Nessuna sanzione per il detenuto che rifiuta il lavoro in carcere, ma il giudice nega la liberazione anticipata

Il detenuto che rifiuta un lavoro come inserviente di sezione non è obbligatoriamente soggetto a sanzione disciplinare, ma può vedersi rifiutare la richiesta di liberazione anticipata.

La Corte di Cassazione ha stabilito che il detenuto che rifiuta un lavoro come inserviente di sezione, adducendo motivi di salute, non è obbligatoriamente soggetto a sanzione disciplinare, ma può vedersi rifiutare la richiesta di liberazione anticipata. La decisione è contenuta nella sentenza numero 39557/2011 depositata il 2 novembre.Il caso. Un detenuto si vedeva rigettare il reclamo presentato avverso il provvedimento di reiezione della richiesta di liberazione anticipata, in quanto il comportamento da lui tenuto era ostativo all'accoglimento della richiesta. Nello specifico, l'interessato, lamentando precarie condizioni di salute, si era rifiutato di svolgere le mansioni di inserviente di sezione . Il Tribunale di Sorveglianza motivava il rigetto dell'istanza sottolineando che il rifiuto stesso di svolgere un lavoro si ponesse in contrasto con le finalità rieducative dello svolgimento in ambiente carcerario di qualsivoglia attività lavorativa, ancorché umile , volta al servizio della collettività penitenziaria .Nessuna sanzione disciplinare per aver rifiutato il lavoro, ma niente liberazione anticipata. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del condannato. Il ricorrente lamenta violazione del diritto di difesa, per avere il Tribunale assegnato valenza negativa all'avvenuto rifiuto del lavoro senza consentire al detenuto di addurre alcuna spiegazione al riguardo, anche di contenuto sanitario.Il diritto di difesa è salvo La Corte Suprema ha ritenuto irrilevante - nella sede nella quale dovevano valutarsi gli elementi fondanti l'ipotesi di risocializzazione e l'esistenza di una reale affidabilità del condannato - la mancata adozione di provvedimenti volti a sanzionare il rifiuto alla proposta di lavoro effettuata. Viene anche sottolineato dal Collegio che non c'è stata alcuna lesione del diritto di difesa, visto che il detenuto avrebbe potuto produrre la documentazione, attestante l'inesigibilità del lavoro manuale propostogli, innanzi al magistrato di sorveglianza o al Tribunale.Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge in relazione alla mancata traduzione del detenuto all'udienza del 16/11/2010, nonostante l'assenza di una sua dichiarazione di rinuncia. Il motivo è privo di alcun fondamento, posto che non emerge che il detenuto, alla udienza del 13/10/2010 o successivamente, abbia proposto richiesta di essere presente anche nella udienza di rinvio del 16/11/2010 .e le censure sono tutte mere proposte di rivalutazione dei fatti. In più, il ricorrente deduce difetto e contraddittorietà della motivazione in punto di rispondenza a finalità rieducative del lavoro penitenziario. Ma la Corte di legittimità ritiene inammissibili le censure perché mere proposte di rivalutazione dei fatti. Infatti, il ricorrente - sempre a parere degli Ermellini - non prospetta violazione di legge o vizio di motivazione ma afferma solo la implausibilità della tesi del Tribunale per la quale il lavoro offerto, per quanto di modesta implicazione personale, era comunque l'unico prospettabile e la sua accettazione indicativa della doverosa disponibilità del detenuto sintomatica dell'avvio del percorso di risocializzazione . Pertanto, il ricorso viene rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 settembre - 2 novembre 2011, numero 39557Presidente Bardovagni - Relatore SiottoRilevaCon ordinanza 16/11/2001 il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha rigettato il reclamo presentato da M. A. H. avverso il provvedimento di reiezione della richiesta di liberazione anticipata relativamente al periodo di detenzione 16/11/2009 - 16/5/2010, rilevando che il comportamento tenuto dal detenuto nel periodo 11/2/2010 - 11/5/2010, segnalato come ostativo all'accoglimento della richiesta rifiuto di svolgere le mansioni di inserviente di sezione , non fosse giustificato dalle addotte condizioni di salute e che lo stesso si ponesse in contrasto con le finalità rieducative dello svolgimento in ambiente carcerario di qualsivoglia attività lavorativa, ancorché umile , volta al servizio della collettività penitenziaria.Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del condannato con atto del 21/1/2011 nel quale ha articolato tre motivi.OsservaIl ricorso va rigettato, nessuna delle proposte censure meritando condivisione.Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato violazione del diritto di difesa per avere il tribunale assegnato valenza negativa all'avvenuto rifiuto del lavoro contemporaneo in relazione al quale peraltro la Direzione carceraria non aveva elevato alcuna contestazione né adottato alcun provvedimento disciplinare senza consentire al detenuto di addurre alcuna spiegazione al riguardo, anche di contenuto sanitario. Le censure sono prive di fondamento.Non rileva infatti in alcun modo - nella sede nella quale dovevano valutarsi gli elementi fondanti l'ipotesi di risocializzazione e l'esistenza di una reale affidabilità del condannato - che non siano stati adottati provvedimenti di sorta a sanzionare il rifiuto alla proposta di lavoro in concreto effettuata. Né si scorge alcun profilo di lesione del diritto di difesa, posto che il detenuto ben avrebbe potuto produrre al magistrato di sorveglianza o innanzi al Tribunale la documentazione a suo dire attestante la inesigibilità del lavoro manuale propostogli.Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge in relazione alla mancata traduzione del detenuto all'udienza del 16/11/2010, nonostante l'assenza di una sua dichiarazione di rinuncia. Il motivo è privo di alcun fondamento, posto che non emerge che il detenuto, alla udienza del 13/10/2010 o successivamente, abbia proposto richiesta di essere presente anche nella udienza di rinvio del 16/11/2010.con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto difetto e contraddittorietà della motivazione in punto di rispondenza a finalità rieducative del lavoro penitenziario, al proposito richiamando lo scopo dello stesso, volto a favorire il concreto reinserimento lavorativo avuto riguardo alle capacità fisiche e mentali del soggetto, nonché le regole penitenziarie europee. Le censure appaiono inammissibili perché mere proposte di rivalutazione dei fatti il ricorrente, infatti, non prospetta violazione di legge o vizio di motivazione ma afferma solo la implausibilità della tesi del Tribunale per la quale il lavoro offerto, per quanto di modesta implicazione personale, era comunque l'unico prospettabile e la sua accettazione indicativa della doverosa disponibilità del detenuto sintomatica dell'avvio del percorso di risocializzazione . Le tesi di cui al ricorso, sul lavoro esigibile e indicato per la persona, sono solo valutazioni di dissenso e proposte di una miglior organizzazione del lavoro carcerario, in questa sede di legittimità non proponibili.P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.