Cronaca sullo stato di salute del congiunto solo quando la notizia è di interesse pubblico. In difetto si verifica grave lesione della privacy con conseguente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in via presuntiva.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza numero 16311/18 depositata il 21 giugno. Il caso. Tre fratelli due maschi e una femmina tutti affetti dalla sindrome adreno-genitale Il più piccolo colto da influenza muore a causa dell'effetto letale dato dalla combinazione tra la malattia ereditaria e una banale influenza. La notizia viene riportata da un giornale a tiratura locale in cui non solo si parla della disgrazia ma si aggiunge anche il nome degli altri due fratelli evidenziando che sono affetti dalla medesima sindrome. I congiunti dello scomparso si trovano così oltre ad avere il dolore per la morte del fratello anche il dispiacere di essere segnalati quali «soggetti a rischio» alla cerchia dei conoscenti. L'articolo di cronaca locale aveva assolto alla funzione di interesse pubblico di rassicurare la collettività informando sulla natura non contagiosa dell'effetto infausto dell'influenza ma al tempo stesso aveva violato pesantemente la privacy dei congiunti dello scomparso. Questi ultimi in realtà non erano oggetto di interesse pubblico e avrebbero dovuto restare fuori dai riflettori della stampa. Proprio per questo viene attivata una causa di risarcimento danni per lesione della privacy dai due fratelli che addirittura giunge fino in Cassazione. Cronaca sullo stato di salute solo quando la notizia è di interesse pubblico. Il rapporto tra diritto di cronaca e privacy costituisce da sempre area di attenta ponderazione tra le posizioni soggettive in gioco secondo i principi di proporzionalità. Nel caso in esame tuttavia gli Ermellini non hanno bisogno di assumere complesse tecniche di balance perché la decisione richiede unicamente l'applicazione degli orientamenti granitici della giurisprudenza in materia. La giurisprudenza consolidata di legittimità stabilisce che il diritto di cronaca non lede la privacy quando tratta una notizia vera verità , di interesse pubblico attualità - pertinenza , esposta con correttezza formale continenza . L'articolo «incriminato» aveva rispettato tutti questi parametri fino al punto in cui aggiunge «che anche i fratelli maggiori Paolo ed Emanuela soffrivano della sindrome adreno-genitale». La diffusione di quest'ultima notizia sebbene vera e continente non risulta di interesse pubblico. La valenza informativa dell'articolo verso la collettività consiste nel tranquillizzare i cittadini sul fatto che l'influenza di per se' non è letale ma ha avuto tale effetto sul singolo a causa di una sua patologia pregressa. L'aggiunta sui fratelli «non aveva nessuna attinenza con la notizia principale, era del tutto priva di interesse pubblico, bensì aveva il solo scopo di riferire circostanze in grado di catturare maggiormente l'attenzione del lettore». A tale stregua, - continua la Corte - risulta palese la violazione della normativa privacy che consente la diffusione di notizie attinenti alla salute senza il consenso dell'interessato solo quando sono strettamente collegate al perseguimento delle finalità proprie della professione giornalistica la notizia vera, di interesse pubblico, fornita in modo continente . Danno da lesione privacy. Presunzioni e allegazioni. Il giudice di merito ha riconosciuto in capo ai due fratelli il risarcimento del danno non patrimoniale fondandosi non su produzioni documentali o testimoniali ma affidandosi al ragionamento in via presuntiva che probabilmente è stato ispirato dalle allegazioni dedotte in causa dai danneggiati. In particolare si è presunto che i due congiunti superstiti - una volta diffusa la loro patologia - abbiano provato il timore di non essere accettati dalla cerchia dei conoscenti perché considerati come il fratello dei «soggetti a rischio» e quindi che abbiano rinunciato - con grave danno - alle relazioni amicali e/o sentimentali proprio nell'adolescenza ovvero in un periodo della vita in cui la dimensione sociale e' necessaria per la formazione della personalità. Il danno è stato ulteriormente aggravato dalla pervasività della diffusione del giornale che essendo locale e' molto letto proprio dalla comunità in cui vivono i due fratelli con grave effetto moltiplicatore della divulgazione della notizia.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 14 novembre 2017 – 21 giugno 2018, numero 16311 Presidente Chiarini – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza dell’8/7/2014 la Corte d’Appello di Roma, rigettato quello in via incidentale spiegato dai sigg. C.L. e D.G.D. nonché dalla società Nuova Editoriale Oggi s.r.l., in accoglimento del gravame in via principale interposto dai sigg. S.P. ed E. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Latina numero 1238 del 2007, ha accolto la domanda da questi ultimi originariamente proposta nei confronti dei primi di risarcimento dei danni subiti in conseguenza della divulgazione della notizia, contenuta nell’articolo scritto dal suindicato giornalista D.G. e pubblicato sull’edizione del omissis del quotidiano omissis relativo alla morte del loro fratello minore G. all’esito di un’influenza a causa della sindrome adreno-genitale, che erano anch’essi affetti da tale sindrome, a tale stregua illegittimamente pubblicando loro dati sensibili. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il D.G. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso i S. . Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione di legge articolo 360 numero 3 c.p.c. , nonché violazione del c.d. giudicato interno tra le parti violazione del diritto di difesa . Lamenta che gli avv.ti Mignano e Scioscia hanno rappresentato gli interessi sia in primo che in secondo grado di tre parti litisconsorti con una stessa procura recante in sé il potere di rappresentanza per interessi diversi antinomici , altresì in modo infedele , come accertato in analogo giudizio su cui si è pronunciata la Corte di Appello di Firenze con ordinanza del 26/09/2003 . Con il 2 motivo denunzia violazione di legge articolo 360 numero 3 c.p.c. in ordine alla domanda riconvenzionale . Si duole che la situazione di conflitto di interessi degli avvocati di parte convenuta ha originato la nullità degli atti posti in essere per le parti convenute allorché la difesa è stata assunta in palese ed evidentissima violazione degli articolo 6-7-11-14-20-37 Codice Deontologico Forense . Con il 3 motivo denunzia violazione dell’articolo 91 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, 1 co. numero 3, c.p.c. Si duole che la condanna al danno morale è stata illegittimamente pronunziata in assenza di fattispecie di reato, non sussistendo nella specie il reato di cui agli articolo 594 595 c.p.”. Con il 4 motivo denunzia censura in ordine alla invocata misura cautelare ex articolo 373 c.p.c. . I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell’articolo 366, 1 co. numero 6, c.p.c., atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito in particolare, l’ articolo riguardante la morte di un ragazzo , l’ atto di citazione dinanzi il tribunale di Latina , la sentenza del giudice di prime cure, l’atto di appello, l’appello incidentale, la procura rilasciata agli avv. Mignano e Scioscia dalle controparti sia in primo che secondo grado di giudizio limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte strettamente d’interesse in questa sede riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, numero 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, numero 6937 Cass., 12/6/2008, numero 15808 Cass., 25/5/2007, numero 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, numero 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., da ultimo, Cass., Sez. Unumero , 19/4/2016, numero 7701 . A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, numero 8932 Cass., 20/1/2006, numero 1108 Cass., 8/11/2005, numero 21659 Cass., 2/81/2005, numero 16132 Cass., 25/2/2004, numero 3803 Cass., 28/10/2002, numero 15177 Cass., 12/5/1998 numero 4777 sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito v. Cass., 24/3/2003, numero 3158 Cass., 25/8/2003, numero 12444 Cass., 1/2/1995, numero 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione v. Cass., 21/8/1997, numero 7851 . Quanto al merito è appena il caso di osservare che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la lesione dell’onore e della reputazione altrui non si verifica quando la diffusione a mezzo stampa delle notizie costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca, condizionato all’esistenza dei seguenti presupposti la verità oggettiva della notizia pubblicata l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto c.d. pertinenza la correttezza formale dell’esposizione c.d. continenza . Si è al riguardo precisato, quanto al primo presupposto, che soltanto la correlazione rigorosa fra fatto e notizia realizza l’interesse pubblico all’informazione, sotteso all’articolo 21 Cost., e rende non punibile la condotta ai sensi dell’articolo 51 c.p., sempre che ricorrano anche la pertinenza e la continenza v. Cass., 4/2/2005, numero 2271 . In ordine al limite della c.d. pertinenza, richiesto ai fini dell’operatività della scriminante del diritto di cronaca, non risulta violato quando le persone coinvolte godano di una diffusa notorietà, sia pure limitata all’ambito locale, atteso che la scriminante non impone che si tratti di persone pubbliche in chiave necessariamente nazionale, mentre la congiunta rilevanza, almeno astrattamente, penale dell’episodio conferisce allo stesso un interesse pubblico oggettivamente apprezzabile, che giustifica la proiezione non solo locale della notizia v. Cass., 5/5/2017, numero 10925 . Relativamente alla correttezza formale dell’esposizione c.d. continenza si è sottolineato che essa comporta moderazione, misura, proporzione nelle modalità espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l’altrui dignità morale e professionale, con riferimento non solo al contenuto dell’articolo, ma all’intero contesto espressivo in cui l’articolo è inserito, compresi titoli, sottotitoli, presentazione grafica, fotografie, trattandosi di elementi tutti che rendono esplicito, nell’immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo, e quindi idonei, di per sé, a fuorviare e suggestionare i lettori più frettolosi v., da ultimo, Cass., 5/12/2014, numero 25739 . Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha fatto invero piena e corretta applicazione. È rimasto accertato che sul quotidiano locale omissis , di cui era proprietaria la società Nuova Editoriale Oggi s.r.l. in data omissis è apparso l’ articolo scritto dal giornalista D.G.D. nel quale si era dato spazio alla notizia della morte di S.G. , fratello minore di P. ed E. S.G. era deceduto in data 28.1.2000, all’età di 12 anni, a causa di un’influenza, fatale per il loro congiunto a causa della sindrome adreno-genitale, di cui il bambino era affetto aggiungendo che anche i fratelli maggiori P. ed E. soffrivano della sindrome adreno genitale . Nel confermare la sentenza del giudice di prime cure nella parte in cui ha dichiarato che la divulgazione della notizia relativa allo stato di salute ed alla patologia ereditaria dei fratelli maggiori di G. era del tutto avulsa dal contenuto dell’articolo e dal’informazione che il giornalista ha ritenuto di offrire , la corte di merito ha sottolineato come nella specie la notizia era certamente vera, né si fa questione circa la continenza espressiva , laddove è viceversa mancato del tutto l’interesse pubblico alla conoscenza delle patologie dei fratelli del bambino deceduto , in quanto per i lettori sarebbe stato sufficiente sapere che il decesso a causa di un’influenza non celava, in ipotesi, forme pericolose di contagio o di virus pericolosi per la salute collettiva, bensì trovava causa nella personale, pregressa, patologia del deceduto . Pertanto, l’interesse pubblico alla notizia del decesso di un dodicenne a causa di un’influenza, che aveva avuto conseguenze letali in quanto aveva colpito un bambino sofferente di una pregressa patologia, era soddisfatto in via esclusiva fornendo tale informazione. In tal modo, il giornalista aveva descritto e, contemporaneamente, delimitato l’ambito della vicenda, informando i lettori ed evitando il sorgere di allarmismi sulle cause e sulle ragioni dell’infausto evento, messo in relazione con la patologia che affliggeva S.G. . La diffusione da parte dell’odierno ricorrente di informazioni relative alla salute dei fratelli di G. -senza il loro consenso- , stigmatizza correttamente la corte di merito nell’impugnata sentenza, viceversa non aveva nessuna attinenza con la notizia principale, era del tutto priva di interesse pubblico, bensì aveva il solo scopo di riferire circostanze in grado di catturare maggiormente l’attenzione del lettore . A tale stregua, risulta palese la violazione della normativa di cui al combinato disposto degli articolo 20 e 22 della Legge 675 del 1996, applicabili ratione temporis, i quali consentono la diffusione di notizie attinenti alla salute senza il consenso dell’interessato solo quanto sono strettamente collegate al perseguimento delle finalità proprie della professione giornalistica la divulgazione della notizia vera di interesse pubblico, fornita in modo continente . Del pari correttamente la corte di merito ha fatto altresì applicazione del principio affermato da questa Corte in base al quale in tema di privacy i limiti dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, che circoscrivono la possibilità di diffusione dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, comporta il dovere di evitare riferimenti a congiunti del personaggio pubblico, non potendo la notorietà di quest’ultimo affievolire i diritti dei primi v. Cass., 6/12/2013, numero 27381. Cfr. altresì Cass., 16/4/2015, numero 7755 . Con particolare riferimento al 3 motivo, a parte il rilievo che la lesione come nella specie di un diritto della persona costituzionalmente garantito comporta il risarcimento del danno non patrimoniale a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo costituisca o meno reato cfr. Cass., 31/7/2015, numero 16222 , come ad esempio nel caso di illecito trattamento dei dati personali, avendo in tal caso la vittima diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento v. Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 , va osservato come la sussistenza della violazione del diritto alla riservatezza sia stata dalla corte di merito ritenuto nella specie senz’altro integrata, ben potendo d’altro canto in caso di inesistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di giudicato nel processo civile a norma degli articolo 651 e 652 c.p.p., il giudice civile accertare incidenter tantum l’esistenza del reato, nei suoi elementi obiettivi e soggettivi v. Cass., 20/3/2017, numero 2117 Cass., 25/9/2009, numero 20684 . Correttamente la corte di merito ha quindi conseguentemente riconosciuto in favore degli allora appellanti ed odierni controricorrenti S.P. ed E. il risarcimento del danno non patrimoniale rispettivamente subito. Ha al riguardo posto in rilievo che il fatto illecito produttivo del danno si è verificato in un periodo della loro vita in cui, essendo in formazione la personalità del giovane, è molto importante e delicata l’attività sociale rivolta a stringere amicizie, rapporti sentimentali e sociali in genere e nella specie la notorietà del triste decesso del loro congiunto si è unita alla divulgazione della notizia della patologia di cui essi soffrivano, in tal modo potendo generare nei danneggiati il comprensibile timore di non essere accettati o di essere considerati malati all’interno della comunità in cui vivevano , sicché la pubblicazione in esame ha avuto l’attitudine a descrivere i fratelli S. come dei soggetti in qualche modo a rischio di vicende analoghe a quella accaduta al loro fratello minore ed ha così potenzialmente scoraggiato relazioni amicali o sentimentali, a tutto loro danno , a fortiori in considerazione della circostanza che chi vive in una piccola comunità è certamente interessato anche alle vicende locali ed è interessato alla lettura di quotidiani a tiratura locale, che informano con dovizia di particolari su quanto accade nella zona di diffusione del giornale , con conseguente pervasività della notizia soprattutto in ambito locale , giacché essa non sarebbe stata altrettanto notata se fosse stata pubblicata su un quotidiano a tiratura nazionale , deponente per la conclusione che la notizia in argomento ha verosimilmente raggiunto un gran numero di lettori, già attratti dalla notizia del triste decesso del bambino, con un effetto moltiplicatore della divulgazione di dati sensibili proprio nella cerchia di persone con cui abitualmente i fratelli S. si sarebbero trovati in contatto . Con particolare riferimento al 4 motivo va infine osservato che l’istanza di sospensione della esecutività dell’impugnata sentenza risulta ex articolo 373, 2 co., c.p.c inammissibilmente proposta a questa Corte di legittimità, anziché al Presidente del collegio che l’ha emessa. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese forfettarie al 15%, ad esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, co. 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, numero 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, numero 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.