Associazioni di tendenza: quale tutela in caso di licenziamento?

Se un’associazione agisce con metodo economico e, cioè, con l’obiettivo del tendenziale pareggio tra costi e ricavi, esercita attività di impresa. Pertanto in caso di licenziamento, si applica la tutela reale.

Lo sostiene la Corte di Cassazione nella sentenza 16031/18, depositata il 18 giugno. La fattispecie. La Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado che si pronunciava in merito alla domanda di impugnativa del licenziamento proposta da un uomo nei confronti dell’Associazione presso cui lavorava. I Giudici di secondo grado dichiaravano l’illegittimità del recesso e applicavano la tutela obbligatoria, definendo l’Associazione datrice di lavoro organizzazione di tendenza. La qualità di datore di lavoro “non imprenditore” era conclamata e l’Associazione aveva riacquistato lo status di ONLUS, trattandosi di organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Tra l’altro, l’elemento decisivo ai fini della qualificazione era costituito dal requisito della ripartizione degli utili. Alla luce di queste considerazioni, secondo la Corte d’Appello il regime sanzionatorio del licenziamento privo di giustificazione era quello obbligatorio, a prescindere dallo svolgimento o meno di mansioni connesse con la tendenza. Il dipendente ricorre in Cassazione. Attività imprenditoriale quando? L’uomo censura la sentenza d’appello nella parte in cui afferma la natura non imprenditoriale e non lucrativa dell’attività svolta dall’associazione, nonostante quest’ultima avesse tre sedi con un fatturato annuo pari a 2.000.000 di euro negli ultimi tre esercizi e prestazioni private offerte anche all’estero. La Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso afferma, infatti, che se un’organizzazione di tendenza esercita un’attività strutturata a modo di impresa, non si distingue da qualunque altro datore di lavoro. L’attività, per essere qualificata come imprenditoriale deve essere un’attività economica finalizzata alla copertura dei costi con le entrate e non semplicemente rivolta al perseguimento dei fini sociali dell’ente, a prescindere dall’esistenza di un vero e proprio fine lucrativo. Anche un’associazione può esercitare attività d’impresa. Se, dunque, l’associazione agisce con metodo economico e, cioè, con l’obiettivo del tendenziale pareggio tra costi e ricavi, esercita attività di impresa. Il fatto che l’associazione sia stata qualificata come ONLUS riconosciuta non significa che essa abbia natura non imprenditoriale. Niente tutela reale per le organizzazioni di tendenza, a patto che La Suprema Corte aggiunge che nel nostro ordinamento manca una definizione di organizzazione di tendenza tale espressione evoca una fattispecie associativa che si connota per la diffusione di lavori ideologicamente caratterizzati. Ecco perché essa è affrancata dalla tutela reale in caso di licenziamento, per proteggere la sua libertà e consentire il perseguimento degli obiettivi che giustificano una disciplina differenziata. Ciò, però in presenza di un triplice requisito l’identificabilità di un’organizzazione di tendenza nominata, la mancanza di uno scopo di lucro e la mancanza di un’impresa. Gli Ermellini, quindi, concludono affermando la non applicabilità, al caso di specie, della disciplina prevista dall’articolo 4 l. numero 109/1990 visti gli scopi – assistenziali e socio-sanitari – perseguiti dall’associazione, privi di qualsiasi finalità ideologica, tipicamente connessa alle attività in essa delineate.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 marzo – 18 giugno 2018, numero 16031 Presidente Manna – Relatore Marchese Fatti di causa 1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza dell’11.11.2015-13.11.2015 nr. 7988 del 2015 , rigettava l’appello principale e quello incidentale proposti avverso la sentenza del Tribunale di Roma che, pronunciando in merito alla domanda di impugnativa del licenziamento intimato il 17.6.2010 proposta da P.A. nei confronti della Associazione Laziale Motulesi Onlus di seguito, per brevità, Associazione , dichiarava l’illegittimità del recesso ed applicava la tutela obbligatoria, in ragione della qualità di organizzazione di tendenza dell’Associazione, datrice di lavoro. 2. Per la questione che in questa sede residua, la Corte territoriale osservava che l’Associazione aveva riacquistato a pieno titolo lo status di ONLUS, avendo l’Agenzia delle Entrate revocato il precedente provvedimento di cancellazione, e che, dunque, la qualità di datore di lavoro non imprenditore era conclamata per tabulas trattandosi di organizzazione non lucrativa di utilità sociale che, inoltre, per statuto, perseguiva l’attività di ricerca sui disabili, lo studio dei problemi psico - socio sanitari dei medesimi, la collaborazione con Istituti per la riabilitazione dei disabili, l’assistenza alle persone con disabilità. La Corte di appello, inoltre, giudicava irrilevanti, ai fini della natura imprenditoriale o meno dell’associazione, le circostanze rappresentate dalla suddivisione operativa in tre sedi dell’organizzazione, dal numero dei dipendenti, dell’entità del fatturato, in quanto detti elementi erano disgiunti dall’ulteriore e necessario requisito della distribuzione di utili il regime sanzionatorio del licenziamento privo di giustificazione era, dunque, quello obbligatorio, a prescindere da ogni accertamento in merito allo svolgimento o meno di mansioni connesse con la tendenza. 3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, P.A. , affidato a due motivi. 4. Ha resistito l’Associazione con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato a due motivi. 5. La causa è stata fissata per l’Adunanza Camerale del 25.1.2018, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria il Collegio ha ravvisato le condizioni per la trattazione del ricorso in pubblica udienza. Ha depositato memoria l’Associazione controricorrente. Ragioni della decisione 1. Deve essere, preliminarmente, respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, ex articolo 366 cod.proc.civ., sollevata dalla associazione controricorrente, in quanto il ricorso contiene l’esposizione sommaria dei fatti processuali e di tutti gli elementi indispensabili alla decisione delle questioni devolute a questa Corte. Sintesi dei motivi del ricorso principale. 2. Con il primo motivo - ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. - parte ricorrente deduce la violazione dell’articolo 18 della legge 300 del 1970, la falsa applicazione dell’articolo 4, comma 1, della legge 108 del 1990, dell’articolo 8 della legge 604 del 1966 e dell’articolo 2 della legge 108 del 1990. Censura la decisione nella parte in cui afferma la natura non imprenditoriale e non lucrativa della attività svolta dall’associazione controricorrente critica, inoltre, l’operata sussunzione delle attività di cui allo Statuto nell’ambito di quelle di cui all’articolo 4, comma 1, della legge nr. 108 del 1990 ed, infine, censura il giudizio di irrilevanza del contenuto delle mansioni, neutre, rispetto agli scopi qualificanti l’organizzazione. 3. Con il secondo motivo - ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod. proc. civ. deduce la violazione dell’articolo 2697 cod.civ, dell’articolo 115 cod.proc.civ e dell’articolo 2082 cod. civ., per aver la Corte di appello affermato la natura non imprenditoriale dell’associazione, nonostante risultasse che quest’ultima avesse tre sedi - di cui una dedicata a centro di riabilitazione privata - con un fatturato annuo pari ad Euro 2.000.000 negli ultimi tre esercizi e prestazioni private offerte anche all’estero. Esame dei motivi del ricorso principale. 4. Il primo motivo è fondato, restando assorbito il secondo. 5. Occorre premettere che la disciplina stabilita per le cosiddette organizzazioni di tendenza dall’articolo 4 della legge nr. 108 del 1990 di esclusione dell’operatività della tutela reale di cui all’articolo 18 della legge nr. 300 del 1970, nel testo vigente al tempo del licenziamento prima delle modifiche introdotte dalla legge nr. 92 del 28.6.2012 , si pone in termini derogatori della regola generale di piena riparazione della lesione inferta al diritto soggettivo al lavoro di cui all’articolo 4 della Cost. cfr. Cass. nr. 16349 del 2017 Cass. 3868 del 2012 Cass. nr. 24437 del 2010 . 6. L’articolo 4 della legge nr. 108 del 1990 è, dunque, norma eccezionale e di stretta interpretazione ai fini della sua operatività è necessario che il licenziamento sia intimato da un datore di lavoro non imprenditore che svolga senza fini di lucro una attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto cfr., per tutte, Cass. nr. 10155 del 2005 . 7. Laddove, infatti, l’organizzazione di tendenza eserciti un’attività strutturata a modo di impresa, essa finisce per non essere dissimile da qualunque altro datore di lavoro, di modo che un diverso trattamento rispetto agli altri datori di lavoro non sarebbe giustificabile cfr. Cass. nr. 16349 del 2017 cit., Cass. nr. 18952 del 2016, Cass. nr. 22256 del 2015 . 8. Attività che, per essere qualificata come imprenditoriale, alla stregua dei parametri fissati dall’articolo 2082 cod.civ., deve essere un’attività economica organizzata con criteri di economicità della gestione vale a dire finalizzata alla copertura dei costi con le entrate e non semplicemente rivolta al perseguimento dei fini sociali dell’ente , a prescindere dalla esistenza di un vero e proprio fine lucrativo cfr. Cass. nr. 1367 del 2004 Cass. 11 luglio 2001 nr. 9396 e 20 dicembre 2002 nr. 18218 . 9. Esercita, dunque, attività di impresa l’Associazione che agisca con metodo economico ovvero con il fine di perseguire il tendenziale pareggio tra costi e ricavi, non inerendo, invece, a detta qualifica di imprenditore, appunto l’esercizio di attività allo scopo di produrre ricavi eccedenti i costi cfr. Cass. sez. unumero 11.4.1994 nr. 3353 . 10. Osserva allora la Corte che la sentenza impugnata è incorsa in un errore di diritto laddove ha ritenuto di desumere la natura non imprenditoriale dell’associazione dalla qualifica di Onlus riconosciuta alla medesima. 11. L’essere, infatti, un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale Onlus , ai sensi dell’articolo 10 del D.lgs nr. 460 del 1997, assicura uno dei presupposti richiesti dall’articolo 4 della legge nr. 108 del 1990 id est svolgimento di attività senza fine di lucro ma non dimostra, per tabulas, come sostenuto dai giudici di merito, la natura non imprenditoriale dell’organizzazione che, invece, può essere esercitata in forma di impresa sociale. 12. Del tutto neutra è, peraltro, la circostanza relativa alla mancata distribuzione degli utili che, pure, la sentenza impugnata valorizza ai fini dell’esclusione sia dello scopo di lucro che della natura imprenditoriale dell’associazione. 13. La Corte di appello ha, poi, ritenuto che la promozione dell’attività di ricerca sui disabili, lo studio dei problemi psico-socio-sanitari dei medesimi, la collaborazione con Istituti per la riabilitazione dei disabili, l’assistenza alle persone con disabilità, ecc. perseguita, per Statuto, dall’Associazione, integrassero attività riconducibile all’articolo 4. 14. La conclusione dei giudici di merito, anche in parte qua, è inesatta. 15. Occorre rilevare come, pur mancando nel nostro diritto positivo una definizione di organizzazione di tendenza la stessa, per come elaborata sul piano teorico, evoca una fattispecie associativa che si caratterizza per la diffusione di valori ideologicamente caratterizzati . 16. Di tale fenomeno, l’articolo 4 della legge nr. 108 del 1990 offre un riconoscimento formale, stabilendo l’affrancamento dalla tutela reale dell’organizzazione di tendenza beneficio che, come è stato osservato, è finalizzato a proteggere la sua libertà ed a consentire il perseguimento degli obiettivi che l’ordinamento reputa meritevoli e che giustificano una disciplina differenziata, senza che ne soffra il principio di uguaglianza Cass. nr. 4983 del 2014, in motivazione, paragr.9 . 17. Il privilegio dell’esenzione dall’applicazione dell’articolo 18 della legge nr. 300 del 1970 - oggi peraltro abolito per effetto dell’articolo 9 comma 2 del d.lgs nr. 23 del 2015 - è, però, collegato, come si è detto, alla sussistenza di un triplice requisito uno in positivo e due in negativo l’identificabilità di una organizzazione di tendenza nominata, la mancanza dello scopo di lucro, la mancanza di un’impresa Cass. nr. 7837 del 2005 . 18. La disciplina dell’articolo 4 della legge nr. 109 del 1990 non può dunque trovare applicazione nel caso di specie, in ragione degli scopi palesati dallo Statuto della Associazione - e riportati nella sentenza impugnata - che, di natura assistenziale e socio sanitaria, risultano estranei al campo di applicazione della norma, per essere privi di qualsiasi finalità ideologica, tipicamente connessa alle attività in essa delineate di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto . 19. Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura. Sintesi dei motivi del ricorso incidentale. 20. Con il primo motivo -ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ. - l’Associazione deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistito nell’omessa valutazione di un secondo licenziamento, non impugnato, che avrebbe impedito in ogni caso la tutela reintegratoria. 21. Con il secondo - ai sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ - deduce l’omessa valutazione delle prove, con riferimento a quelle documentali offerte. 22. Osserva la Corte che entrambi i motivi si arrestano al rilievo di inammissibilità, configurando, anche il secondo, al di là della sua formale rubricazione, un vizio di motivazione, inerendo ai fatti da provare in causa. 23. Occorre allora considerare, a tenore dell’articolo 348 ter, comma 5, cod. proc. civ., che il vizio di motivazione non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme , come nella fattispecie di causa. La disposizione è applicabile ratione temporis ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dall’11 settembre 2012 articolo 54 co. 2 DL 83/2012 nel presente giudizio l’atto di appello risulta depositato il 19 dicembre 2012 cfr. pag. 5, punto 5, del controricorso e pag. 4 del ricorso . 24. In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che, procedendo a nuovo esame della fattispecie, farà applicazione del seguente principio di diritto È estranea all’area di attuazione dell’articolo 4 della legge nr. 108 del 1990 l’associazione che, per Statuto, non persegue un fine ideologicamente orientato di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto ed operi con criteri di economicità, ossia non semplicemente rivolti al perseguimento dei fini sociali dell’ente ma finalizzati al tendenziale pareggio tra costi e ricavi, restando, a tal fine, irrilevante la distribuzione di utili . 25. La Corte territoriale dovrà provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo dichiara inammissibile il ricorso incidentale cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche sulle spese, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. numero 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.