La truffa è aggravata se viene scelta una vittima anziana

Definitiva la condanna per due donne che hanno preso di mira un uomo nato nel 1931. Per i giudici è evidente che esse avrebbero avuto meno possibilità di successo se la vittima fosse stata più giovane.

Sono riuscite a farsi dare da un uomo ben 29mila euro, racconta dogli di una loro drammatica situazione familiare, in realtà inesistente. A favorire il successo della loro azione, però, è stato soprattutto lo scegliere con attenzione la vittima, puntando su una persona anziana – classe 1931 –, poco reattiva e poco in grado di opporsi alle pressanti richieste di denaro e, infine, resa ancora più debole dalla labile memoria. Sacrosanta perciò la condanna delle due donne sotto processo, ritenute colpevoli di truffa aggravata dalla minorata difesa della vittima Cassazione, sentenza numero 20766/21, sez. II Penale, depositata il 25 maggio . Ricostruita la vicenda, ambientata nella provincia veneta, le due donne sotto processo vengono ritenute colpevoli del reato di truffa aggravata e vengono condannate, sia in primo che in secondo grado, per «avere in concorso tra loro, prospettando falsamente una situazione familiare drammatica, indotto la persona offesa – un uomo, classe 1931 – a consegnare loro la somma complessiva di 29mila euro, procurandosi un ingiusto profitto». A rendere più grave la condotta delle due donne è, secondo i giudici di merito, anche l’avere approfittato della «minorata difesa» dell’uomo da loro preso di mira. Su quest’ultimo dettaglio si soffermano le due donne col ricorso in Cassazione, contestando «la circostanza aggravante della minorata difesa», poiché basata, a loro dire, solo sulla «età avanzata della persona offesa» mentre in Tribunale è stata esclusa «la presenza di una sua qualsiasi forma di decadimento» sia fisico che a livello di memoria. Dalla Cassazione riconoscono, in premessa, che «l’ età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio». Ampliando l’orizzonte, però, si può ritenere che «quando i reati implicano un impatto sulla sfera fisica o psichica del soggetto passivo da parte dell’autore del fatto e la cui buona riuscita conti sulla maggiore o minore difficoltà di reazione all’offesa da parte della vittima, deve ritenersi sussistente in re ipsa la dimostrazione quantomeno dell’ agevolazione derivata dall’età avanzata della vittima». Ciò perché «in tali casi le possibilità che la vittima impedisca la commissione del reato ai suoi danni sono indubbiamente inibite o quantomeno ostacolate dal naturale ottundimento dei sensi e dall’inibizione delle capacità motorie che derivano dall’avanzare dell’età». In questa vicenda, in particolare, sono state poste in evidenza «le condizioni psicologiche della persona offesa» e si è rilevato «come, anche in ragione della sua età avanzata e della sua più fragile memoria, l’uomo era stato indotto a credere di avere già conosciuto in passato una delle due donne, la quale aveva dichiarato di essere già stata a casa sua». Peraltro, «l’uomo, nato nel 1931, pur non presentando evidenti segni di decadimento psico-fisico, aveva», a causa dell’età avanzata, «una minore reattività e una ridotta capacità di opporre un diniego alle assillanti e pressanti richieste di denaro delle due donne». E inoltre «la possibilità di introdursi nella casa dell’anziano, approfittando della sua labile memoria, ha agevolato l’esecuzione del reato» e «proprio su questa vulnerabilità e ridotta reattività fecero leva le due donne, sia nell’induzione in errore iniziale, sia nelle successive dazioni di denaro», sottolineano i giudici. Appare evidente, quindi, che «le due donne non avrebbero avuto così tante possibilità di successo se si fossero rivolte ad una persona più giovane», concludono i magistrati della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 aprile – 25 maggio 2021, numero 20766 Presidente Diotallevi – Relatore Borsellino Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Padova resa il 28 febbraio 2019 con cui é stata affermata la responsabilità di A.C. e H.N. in ordine al reato di truffa aggravata, per avere in concorso tra loro, prospettando falsamente una situazione familiare drammatica, indotto la persona offesa a consegnare la somma complessiva di 29.000 Euro, procurandosi un ingiusto profitto. 2. Le imputate propongono ricorso, con atto unico sottoscritto dal comune difensore di fiducia, deducendo 2.1 violazione di legge penale e vizio di motivazione poiché la corte ha respinto la richiesta di esclusione della circostanza aggravante della minorata difesa derivante dalla età avanzata della persona offesa, con affermazione apodittica, non esponendo in forza di quali elementi sarebbe emersa la minorata difesa della persona offesa, e intrinsecamente contraddittoria poiché al fine di sostenere la sua piena attendibilità, proprio il tribunale aveva escluso la presenza di una qualsiasi forma di decadimento psichico della persona offesa. Fermo restando che l'età non può di per sé costituire condizione autosufficiente per configurare l'aggravante indicata, i giudici di merito per un verso non evidenziano alcuna incertezza, imprecisione e deficienza mnestica nella persona offesa e dall'altro riconoscono la sussistenza della detta aggravante. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto nell'interesse delle due imputate é inammissibile perché generico e manifestamente infondato in quanto non si confronta con le motivazioni della Corte di Appello, e reitera le censure già respinte con argomentazioni immuni dai vizi dedotti. Occorre ricordare che questa Corte ha più volte sancito il principio secondo cui, ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 61 c.p., numero 5, l'età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l'agente trae consapevolmente vantaggio. Sez. 2 -, Sentenza numero 47186 del 22/10/2019 Cc. dep. 20/11/2019 Rv. 277780 - 01 Sez. 2, numero 8998 del 18/11/2014, dep. 2015, Genovese, Rv. 262564 - 01 Sez. 5, numero 38347 del 13/07/2011, Cavò, Rv. 250948 - 01 Sez. 2, numero 35997 del 23/09/2010, Licciardello e altri, Rv. 248163 - 01 . Altro principio di matrice giurisprudenziale é quello secondo cui non é necessario che le circostanze di tempo, di luogo o di persona, previste dall'articolo 61 c.p., numero 5 , abbiano impedito o reso impossibile la difesa privata, essendo sufficiente che la stessa sia stata soltanto ostacolata ex multis, Sez. 1, numero 50699 del 3 18/05/2017, B, Rv. 271592 - 01 Sez. 2, numero 28795 del 11/05/2016, De Biasi, Rv. 267496 - 01 . Nelle pronunzie in tema la Corte, ha sempre evidenziato la necessità di individuare, nell'ambito dell'azione specifica portata ai danni delle persone offese, gli indicatori della concreta agevolazione che, dall'età avanzata, era derivata per il soggetto-agente. Una pronunzia più recente ha, tuttavia, affermato che nei reati che presuppongono l'interazione tra l'autore del fatto e la vittima nella specie, furto con strappo , ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., numero 5, l'agevolazione all'agire illecito derivante dall'età avanzata della persona offesa é in re ipsa , senza che gravi in capo al giudice di merito uno specifico e ulteriore onere motivazionale rispetto al riscontro obiettivo dell'età della persona offesa. Sez. 5 -, Sentenza numero 12796 del 21/02/2019 Ud. dep. 22/03/2019 Rv. 275305 - 01 . Nella motivazione é stato sottolineato che quando i reati implicano un impatto sulla sfera fisica o psichica del soggetto passivo da parte dell'autore del fatto e la cui buona riuscita conti sulla maggiore o minore difficoltà di reazione all'offesa da parte della vittima, deve ritenersi sussistente in re ipsa la dimostrazione quantomeno dell'agevolazione derivata dall'età avanzata della vittima, senza che sul Giudice debba gravare un onere motivazionale specifico ed ulteriore rispetto al rilievo del dato obiettivo dell'età che appare superfluo, alla luce della massima di esperienza sopra ricordata. In tali casi, infatti, le possibilità che la vittima impedisca la commissione del reato ai suoi danni sono indubbiamente inibite o quantomeno ostacolate dal naturale ottundimento dei sensi e dall'inibizione delle capacità motorie che derivano dall'avanzare dell'età. Ma nel caso in esame il collegio di appello ha fornito esaustiva e congrua motivazione, nel rispetto di questi criteri ha innanzitutto richiamato le argomentazioni del primo giudice, che, avendo potuto verificare direttamente le condizioni psicologiche della persona offesa nel corso del suo esame 9, aveva sottolineato come anche in ragione della sua età avanzata e della sua più fragile memoria, il B. era stato indotto a credere di avere già conosciuto in passato l'imputata, la quale aveva dichiarato di essere già stata a casa sua ha osservato che B., nato nel 1931, pur non presentando evidenti segni di decadimento psico-fisico, aveva una minore reattività e una ridotta capacità di opporre un diniego alle assillanti e pressanti richieste di denaro delle due imputate, connessa alla sua età avanzata ha sottolineato che la possibilità di introdursi nell'abitazione dell'anziano approfittando della sua labile memoria ha agevolato l'esecuzione del reato. Ed é proprio su questa vulnerabilità e ridotta reattività che fecero leva le due imputate, sia nell'induzione in errore iniziale, sia nelle successive dazioni di denaro. In conclusione la corte stessa ha sottolineato che le imputate non avrebbero avuto così tante possibilità di successo se si fossero rivolte ad una persona più giovane, richiamando anche una massima di comune esperienza che evidenzia la maggiore suggestionabilità e fragilità delle persone anziane. Si tratta di considerazioni non manifestamente illogiche e non in contrasto con il dettato normativo sicché non ricorrono i presupposti per annullare la sentenza. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore della Cassa delle Ammende.