Gli effetti della comunicazione della sentenza da parte della cancelleria e la legge n. 92/2012

Con la sentenza numero 83/19 la Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, ribadisce alcuni principi ormai granitici nel trasversale diritto processuale telematico e, in specie, in relazione alla problematica delle comunicazioni e notificazioni.

Il fatto. Il ricorrente adiva la Corte capitolina impugnando la sentenza della Corte d’Appello di Milano, con la quale era stato dichiarato inammissibile il reclamo avverso ex l. 92/2012 avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento. In particolare la Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto che il reclamo era stato depositato presso la cancelleria in data 8 luglio 2015, oltre il termine previsto dall'articolo 1 comma 58, l. numero 92/2012, decorrente dalla data di comunicazione da parte della cancelleria ai procuratori costituiti, presso l'indirizzo pec comunicato ai rispettivi albi di appartenenza. I principi affermati. La Corte, confermando la sentenza gravata, ha avuto modo di affermare, in riscontro ai tre motivi di ricorso, i seguenti principi - l'articolo 1, comma 58, l. numero 92/2012, prevede espressamente che, contro la sentenza che decide sul ricorso in opposizione è ammesso reclamo davanti alla corte d'appello, «da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione». Invero «Non è mai stato posto in dubbio che la “comunicazione”menzionata nella disposizione è quella effettuata dalla cancelleria a mente dell'articolo 133, comma 2, c.p.c. - rubricato pubblicazione e comunicazione della sentenza – mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza che può essere [] trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, [ ]». Nel caso di impugnativa ex l. numero 92/2012, alla comunicazione da parte della cancelleria della sentenza, quindi, segue pacificamente il decorso del termine breve per impugnare - la prescrizione di cui all'articolo 16-sexies d.l. numero 179/2012 prescinde dalla stessa indicazione dell'indirizzo di posta elettronica ad opera del difensore, trovando direttamente applicazione in forza dell'indicazione normativa degli elenchi/registri da cui è dato attingere l'indirizzo PEC del difensore, stante l'obbligo in capo ad esso di comunicarlo al proprio ordine e dell'ordine di inserirlo sia nei registri INI-PEC e ReGIndE. La norma «è entrata in vigore il 19 agosto 2014 ha trovato immediata efficacia nei giudizi in corso per gli atti compiuti successivamente alla sua vigenza». Insomma, a prescindere dall'indirizzo pec indicato dal difensore nell'atto, la notifica e/o la comunicazione sono valide dall'agosto 2014 se effettuate all'indirizzo pec presente nei pubblici registri - la comunicazione integrale del provvedimento da parte della cancelleria, anche quando effettuata telematicamente, deve ritenersi la regola che può essere vinta solo da prova contraria. Richiamando alcuni precedenti, la Corte di Cassazione ha ribadito che la disciplina detta dal codice di rito all'articolo 45, comma 2, disp. att. c.p.c., come modificato dal d.l. numero 179/2012, stabilisce «il biglietto di contiene in ogni caso [] il testo integrale del provvedimento comunicato». Il cancelliere, insomma, di regola provvede alla comunicazione «mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza». Laddove non venga rispettata la regola, sarà onere del ricevente darne la prova.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 ottobre 2018 – 4 gennaio 2019, numero 83 Presidente Di Cerbo – Relatore Amendola Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza pubblicata in data 28 gennaio 2016, ha dichiarato inammissibile il reclamo ex L. numero 92 del 2012 proposto da U.S. nei confronti della Eldor Corporation Spa avverso la sentenza numero 185/2015 del Tribunale di Como avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento intimato dalla società in data 3 maggio 2013. 2. La Corte ha ritenuto che il reclamo era stato depositato presso la cancelleria in data 8 luglio 2015, oltre il termine di 30 giorni previsto dalla L. numero 92 del 2012, articolo 1, comma 58, decorrente dalla data della comunicazione del provvedimento decisorio inviata a mezzo PEC dalla cancelleria del Tribunale di Como il 29 maggio 2015 ai procuratori costituiti presso l’indirizzo risultante dall’Albo degli Avvocati di Como. 3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso U.S. con 4 motivi, cui ha resistito la società con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denuncia falsa applicazione della L. numero 92 del 2012, articolo 1, comma 58 con lettura combinata delle norme di cui all’articolo 285 c.p.c., articolo 170 c.p.c. e articolo 137 c.p.c. , sostenendosi che la disposizione citata non prevede alcun potere in capo alla cancelleria di un qualsivoglia Tribunale di comunicare e/o notificare sentenze tale da far decorrere il termine di 30 giorni per proporre appello e che la notificazione, per far decorrere il termine breve, poteva essere eseguita solo su istanza di parte ai sensi dell’articolo dell’articolo 285 c.p.c. combinato con l’articolo 170 c.p.c. e comunque nelle forme di cui all’articolo 137 c.p.c. . Unitamente può essere esaminato per connessione il terzo mezzo di gravame con cui si denuncia violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., numero 3 con riferimento L. numero 92 del 2012, articolo 1, comma 58, combinato con il comma 1 D.L. numero 90 del 2014 conv. in L. numero 114 del 2014 che ha modificato l’articolo 133 c.p.c., comma 2 contestando ancora l’idoneità della comunicazione di cancelleria a far decorrere i termini per l’impugnazione ex articolo 325 c.p.c I motivi sono privi di fondamento. La L. numero 92 del 2012, articolo 1, comma 58, prevede espressamente che, contro la sentenza che decide sul ricorso in opposizione è ammesso reclamo davanti alla corte d’appello, da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore . Non è mai stato posto in dubbio che la comunicazione menzionata nella disposizione è quella effettuata dalla cancelleria a mente dell’articolo 133 c.p.c., comma 2, - rubricato pubblicazione e comunicazione della sentenza - mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza che può essere, ai sensi dell’articolo 136 c.p.c., comma 2, consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici . Tanto che questa Corte ha statuito che la modifica dell’articolo 133 c.p.c., secondo cui la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’articolo 325 , attiene al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria, sicché non può investire, neppure indirettamente, le previsioni speciali che appunto in via derogatoria, comportino la decorrenza di termini - anche perentori - dalla semplice comunicazione del provvedimento, e tale è certamente il caso previsto dalla L. numero 92 del 2012, articolo 1, commi 58 e 62, cfr. Cass. numero 6059 del 2018 Cass. numero 19177 del 2016 Cass. numero 23526 del 2014, avallata da Cass. SS.UU. numero 25208 del 2015 . Del tutto inappropriato il richiamo di parte ricorrente, a preteso sostegno delle sue tesi, a Cass. numero 23526 del 2014 che non solo individua, nel vigente ordinamento processuale, una serie di ipotesi in cui la previsione della decorrenza di termini perentori per impugnare è ancorata alla mera comunicazione del provvedimento che ne sarebbe oggetto, senza che possa applicarsi la modifica dell’articolo 133 c.p.c. innanzi citata, ma afferma finanche che in tali casi resta irrilevante che la comunicazione sia integrale o meno . 2. Il secondo motivo di impugnazione denuncia falsa applicazione della L. numero 92 del 2012 con lettura combinata del comma 1 dell’articolo 125 c.p.c. come modificato dalla D.L. numero 90 del 2014, articolo 45 bis . Si censura quella parte della sentenza impugnata che, per giustificare l’improcedibilità del reclamo, ha rilevato che all’atto del deposito del ricorso in opposizione presso la cancelleria del Tribunale di Como, avvenuto il 24.11.2014, era già entrata in vigore l’ultima delle modifiche apportate al comma 1 dell’articolo 125 c.p.c. dal D.L. numero 90 del 2014, articolo 45 bis entrato in vigore tale articolo il 19 agosto 2014 , con la conseguenza che l’indicazione dell’indirizzo PEC fatta dai difensori dell’odierno reclamante nel ricorso in opposizione era del tutto superflua, dovendo gli stessi indicare in tale atto il solo numero di fax. Deve, quindi, escludersi che gli stessi avessero la facoltà di indicare uno specifico indirizzo PEC ai fini delle comunicazioni di cancelleria . . Si sostiene che le norme applicabili al procedimento sono quelle in vigore al momento dell’introduzione del ricorso ndr. della fase sommaria introdotta con atto depositato il 12 novembre 2013 e non quelle entrate in vigore durante lo scorrere di tutte le fasi dettate dalla L. numero 92 del 2012 e comunque successive al ricorso introduttivo , per cui andava applicato l’articolo 125 c.p.c. previgente che permetteva alla parte di indicare l’indirizzo di posta elettronica ai fini della comunicazione di cancelleria . Analoga censura è contenuta incidentalmente anche nel terzo motivo di ricorso in cui pure si lamenta che la notificazione a mezzo PEC della sentenza di primo grado non sia stata inviata all’indirizzo di posta elettronica indicato nell’atto difensivo di opposizione. In memoria ex articolo 378 c.p.c. si sostiene la tesi che detta indicazione prevarrebbe sulla PEC risultante dai pubblici elenchi o da elenchi accessibili alla pubblica amministrazione . La critica è infondata perché la Corte territoriale ha correttamente osservato il principio del tempus regit actum applicando la regola processuale vigente al momento in cui la cancelleria ha effettuato la comunicazione della sentenza resa all’esito del giudizio di opposizione, peraltro introdotto con ricorso quando già l’ultima parte dell’articolo 125 c.p.c. era stata modificata dal D.L. numero 90 del 2014, articolo 45 bis, comma 1, conv. con modificazioni nella L. numero 114 del 2014, nel senso che il difensore nell’atto deve indicare solo il numero di fax. Inoltre l’articolo 16-sexies rubricato Domicilio digitale del D.L. 18 ottobre 2012, numero 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, numero 221, come introdotto dal D.L. 25 giugno 2014, numero 90, articolo 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, numero 114, prevede testualmente Salvo quanto previsto dall’articolo 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, numero 82, articolo 6-bis, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia . Secondo le Sezioni unite di questa Corte Cass. SS.UU. numero 23620 del 2018 tale norma, dunque, nell’ambito della giurisdizione civile e fatto salvo quanto disposto dall’articolo 366 c.p.c., per il giudizio di cassazione , imponendo alle parti la notificazione dei propri atti presso l’indirizzo PEC risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.Lgs. numero 82 del 2005, articolo 6-bis codice dell’amministrazione digitale ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. numero 44 del 2011, gestito dal Ministero della giustizia, certamente implica un riferimento all’indirizzo di posta elettronica risultante dagli albi professionali, atteso che, in virtù della prescrizione contenuta nel citato D.Lgs. numero 82 del 2005, articolo 6 bis, commi 2 bis e 5, al difensore fa capo l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo all’ordine di appartenenza e i quest’ultimo è tenuto a inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE. Né può omettersi di considerare che la L. numero 53 del 1994, articolo 5 espressamente prevede che l’atto deve essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo di posta elettronica certificata che il destinatario ha comunicato al proprio ordine, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici . La prescrizione dell’articolo 16-sexies prescinde dalla stessa indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ad opera del difensore, trovando applicazione direttamente in forza dell’indicazione normativa degli elenchi/registri da cui è dato attingere l’indirizzo PEC del difensore, stante l’obbligo in capo ad esso di comunicarlo al proprio ordine e dell’ordine di inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE, depotenziando la portata dell’elezione di domicilio fisico così Cass. numero 30139 del 2017 , sicché l’indirizzo telematico per ricevere le comunicazioni a mezzo PEC dalla Cancelleria non è quello che può essere presente negli scritti difensivi in termini Cass. numero 25948 del 2018 . L’articolo 16-sexies citato, entrato in vigore il 19 agosto 2014, trova immediata efficacia nei giudizi in corso per gli atti compiuti successivamente alla sua vigenza, in applicazione del principio non derogato dalla citata L. numero 114 del 2014 attraverso l’indicazione di una diversa specifica decorrenza della citata norma processuale del tempus regit actum tra le tante, Cass. numero 17570 del 2013 Cass. numero 5925 del 2016 Cass. numero 1635 del 2017 . 3. Con l’ultimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in quanto la Corte di Appello di Milano ha errato nel dichiarare che il reclamo è stato depositato presso la cancelleria di questa Corte di Appello in data 8.7.2015, oltre il termine di trenta giorni previsto dalla L. numero 92 del 2012, articolo 1, comma 58, decorrente nella presente controversia dalla data di comunicazione del provvedimento decisorio inviato in versione integrale a mezzo PEC dalla cancelleria del Tribunale di Como il 29.5.2015 o meglio nel dedurre che l’atto che si dice essere stato trasmesso fosse in forma integrale . Si eccepisce che non vi sarebbe prova che la comunicazione di cancelleria contenesse la sentenza di primo grado in versione integrale. Anche tale motivo non può trovare accoglimento non solo perché denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 5, esplicitamente richiamati, un preteso errore di attività del giudice che avrebbe dovuto essere censurato secondo i canoni propri del numero 4 dello stesso articolo, ma anche perché volto a criticare un accertamento di fatto compiuto dalla Corte del merito, senza neanche specificare quando e in quale modo sia stato contestato che la comunicazione della cancelleria non contenesse in allegato la versione integrale della sentenza impugnata, onde venisse sollecitato il contraddittorio sul punto. Peraltro questa Corte ha già avuto modo di rilevare cfr. Cass. numero 19177 del 2016 e numero 10017 del 2016 come la disciplina dettata dal codice di rito, all’articolo 45 disp. att. c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. 18 ottobre 2012, numero 179, conv. in L. numero 221 del 2012, stabilisce che il biglietto contiene in ogni caso il testo integrale del provvedimento comunicato necessità della comunicazione del testo integrale poi ribadita dal D.L. 24 giugno 2014, numero 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014 numero 114, che ha modificato l’articolo 133 c.p.c., secondo cui, entro cinque giorni dal deposito della sentenza, il cancelliere, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti costituite , sicché la comunicazione integrale del provvedimento, anche per le sue modalità telematiche, può ritenersi la regola di cui si presume l’osservanza e che può essere vinta dalla prova contraria. 4. Conclusivamente il ricorso va respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo. Occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario al 15% ed accessori secondo legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.