I Giudici del Palazzaccio censurano la decisione del Tribunale di sorveglianza, che, nonostante due relazioni certificanti l’incompatibilità delle condizioni di salute col carcere, hanno respinto la richiesta dell’uomo, basandosi su proprie competenze scientifiche.
Detenuto affetto da Hiv. A rendere ancora più delicata la sua posizione, poi, l’indisponibilità in carcere di un farmaco per lui fondamentale. Illogico respingere l’ipotesi avanzata dal legale dell’uomo, ossia il “differimento dell’esecuzione della pena”. Illogico anche perché il Tribunale di sorveglianza ha spiegato di aver fatto riferimento alle “proprie competenze mediche”, osservano dal Palazzaccio, per poter così ignorare la perizia del consulente tecnico, perizia in cui è affermato che «la condizione clinica del detenuto non risulta adeguatamente monitorata e gestita in carcere» Cassazione, sentenza numero 23354/2018, Sezione Prima Penale, depositata il 24 maggio 2018 . Patologia. Delicatissima la vicenda affidata alle valutazioni dei giudici della Cassazione. In ballo il diritto alla salute di un detenuto, che, spiega il suo avvocato, essendo «paziente all’ultimo stadio dell’Aids ed esposto alle cosiddette infezioni opportunistiche, che comportano un serio rischio di vita», meriterebbe di vedere posticipata «l’esecuzione della pena». A suscitare perplessità nel legale è la decisione presa dal Tribunale di sorveglianza, che ha confermato il carcere, sostenendo che «lo stato della patologia non è così avanzato da non rispondere alle terapie» e osservando che «non emerge un rischio quoad vitam, a breve o medio tempo, ed anzi sussiste la possibilità di curare il condannato in costanza di detenzione». Le perplessità sono legate soprattutto al fatto che è stata ignorata «l’impossibilità di praticare le cure necessarie al detenuto, a causa della indisponibilità del farmaco nell’ambito della struttura penitenziaria», come rilevato dal consulente tecnico, il quale ha anche certificato che «la condizione clinica del paziente non risulta adeguatamente monitorata e gestita in carcere, poiché egli non fruisce della terapia con la regolarità necessaria per il controllo della patologia da infezione ‘Hiv’». Relazioni. L’obiezione sollevata dall’avvocato convince i Giudici della Cassazione, i quali annotano innanzitutto che il Tribunale di sorveglianza ha posto in secondo piano «una relazione sanitaria e una relazione medico-legale di parte, che, concordemente, concludevano per l’incompatibilità del detenuto con il regime carcerario», spiegando di «avere fatto uso delle proprie competenze mediche». Quest’ultimo passaggio spinge i magistrati del Palazzaccio a censurare il Tribunale di sorveglianza, ricordando che in questa vicenda «è necessario acquisire dati e conseguenti valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche e scientifiche», e osservando che «il giudice non può prescindere dall’apporto fornito dalle conclusioni contenute nelle consulenze e nelle perizie, giungendo a conclusioni diametralmente opposte» sulla base di un mero richiamo alla «propria scienza personale». Di conseguenza, è discutibile la decisione con cui è stato escluso «il differimento dell’esecuzione della pena», proprio perché, osservano i giudici della Cassazione, «ben due relazioni concludevano per ragioni di incompatibilità con il regime carcerario». E, per chiudere il cerchio, viene anche evidenziato che nella relazione del consulente di parte è stato sostenuto che «nella struttura penitenziaria non era stato possibile praticare al detenuto una cura adeguata per la sua condizione clinica» a causa della «indisponibilità del farmaco» necessario, farmaco che «invece doveva essere somministrato con assoluta regolarità per controllare la grave patologia ed evitare conseguenze che potrebbero mettere a rischio la vita» del detenuto.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 marzo – 24 maggio 2018, numero 23354 Presidente Di Tomassi – Relatore Cocomello Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, in data 19/4/2017, rigettava l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena e, in subordine, di arresti domiciliari, ex articolo 47 quater Ord.Penumero , presentata nell’interesse di D.S.M. . Il provvedimento, dichiarava, preliminarmente, inammissibile l’istanza di arresti domiciliari perché non corredata dalla certificazione di cui al comma 2 dell’articolo 47 quater Ord.Penumero ed escludeva, altresì, la sussistenza dei presupposti, sia per il differimento obbligatorio dell’esecuzione della pena, ex articolo 146, comma 1, numero 3 cod. penumero , non essendo lo stadio della patologia così avanzato da non rispondere alle terapie , sia per il differimento facoltativo, ex articolo 147, comma 1, numero 2 cod.penumero , non emergendo un rischio quoad vitam, a breve o medio tempo, ed, anzi, sussistendo la possibilità di curare il condannato in costanza di detenzione. 2. Avverso il suddetto provvedimento propone ricorso per cassazione D.S.M. , per il tramite del suo difensore, denunciando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 147, comma 1, numero 2 cod.penumero . Il ricorrente lamenta, in particolare, che il Tribunale ha omesso di valutare l’impossibilità di praticare le cure necessarie al D.S. , a causa della indisponibilità del farmaco nell’ambito struttura penitenziaria, così come illustrato nella perizia del consulente tecnico Prof.ssa R.R. , depositata al Tribunale di Sorveglianza, unitamente alla memoria del 14 aprile 2017, nella quale è affermato che la condizione clinica del paziente, non risulta adeguatamente monitorata e gestita in carcere, poiché lo stesso non fruisce della terapia HAART , con la regolarità necessaria per il controllo della patologia da infezione HIV. 2.2 La difesa del ricorrente denuncia anche omessa motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla richiesta di detenzione domiciliare, avanzata ai sensi dell’articolo 47-ter, comma 1-ter, ord.penumero , della quale sussistevano, in tesi, tutti i presupposti, trattandosi di paziente all’ultimo stadio dell’AIDS, esposto alle c.d. infezioni opportunistiche, che comportano un serio rischio di vita. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto nei termini e per le ragioni che seguono. 2. Osserva il Collegio che il Tribunale di Sorveglianza, al momento della sua decisione, era in possesso, come evidenziato nella motivazione stessa del provvedimento, della relazione sanitaria del 30/3/2017 e di una relazione medico-legale di parte che, concordemente, concludevano per l’incompatibilità del detenuto con il regime carcerario. A fronte di tale compendio, di matrice scientifica, il provvedimento facendo uso delle competenze mediche di cui dispone il Collegio in virtù dell’odierna composizione , giunge a soluzione diametralmente opposta, negando la sussistenza dei presupposti per il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena, ed, in particolare, facendo espresso riferimento alla condizione descritta nell’arti . ord.penumero che il soggetto abbia bisogno di cure e trattamenti indispensabili tali da non poter essere praticati in regime di detenzione intramuraria . 2.1 Il Collegio - mutuando anche principi affermati dalla giurisprudenza in tema di prove, certamente applicabili anche alla materia in esame Sez. 4, numero 54795 del 13/07/2017, Rv. 271668 Sez. 2,numero 9358 del 12/02/2015, Rv. 262840 - ritiene che, quando, ai fini della decisione, è necessario, come nel caso di specie, acquisire dati e conseguenti valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche e scientifiche, il giudice non può prescindere dall’apporto fornito dalle conclusioni contenute nelle consulenze e/o perizie, a tal fine, eseguite, giungendo a conclusioni diametralmente opposte, sulla base di una mera sovrappozione, a queste ultime, della propria scienza personale , proprio come è accaduto nel caso in esame, ove erano state devolute al Tribunale ben due relazioni che concludevano per ragioni di incompatibilità con il regime carcerario, ignorate dal provvedimento sulla base della mera scienza personale dei componenti del Collegio. 3. A tale rilievo deve aggiungersi, inoltre, che, nella perizia di parte, a sostegno delle conclusioni di incompatibilità carceraria, il tecnico nominato dalla parte istante, sulla base dell’esame della documentazione allegata alla relazione sanitaria, evidenziava come nella struttura penitenziaria non era stato possibile praticare al D.S. cura adeguata per la sua condizione clinica, in particolare la terapia con il farmaco HAART Highly Active Antiretroviral Therapy , che non era stata praticata per un’ intera settimana, per indisponibilità del farmaco medesimo, che, invece, doveva essere somministrato con assoluta regolarità, per controllare la grave patologia della quale il detenuto è affetto ed evitare conseguenze che lo espongono al rischio della vita. Su tale ulteriore aspetto, il provvedimento non effettua nessun approfondimento, né si pronuncia in alcun modo, incorrendo così nel vizio di omessa motivazione su un aspetto di certa importanza, ai fini della integrazione dei presupposti del differimento facoltativo di esecuzione della pena. 4. Alla luce dei suddetti rilievi, preliminare ed assorbente rispetto a tutte le altre doglianze formulate dal ricorrente, il provvedimento deve essere annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza che si atterrà, altresì, ai principi indicati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.