Manifesti imbrattano i muri della città: la strage di Bologna fa ancora parlare di sè

Elementi diffamatori aggiuntivi possono comportare una maggiore lesione della reputazione della persona offesa. Tuttavia, il diritto di critica politica può accompagnarsi all’uso di toni aggressivi o di espressioni pungenti quando siano pronunciate nell’ambito di una polemica politica avente attinenza con il contenuto dell’addebito denigratorio formulato a carico dell’avversario e non rivestano, invece, carattere di mere contumelie gratuitamente espressive di sentimenti ostili.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8399 del 21 febbraio 2014. Il fatto. Il Tribunale di Viterbo assolveva un uomo dal reato di cui all’art. 595 c.p. perché il fatto non costituisce reato. Egli veniva accusato di aver offeso la reputazione di R.F. affiggendo sui muri della città di Barbarano Romano un manifesto contenente frasi diffamatorie con allusioni alla presunta fondazione da parte della vittima di Forza Nuova” e al suo coinvolgimento nella strage alla stazione di Bologna nel 1980. Il Tribunale riteneva che il destinatario degli attacchi sui manifesti non era stato condannato in relazione alla strage di Bologna ma per associazione sovversiva e banda armata e tali condanne scaturivano dalle indagine per quella stessa strage. Inoltre, le espressioni usate becero”, famigerato” , pur esprimenti un giudizio negativo, si inquadrano nel legittimo diritto di critica politica. Nell’interesse di R.F., è stato proposto ricorso per cassazione. Portata gravemente diffamatoria della notizia. Con il primo motivo di ricorso, si lamentano vizi motivazionali, per avere il Tribunale travisato il significato della sentenza della Corte d'appello di Roma, la quale aveva escluso che R.F. fosse stato condannato per associazione sovversiva e banda armata in relazione alla strage o alle indagini sulla strage di Bologna. La condanna per i reati sopra indicati riguardava fatti avvenuti a Roma prima dell'agosto del 1980. In particolare, il percorso argomentativo della sentenza di merito non apprezza adeguatamente il fatto che, nel manifesto del quale si tratta, l'accostamento grafico, senz'altra specificazione, delle indagini relative alla strage di Bologna, dell'esistenza di un mandato di cattura internazionale per associazione sovversiva e banda armata e della condanna a cinque anni e mezzo di reclusione rende palese, agli occhi dei lettore, che quest'ultima decisione non trova in quelle indagini una mera occasione, ma il proprio fondamento. Nessun dubbio, quindi, sulla portata gravemente diffamatoria della notizia, data la presunta partecipazione alla più grave e sanguinosa strage compiuta in Italia da cittadini Italiani Precedenti condanne non giustificano l’attribuzione di fatti più gravi. Che, poi, in relazione ad altri fatti di minore portata, la parte civile sia stata in precedenza condannata per il delitto di associazione sovversiva non legittima certo l'attribuzione di ulteriori, diversi e più gravi fatti perché, secondo la giurisprudenza di legittimità, la reputazione di una persona che per taluni aspetti sia stata già compromessa può divenire oggetto di illecite lesioni in quanto elementi diffamatori aggiuntivi possono comportare una maggiore diminuzione della reputazione della persona offesa. Diritto di critica politica. Con il secondo motivo, si lamenta inosservanza o erronea applicazione degli art. 51 e 595 c.p. in particolare dolendosi che l'esercizio del diritto di critica, nel caso di specie, era fondato su un fatto - la condanna nel processo per la strage di Bologna - non rispondente al vero. Tale motivo di ricorso è infondato il diritto di critica politica può accompagnarsi all’uso di toni aggressivi o di espressioni pungenti quando siano pronunciate nell’ambito di una polemica politica avente attinenza con il contenuto dell’addebito denigratorio formulato a carico dell’avversario e non rivestano, invece, carattere di mere contumelie gratuitamente espressive di sentimenti ostili. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 ottobre 2013 – 21 febbraio 2014, n. 8399 Presidente Oldi – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19/01/2012, il Tribunale di Viterbo, in riforma della decisione di primo grado, ha assolto G.M. dal reato di cui all'art 595 cod. pen., perché il fatto non costituisce reato. 2. Al M. era contestato di avere offeso la reputazione di R.F., affiggendo sui muri della città di Barbarano Romano un manifesto con il titolo Nazisti a Barbarano Romano, contenente le seguenti frasi Il paese è stato blindato con una massiccia presenza di carabinieri della Digos ed i beceri rappresentanti di questa formazione tra i quali il famigerato R.F. hanno potuto muoversi indisturbati per il paese Forza Nuova nasce nel 1997 L'organizzazione è fondata da R.F. e da M.M tutti e due fuggiti a Londra nel 1980 inseguiti da mandati di cattura per associazione sovversiva e banda armata nell'ambito delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna nel 1980. Saranno condannati F. a 5 anni e mezzo Le autorità inglesi non autorizzeranno mai l'estradizione nonostante l'ingresso clandestino e la falsificazione dei documenti. Una protezione verificatasi per altri latitanti neo fascisti. Rientrati in Italia nel 1999, F. per prescrizione della condanna si ritroveranno in Forza Nuova accanto ad altri noti neonazisti. 3. Il Tribunale ha ritenuto che la veridicità di quanto riportato nel manifesto era evincibile dalla sentenza della Corte d'appello di Roma n 1276/2007, laddove si legge, è vero, che il F. e altro soggetto non erano stati imputati né condannati in relazione alla strage di Bologna e, pertanto, non erano affatto ricercati nel 1996 per tale delitto tuttavia, il titolo restrittivo della loro libertà riguardava le indagini per i reati di associazione sovversiva e banda armata che, non essendo collegate alla strage, erano state trasferite presso il Tribunale di Roma per competenza territoriale. In definitiva, la condanna per questi ultimi delitti era scaturita dalle indagini per la strage di Bologna. Quanto alle espressioni becero e famigerato , il Tribunale ha ritenuto che esse, pur esprimenti un giudizio negativo del movimento politico rappresentato dal F., si inquadrano nel legittimo diritto di critica politica. 2. Nell'interesse del F., in proprio e quale legale rappresentante del movimento Forza Nuova, è stato proposto ricorso per cassazione agli effetti civili, affidato ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, per avere il Tribunale travisato il significato della sentenza della Corte d'appello di Roma, la quale aveva escluso che il F. fosse stato condannato per associazione sovversiva e banda armata in relazione alla strage o alle indagini sulla strage di Bologna. In realtà, il F., con sentenza istruttoria di proscioglimento del Tribunale di Roma del 25/02/1986, era stato assolto perché il fatto non sussiste in relazione ai capi di imputazione trasmessi da Bologna per competenza territoriale. La condanna per i reati sopra indicati riguardava fatti avvenuti a Roma prima dell'agosto del 1980. Inoltre, il giudice di secondo grado aveva ritenuto che il M. non intendesse affermare che il F. era stato condannato nel processo per la strage di Bologna, trascurando di considerare che lo stesso imputato, in dibattimento, aveva dichiarato di avere appreso che il F. era stato inizialmente condannato e poi prosciolto nel processo di Bologna e che vi è una sentenza della Corte d'Assise di Bologna nella quale è stato emesso un mandato di cattura e poi fuggirono in Inghilterra . 2.2. Con il secondo motivo, si lamenta inosservanza o erronea applicazione degli art. 51 e 595 cod. pen., in particolare dolendosi del fatto che l'esercizio del diritto di critica, nel caso di specie, era fondato su un fatto - la condanna nel processo per la strage di Bologna - non rispondente al vero. Inoltre gli epiteti becero e famigerato apparivano espressione di malanimo ed erano del tutto gratuite e fuori contesto. 3. Nell'interesse del M. è stata depositata memoria. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione. 1.1. In particolare, il percorso argomentativo della sentenza di merito non apprezza adeguatamente il fatto che, nel manifesto del quale si tratta, l'accostamento grafico, senz'altra specificazione, delle indagini relative alla strage di Bologna, dell'esistenza di un mandato di cattura internazionale per associazione sovversiva e banda armata e della condanna a cinque anni e mezzo di reclusione rende palese, agli occhi dei lettore, che quest'ultima decisione non trova in quelle indagini una mera occasione, ma il proprio fondamento. E ciò senza bisogno di valorizzare il pur univoco, soggettivo convincimento dell'autore del manifesto, espresso in dibattimento e riportato in ricorso. Ciò posto, come già è stato rilevato da questa Corte in analoga vicenda concernente la posizione del medesimo ricorrente Sez. 5, 25/05/2006, n. 32022, Fioravanti, non massimata , non vi è alcun dubbio sul fatto che il F. non è mai stato indagato per la strage di Bologna e nemmeno vi può essere dubbio sulla portata gravemente diffamatoria della notizia, dal momento che si è ipotizzata la partecipazione delle parti civili alla più grave e sanguinosa strage compiuta in Italia da cittadini italiani. Non si tratta, pertanto, di una marginale discrasia rispetto alla verità. Il fatto poi che in relazione ad altri fatti di minore portata la parte civile sia stata in precedenza condannata per il delitto di associazione sovversiva non legittima certo l'attribuzione di altri, diversi e più gravi fatti perché, secondo la giurisprudenza di legittimità, la reputazione di una persona che per taluni aspetti sia stata già compromessa può divenire oggetto di illecite lesioni in quanto elementi diffamatori aggiuntivi possono comportare una maggiore diminuzione della reputazione della persona offesa Sez. 5, n. 47452 dei 22/09/2004, Liori, Rv. 230574 Sez. 5, n. 35032 del 04/07/2008, Chiesa, Rv. 241183 Sez. 5, n. 5760 del 04/12/2012 - dep. 05/02/2013, Goisis, Rv. 254970 . 1.2. Infondato è, invece, il profilo di censura che concerne l'utilizzo dell'aggettivo beceri con riguardo ai rappresentanti di Forza nuova e l'aggettivo famigerato con riguardo al F., dal momento che tale condotta si inquadra nell'esercizio del diritto di critica politica, che può accompagnarsi all'uso di toni aggressivi o di espressioni pungenti, quando, come nella specie, siano pronunciate nell'ambito di una polemica politica avente attinenza con il contenuto dell'addebito denigratorio formulato a carico dell'avversario e non rivestano invece carattere di mere contumelie gratuitamente espressive di sentimenti ostili Sez. 5, n. 7626 del 04/11/2011 - dep. 27/02/2012, De Simone, Rv. 252160 . 2. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con rinvio, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado d'appello. Il regolamento delle spese resta affidato alla definizione del giudizio rescissorio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello.