L’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria non è ammessa nei procedimenti relativi a misure cautelari reali, anche se le misure richieste non sono state applicate, ma ne è in discussione l’applicazione.
Con la sentenza numero 38852/18, depositata il 23 agosto, la Cassazione rigetta il ricorso presentato da un imputato, sotto accusa per lottizzazione abusiva, volto all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di Livorno con cui era stato disposto il sequestro preventivo del cantiere e delle opera in corso di realizzazione su un terreno di sua proprietà. L’imputato ricorrente si duole, oltre che per motivi attinenti al merito della decisione, per la violazione del diritto del difensore di astenersi dalle udienze penali in adesione alla protesta proclamata dalla categoria. Astensione. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, l’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesa si categoria non è ammessa nei procedimenti relativi a misure cautelari reali, posto che l’articolo 4 del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati esclude espressamente la possibilità di astenersi per le udienze relative a misure cautelari, riferendosi alle stesse in termini generali, comprensivi dunque anche di quelle reali. Il ricorrente contesta però l’applicazione di tale principio al caso in cui la misura cautelare non sia in corso di esecuzione al momento dell’astensione dell’avvocato. Tale ipotesi, precisa il Collegio, rientra comunque nella nozione di «udienze penali afferenti alle misure cautelari» per le quali l’articolo 4 cit. esclude appunto l’astensione. Anche in tali udienze infatti sono relative all’applicazione della misura, seppur non ancora disposta. Viene così soddisfatta la ratio della disposizione relativa alla necessità di pervenire nel più breve tempo possibile alla decisione sulla sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione della misura, interesse che non riguarda solo il singolo imputato ma anche l’intera collettività. In conclusione, la Corte cristallizza il principio secondo cui «l’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria non è ammessa nei procedimenti relativi a misure cautelari reali di cui all’articolo 321, comma 1, c.p.p., anche se le misure richieste non sono state applicate, ma ne è in discussione l’applicazione».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 dicembre 2017 – 23 agosto 2018, numero 38852 Presidente Cavallo – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il sig. L.M.D. ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 12/06/2017 del Tribunale di Livorno che, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati di cui agli articolo 479 cod. penumero , 44, lett. c , d.P.R. numero 380 del 2001 e 181, d.lgs. numero 42 del 2004, in accoglimento dell’appello cautelare del pubblico ministero, ha ordinato il sequestro preventivo del cantiere e delle opere in corso di realizzazione sul terreno di sua proprietà, sito in omissis , precedentemente revocato dal G.i.p. di quel medesimo tribunale con provvedimento dell’8 maggio 2017. 1.1. Con il primo motivo, allegando la violazione, nel caso di specie, del diritto del difensore di astenersi dalle udienze penali in adesione alle forme di protesta deliberate dalle organizzazioni di categoria e deducendo, a tal fine, che la misura cautelare reale non era in corso di esecuzione al momento dell’esercizio di tale diritto, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606, lett. b , cod. proc. penumero , la nullità dell’ordinanza impugnata per l’inosservanza dell’articolo 127, commi 3 e 5, cod. proc. penumero . 1.2. Con il secondo motivo, esclusa la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva di cui all’articolo 44, lett. c , d.P.R. numero 380 del 2001 l’unico a consentire il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni , eccepisce, ai sensi dell’articolo 606, lett. b , cod. proc. penumero , l’erronea applicazione dell’articolo 321, comma 1, cod. proc. penumero , in conseguenza della mancata indicazione, da parte del Tribunale, del periculum in mora che, invece, era stato escluso dal G.i.p. in sede di revoca del sequestro sul rilievo che l’opera era stata ultimata. 1.3. Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606, lett. b , cod. proc. penumero , la violazione dei poteri del giudice penale che non può sindacare gli atti amministrativi discrezionalmente assunti dalla pubblica amministrazione. Deduce che l’ipotizzata falsità del permesso di costruire in sanatoria che si riflette sulla sua inefficacia non sussiste perché la conformità dell’opera agli strumenti urbanistici è stata affermata in base ad un sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale insieme con il Responsabile dell’U.O. Edilizia Privata del Comune di OMISSIS , che ha solo espresso il parere favorevole al rilascio della sanatoria ed è persona diversa da quella alla quale il falso è stato attribuito. Inoltre, il permesso di costruire in sanatoria non è mai stato impugnato in sede amministrativa. Considerato in diritto 2. Il ricorso è infondato. 3. Il primo motivo è infondato. 3.1. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, richiamato nell’ordinanza impugnata, l’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria non è ammessa nemmeno nei procedimenti relativi a misure cautelari reali ciò in quanto l’articolo 4 del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, escludendo la possibilità di astenersi nelle udienze afferenti misure cautelari , si riferisce a tutte le misure cautelari, e, quindi, non solo a quelle personali Sez. 2, numero 50339 del 03/12/2015, Ortolan, Rv. 265527 Sez. 6, numero 39871 del 12/07/2013, Notarianni, Rv. 256444 . 3.2. Il ricorrente non discute tale interpretazione ne contesta l’applicazione ai casi in cui la misura cautelare reale non è in corso di esecuzione al momento dell’esercizio del diritto di astensione. 3.3. L’eccezione è infondata. 3.4. Il Collegio richiama, sul punto, il principio di diritto secondo il quale in tema di astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, nella nozione di udienze penali afferenti misure cautelari , nei quali l’astensione non è consentita ai sensi dell’articolo 4 del Codice di autoregolamentazione forense, devono includersi anche quelle relative a procedimenti in cui le misure richieste non sono state applicate, ma è in discussione proprio la loro applicazione Sez. 2, numero 18955 del 22/03/2017, Drago, Rv. 269567 nello stesso senso Sez. 6, numero 39490 del 14/06/2017, Magliocco, numero m. Sez. 6, numero 35986 del 18/07/2017, Untea, numero m. . Spiega in motivazione la Corte che la ratio dell’esclusione dell’astensione per le udienze penali afferenti misure cautelari consiste nella necessità di pervenire, nel più breve tempo possibile, alla decisione sulla sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione della misura cautelare. Interesse, questo, che riguarda l’intera collettività e il singolo soggetto sottoposto o da sottoporre a misura cautelare . Tale argomento si coniuga con il tenore letterale dell’articolo 4, lettera a , del codice di autoregolamentazione forense che, escludendo espressamente che l’astensione possa riguardare le udienze penali afferenti misure cautelari , prende in considerazione l’oggetto della discussione, il thema decidendum . L’articolo 1, comma 2, lett. a , legge numero 146 del 1990, in attuazione del cui articolo 2-bis il codice di autoregolamentazione forense è stato adottato, qualifica come servizio pubblico essenziale l’amministrazione della giustizia, con particolare riferimento ai provvedimenti restrittivi della libertà personale ed a quelli cautelari ed urgenti, nonché ai processi penali con imputati in stato di detenzione . La data di promulgazione della legge è successiva all’entrata in vigore del vigente codice di rito il legislatore aveva dunque ben chiara l’inclusione tra i provvedimenti cautelari anche di quelli reali di cui al titolo II del libro IV. L’articolo 1, comma 2, lett. a , legge numero 146 del 1990, dunque, parifica, quanto agli effetti, i provvedimenti cautelari reali urgenti a quelli restrittivi della libertà personale, e se ne comprende la ragione l’esigenza cautelare di cui all’articolo 321, comma 1, cod. proc. penumero , condivide con quella personale la medesima finalità preventiva di evitare l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato ovvero la commissione di altri reati che riguarda l’intera collettività, la sottrae alla disponibilità delle parti processuali e non può essere considerata recessiva rispetto al pur legittimo esercizio della facoltà del difensore di astenersi dalle udienze. L’urgenza è data dalla finalità cautelare del provvedimento della cui applicazione, attuale o futura, si discute, non dalla sua attuale applicazione. 3.5. Deve perciò essere affermato il seguente principio di diritto l’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria non è ammessa nei procedimenti relativi a misure cautelari reali di cui all’articolo 321, comma 1, cod. proc. penumero , anche se le misure richieste non sono state applicate, ma ne è in discussione l’applicazione . 4. Anche il secondo motivo è infondato. 4.1. Il Tribunale, nell’illustrare i fatti posti a fondamento della propria decisione, afferma che, diversamente da quanto sostenuto in sede di revoca del sequestro, le opere abusive non erano state ultimate quanto ai reati urbanistici e paesaggistici è sufficiente rimandare alla documentazione in atti per ritenere allo stato che le opere non sono totalmente rimovibili né interrate né tantomeno ultimate . 4.2. La mancata ultimazione delle opere abusive, argomento non contestato dal ricorrente nella sua consistenza fattuale, legittima l’applicazione della misura cautelare reale e dimostra che il Tribunale ha effettivamente valutato la sussistenza del periculum in mora , ancorandolo, evidentemente, all’esigenza di far cessare la permanenza del reato ipotizzato. È pur vero che nell’ordinanza si fa riferimento anche alla oggettiva confiscabilità dell’area, ma si tratta di errore che, al di là della sua genesi, è privo di influenza sulla ratio decidendi . 5. Il terzo motivo è infondato. 5.1. Sostiene il Tribunale che nel permesso di costruire in sanatoria si afferma che le opere non hanno rilevanza paesaggistica “in quanto interrate mentre, secondo quanto era emerso dall’attività di indagine, non lo erano affatto. Sussiste, dunque, un contrasto tra quanto documentato nell’atto pubblico e quanto accertato direttamente dalla polizia giudiziaria. 5.2. Ai fini dell’economia della presente decisione non rileva stabilire se sussista o meno l’ipotizzato delitto di falso ideologico in atto pubblico, né chi ne sia l’autore conta solo l’oggettiva difformità tra la realtà descritta nel provvedimento amministrativo e quella accertata l’opera sanata , insomma, è diversa da quella effettivamente realizzata. Bastano queste semplici notazioni per disattendere gli argomenti difensivi perché il permesso di costruire in sanatoria non estingue il reato di cui all’articolo 44, d.P.R. numero 380 del 2001 se l’opera abusiva che ne costituisce l’oggetto è oggettivamente diversa da quella effettivamente realizzata. È pertanto un fuor d’opera evocare, come fa il ricorrente, i limiti del sindacato del giudice ordinario penale sulla discrezionalità della pubblica amministrazione né ha rilevanza alcuna il fatto che a il permesso in sanatoria è stato sottoscritto da un funzionario diverso da quello che aveva effettuato il sopralluogo e che aveva espresso parere favorevole al rilascio del permesso stesso b lo stesso funzionario aveva ritenuto la piena coerenza delle opere ai progetti e ai disegni tecnici allegati alla richiesta di permesso, tanto da non aver dato corso alla richiesta di adozione dell’ordinanza di sospensione dei lavori c il provvedimento non è stato impugnato in sede amministrativa. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.