Truffata una società privata con finalità pubblica: è truffa ai danni dello Stato?

Gli Ermellini rispondo positivamente. Infatti, trova applicazione l’aggravante della truffa ai danni dello Stato, quale presupposto per disporre la confisca obbligatoria del profitto, anche laddove la condotta illecita abbia danneggiato un organismo privato finalizzato al soddisfacimento di finalità pubbliche.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 4446/19, depositata il 29 gennaio. Il caso. Il GIP del Tribunale di Pordenone condannava gli imputati per truffa di cui all’articolo 640-bis c.p. Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni di una società di diritto privato, disponendo, inoltre, la confisca per equivalente dei beni mobili, immobili e somme di denaro ex articolo 640-quater e 322-ter c.p Il difensore degli imputati ricorre in Cassazione deducendo che non potevano trovare applicazione l’aggravante della truffa ai danni dello Stato ex articolo 640-quater c.p., quale presupposto per disporre la confisca obbligatoria del prezzo o del profitto dello Stato, poiché il soggetto truffato era una società di diritto privato. La natura del servizio reso. Più volte la Suprema Corte Cass. numero 29709/17 ha affermato che, ai fini dell’applicazione dell’aggravante ex articolo 640-quater c.p., gli enti a struttura privatistica devono qualificarsi come pubblici in presenza dei seguenti requisiti indicati all’articolo 3 d.lgs. numero 163/2006 - personalità giuridica - istituzione dell’ente per il soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico avente carattere non industriale o commerciale - finanziamento delle attività in modo maggioritario da parte dello Stato, dagli enti pubblici territoriali o altri organismi di diritto pubblico. Nel caso di specie, la sentenza impugnata, ha correttamente fatto riferimento al principio precedentemente enunciato dalla S.C. sentenza numero 17889/15 , la quale «ha riconosciuto la natura pubblicistica ad una s.p.a. partecipata in via maggioritaria da enti pubblici ed istituita al fine di rendere più competitive imprese medio-piccole attraverso l’acquisizione di quote societarie di minoranza della stesse». Ebbene, gli Ermellini precisano che per individuare la qualifica di un ente è necessario far riferimento alla natura del servizio reso la cui connotazione pubblica «è correlata dalla legge ad un criterio oggettivo-funzionale, che prescinde dalla natura privata dell’ente e ha riguardo solo alla connotazione pubblicistica dell’attività svolta». In conclusione la S.C. rigetta in ricorso poiché per parlare di servizio pubblico è sufficiente che lo stesso, anche se attuato attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche, come avvenuto nel caso di specie.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 dicembre 2018 – 29 gennaio 2019, numero 4446 Presidente Cammino – Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1.Con sentenza dell’8 maggio 2018, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pordenone pronunciava sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p. nei confronti di G.G. , G.F. e G.A. , imputati di diversi reati tra cui, per quanto qui di interesse, quello di cui all’articolo 640 bis bis c.p. ai danni di Friulia S.p.a., disponendo la confisca per equivalente di beni mobili, immobili e somme di denaro ai sensi degli articolo 640 quater e 322 ter c.p 1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore degli imputati relativamente alla disposta confisca, eccependo che il soggetto erogante il finanziamento oggetto di truffa era una società di diritto privato, come risultava chiaramente dal capo di imputazione, per cui non potevano trovare applicazione le aggravanti di truffa ai danni dello Stato o di ente pubblico richiamate dall’articolo 640 quater c.p. quali presupposti per l’applicazione della confisca obbligatoria del prezzo o del profitto dello Stato in ogni caso, la sottoscrizione di aumento di capitale non poteva giuridicamente qualificarsi quale finanziamento, sicché andava escluso che l’importo di 300.000 Euro relativo alla sottoscrizione di capitale sociale effettuato dalla Friulia S.p.a. potesse essere oggetto di confisca, non rientrando tale operazione nella fattispecie penale. 1.2 Il difensore impugna la decisione anche in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale in relazione alla confisca per equivalente, alla quale doveva essere riconosciuta la natura di sanzione penale. 1.3 In data 7 dicembre 2018 veniva depositata memoria da parte del difensore nella quale si rilevava come non vi fosse modo di sostenere che il fatto reato contestato fosse sussumibile nella fattispecie di truffa aggravata, dovendosi invece ritenere che si trattasse di truffa semplice, quindi non soggetta all’applicazione degli articolo 640 quater e 322 ter c.p. inoltre, avendo la confisca per equivalente natura sanzionatoria, era pena accessoria e quindi anche ad essa doveva essere applicata la sospensione condizionale della pena. 1.4 Il Procuratore generale presentava conclusioni scritte nelle quali chiedeva rigettarsi il ricorso. 1.5 In data 13 dicembre 2018 perveniva memoria di replica nella quale il difensore osservava che, per l’attività concretamente svolta, Friulia S.p.a. era una società avente scopo di lucro e che spettava comunque all’accusa dimostrare la sussistenza degli elementi necessari per l’applicazione della fattispecie inoltre, la funzione ripristinatoria non poteva essere ritenuta prevalente rispetto alla natura sanzionatoria riconosciuta alla confisca per equivalente. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1 Come precisato dalla giurisprudenza più recente di questa Corte, ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’articolo 640 c.p., comma 2, numero 1, anche gli enti a formale struttura privatistica devono qualificarsi come pubblici , in presenza dei seguenti requisiti, indicati dal legislatore al D.Lgs. numero 163 del 2006, articolo 3 a la personalità giuridica b l’istituzione dell’ente per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale c il finanziamento della attività in modo maggioritario da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, oppure la sottoposizione della gestione al controllo di questi ultimi o la designazione da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, di più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza. Sez.2, sentenza numero 29709 del 19/04/2017, Ferrara, Rv. 270665 - 01 vedi anche Sez.2, sentenza numero 17889 del 14/04/2015 Rv. 263658 - 01 Ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’articolo 640 c.p., comma 2, numero 1, rientrano nella categoria di enti pubblici tutti gli enti strumentali al perseguimento di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, posti in situazione di stretta dipendenza nei confronti dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico in senso formale. In applicazione del principio, la S.C. ha riconosciuto la natura pubblicistica ad una s.p.a. partecipata in via maggioritaria da enti pubblici ed istituita al fine di rendere più competitive imprese medio-piccole attraverso l’acquisizione di quote societarie di minoranza delle stesse . Nel caso in esame, come messo in evidenza dal Pubblico Ministero, Friulia S.p.a. è una società finanziaria costituita dalla Regione Friuli Venezia Giulia con una propria partecipazione al 77% dell’azionariato che, tra gli altri servizi, ha quello di facilitare il contratto con la regione per sfruttare tutte le opportunità agevolative e normative si deve ribadire che per individuare la qualifica di un ente, occorre avere riguardo alla natura del servizio reso, la cui connotazione pubblica è correlata dalla legge ad un criterio oggettivo-funzionale, che prescinde dalla natura privata dell’ente e ha riguardo solo alla connotazione pubblicistica dell’attività svolta. Il servizio pubblico è, infatti, definito dal secondo comma dell’articolo 358 cod. penumero in termini omologhi alla funzione pubblica di cui all’articolo 357 cod. penumero , sebbene sia caratterizzato dall’assenza dei poteri propri di quest’ultima deliberativi, autoritativi o certificativi , cosicché non è necessario che l’attività svolta sia direttamente imputabile a un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche vedi Sez. 6, numero 39359 del 07/03/2012, Ferrazzoli, Rv. 254337 Sez. 6, numero 6405 del 12/11/2015, dep. 2016, Minzolini, Rv. 265830 alla luce di quanto sopra evidenziato, deve ritenersi corretta l’affermazione secondo la quale Friulia S.p.a deve essere considerato ente pubblico, con conseguente possibile applicazione dell’articolo 640 quater c.p., in quanto nel capo di imputazione si fa espressamente riferimento a finanziamenti ottenuti dalla regione Friuli Venezia Giulia e quindi l’attività svolta da Friulia S.p.a. è relativa alla erogazione e gestione di finanziamenti agevolati secondo precise disposizioni normative, attività di indubbio rilievo pubblicistico, visto che vengono in rilievo risorse pubbliche appositamente stanziate in base a norme di diritto pubblico. 1.2 Del tutto priva di fondamento appare poi la pretesa difensiva secondo cui andrebbero estesi alla confisca per equivalente gli effetti sospensivi previsti dall’articolo 166 cod. penumero con riferimento alle pene accessorie se è vero, infatti, che la misura ablatoria di cui trattasi ha natura eminentemente sanzionatoria, con conseguente attrazione nell’ambito di copertura costituzionale offerto dal principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, questo non consente, però, di parificarla tout court ad una pena accessoria, avendo il legislatore dettato per tale misura un diverso regime di operatività ed una differente disciplina sul punto vedi Sez.2, sentenza numero 45324 del 14/10/2015 Soddu Rv. 264958 - 01 . La confisca per equivalente, infatti, viene ad assolvere ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile la sospensione condizionale della pena ha, invece, una natura social preventiva, essendo funzionale a distogliere il reato dalla commissione di ulteriori reati, per cui è evidente come i due istituti abbiano finalità diverse, con conseguente impossibilità di applicazione della seconda alla prima. Si deve infine rilevare che la confisca per equivalente, operante, come già detto, oltre che in caso di condanna, anche, in virtù del testuale contenuto della norma, in ipotesi di sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 cod. proc. penumero , va poi applicata, tanto più in quanto, come precisato, obbligatoria, pur laddove la stessa non abbia costituito oggetto dell’accordo delle parti cfr., Sez. 2, sent. numero 20046 del 04/02/2011 , conclusione, questa, ulteriormente discendente dal fatto che la sentenza di patteggiamento è sentenza vincolata relativamente al solo profilo del trattamento sanzionatorio e non anche a quello relativo alla confisca, per il quale la discrezionalità del giudice discrezionalità vincolata quanto alla confisca obbligatoria si riespande come in una normale sentenza di condanna, sì che, ove accordo tra le parti su tale punto vi sia comunque stato, il giudice non è obbligato a recepirlo o a recepirlo per intero cfr. Sez. 2, sent. numero 19945 del 19/04/2012, Toseroni, Rv. 252825 . 2. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 ciascuno a favore della Cassa delle ammende.