, perché non riproduce il contenuto dei documenti richiamati e neppure indica con chiarezza quando siano stati prodotti e dove si trovino, all'interno dei fascicoli della fasi precedenti del giudizio, né se tale documentazione sia stata depositata in cassazione, in violazione del disposto dell’articolo 366 numero 6 c.p.c. v. Cass. Sez. U, Ordinanza numero 7161 25/25/03/2010 . Con il secondo motivo di ricorso, il D.R. si duole della violazione e/o erronea applicazione, da parte della corte territoriale, degli articolo 2935-2943 e 2945 c.c. nonché della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per aver la corte ritenuto che la prescrizione iniziasse a decorrere dal 18.11.1980 e non dal 16.6.1983, senza considerare che i periti, non appena nominati nel settembre 1980, decisero di rinviare le operazioni a data da destinarsi non per questo cessando dal loro incarico, almeno finché, appunto il 16.6.1983, le assicurazioni revocarono l'incarico al loro perito di fiducia. Sottopone alla Corte il seguente quesito dica la corte che la temporanea sospensione delle attività del collegio peritale non significava revoca del collegio e quindi che il termine della prescrizione è rimasto interrotto fino alla comunicazione della revoca da parte della Italia A.ss.ni del mandato conferito al proprio consulente e cioè fino al 16/6/1983 . Con il terzo motivo, il ricorrente si duole nuovamente della violazione e/o erronea applicazione degli articolo 2935 - 2943 e 2945 c.c. nonché della omessa insufficiente e contraddittoria motivazione laddove la corte d'appello dice che, se anche non fosse maturata nell'arco di tempo tra l'incendio e il 16.6.2003, la prescrizione sarebbe maturata successivamente, indicando che gli unici o comunque ultimi atti interruttivi risultanti sono le richieste di indennizzo in data marzo 1984 e poi marzo 1985. I due motivi di ricorso sono collegati e possono essere trattati congiuntamente in quanto contestano entrambi la sentenza di appello laddove ha ritenuto fondata l'eccezione di prescrizione del credito sollevata dalle compagnie di assicurazioni e la mancanza di idonei atti interruttivi da parte dell'assicurato/contestando distintamente le due autonome rationes decidendi sulle quali si fonda la sentenza impugnata. Essa infatti dapprima afferma che erroneamente la sentenza di primo grado ritenne che la prescrizione fosse rimasta sospesa fino al 16.6.1983, pur non avendo il collegio peritale nominato mai ripreso le operazioni, e poi, dopo aver ritenuto accoglibile l'eccezione di prescrizione per i motivi sopra enunciati, afferma a p. 13 che anche a prescindere da tali rilievi, già di per sé assorbenti, se pure la prescrizione annuale non fosse maturata nei termini anzidetti, essa sarebbe maturata pur sempre successivamente, posto che la presente lite risulta instaurata con atto di citazione notificato nel luglio-agosto 1986 mentre l'ultimo atto interruttivo di cui si rinviene traccia agli atti risaliva ad oltre un anno prima, potendosi individuare infatti, solo nelle richieste formulate dal danneggiato con missive 15.3.1984 e 12.3.1985 . Il ricorso, poiché impugna entrambe le rationes decidendi sulle quali si è fondata la sentenza impugnata, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, supera sotto questo profilo il vaglio di ammissibilità v. Cass. numero 21490 e Cass. numero 14740 del 2005 . Esso è tuttavia infondato. Tra le parti si diede inizio dopo l'incendio non ad un arbitrato, ma ad una semplice perizia contrattuale per determinare, non trovandosi le parti d'accordo sul punto, il valore delle merci bruciate nell'incendio. Il collegio dei periti venne completato il 18 novembre 1980 con la nomina del terzo arbitro e svolse un'unica attività ovvero quella di riconvocarsi a data da destinarsi, preferendo i periti attendere gli esiti dell'indagine penale in corso. Solo a distanza di quasi tre anni, nel giugno 1983, le assicurazioni revocarono l'incarico al loro perito di fiducia facendo venir meno il collegio peritale. Quindi dal 1980 e fino al 16.6.1983, data in cui l'assicurazione revocò l'incarico al suo perito, facendo venir meno l'organo collegiale, il collegio peritale era costituito, pur non avendo di fatto svolto alcuna attività. A fronte di questa situazione di fatto, è da dire che lo svolgimento di una perizia contrattuale è in sé idoneo a sospendere il decorso della prescrizione fino alla sua conclusione, analogamente allo svolgimento di un arbitrato, come più volte già affermato da questa Corte, in quanto la prestazione non è esigibile fino alla conclusione della procedura v. Cass. numero numero 14487 del 2004 In tema di assicurazione contro i danni, salvo che l'assicuratore abbia contestato l'operatività della garanzia, la prescrizione del diritto dell'assicurato all'indennità decorre dalla data in cui il diritto stesso può essere esercitato e, cioè, dal momento del verificarsi del fatto ovvero, quando le parti abbiano previsto lo svolgimento di una perizia contrattuale per la quantificazione del danno, dal momento della conclusione di tale procedura. Infatti, poiché in caso di affidamento ai periti della quantificazione del danno la prestazione, non ancora determinata nel quantum, non è esigibile sino a quando non si compia il previsto iter delle operazioni peritali, all'esito delle quali soltanto si realizza il requisito dell'esigibilità della prestazione ormai determinata nella sua precisa entità v. anche Cass. numero 3961 del 2012 . Deve anche aggiungersi che l'avvenuta costituzione di un collegio peritale che sia rimasto completamente inattivo fino alla sua cessazione è idonea a mantenere sospeso il decorso del termine di prescrizione per tutto il periodo in cui esso è stato comunque costituito e quindi in grado di operare. Finché il collegio è costituito infatti, a prescindere dall'attività in concreto posta in essere, permane per il creditore la necessità di attendere l'esito della perizia per poter esigere il pagamento dell'indennizzo dall'assicuratore e, con essa, l'effetto sospensivo della prescrizione. I periti sarebbero stati infatti astrattamente in grado in qualsiasi momento di riprendere e portare a termine le attività, finché non è venuto meno nel giugno del 1983 l'organo nella sua collegialità,con la revoca dell'incarico al proprio perito di fiducia da parte delle assicurazioni, non essendosi verificato in precedenza alcun evento estintivo. La fondatezza dei rilievi contenuti nel secondo motivo di ricorso non è sufficiente a provocarne l'accoglimento in quanto a questo scopo sarebbe necessaria anche la fondatezza dei rilievi contenuti nel terzo motivo, che sindaca la seconda ratio decidendi e che viceversa va dichiarato inammissibile per difetto di autosufficienza. Con esso il ricorrente vuole che la corte affermi che il termine di prescrizione, che riprese a decorrere dal 17.6.1983, giorno successivo alla revoca dell'incarico al perito di fiducia dell'assicurazione e quindi al venir meno del collegio peritale, è poi stato interrotto in data 15.3.1984, 12.3.1985, 16.10.1985 e 22.5.1986, con altrettanti atti interruttivi inviati dal D.R. all'assicurazione, e che quindi il credito del D.R. all'atto della notifica dell'atto di citazione non si era prescritto. Anche in questo caso, con tecnica redazionale simile a quella utilizzata nel primo motivo, il ricorrente chiede alla Corte, inammissibilmente, che si formuli un nuovo giudizio in fatto volto a sostituirsi a quello, per lui insoddisfacente, emesso dalla corte d'appello. Anche in questo caso il motivo di ricorso manca totalmente di autosufficienza, in quanto il D.R. non solo non riproduce il contenuto degli atti ai quali a suo avviso la Corte dovrebbe attribuire la natura di atti interruttivi della prescrizione annuale ma, quanto agli atti successivi a quelli del 15.3.1984 e 12.3.1985, ai quali la stessa corte d'appello ha riconosciuto l’astratta idoneità ad interrompere la prescrizione, non precisa neppure in che cosa essi consistessero, se contenessero una richiesta di pagamento indirizzata all'assicurazione o altro, e neppure precisa dove essi siano stati depositati e quando in violazione delle previsioni dell'articolo 366 numero 6 c.p.c Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di lite sostenute dalle contro ricorrenti che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori.