Decida la Corte di Giustizia UE se è conforme al diritto comunitario la cosiddetta tassa Airbnb l’unica difesa inventata dallo Stato per contrastare l’evasione fiscale prevista per le locazioni brevi.
E non è un caso, quindi, se con chiarezza, tra i diversi punti individuati dal Consiglio di Stato nell’ordinanza numero 6219/19 depositata il 18 settembre, è stato richiesto «se i principi fondamentali del diritto euro-unitario ostino, in termini generali, ad una disciplina nazionale che, di fatto, riversi su un’impresa le inefficienze dello Stato nell’accertamento e riscossione delle imposte». La questione dell’evasione fiscale in Italia non dovrebbe fare più notizia. Fa notizia, invece, la situazione opposta ovvero la strategia che lo Stato, di volta in volta, cerca di inventare per contrastarla. Ma se detta così potrebbe sembrare a priva vista questione di elementare semplicità, per il comparto delle locazioni immobiliari ed i portali informatici preposti a far incontrare la domanda e l’offerta, la matassa si fa sempre più intricata. E, in questo caso, nemmeno ricorso ed ordinanza pare abbiano centrato del tutto il nodo del problema, vista la complessità della situazione del comparto che vede, peraltro, coinvolti diversi soggetti dai comuni, alle questure, dalle regioni alle camere di commercio i quali – dati alla mano – non dovrebbero incontrare particolar difficoltà a coordinarsi e stanare gli evasori. L’annosa questione di quella che comunemente viene chiamata tassa Airbnb e dalla stessa Airbnb ovviamente fortemente contrastata ha il concreto punto di partenza nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 12 luglio 2017. Provvedimento che, di fatto, non ha fatto altro che dare attuazione al regime fiscale per le locazioni brevi ossia «i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni» introdotto dall’articolo 4, commi 4, 5 e 5-bis, d.l. 24 aprile 2017, numero 50, convertito con l. 21 giugno 2017, numero 96. Una legge, questa, dalle finalità assolutamente positive. Ciò in quanto ha previsto in sostituzione dell’ordinario regime fiscale, il pagamento della cedolare secca, ovvero il 21% delle entrate. La decisione del regime fiscale agevolato trae origine dalla necessità di non gravare eccessivamente sulle seconde case che, non sempre è al mare o ai monti. Molto spesso, è la vecchia abitazione dei genitori ricevuta in eredità e che, visto l’andamento negativo del mercato immobiliare, molti si ritrovano a ritenere anti-economico vendere. In sostanza, l’affitto di una stanza o dell’intero appartamento consente di far fronte agli oneri di gestione quali la manutenzione, il pagamento di IMU, TASI e TARSU, oltre alle bollette per luce, acqua e gas e alle spese condominiali. Airbnb, ad oggi, è il portale più conosciuto a livello europeo per far incontrare la domanda ed offerta. Mentre a livello mondiale gli fanno concorrenza Homeaway, la consociata Vrbo, e da un bel po’ di tempo lo stesso Booking che, inizialmente, limitava la propria offerta alle strutture alberghiere. Sta di fatto che, al fine di contrastare l’evasione fiscale, si è pensato che il sistema migliore fosse quello di far trattenere l’imposta direttamente al gestore del portale e versare quindi al proprietario il prezzo per la locazione decurtato dalla commissione per l’intermediazione e della cedolare secca. Ma la questione, come si è detto, non è così semplice. Ciò in quanto il sistema della prenotazione online non pone alcun limite temporale per la durata del soggiorno. Ed, anzi, suggerisce l’applicazione di uno sconto per i soggiorni la cui durata supera il mese. Ad oggi, Airbnb provvede ad accreditare il costo del soggiorno il giorno successivo del check-inumero Ma altri portali, quali il sopraindicato Homeaway, lo accreditano al momento della prenotazione che potrebbe anche essere successivamente annullata. Più complessa, poi, la proposta operativa offerta da Booking che, da un paio d’anni, ha ampliato la sua proposta di intermediario ai B& amp B, agli affittacamere oltre che agli alloggi vacanze. Booking, infatti, non sempre fa da tramite per i pagamenti perchè, a scelta del gestore, consente il pagamento diretto in struttura emettendo, successivamente in tal caso, fattura per la commissione. Altra questione da considerare concerne i servizi integrativi che il gestore mette a disposizione degli ospiti. L’aspetto non è irrilevante. Ciò in quanto per espressa interpretazione dell’Agenzia delle Entrate circolare numero 24/E del 12 ottobre 2017. ribadita nell’interpello 373 del 10 settembre scorso non è ammessa la cedolare secca se «insieme alla messa a disposizione dell’abitazione sono forniti servizi aggiuntivi che non presentano una necessaria connessione con le finalità residenziali dell’immobile quali, ad esempio, la fornitura della colazione, la somministrazione di pasti, la messa a disposizione di auto a noleggio o di guide turistiche o di interpreti, essendo in tal caso richiesto un livello seppur minimo di organizzazione». In altri termini, risulta praticamente tecnicamente impossibile, per le società di intermediazione dei portali, distinguere le strutture che offrono soltanto l’alloggio da quelle che offrono anche la colazione e soltanto per le prime svolgere la funzione di sostituto d’imposta. La rimessione alla Corte di Giustizia. Ma queste questioni non sono state poste all’attenzione del Giudice amministrativo al quale, invece, è stato chiesto di valutare la legittimità della legge in relazione – principalmente – al fatto che la misura fiscale introdotta dal d.l. numero 50/2017 ed attuata dal provvedimento impugnato configuri una “regola tecnica” od una “regola relativa ai servizi”, ai sensi e per gli effetti dell’obbligo di preventiva notifica alla Commissione europea stabilito dalla direttiva 1535/2015/UE notifica che non c’è stata. Secondo il ricorrente Airbnb, infatti, il servizio reso dallo stesso rientra pienamente nella nozione euro-unitaria di “servizio della società dell’informazione” soggetto all’obbligo della comunicazione preventiva. In pratica, il Consiglio ha fatto proprie le perplessità della società ricorrente chiedendo alla Corte di Giustizia europea di pronunciarsi su queste specifiche questioni a se le disposizioni ed i principi del diritto euro-unitario, fra cui gli articoli 4, 5 ss. della direttiva 1535/2015/UE, l’articolo 8 della direttiva 98/34/CE e l’articolo 56 TFUE ostino ad una normativa nazionale che, senza previa notifica alla Commissione europea, imponga al gestore di un portale telematico di intermediazione immobiliare “regole tecniche per la prestazione di un servizio della società dell’informazione” consistenti in obblighi informativi trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi ai contratti conclusi tramite il portale telematico e fiscali effettuazione della ritenuta sui pagamenti operati in relazione ai contratti conclusi tramite il portale telematico e successivo versamento all’Erario b se le disposizioni e i principi del diritto euro-unitario, fra cui gli articoli 3, 18, 32, 44, 49, 56, 101 ss., 116, 120, 127 ss. del TFUE e le direttive 2000/31/CE e 2006/123/CE, ostino ad una normativa nazionale che introduce, con riferimento ai gestori di un portale telematico per la ricerca di immobili da locare, obblighi di raccolta e trasmissione di dati relativi ai contratti introduce, con riferimento ai medesimi gestori di portali telematici che intervengano nel pagamento del corrispettivo di contratti di locazione breve, l’obbligo di operare quale sostituto di imposta, ovvero di responsabile di imposta introduce, con riferimento ai gestori di portali telematici non residenti e riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia, l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale introduce, anche con riguardo a soggetti non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia, l’obbligo di operare quali responsabili d’imposta in relazione all’imposta di soggiorno c ed, infine, se i principi fondamentali del diritto euro-unitario ostino, in termini generali, ad una disciplina nazionale che, di fatto, riversi su un’impresa le inefficienze dello Stato nell’accertamento e riscossione delle imposte.
Consiglio di Stato, sez. IV, ordinanza 11 luglio – 18 settembre 2019, numero 6219 Presidente Forlenza – Estensore Lamberti Fatto e diritto 1. Le società appellanti, gerenti l’omonimo portale telematico di intermediazione immobiliare, hanno impugnato avanti il T.a.r. per il Lazio - con ricorso introduttivo, il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate prot. numero 132395 del 12 luglio 2017, che ha dato attuazione al regime fiscale per le locazioni brevi ossia “i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni” introdotto dall’articolo 4, commi 4, 5 e 5-bis, d.l. 24 aprile 2017, numero 50, convertito con l. 21 giugno 2017, numero 96 - con ricorso per motivi aggiunti, la successiva circolare interpretativa dell’Agenzia delle Entrate numero 24 del 12 ottobre 2017. 2. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. ha - respinto nel merito il ricorso introduttivo - dichiarato inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione il ricorso per motivi aggiunti. 2.1. Quanto al ricorso introduttivo il T.a.r., previo rigetto delle eccezioni in punto di giurisdizione, ha - negato che la misura fiscale introdotta dal d.l. numero 50 del 2017 ed attuata dal provvedimento impugnato configuri una “regola tecnica” od una “regola relativa ai servizi”, ai sensi e per gli effetti dell’obbligo di preventiva notifica alla Commissione europea stabilito dalla direttiva 1535/2015/UE - negato che gli obblighi informativi trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi ai contratti conclusi tramite il portale telematico e fiscali effettuazione della ritenuta sui pagamenti operati in relazione ai contratti conclusi tramite il portale telematico e successivo versamento all’Erario imposti dalla normativa nazionale violino il principio di libera prestazione di servizi articolo 56 TFUE e direttive 2006/123/CE e 2000/31/CE ed il principio di libera concorrenza - negato che l’obbligo di nomina, per i soggetti esercenti un portale telematico di intermediazione immobiliare non residenti e non stabiliti in Italia, di un rappresentante fiscale ecceda i parametri di proporzionalità e necessità fissati dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia per ammettere una misura restrittiva di una libertà fondamentale, quale quella della libera prestazione di servizi il T.a.r. fa in particolare riferimento alle pronunce 11 marzo 2004, causa C-9/02, De Lasteyrie du Saillant e 7 settembre 2006, causa C-470/04, van de Belastingdienst - sostenuto che la doglianza afferente agli oneri connessi alla riscossione dell’imposta di soggiorno prevista dall’articolo 4, comma 5-ter, d.l. numero 50 del 2017 non sia ammissibile per carenza di interesse, in quanto il profilo de quo non è oggetto del provvedimento impugnato - negato che la novella legislativa sia in contrasto con gli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione - negato che la novella legislativa sia in contrasto con la disciplina nazionale ed euro-unitaria in punto di privacy - negato che la novella legislativa abbia di fatto equiparato la disciplina del responsabile di imposta a quella del sostituto di imposta - negato che la novella legislativa presenti aspetti di insufficiente determinatezza e tassatività in ordine ai confini applicativi del nuovo regime fiscale. 2.2. Quanto al ricorso per motivi aggiunti, il T.a.r. ha sostenuto che “la circolare con la quale l'Agenzia delle entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un parere dell'amministrazione non vincolante per il contribuente oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l'ha emanata e per il giudice . Cassazione civile sez. trib., 21/03/2014, numero 6699 . Conseguentemente, la circolare non è impugnabile né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva, e sussiste il difetto assoluto di giurisdizione in ordine ad essa. Cassazione civile, sez. unumero , 02/11/2007 , numero 23031 ”. 3. Le società soccombenti hanno interposto appello. 3.1. Quanto al ricorso per motivi aggiunti hanno sostenuto che “la circolare interpretativa, nel chiarire la portata del provvedimento impugnato, ha introdotto in realtà alcune ulteriori incertezze legate alla sua applicazione evidenziando elementi di contrasto con la stessa disciplina recata dal d.l. 50/2017. In questo senso, i chiarimenti interpretativi forniti dall’Agenzia delle Entrate introducono e si traducono in ulteriori profili di illegittimità del provvedimento attuativo per contrarietà allo stesso d.l. 50/2017 e dunque spiegano una portata senz’altro pregiudizievole della sfera giuridica di Airbnb con conseguente necessità che alla stessa sia garantita la tutela giurisdizionale mediante possibilità di impugnazione” sulla scorta di tali argomentazioni è stato, quindi, sollecitato l’annullamento in parte qua della sentenza impugnata ed è stata chiesta, ai sensi dell’articolo 105 c.p.a., la rimessione al Primo Giudice. 3.2. Quanto al ricorso introduttivo, le società hanno riproposto criticamente le censure svolte in prime cure. 4. In particolare, per quanto di interesse ai fini della presente ordinanza sono state svolte le seguenti considerazioni. 4.1. Il provvedimento prot. numero 132395 del 12 luglio 2017 sarebbe “illegittimo in quanto dà attuazione a disposizioni legislative che contrastano, sotto il profilo procedurale, con il diritto europeo derivato. Più in particolare, il regime fiscale per le locazioni brevi introdotto dall’articolo 4, commi 4, 5 e 5-bis del d.l. numero 50/2017 di cui il provvedimento impugnato costituisce momento attuativo , è stato adottato disattendendo l’obbligo sancito dagli articolo 4 e 5 della direttiva numero 1535/2015/UE di comunicare preventivamente alla Commissione europea ogni progetto di regola tecnica inerente i servizi resi dalla società di informazione, applicabile al caso di specie”. 4.1.1. Ad avviso delle appellanti, premesso che a tenore della direttiva 1535/2015/UE la nozione di “regola tecnica” includerebbe quella di “regola relativa ai servizi”, la disciplina legislativa cui il provvedimento gravato dà attuazione colpirebbe “proprio l’elemento di peculiarità del servizio di intermediazione di Airbnb”, il cui “unico” modello di business si caratterizzerebbe appunto per l’intervento nel pagamento della transazione, “riscuotendo il corrispettivo dal conduttore prima della consegna dell’immobile e trasferendolo al locatore solo dopo l’avvio della locazione senza contestazioni”. 4.1.2. Il servizio reso da Airbnb, d’altronde, rientrerebbe pienamente nella nozione euro-unitaria di “servizio della società dell’informazione”, a differenza di quello prestato dalla società Uber, che, secondo la sentenza 10 aprile 2018, C-320/2016 della Corte di Giustizia, costituirebbe un “servizio del settore dei trasporti” sarebbe, pertanto, inconferente il richiamo a detta pronuncia operato in prime cure a conforto della decisione ivi assunta. 4.1.3. La mancanza della previa notifica della novella legislativa alla Commissione ne determinerebbe, pertanto, la radicale inapplicabilità in subordine, sarebbe necessario operare rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia affinché venga chiarito l’esatto significato da attribuire al diritto euro-unitario, sì da appurare se la disciplina interna sia ad esso conforme. 4.2. In secondo luogo, la normativa in esame imporrebbe all’intermediario telematico una serie di obblighi informativi e fiscali ivi inclusa la connessa necessità, per i soggetti non residenti né stabiliti in Italia, di nomina di un rappresentante fiscale che, “oltre a risultare irragionevoli e sproporzionati, hanno come effetto quello di pregiudicare il funzionamento del mercato interno e discriminare arbitrariamente Airbnb. In particolare, le previsioni concernenti la ritenuta della tassazione sulle locazioni e l’onere relativo alla riscossione dell’imposta di soggiorno ostacolano la libera prestazione del servizio offerto tutelata dall’articolo 56 TFUE , in quanto ai gestori di piattaforme online come Airbnb è richiesto di operare quale sostituto d’imposta nel primo caso, ovvero responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno nel secondo, assumendo oneri e responsabilità del tutto estranei al servizio prestato. Neppure può ritenersi che ricorrano nel caso di specie quei motivi imperativi d’interesse generale che in astratto potrebbero giustificare l’introduzione di restrizioni a livello nazionale alla libertà fondamentale di cui all’articolo 56 TFUE, non potendo essere individuati tali motivi nella generica esigenza del contrasto all'evasione fiscale nel settore immobiliare, trattandosi, per l’appunto, dell’esercizio di una piattaforma online che offre un servizio informativo”. 4.2.1. Invero, l’imposizione dell’obbligo di operare la ritenuta sul corrispettivo pagato dal conduttore, da versare poi al Fisco, pregiudicherebbe Airbnb rispetto “a quegli operatori che svolgono un servizio analogo nell’ambito dello stesso mercato dell’intermediazione immobiliare, utilizzando mezzi alternativi” e che, in particolare, non si occupano della fase del pagamento. 4.2.2. Le ricorrenti hanno precisato, in proposito, che “la sola circostanza che l’operatore non abbia alcun legame con il pagamento del canone non determina la diversità delle situazioni regolate e, di conseguenza, non giustifica la diversità degli obblighi imposti. Il mercato entro cui la discriminazione deve essere apprezzata corrisponde infatti all'insieme degli operatori dei servizi d'intermediazione immobiliare di homesharing, cioè degli operatori che svolgono un’attività assimilabile a quella di Airbnb e che per tale ragione competono con quest’ultima. Diversamente opinando, il Tar ha trasformato in criterio di definizione del mercato proprio quell’elemento di discriminazione su cui si fonda il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, confondendo piani di analisi diversi”. 4.2.3. Oltretutto, aggiungono le appellanti, “è innegabile che la possibilità di pagare le imposte sul reddito da locazione secondo la tempistica propria del regime dichiarativo, invece di subire la ritenuta alla fonte già al momento della percezione del reddito, possa costituire motivo di preferenza per altre piattaforme da parte dei proprietari degli immobili” anche per tale aspetto, dunque, la normativa discriminerebbe lo specifico modello di business di Airbnb, determinando un ingiustificato pregiudizio rispetto a tutti gli altri operatori del mercato dell’intermediazione immobiliare telematica. 4.2.4. Parimenti, gli adempimenti informativi contemplati dal d.l. numero 50 interesserebbero di fatto la sola Airbnb, giacché ad essi non sarebbero “soggette le strutture che offrono gli analoghi servizi di locazione di immobili a breve termine, quali per l'appunto alberghi e b& amp b” tali adempimenti, sostengono le ricorrenti, “rappresentano un vincolo di natura operativa e funzionale per i soggetti come Airbnb che ne ostacola ingiustificatamente l'attività sul mercato e che mal si concilia con l'attività economica connessa alle locazioni brevi, caratterizzate da un numero ingente di contratti che richiedono una gestione rapida”. 4.2.5. Pure “l’imposizione dell’obbligo di nomina di un rappresentante fiscale nello Stato in cui l’operatore economico europeo presta i propri servizi confligge con il principio di libera prestazione di servizi nella misura in cui costringe chi voglia svolgere un servizio in uno stato diverso da quello di residenza, a a dover sostenere i costi per dotarsi di un rappresentate che adempia agli obblighi di natura tributaria particolarmente elevanti nel caso di specie, tenuto conto del bacino di utenza servito da Airbnb b a rivedere il proprio modello di organizzazione, al fine di vigilare sull’operato del delegato, tenuto conto del fatto che la società rappresentata risponde in via solidale del corretto versamento delle imposte da parte del rappresentante. L’esistenza di un onere amministrativo supplementare nonché rischi in materia di responsabilità, finiscono per rendere più difficile l’esercizio del servizio di intermediazione per i soggetti stranieri rispetto a quelli residenti”. 4.2.6. Ad avviso delle appellanti, dunque, anche per tali profili la normativa italiana dovrebbe essere disapplicata in subordine, viene svolta istanza di rinvio pregiudiziale alle Corte di Giustizia affinché venga chiarito l’esatto significato da attribuire al diritto euro-unitario, sì da appurare se la disciplina interna sia ad esso conforme. 5. Si sono costituite in resistenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate. 5.1. Si è altresì costituita la Federazione delle Associazioni Italiane Alberghi e Turismo – Federalberghi, chiedendo il rigetto del ricorso. 5.2. Alla camera di consiglio del 30 maggio 2019 il ricorso è stato rinviato al merito, con fissazione dell’udienza pubblica all’11 luglio 2019, prima data utile in relazione ai termini processuali dilatori fissati dalla legislazione nazionale. 5.3. In vista della trattazione le parti hanno prodotto difese scritte, ove hanno ribadito le proprie argomentazioni difensive. 5.3.1. Le appellanti hanno, altresì, osservato che il Governo ha da ultimo presentato un emendamento alla legge di conversione del d.l. 30 aprile 2019, numero 34, approvato dalle competenti Commissioni parlamentari, recante “l’introduzione, per chi mette in affitto la propria abitazione, una stanza o qualsiasi altra tipologia di struttura ricettiva, dell’obbligo di dotarsi di un codice alfanumerico e di iscriversi nella nuova banca dati delle strutture ricettive presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo. Il codice dovrà essere indicato negli annunci sulle piattaforme online e presso le tradizionali agenzie di intermediazione immobiliare. Qualora non si pubblicasse il codice identificativo sono previste sanzioni tra i 500 e i 5.000 euro. L’Agenzia delle Entrate potrà accedere alla banca dati per effettuare i controlli e verificare eventuali anomalie in fase di dichiarazione dei redditi”. 5.3.2. Ad avviso delle appellanti, questa previsione “conferma l’esistenza di misure alternative - proporzionali e ragionevoli - per far emergere il sommerso, pienamente satisfattive dell’interesse generale alla lotta all’evasione fiscale senza, al contempo, introdurre oneri ingiustificatamente ed eccessivamente gravosi per Airbnb”. 5.3.3. Per altro verso, tuttavia, l’emendamento “non è risolutivo in quanto lascia ferma l’impalcatura normativa originaria e gli obblighi ivi previsti imposizione dell’obbligo di versamento dell’imposta da parte di soggetti che gestiscono piattaforme di home-sharing e intervengono nel pagamento del canone e nomina di un rappresentante fiscale contrari al diritto europeo. Tale scenario risulta poi ulteriormente aggravato dal comma 1 dell’emendamento secondo cui, in assenza di nomina del rappresentante fiscale, i soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti di cui al periodo precedente dell'articolo 4, comma 5-bis, del decreto-legge 24 aprile 2017, numero 50 sono solidalmente responsabili con questi ultimi per l'effettuazione e il versamento della ritenuta sull'ammontare dei canoni e corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi. L’introduzione della responsabilità solidale rende ancora più macroscopiche le violazioni del diritto europeo già ampiamente denunciate e, in particolare, dei principi di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi”. 5.4. Il ricorso è stato trattato alla pubblica udienza dell’11 luglio 2019 e, quindi, trattenuto in decisione. 5.4.1. Nell’ambito della discussione orale parte ricorrente ha affermato che l’emendamento citato nella memoria ex articolo 73 c.p.a. è stato definitivamente approvato, con ciò, in tesi, emergendo vieppiù il carattere non proporzionale e non necessario delle previsioni recate dal d.l. numero 50 del 2017. 5.4.2. Parte ricorrente ha, altresì, precisato expressis verbis di rinunciare alla tutela cautelare e di essere interessata esclusivamente alla definizione nel merito dell’affare di tale dichiarazione è stata fatta debita menzione nel verbale d’udienza. 6. La complessa controversia all’esame del Collegio impone di individuare l’esatta interpretazione da riconoscere al diritto euro-unitario, al fine di verificare la compatibilità con esso del diritto interno e, dunque, la possibilità di farne applicazione al caso di specie. 7. Il Collegio osserva che l’esegesi delle disposizioni nazionali e, soprattutto, euro-unitarie propugnata da parte ricorrente, secondo cui vi è un insanabile contrasto delle prime con le seconde, non è invero l’unica che può trarsi dal complesso normativo rilevante ai fini di causa la contrapposta esegesi coltivata dal T.a.r. e condivisa dalle odierne parti resistenti, invero, non presenta chiari tratti di patente irragionevolezza. 8. Tale considerazione è di per sé sufficiente – impregiudicato ogni altro profilo – a rendere necessario il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’articolo 267 TFUE, in considerazione del monopolio interpretativo del diritto euro-unitario che i Trattati assegnano alla Corte di Giustizia, della natura di Giudice di ultima istanza rivestita dal Consiglio di Stato e della specifica richiesta in tal senso svolta, sia pure in subordine, da parte ricorrente. 8.1. Come noto, in presenza della richiesta di una parte processuale di ottenere dalla Corte l’esatta interpretazione del diritto euro-unitario originario o derivato rilevante ai fini di causa, il Giudice di ultima istanza è di regola tenuto a disporre la rimessione alla Corte, fatte salve puntuali e tassative ipotesi. 8.2. In particolare, in disparte i casi di controversie fittizie Corte di Giustizia, sentenza 11 marzo 1980, C-104/79, Foglia o di questioni puramente ipotetiche Corte di Giustizia, sentenza 18 luglio 2013, C-136/12, Consiglio Nazionale dei geologi , secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte di Giustizia il dovere di rimessione esula soltanto allorché - la questione sia materialmente identica ad altra già affrontata e risolta dalla Corte - la questione inerisca ad punto di diritto già affrontato e risolto dalla Corte, sia pure nell’ambito di una controversia non strettamente identica - la questione, pur non ancora affrontata dalla Corte, sia comunque tale da non lasciare alcun ragionevole dubbio sull’esatta interpretazione da riconoscere al diritto euro-unitario. 8.3. A quanto consta, la Corte non si è ancora occupata della specifica questione di cui alla presente causa, né ha comunque affrontato i punti di diritto da essa sollevati per altro verso, da un lato l’esegesi delle norme euro-unitarie rilevanti nella specie non è palesemente ed univocamente chiara, dall’altro nell’attuale assetto ordinamentale la rimessione alla Corte si pone come un dovere per il Giudice di ultima istanza, sì che l’omissione di tale adempimento che può determinare la responsabilità dello Stato ed attivare forme di responsabilità civile dello stesso Giudice persona fisica assume carattere di eccezione e può giustificarsi solo a fronte di istanze di rimessione connotate da macroscopica inconferenza o patente superfluità. 9. In base alle considerazioni che precedono, il Collegio ritiene dunque che sussistano i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’articolo 267 TFUE, per plurime considerazioni a le società appellanti hanno invocato la protezione di situazioni soggettive riconosciute dal diritto dell’Unione ed hanno dedotto la violazione di principi e diritti dell’Unione b la Corte di Giustizia detiene il monopolio interpretativo in ordine al diritto dell’Unione c il Collegio, nel mentre esclude la ricorrenza dei presupposti per procedere alla diretta disapplicazione della normativa nazionale contestata, in quanto le ragioni dell’eventuale contrasto con il diritto dell’Unione non sono sufficientemente chiare, precise ed incondizionate, ravvisa la sussistenza di una questione interpretativa relativa all’esatto ambito interpretativo da riconoscere al diritto dell’Unione e, conseguentemente, alla compatibilità con esso di un provvedimento legislativo nazionale d la questione è rilevante e decisiva per la soluzione della lite e non consta essere stata oggetto di interpretazione diretta da parte della Corte e il giudice a quo è giudice di ultima istanza e vi è una specifica richiesta di parte ricorrente di procedere al rinvio. 10. Pertanto, come richiesto da parte ricorrente cfr. ricorso, pagine 21 e 44 v. anche, da ultimo, la memoria di replica depositata in data 20 giugno 2019, pagine 6, 12 e 13 si formula alla Corte il seguente quesito “Dica la Corte di giustizia dell’Unione europea a se le disposizioni ed i principi del diritto euro-unitario, fra cui gli articoli 4, 5 ss. della direttiva 1535/2015/UE, l’articolo 8 della direttiva 98/34/CE e l’articolo 56 TFUE ostino ad una normativa nazionale che, senza previa notifica alla Commissione europea, imponga al gestore di un portale telematico di intermediazione immobiliare “regole tecniche per la prestazione di un servizio della società dell’informazione” consistenti in obblighi informativi trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi ai contratti conclusi tramite il portale telematico e fiscali effettuazione della ritenuta sui pagamenti operati in relazione ai contratti conclusi tramite il portale telematico e successivo versamento all’Erario b se le disposizioni e i principi del diritto euro-unitario, fra cui gli articoli 3, 18, 32, 44, 49, 56, 101 ss., 116, 120, 127 ss. del TFUE e le direttive 2000/31/CE e 2006/123/CE, ostino ad una normativa nazionale che - introduce, con riferimento ai gestori di un portale telematico per la ricerca di immobili da locare, obblighi di raccolta e trasmissione di dati relativi ai contratti - introduce, con riferimento ai medesimi gestori di portali telematici che intervengano nel pagamento del corrispettivo di contratti di locazione breve, l’obbligo di operare quale sostituto di imposta, ovvero di responsabile di imposta - introduce, con riferimento ai gestori di portali telematici non residenti e riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia, l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale - introduce, anche con riguardo a soggetti non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia, l’obbligo di operare quali responsabili d’imposta in relazione all’imposta di soggiorno c se i principi fondamentali del diritto euro-unitario ostino, in termini generali, ad una disciplina nazionale che, di fatto, riversi su un’impresa le inefficienze dello Stato nell’accertamento e riscossione delle imposte”. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , a rimette alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione sub § 10 b ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all’originale della presente ordinanza, nonché copia integrale del fascicolo di causa c dispone, nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, la sospensione del presente giudizio d riserva alla sentenza definitiva ogni ulteriore pronuncia, anche in ordine alle spese ed onorari del presente giudizio.